finanza pubblica locale
Disciplina delle risorse proprie e derivate degli enti locali (Comuni, Province, Città metropolitane, Unione dei Comuni, Comunità montane e Comunità isolane), che assicurano il proprio funzionamento, la gestione e l’erogazione dei servizi loro affidati.
L’ordinamento della f. p. l. è stato profondamente innovato dalla modifica del titolo V della Costituzione (➔ Costituzione italiana, riforma del titolo V della) e trova la propria fonte primaria nell’art. 119 della Costituzione e negli artt. 149 e segg. del d. legisl. 267/2000. L’ordinamento della f. l. è disciplinato dalla legge (nazionale e regionale, art. 23 Cost.) che ne assicura il coordinamento con la f. regionale e nazionale. L’ordinamento si regge sui principi dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa degli enti locali (art. 119 Cost.) e sulla certezza delle risorse proprie e derivate, nonché sul riconoscimento della potestà impositiva degli enti locali. Non sono sottoposte all’ordinamento e ai principi della f. p. l. le attività svolte dagli enti locali consorziati aventi rilevanza economica e imprenditoriale (➔ azienda municipalizzata) e i consorzi per la gestione dei servizi sociali.
A fronte della f. l. ordinaria si distingue una f. l. straordinaria, costituita dalle risorse aggiuntive destinate dallo Stato (fondo perequativo e risorse per attività delegate), dal ricorso all’indebitamento e dai proventi che scaturiscono dalla gestione del patrimonio, nonché dalle risorse derivanti dal ricorso all’indebitamento dell’ente per fare fronte a spese per investimenti (art. 119, 5° co., Cost.) e da finanziamenti europei.
L’estensione dell’autonomia tributaria degli enti locali dipende dalla distinzione tra le imposte locali, che si suddividono in imposte proprie, imposte in sovrapposizione (sovraimposte e addizionali) e compartecipazione degli enti locali a imposte nazionali e regionali.
Per le imposte proprie, l’ente ha la massima autonomia, potendo incidere, con propri atti, sul gettito fiscale, modificando la base imponibile e le aliquote (per es. l’ICI, ➔). La Corte costituzionale ha definito diversamente le imposte proprie, come quelle dove l’ente ha la potestà d’istituire la fattispecie impositiva. Si è a lungo discusso se agli enti locali spetti una piena potestà impositiva, con la facoltà di istituire nuovi tributi (nuove fattispecie), o se spetti loro la sola capacità di gestire quelli previsti a livello nazionale e regionale. La Corte costituzionale ha ritenuto che gli enti locali, non avendo potestà legislativa in materia tributaria ed essendo la materia oggetto di riserva assoluta di legge, non possano imporre propri tributi, di conseguenza tutti i tributi locali sono statali attribuiti (imposte in sovrapposizione o compartecipazione a imposte nazionali e regionali).
Nelle sovraimposte (sovraimposte e addizionali) la base imponibile del tributo è definita a livello nazionale; mentre nelle sovraimposte l’ente può applicare autonomamente un’aliquota sull’imponibile definita dello Stato (per es. l’addizionale comunale e regionale IRFEF), nell’addizionale l’ente può decidere l’aliquota da applicare sul gettito fiscale erariale del tributo.
Nella compartecipazione dell’ente a imposte nazionali o regionali, sia la base imponibile sia l’aliquota sono definite a livello nazionale. L’autonomia dell’ente è limitata alla capacità di contrattare il valore della quota di compartecipazione.
L’ordinamento della f. l. sarà profondamente inciso dall’introduzione del federalismo fiscale municipale (d. legisl. 23/2011), che prevede la devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare e la nascita di due nuove imposte: l’imposta municipale propria e l’imposta municipale secondaria. L’imposta municipale propria sostituirà l’IRPEF (➔), le relative addizionali sui redditi fondiari e l’ICI; l’imposta municipale secondaria sostituirà la TOSAP, il COSAP e l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni. La finalità del federalismo municipale è quella di compensare i minori trasferimenti dallo Stato e dalle Regioni agli enti locali e di assicurare la gestione del gettito delle imposte direttamente ai Comuni, soggetti istituzionali chiamati a erogare i servizi. Si porrà, tuttavia, un problema di riequilibrio tra le varie zone del Paese con diversa capacità fiscale, che dovrà essere assicurata da un apposito fondo sperimentale di riequilibrio, il quale, se non opportunamente disciplinato, potrebbe spingere i Comuni delle zone più povere ad aumentare le aliquote delle proprie imposte, accrescendo la pressione fiscale complessiva.