VENUTI, Filippo
– Nacque a Cortona il 5 ottobre 1706, figlio ultimogenito di Giuseppe, cavaliere dell’Ordine di S. Stefano, e di Maria Francesca Baldelli.
Nel 1708, alla morte del padre, venne affidato, insieme ai fratelli Niccolò Marcello, Giovan Battista, Domenico Girolamo e Ridolfino, alla tutela dello zio paterno Domenico Girolamo, consigliere e auditore fiscale di Cosimo III e di Gian Gastone granduchi di Toscana.
Dopo gli studi al seminario Vagnotti di Cortona e al collegio gesuitico Cicognini di Prato, fu ammesso all’Università di Pisa. Rientrato a Cortona nel 1726, diede nuova spinta agli studi archeologici nell’area, fondando, insieme ai fratelli Marcello e Ridolfino (v. la voce in questo Dizionario), una Società per la compra dei libri che, trasformatasi presto in un cenacolo letterario (la Società degli Occulti), fu successivamente denominata Accademia delle antiche erudizioni e, infine, Accademia Etrusca delle antichità ed iscrizioni.
Dopo la morte dello zio nel 1729, compì un breve soggiorno a Roma in cerca di beneficio. Dal suo diario manoscritto traspaiono una crescente avversità nei confronti della gerarchia ecclesiastica romana e una netta consapevolezza della decadenza del papato («La Corte di Roma ha molto scapitato dell’antica stima e autorità e forza. Li Principi secolari più non la temono, e la fanno solamente servire a’ loro fini politici [...] I Prelati di Roma sono tutti venduti chi segretamente, e chi apertamente a varie corti, tutto fra loro è cabala, e una crassissima ignoranza», Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, Miscellanea erudita ed amena dell’Abate F. Venuti, 446/I, pp. 81 s.).
Aveva assunto dal 1731 la direzione del seminario di Cortona quando gli si presentò una via d’uscita. Nell’aprile del 1738, Ridolfino lo informò di averlo «proposto al Capitolo di S. Giovanni in Laterano per andare Gran Vicario a Clerac in Francia» (ibid., pp. 49 s.). Ricca possessione francese della S. Sede nei pressi di Agen, l’abbazia di Clairac era stata offerta da Enrico IV ai canonici del capitolo nel 1604 in pegno della sua conversione; dal momento che la popolazione del borgo era rimasta fedele al protestantismo, la missione dell’abate era quanto mai delicata: bisognava, come scriveva Venuti stesso, «resistere alle violenze che volesse fare il vescovo d’Agen, o il Parlamento di Bordeaux, con tutta la prudenza», e disporsi ad «andare alla Corte» per difendere le «molte cause cominciate» (ibid.). Ciononostante, la particolare situazione religiosa di Clairac e la sua prosperità economica ne facevano un luogo aperto e cosmopolita. Desideroso di sottrarsi all’ambiente cortonese, Venuti accettò l’impegno e giunse sulle rive del Lot il 5 agosto 1738. Da Parigi, Montesquieu salutò con cordialità l’arrivo del vicario, il cui fratello Marcello il filosofo di La Brède aveva conosciuto a Firenze nel 1728.
