RUSTICHELLI, Filomena
RUSTICHELLI, Filomena (Isabella Galletti Gianoli). – Nacque a Bologna il 30 novembre 1835 da Antonio (ex militare, poi custode della basilica di S. Petronio) e da Maria Galletti, sarta, unica figlia della coppia dopo la morte prematura nel 1834 delle sorelle Isabella e Francesca Luigia.
Iniziò lo studio del pianoforte a sei anni e ben presto si fece notare per le innate doti vocali. A 14 anni ottenne un’audizione con Luigi Vedrani, impresario teatrale nativo di Pieve di Cento, che gestiva le imprese di svariati teatri dell’Emilia Romagna e del basso Veneto: costui intuì il potenziale di Rustichelli, la fece studiare con il baritono Livio Tosini e ne guidò i primi passi verso la carriera operistica. Debuttò nel febbraio del 1852 al teatro Comunale di Pieve di Cento come comprimaria nel Nabucco, e nei mesi seguenti si produsse in teatri minori (Rovigo, San Giovanni in Persiceto, Reggio nell’Emilia), tutti gestiti da Vedrani, con esiti alterni. La svolta decisiva nella carriera si ebbe durante una recita di Nabucco a San Giovanni in Persiceto: qui incontrò il tenore Raffaele Gualandi Gamberini, che la convinse a sospendere provvisoriamente la carriera per dedicarsi a uno studio più approfondito del canto sotto la propria guida. Dopo il periodo di perfezionamento, mutato il nome nel più eufonico Isabella Galletti, mieté il primo vero successo nel carnevale del 1856 al teatro Nobile di Spoleto, dove fu Beatrice nel Buondelmonte di Giovanni Pacini e Rosa nel Don Bucefalo di Antonio Cagnoni. Nei mesi seguenti interpretò anche Leila nell’Ebreo di Giuseppe Apolloni, prima a Cremona e poi al S. Benedetto di Venezia, e partì per una lunga tournée a Corfù. Qui, fra il settembre del 1856 e il marzo del 1857, venne scritturata come prima donna per Viscardello (ossia Rigoletto), Maria Padilla di Donizetti, Norma, L’ebreo, Dirce figlia di Aristodemo di Domenikos Padovanis e Olema la schiava di Edouardos Lambelet, queste ultime in prima assoluta.
Rientrata in Italia, il 1° novembre 1857 diede alla luce il primo figlio, Antonio Francesco, di padre ignoto. Fra il 1857 e il 1858 si misurò con ruoli drammatici verdiani: Lady Macbeth (Pesaro), Leonora nel Trovatore (Chiaravalle), Mina nell’Aroldo (Senigallia), Violetta nella Traviata (Cesena); affrontò per la prima volta anche le parti di Pamira nell’Assedio di Corinto di Rossini, di Elaisa nel Giuramento di Mercadante e della protagonista in Beatrice di Tenda di Bellini. Fu al teatro Argentina di Roma nell’autunno 1858, prima donna, in coppia col baritono Enrico Delle Sedie, in Viscardello, Stella di Napoli di Pacini e I promessi sposi di Andrea Traventi (prima assoluta). Frattanto, il 30 giugno 1858 in S. Giovanni Battista dei Celestini a Bologna, aveva sposato Girolamo Gianoli, rampollo della ricca borghesia pesarese. La coppia ebbe sette figli: Pia Annunziata (1859-1863), Luigi Vittorio (1862-1931), Carlo Alberto (1864-1865), Faustino (1865-1867), Fernando (1867-1910), Bianca Orsola (1873-1874) e Carolina Giuseppa (1874-1954). Oltre al marito, a Galletti sarebbero sopravvissuti quattro figli, che tutti seguirono la vocazione artistica della madre: Antonio Francesco, che nel 1863 prese anch’egli il cognome Gianoli, fu direttore d’orchestra, pianista e compositore; Luigi Vittorio, impresario teatrale; Fernando, basso comico; Carolina Giuseppa, soprano leggero e insegnante di canto.
Nel 1859 Galletti Gianoli fu dapprima al Comunale di Ferrara nel Vittore Pisani di Achille Peri e nel Poliuto di Donizetti; nell’autunno debuttò al Comunale di Bologna, dove interpretò ancora Vittore Pisani e diede voce a Matilde nella Lega lombarda di Antonio Buzzi. Per la stagione di Carnevale-Quaresima del 1860 si produsse al teatro Grande di Trieste in Beatrice di Tenda, I due Foscari, Gemma di Vergy, Nabucco (Abigaille), Aroldo e Buondelmonte, per un totale di 56 recite.
