TRENTA, Filippo
Nacque ad Ascoli Piceno il 21 aprile del 1731. Ultimo di quattro fratelli, a undici anni ricevette gli ordini minori. Il fratello Antonio divenne parroco di Marrano (Battista, 1988, p. 57).
Dopo i primi studi, di tradizionale formazione classicistica, Trenta si laureò in utroque iure a Bologna nel 1750, per proseguire poi gli studi in legge a Roma. Ottenuta la carica di podestà e capitano nella città di Ascoli Piceno nel 1755, grazie all’esercizio della pretura venne ascritto all’ordine patrizio. Dal 1759 al 1763 svolse la carica di podestà di Camerino; dal 1764 al 1767 fu quindi uditore della Sacra Rota a Lucca, uditore e consigliere civile della Sacra Rota a Macerata e, nel 1771, nella provincia della Marca. Agli anni 1772-74 risale, invece, la carica di uditore e podestà a Bologna, dove fu al servizio del cardinale Ignazio Boncompagni Ludovisi, vicelegato della città dal 1766.
In questi decenni si dedicò alla scrittura di tragedie. Al Giulio Sabino (Roma 1756) e a La Teone (Roma 1759; Venezia 1763), seguirono l’Oreste, e due anni dopo L’Annibale, Il Vidacilio, Il Gionata, pubblicate, queste ultime, con le altre nella silloge Le tragedie di F. T. (Lucca 1766). Nel 1770 e 1771 partecipò, senza successo, con due tragedie (Assalonne e Meride, rimaste inedite) al concorso per una nuova tragedia e commedia bandito dalla Regia accademica deputazione di Parma, ma ottenne il secondo premio con l’Auge nel concorso del 1774 (l’opera fu edita a Parma nello stesso anno).
Delle tragedie di Trenta diedero notizia i periodici dell’epoca: Il Giulio Sabino nelle Novelle della Repubblica delle lettere (Venezia 1758, pp. 165-167), La Teone nelle Novelle letterarie pubblicate in Firenze (XX, Firenze 1759, pp. 487 s.). Fedeli alla Poetica aristotelica, si rifanno anche alla riforma teatrale primosettecentesca di Muratori, Maffei e Martello; i loro argomenti sono desunti dalla tradizione mitologica e storica greco-latina (Giulio Sabino, Teone, Oreste, Annibale) ed ebraica (Gionata), cui si aggiunge, con Il Vidacilio, la trattazione di un episodio della 'guerra sociale' delle popolazioni italiche contro Roma, all’inizio del I secolo a. C. Nelle tragedie di Trenta la fedeltà alle fonti storiche si coniuga con l’inserimento di episodi d’invenzione; l’argomento amoroso è trattato, in opposizione al modello della tragedia francese e sulla scia del rinnovamento della tragedia italiana di inizio secolo, privilegiando il sentimento dell’amicizia e dell’amore coniugale o materno. Scritte in versi sciolti, furono lette e rappresentate, alcune ancor prima della loro pubblicazione, nei principali teatri di Venezia, Roma e Lucca (v. le prefazioni al Giulio Sabino, alla Teone e al Gionata. Dalla prefazione al Gionata si ricava anche che Trenta lavorò alla stesura di due dialoghi sulla perfetta tragedia, mai portati a termine).
Conquistato il successo letterario, nel 1778 divenne uditore generale della Legazione di Bologna, città dove visse fino al 1785, dedicandosi al collezionismo e al mecenatismo.
A partire dagli anni bolognesi, raccolse una ricca biblioteca e una galleria di quadri di pregio, che accoglieva dipinti della scuola bolognese del Seicento, tra i quali diversi di Guido Reni e Annibale Carracci, e anche opere di pittori stranieri, incluso un dipinto di Nicolas Poussin e uno di Peter Paul Rubens (Battista, 1988, pp. 55-59). Tra gli artisti contemporanei predilesse i fratelli Ubaldo e Gaetano Gandolfi, dei quali acquistò bozzetti, ritratti e dipinti. È specialmente con Gaetano Gandolfi che instaurò un sodalizio, inaugurato dalla commissione nel 1778 della tela La morte di Socrate (Biagi Maino, 1995), eseguita tra il 1780 e il 1782; nel 1784 gli commissionò i dipinti Il Cristo e l’adultera e la Predica di san Paolo in Atene, consegnati nel 1787; la collaborazione tra i due continuò almeno fino a primi anni ’90 del Settecento.
Dopo aver pubblicato alcune dissertazioni sull’antichità sacra e profana (Limon, sive urbanarum quaestionum libri tres, Roma 1782), nei primi anni Ottanta intraprese la carriera ecclesiastica: divenuto sacerdote nel 1784, ricevette da Pio VI la carica di vescovo di Foligno il 26 settembre 1785, nello stesso anno in cui il suo protettore, il cardinale Ignazio Gaetano Boncompagni Ludovisi, assunse la carica di segretario di Stato (Tosti, 1995, p. 50). L’evento fu celebrato con diverse prose e raccolte poetiche in onore del nuovo vescovo, stampate a Foligno dall’editore Campitelli tra il 1785 e il 1786.