Venuti si sentì presto a proprio agio nella cerchia dei letterati di Guienna, dividendo il tempo fra attività accademiche e occupazioni mondane. Nominato membro associato dell’Académie royale des sciences et belles-lettres di Bordeaux, iniziò quindi a frequentare il cenacolo del filosofo e matematico François de Vivens e le serate letterarie della contessa di Pontac-Belhade (Jeanne Thérèse de Barry). Immerso in questo raffinato ambiente provinciale che, grazie alla duchessa d’Aiguillon e al baron de la Brède, si teneva informato delle ultime notizie culturali e letterarie parigine, Venuti venne in contatto con alcune delle opere più dibattute dell’epoca. Il suo diario attesta la lettura di Samuel Pufendorf, Henri de Boulainvilliers, Thomas Hobbes, Montesquieu e della Biblioteca anglicana. Nel 1741, con una Dissertation sur le temple de Janus, vinse il prestigioso premio dell’Académie des inscriptions et belles-lettres di Parigi, di cui divenne membro associato nel marzo del 1743. A quanto afferma Ottaviano Guasco in nota a una lettera di Montesquieu, Venuti, che manifestava poco interesse per la gestione dell’abbazia e poco zelo nel convertire gli ugonotti, «n’étoit pas regardé de bon œil par les Missionaires Jésuites» di Clairac e dovette presto fare i conti con una cabala diretta a farlo richiamare a Roma (Montesquieu, Œuvres complètes, XIX, Correspondance, 2, a cura di P. Stewart - C. Volpilhac-Auger, 2014, p. 221). L’intercessione di Montesquieu presso l’influente Claudine-Alexandrine Guérin de Tencin, sorella del cardinale arcivescovo di Lione, non sortì gli effetti sperati: l’abate fu costretto a dimettersi nel luglio del 1742. Il filosofo offrì allora a Venuti la carica di conservatore della biblioteca dell’Académie di Bordeaux, procurandogli, oltre all’alloggio, 800 lire di pensione. Venuti svolse le funzioni di bibliotecario per otto anni, durante i quali scrisse saggi di erudizione sulle antichità di Guienna, tradusse varie opere dal francese (J.-J. Lefranc de Pompignan, La Didone, Paris 1746; L. Racine, La Religione, Avignon 1748; Montesquieu, Il tempio di Gnido, London [Paris 1749]) e compose un panegirico in versi del genio letterario francese (Il trionfo letterario della Francia, Avignon 1750). Tuttavia Venuti appare nel suo diario e nelle sue lettere poco soddisfatto della sua situazione a Bordeaux. Forse indispettito dal mancato rispetto da parte di alcuni colleghi dell’Académie, travagliato dal desiderio di stabilirsi a Parigi e da un’ambizione carrieristica che lo spingeva a mettere in dubbio le capacità dei suoi protettori, si risolse a rimpatriare: «Je suis bien faché, mon cher Abbé, que vous partiez pour l’Italie, & encore plus que vous ne soyez pas content de nous» si doleva Montesquieu, prima dell’interruzione del loro rapporto espitolare (Lettres familières..., 1767, p. 134).
Sul finire del 1750, Francesco II di Lorena conferì la carica di prevosto del duomo di Livorno a Venuti, che si impose in tal modo come uno dei principali animatori degli ambienti colti ed eruditi di questo centro economico ed editoriale di primo rango. Istituì nel 1751 delle riunioni letterarie note sotto il nome di Conversazioni letterarie venutiane, dette anche Notti labroniche, e riconosciute come colonia dell’Accademia Colombaria di Firenze. Strinse rapporti epistolari con Anton Francesco Gori e Angelo Maria Bandini, bibliotecario della Marucelliana e della Laurenziana. Sul versante francese, furono associati alle pubblicazioni patrocinate da Venuti tra il 1751 e il 1756 lo scrittore e poeta Évrard Titon du Tillet, l’antiquario e archeologo Joannon de Saint-Laurent, l’accademico Claude Gros de Boze e lo scienziato Charles-Marie de La Condamine.
È molto significativo, inoltre, che Venuti si avviasse anche sulla strada del giornalismo, mettendo le sue capacità di mediazione al servizio dell’emergente spazio pubblico dell’informazione. Nel 1752 propose ai soci della Colombaria di utilizzare i torchi della stamperia di Giovan Paolo Fantechi a Livorno per pubblicare il secondo volume delle Memorie di varia erudizione, una raccolta di saggi dedicati in gran parte all’antichità. Nel 1754 partecipò con Giovanni Giacomo Baldasseroni alla creazione del Magazzino toscano d’instruzione e di piacere, un mensile che, pubblicato fino al 1757 dall’editore livornese Antonio Santini, segnava il progressivo superamento della cultura erudita tradizionale a favore di nuovi temi suscettibili di interessare un pubblico più vasto: gli articoli trattavano, tra l’altro, di arti meccaniche e liberali, di agricoltura (con saggi del naturalista Giovanni Targioni Tozzetti) e di medicina (con la traduzione dell’opuscolo di La Condamine sull’innesto del vaiolo e un saggio di Antonio Cocchi sulla tubercolosi).