Il 20 luglio 1860, dopo il successo riscosso a Ferrara in una ripresa dell’Aroldo, fu ammessa nella classe di canto dell’Accademia filarmonica di Bologna, unitamente al baritono Leone Giraldoni. Partecipò poi alla stagione di fiera del teatro Grande di Brescia con Vittore Pisani e Norma, e in ottobre calcò per la prima volta le scene della Scala di Milano ancora nel Vittore Pisani. Nella stagione di Carnevale-Quaresima del 1861 fu a Genova sotto la direzione di Angelo Mariani, dove cantò Gli Ugonotti di Meyerbeer, Il trovatore, Norma, Stefania di Raffaele Gentili e Zampa di Ferdinand Hérold (rivista da Mariani). Dopo la stagione genovese si sarebbe dovuta trasferire a Londra, scritturata dall’impresario Benjamin Lumley; questi, all’ultimo momento, la cedette al San Carlo di Napoli, dove nella primavera del 1861 fu applaudita in Norma, Macbeth, Lucrezia Borgia e nella Virginia di Errico Petrella, in prima assoluta, a fianco del tenore Carlo Negrini e del baritono Filippo Coletti. Dopo una ripresa di Norma alla Pergola di Firenze (gennaio 1862), interpretò ancora con successo i personaggi di Norma e Leonora al Comunale di Bologna e al Ducale di Parma, dove fu anche l’acclamatissima protagonista nella prima assoluta della Beatrice Cenci di Giuseppe Rota. Sempre a Parma, in concerto, eseguì per la prima volta l’inedito stornello Il brigidino, composto da Verdi nel marzo del 1861 (pubblicato solo nel 1941). Nell’aprile del 1863 a Reggio affrontò per la prima volta La forza del destino: ma il compositore la giudicava poco adatta a «una parte che richiede soprattutto anima ed azione» (Abbiati, 1959, p. 733). Nonostante il grave lutto che la colpì alla morte della figlia Pia Annunziata, quello stesso anno dovette onorare la scrittura per le stagioni dell’impresario Luigi Scalaberni a Faenza (Il trovatore, Norma) e a Senigallia (La forza del destino).
Dato alla luce il figlio Carlo Alberto nel febbraio 1864, in primavera rientrò sulle scene nei ruoli prediletti di Norma e Leonora, a Reggio nell’Emilia, Faenza, Forlì e Spoleto. Richiamata al Comunale di Trieste per la stagione d’autunno, oltre al Giuramento e a Norma si cimentò per la prima volta nella parte di Desdemona nell’Otello di Rossini. Il 31 dicembre tornò alla Scala, in una memorabile esecuzione di Norma in coppia col tenore Emilio Pancani, e un mese dopo esordì con successo nella Favorita di Donizetti, parte che fu poi un suo cavallo di battaglia nei successivi vent’anni di carriera. Qui fu anche protagonista della sfortunata première di Bianca degli Albizzi di Angelo Villanis. Riavutasi dal dolore per la morte di Carlo Alberto, ancora infante, nell’aprile del 1865 partì per una lunga tournée europea, interrotta dalla nascita del figlio Faustino, che la costrinse ad annullare il contratto con il Théâtre Italien di Parigi: fu prima donna al teatro di Porta Carinzia di Vienna (La favorita, La forza del destino), al Covent Garden di Londra (Norma, La favorita) e al Real Teatro de Oriente di Madrid (Norma, La favorita, Otello, Il trovatore). Rientrata in Italia, fra il 1866 e il 1867 cantò ancora a Bologna, Verona, Milano e Senigallia nelle opere predilette, Il trovatore e La favorita, prima di partire per una seconda tournée internazionale a San Pietroburgo (La favorita, Il trovatore, Norma) e Madrid (La favorita).
Ormai consacrata come una star internazionale, al rientro in patria fu scritturata per il Carnevale del 1869 dalla Fenice di Venezia (Otello, Don Sebastiano di Donizetti, Don Carlo) e trionfò nel teatro Nuovo di Pisa (La favorita), nel Comunale di Bologna (Il profeta di Meyerbeer e Otello), nell’Apollo di Roma (Anna Bolena), nel Pagliano di Firenze e nel teatro Sociale di Trento (La favorita). Dopo una ripresa di Otello alla Scala, nell’autunno del 1870 partì alla volta del Cairo: ingaggiata dal teatro Kedivale, diede prova del suo talento tanto nei ruoli prediletti (Favorita, Norma, Anna Bolena) quanto in quelli nuovi di Cenerentola e Semiramide, e a sorpresa una sera vestì i panni di Maddalena in Rigoletto. Al Cairo, Galletti avrebbe dovuto interpretare la prima Aida; l’opera, a prove già iniziate, fu però rinviata per lo scoppio della guerra franco-prussiana, tutte le scene e i costumi essendo bloccati a Parigi. Rientrata in Italia, dopo alcuni allestimenti della Favorita e di Anna Bolena (Vicenza, Firenze, Torino), nel maggio del 1872 affrontò il nuovo spartito di Carlo Pedrotti Olema, in prima assoluta al Comunale di Modena.