Nei primi anni di episcopato Trenta si dedicò soprattutto a scritti di materia religiosa: tra questi, alcune omelie stampate nel biennio 1785-86. Per mettere al riparo la sua diocesi dalla diffusione delle dottrine filosofiche illuministiche e libertine, si impegnò, a partire dal 1787, in «cicli di predicazione per orientare il popolo» incentrati sulla figura di Gesù (Tosti, 1995, pp. 50 s.): frutto di questa predicazione furono i sermoni Le figure di Gesù Cristo… (Foligno 1787). A seguito degli eventi rivoluzionari del 1789, preoccupato per il dilagare del giacobinismo, diede alle stampe un’opera dal titolo L’orazione domenicale in XVII sermoni (Foligno 1790), dedicata a Pio VI. A testimonianza del suo sostegno alla monarchia francese, accolse a Foligno nella primavera del 1791 le sorelle Maria Adelaide e Vittoria Maria di Francia, zie di Luigi XVI. Poco dopo, tra il 1792 e il 1793, fu anche promotore di un processo a carico del massone Domenico Fontana e di altri presunti iscritti alla Libera muratoria. Nell’assemblea sinodale (26-28 settembre 1792), coincidente con l’arresto degli imputati, ancora una volta lo spettro della rivoluzione fu evocato da Trenta con toni apocalittici (come si legge in Acta Synodalia…, Foligno 1792) e con «immagini terrificanti» (Tosti, 1995, p. 52).
Morì a Foligno il 13 marzo del 1795.
In sua memoria il fratello Antonio e il nipote Giuseppe fecero erigere nella città di Ascoli, presso il tempio di S. Pietro martire, un monumento funebre con un’epigrafe commemorativa e nei sotterranei della cattedrale di Foligno posero un’iscrizione in sua memoria. La libreria e la pinacoteca di Trenta, dopo diverse trattative, furono cedute, dietro compenso, dal fratello Antonio e dal nipote, che così contravvennero alle ultime volontà del vescovo; nei primi anni del Novecento furono alienate «in tre aste pubbliche svoltesi a Fermo» (Battista, 1988, p. 57). Una parte della galleria è stata rintracciata e, in particolare, diversi dipinti, riacquistati dalla famiglia Trenta, si trovano oggi a Bologna, mentre altri «sono passati, per via ereditaria, in una collezione privata a Roma» (p. 58).
Oltre a quelli già menzionati, Trenta fu anche autore dei seguenti scritti: Voto per la verità nella mutinensis fideicommissi…, Modena 1780; Omilia nel prender l’abito religioso, Foligno 1785; Epistola pastoralis, Roma 1785; Omilia, Foligno 1786; Indice delle pitture più raguardevoli di monsignor F. T., Foligno 1791; Regolamenti atti a stabilire e conservare il buon ordine nel Pontificio pio conservatorio di Terni, Terni 1791; Canto alla Beata Vergine, a cura di M. Faloci Pulignani, Foligno 1889.
La Biblioteca Palatina di Parma conserva i manoscritti della tragedia L’Assalonne (HH.V.133, IV.93, II.107). Presso l’Archivio di Stato di Foligno si trovano l’Inventario e il Testamento di Trenta (Archivio Notarile, Serie II, 38a 51, n. 312 e n. 300). La Biblioteca comunale Romolo Spezioli di Fermo custodisce l’Indice della biblioteca e il catalogo della Galleria di F. Trenta. All’archivio privato di casa Trenta, a Bologna, appartengono, tra i vari documenti, le Lettere di personaggi ed uomini illustri, tt. 5, 1755-8. All’illustrissimo e reverendissimo monsignore F. Trenta… componimenti poetici, Foligno 1785; Nel pubblico solenne ingresso alla chiesa vescovile di Fuligno di monsignore… F. Trenta…, Foligno 1785; Prosa detta dal padre maestro f. Antonio Prosperi… in occasion d’Accademia fatta in lode del novello vescovo… F. Trenta…, Foligno s.d. [1786]; Notizie per l’anno 1795 dedicate all’Eccellentissimo, e Reverendissimo Principe il Sig. Cardinale Carlo Livizzani…, Roma 1795, p. 85; Nuovo dizionario istorico ovvero storia in compendio di tutti gli uomini che si sono resi illustri…, XX, Bassano 1796, p. 265; G. Cantalamessa Carboni, Memorie intorno i letterati e gli artisti della città di Ascoli nel Piceno…, Ascoli 1830, pp. 243-245; Nouvelle biographie générale…, XLV, Paris 1877, p. 622; E. Bertana, Il teatro tragico italiano del secolo XVIII prima dell’Alfieri, in Giornale storico della letteratura italiana, 1901, suppl. n. 4, pp. 157 s.; G. Natali, Storia letteraria d’Italia. Il Settecento, II, Milano 19554, p. 968; M. Faloci Pulignani, Per la storia della massoneria nell’Umbria… (1915), ed. anast. Perugia 1979, passim; L. Battista, F. T. un collezionista dimenticato, in Accademia Clementina. Atti e memorie, 1988, n. 23, pp. 55-66; P. Lai, Primi echi della Rivoluzione di Francia: il «Ragionamento di monsignor F. T. al suo popolo nell’apertura del Giubileo», in Bollettino storico della città di Foligno, XIV (1990), pp. 347-365; M. Sensi, Visite pastorali della diocesi di Foligno. Repertorio ragionato, Foligno 1991, pp. 328-330; P. Bagni, I Gandolfi: affreschi, dipinti, bozzetti, disegni, Bologna 1992, passim; D. Biagi Maino, Gaetano Gandolfi, Torino 1995, p. 84; M. Tosti, Vescovi e rivoluzione nello Stato della Chiesa: l’Umbria negli anni 1789-1800, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XLIX (1995), 1, pp. 43-65; B. Lattanzi, Storia di Foligno, III, Roma 2000, p. 660; Gaetano e Ubaldo Gandolfi. Opere scelte, a cura di D. Biagi Maino, Torino-Londra-Venezia 2002, passim; F. Fedi, Un programma per Melpomene. Il concorso parmigiano di poesia drammatica e la scrittura tragica in Italia (1770-1786), Milano 2007, p. 21; G. Metelli, Il testamento e la collezione d’arte del vescovo di Foligno F. T. (1785-1795), in Marca/Marche, 2018, n. 10, pp. 303-316.