Contemporaneamente, si associò dal 1756 al 1759 al gruppo di ecclesiastici incaricati di correggere, tramite l’aggiunta di note marginali, gli «errori» o i «difetti» dell’Encyclopédie nella ristampa integrale in lingua francese promossa da Ottaviano Diodati e apparsa a Lucca per i tipi di Vincenzo Giuntini (si veda l’avviso dello stampatore nel Giornale enciclopedico di Liegi [...] tradotto, V, t. 2, Lucca 1756, pp. 93-95).
Le cinquantanove note dell’abate, distribuite sui primi quattro volumi, illustrano l’atteggiamento intellettuale costruttivo e pedagogico degli annotatori lucchesi agli inizi dell’impresa editoriale. Se non è chiaro fino a che punto l’abate comprese la portata innovatrice del progetto enciclopedico, soglia estrema dell’Illuminismo sulla quale ebbe l’audacia di avventurarsi, è indubbio che egli si accinse con gli altri commentatori a coinvolgere il pubblico italiano, e gli ecclesiastici in particolare, nel più acceso dibattito europeo, provando ad attenuare la violenza dello scontro tra religione e ragione.
Conservò sempre stretti legami con l’Accademia Etrusca di Cortona. Dotò l’istituzione di nuovi statuti, mantenendola fuori del patrocinio cesareo per garantirne l’indipendenza. Fautore di un nutrito dialogo tra i due versanti delle Alpi, si adoperò perché fossero associati all’Accademia numerosi letterati e scienziati francesi, tra cui l’archeologo Jean-Jacques Barthélemy, La Condamine, Gros de Boze, Titon du Tillet, Louis Racine, il fedele amico Lefranc de Pompignan e perfino Voltaire.
Morì a Cortona il 14 marzo 1768.
È in una forma d’impegno intellettuale perspicace e risoluto più che nell’elaborazione di una visione personale o nell’adesione alle idee più audaci dei philosophes che va cercata l’impronta originale di Venuti. Si situò al punto d’incontro di tre tendenze che costituiscono le premesse della grande stagione del riformismo leopoldino, a partire dal 1765: il rapporto tra cultura erudita e cultura illuministica, il confronto tra la cultura francese e l’ambiente toscano e il rinnovamento del rapporto con il sapere, definito secondo il criterio dell’utilità pratica e dell’interesse pubblico. Tuttavia mancava alla sua rinomanza postuma un’opera singolare che potesse perpetuare il suo nome attraverso il vortice intellettuale e politico di fine Settecento.
Fonti e Bibl.: Cortona, Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca, 497 e 572 (lettere a Filippo Venuti, 1737-1765); Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, Miscellanea erudita ed amena dell’Abate F. Venuti, 446/I (1737-1738) e 446/II (1749-1765); [O. Guasco], Lettres familières du président de Montesquieu à divers amis d’Italie, [Roma] 1767; Montesquieu, Œuvres complètes, XIX, Correspondance, 2, 1731-juin 1747, a cura di P. Stewart - C. Volpilhac-Auger, Lyon-Paris 2014, ad indicem.
A. Rosadoni, Un traduttore cortonese, amico di Montesquieu: F. de V., in Culture française, XXII (1975), 6, pp. 338-347; P. Barocchi - D. Gallo, L’Accademia etrusca, Milano 1985, ad ind.; R. Shackleton, F. V., académicien de Bordeaux et ami de Montesquieu, in Id., Essays on Montesquieu and on the Enlightenment, Oxford 1988, pp. 257-267; A. Rosadoni Andiloro, Cultura, storia e società nella Cortona dei Venuti, in Arezzo e la Toscana tra i Medici e i Lorena (1670-1765), a cura di F. Cristelli, Città di Castello 2003, pp. 169-177; P. Musitelli, F. V., ami de Montesquieu et collaborateur de l’édition lucquoise de l’Encyclopédie, in Dix-huitième siècle, XXXVIII (2006), pp. 429-448; Id., Dall’antiquaria all’enciclopedismo: l’itinerario di F. V. tra Francia e Toscana nel secolo dei Lumi, in Annuario dell’Accademia etrusca, XXXII (2006-2007), pp. 117-148.