Negli anni seguenti si esibì in Italia e all’estero (Lisbona e Barcellona) principalmente nella Favorita, opera nella quale eccelse, divenendo «la regina delle Favorite presenti e future» (L’Arpa, Bologna, maggio 1870; in Orlandini, 2007, p. 151). Nel febbraio 1875 ‘creò’ il personaggio di Dolores, nell’omonimo dramma lirico di Salvatore Auteri Manzocchi, dato per la prima volta alla Pergola di Firenze. Così come La favorita, anche Dolores divenne uno dei titoli d’elezione di Galletti, e l’opera godette di un periodo di voga soprattutto grazie alla sua efficace e coinvolgente interpretazione: la rappresentò a Milano (Dal Verme, 1875 e 1876; Scala, 1879), a Palermo (Circo, 1875), Roma (Apollo, 1876; Argentina, 1880), Brescia, Bologna, Firenze (Pagliano, 1876), Torino (1877). Nell’autunno del 1877 Galletti affrontò con successo per la prima volta la parte di Azucena in una ripresa del Trovatore al Pagliano di Firenze, e da quel momento aggregò il personaggio della zingara al proprio repertorio. A parte una breve trasferta in Spagna nel 1878 (Barcellona e Valencia), in quegli anni calcò soprattutto i palcoscenici nazionali. A partire dal 1880, calato il favore di Dolores, tenne in repertorio quasi soltanto Il trovatore e La favorita: a parte la scrittura al Nazionale di Genova per Ruy Blas di Filippo Marchetti e Jone di Petrella, in quegli anni continuò a portare La favorita in giro per l’Italia (a Livorno, Venezia, Lecce, Bari, Firenze, Roma, Trieste, Torino, Ancona e Milano), alternandola talora al Trovatore, che cantò a Milano, Roma, Pisa (dove fu diretta dal figlio Antonio) e Venezia. Nell’ultimo periodo di attività le scritture si diradarono a causa dei continui malanni fisici, che non le permettevano di garantire il rispetto dei contratti.
Dato l’addio alle scene, dal 1883 Galletti continuò la propria attività a Milano come insegnante di canto: sebbene non in floride condizioni fisiche, le ristrettezze economiche in cui versava, dovute al tenore di vita lussuoso e alla generosità con cui dilapidò il proprio patrimonio in opere filantropiche, la costrinsero all’insegnamento fino alla fine dei suoi giorni.
A detta della cantante e musicografa statunitense Blanche Roosevelt, «the great Galletti is incomparable as a teacher as she was an incomparable singer, and I can recommend her most highly» (1887). Tra le allieve, si ricordano la figlia Carolina (mezzosoprano, debuttò nella Sonnambula al teatro Duse di Bologna nel 1899) e i contralti Guerrina Fabbri e Virginia Guerrini. Nel 1887 pubblicò per Ricordi la romanza Nol sai (Oh quante volte!).
Morì il 31 agosto 1901 nella sua casa di via S. Zeno 2 a Milano, stroncata da un sarcoma. Ai funerali parteciparono molti esponenti del mondo teatrale e musicale, e la stampa le dedicò commossi necrologi.
Isabella Galletti vantò una voce di singolare dolcezza e pastosità, dal timbro caldo e sonoro, «oscillante fra il registro di soprano e quello di mezzosoprano (il primo prevalse all’inizio della carriera, il secondo al termine)» (Celletti, 1957, col. 843). In un articolo del 2 gennaio 1870 su di lei si legge che «aveva una voce estesissima, e nei primordi della sua carriera, il Buondelmonte e il Vittore Pisani, due opere acutissime, erano gli spartiti ai quali essa dava la preferenza. Più tardi la voce sua, non perdendo mai la primitiva bellezza, anzi abbellendosi e rinforzandosi nelle corde medie e basse, cominciò a restringere l’estensione» (G. Sangiorgi, cit. in Orlandini, 2007, p. 47). Ma a detta di Celletti «non poté mai contare su una perfetta omogeneità di suoni e anche in fatto di emissione e livellamento di intensità conobbe difficoltà» che, in combinazione con la sua indole apprensiva, incisero sulla discontinuità del rendimento vocale. Viene ricordata soprattutto come grande interprete: «essa ebbe un temperamento artistico, un intuito interpretativo, un calore passionale nelle sue interpretazioni, così alto, da affascinare e conquidere tutti i pubblici del mondo, lasciando ovunque un’orma indelebile nel cuore e nella mente di quanti ebbero la gioia di ascoltarla e vederla. In lei erano armoniosamente fuse l’anima della Rachel e della Malibran: della prima ebbe la mobilità della fisionomia e la plasticità del gesto; della seconda la duttilità dell’ugola» (Il Teatro, Milano, 30 settembre 1901, cit. in Orlandini, 2007, p. 42). Cagionevole di salute fin dalla giovinezza, spossata da otto gravidanze in rapida successione, Galletti compromise la propria carriera con innumerevoli forfait e annullamenti di contratti, che misero in difficoltà impresari e colleghi e minarono la sua reputazione professionale. Suo strenuo sostenitore, nel 1865 il critico Filippo Filippi giustificò in questi termini la presenza discontinua dell’artista: «nel canto della signora Galletti, nella sua stessa voce, in tutto il suo stile e nel suo modo di sentire la musica, avvi un accento immenso di passione, di dolore, di angoscia, di tenerezza, che tutto esprime e supplisce a qualunque più efficace movenza. E che questo accento le sgorghi dall’anima come un torrente di lava, lo prova l’abbattimento da cui è colta ad ogni fine di rappresentazione, abbattimento che le concede di cantar così poco, con tanto dispiacere dei suoi ammiratori» (p. 12).
Fonti e Bibl.: B. Roosevelt, Verdi: Milan and “Othello”, London 1887, p. 246; A. Valentini, I musicisti bresciani e il Teatro Grande, Brescia 1894, pp. 144, 148; F. Fonseca Benevides, O Real Theatro de S. Carlos de Lisboa, I, Lisboa 1902, pp. 302, 345; G. Monaldi, Cantanti celebri del secolo XIX, Roma 1907, pp. 163-167; A. Cametti, Il Teatro di Tordinona poi di Apollo, Tivoli 1938, II, pp. 530, 556, 558; R. Celletti, s.v., in Enciclopedia dello spettacolo, V, Roma 1957, col. 842 s.; F. Abbiati, Verdi, Milano 1959, ad ind.; V. Levi - G. Botteri - I. Bremini, Il Comunale di Trieste, Udine 1962, pp. 185 ss., 194, 219; C. Gatti, Il Teatro alla Scala nella storia e nell’arte (1778-1963), II, Cronologia completa degli spettacoli e dei concerti, a cura di G. Tintori, Milano 1964, pp. 52, 54, 56, 60; Due secoli di vita musicale: storia del Teatro Comunale di Bologna, a cura di L. Trezzini, II, Bologna 1966, ad ind.; A. Basso, Storia del Teatro Regio di Torino. Il teatro della città dal 1788 al 1936, II, Torino 1976, pp. 348, 370; Teatro Municipale di Reggio Emilia. Opere in musica 1857-1976, a cura di G. Degani - M. Grotti, Reggio Emilia 1976, pp. 35, 40; V. Frajese, Dal Costanzi all’Opera. Cronologia completa degli spettacoli (1880-1960), IV, Roma 1978, p. 7; M. Rinaldi, Due secoli di musica al Teatro Argentina, Firenze 1978, ad ind.; E. Frassoni, Due secoli di lirica a Genova, Genova 1980, I, pp. 247, 305, 336; M. Moreau, O Teatro de S. Carlos. Dois séculos de historia, II, Lisboa 1981, pp. 892-894, 930-933; Il Teatro di San Carlo, a cura di R. Ajello et al., II, La cronologia 1733-1987, a cura di C. Marinelli Roscioni, Napoli 1987, pp. 351-353; M.T. Bouquet - V. Gualerzi - A. Testa, Storia del Teatro Regio di Torino, V, Torino 1988, pp. 128, 161, 177; T.G. Kaufman, Verdi and his major contemporaries, New York 1990, pp. 576 s., passim; J. Rosselli, Il cantante d’opera. Storia di una professione (1600-1990), Bologna 1993, pp. 210 s.; K.J. Kutsch - L. Riemens, Großes Sängerlexikon, III, Bern-München 2003, p. 1616; A. Orlandini, La favorita di Bologna: la figura e l’arte di Isabella Galletti Gianoli: “grande artista” e “maestra di vero canto italiano” (Giuseppe Verdi), Cento 2007; Cambridge Verdi Encyclopedia, a cura di R.M. Marvin, Cambridge 2013, pp. 187 s.