PACINI, Filippo
PACINI, Filippo. – Nacque a Pistoia il 25 maggio 1812, nella parrocchia dei Ss. Prospero e Filippo, da Francesco, calzolaio, e da Umiltà Dolfi, originaria di Montagnana.
Alla nascita di Filippo e della sorella gemella Assunta, seguirono nel 1815 quella della sorella Maria Giustina e nel 1817 quella dell’ultimogenita Carlotta.
Le scarse risorse economiche della famiglia non resero facile al giovane Filippo l’accesso agli studi. Dopo le scuole elementari, alle quali fu iscritto nel 1820, frequentò la scuola di retorica presso il locale seminario arcivescovile, dove ebbe come docente Giuseppe Silvestri. A 14 anni entrò al liceo Forteguerri e vi compì studi filosofici e fisici così da poter accedere nell’anno accademico 1830-31 all’antica Scuola medica degli imperiali e reali Ospedali riuniti di Pistoia, presso l’ospedale del Ceppo. Qui ebbe come maestri Luigi Nerucci per la medicina clinica e pratica, Luigi Camici per la clinica chirurgica e la medicina operatoria e Carlo Biagini per le istituzioni chirurgiche e l’ostetricia.
Nel 1831, appena iscritto al secondo anno della scuola medica, con un piccolo microscopio di legno acquistato presso il mercato pistoiese avviò le sue ricerche di istologia in campo anatomico, identificando nel corso dei suoi esperimenti i corpuscoli ovoidali dei nervi digitali responsabili delle percezione tattile e della pressione profonda. Non poté pubblicare la scoperta per mancanza di mezzi ma la rese nota alla comunità scientifica alcuni anni dopo, inviando nel 1835 una relazione all’Accademia medico-fisica di Firenze. Non avendo riscosso la degna attenzione, la presentò nuovamente a Pisa nel 1839, in occasione del primo Congresso degli scienziati Italiani, ma ancora senza esiti positivi.
Intanto aveva avuto la possibilità di avvalersi per i suoi studi di un microscopio più potente, che il naturalista modenese Giovanni Battista Amici aveva costruito per Niccolò Puccini, mecenate e filantropo, ultimo esponente della nobile famiglia pistoiese. Puccini glielo mise a disposizione nella villa di Scornio nei dintorni di Pistoia, ove Pacini si recò regolarmente nell’estate del 1839.
Finalmente nel 1840 riuscì a divulgare la sua scoperta attraverso un volume (Nuovi organi scoperti nel corpo umano, Pistoia) che nel 1844 gli valse il riconoscimento dei due illustri istologi tedeschi Friedrich Gustav Jakob Henle e Rudolf Albert von Kölliker, i quali denominarono le terminazioni nervose tattili «corpuscoli di Pacini».
Nel frattempo Pacini, trasferitosi a Pisa nel 1837, vi aveva completato gli studi, conseguendo nel 1839 la laurea in medicina e nel 1840 quella in chirurgia. La sua carriera accademica si svolse interamente tra Pisa e Firenze: a Pisa nel 1840 fu nominato dissettore della cattedra di anatomia comparata detenuta da Paolo Savi, nel 1843, insieme ad Atto Tigri, divenne aiuto nella cattedra di anatomia di cui era titolare il pistoiese Giovanni Bechelli, che Pacini sostituì nell’insegnamento negli anni 1844-45. Nel 1847 passò a Firenze, nominato da Francesco Franchini, ministro dell’Istruzione del Granducato, suo concittadino, titolare della cattedra di anatomia descrittiva nel liceo di Firenze e di anatomia pittorica presso l’Accademia di belle arti. Inoltre ottenne altri insegnamenti di anatomia presso il Collegio medico fiorentino.
Quando era ancora a Pisa, aiuto di Bechelli, introdusse per primo l’insegnamento pratico di istologia nell’ordinamento della facoltà medica, battendosi per l’inserimento dell’indagine microscopica negli studi di anatomia, fisiologia e istologia. Il 18 ottobre 1844 il granduca di Toscana gli assegnò una somma per costruire un nuovo microscopio, ma la realizzazione dello strumento fu causa di contrasti accademici. Infatti inizialmente gliene fu interdetto l’uso fuori dell’Università di Pisa, poi gli fu concesso a patto che il microscopio fosse inventariato come oggetto appartenente all’Università.
Con lo stesso impegno Pacini cercò di introdurre l’uso del microscopio a Firenze, quando gli fu affidato l’insegnamento di anatomia sublime presso l’Arcispedale di S. Maria Nuova, insegnamento che convertì in quello di istologia e anatomia topografica. A Firenze si dedicò anche alla realizzazione di un Museo di anatomia microscopica, creando una sezione specifica in cui sono ancora oggi raccolti più di 400 suoi preparati istologici.
Grazie all’uso del microscopio, Pacini osservò i vibrioni del colera durante la pandemia scoppiata a Firenze tra il 1846 e il 1863, descrivendoli come gli agenti responsabili della malattia e del suo contagio. La scoperta fu comunicata all’Accademia fiorentina nel 1854, senza riscuotere adeguato riscontro. In particolare Pacini fu in dissidio con un noto clinico di Cesena, Maurizio Bufalini , il quale era contrario alla tesi del contagio attraverso veicoli come l’acqua, gli indumenti e gli escrementi infetti. Il disconoscimento delle teorie di Pacini sul colera fu sancito nel 1881 dal rifiuto da parte dell’Accademia dei Lincei di conferirgli il premio di L. 1000, stabilito per le scienze biologiche, a cui teneva per ragioni scientifiche ed economiche.
L’osservazione dei vibrioni del colera, compiuta nuovamente nel 1884, valse a Robert Koch nel 1905 il Nobel per la medicina. Solo nel 1966 il Comitato internazionale sulla nomenclatura ha reso giustizia al medico pistoiese, adottando per l’agente patogeno la denominazione ufficiale di Vibrio cholerae Pacini.
Alla fine degli anni Sessanta, lo stesso scetticismo della scuola medica fiorentina si manifestò nei confronti della scoperta di Pacini di un nuovo metodo di respirazione artificiale, basato sulla mobilitazione ritmica degli arti superiori nel paziente privo di coscienza, che fu adottato invece da subito da numerose società di salvataggio internazionali.
Pacini entrò anche nel vivo del dibattito della riforma dell’ordinamento degli studi medici (Sulla questione universitaria, Firenze 1878), esprimendosi a favore del mantenimento delle piccole università mediche di provincia, inclusa quella di Pistoia, anche in aperta polemica con il senatore Francesco Magni, suo allievo e poi celebre medico oculista.
Nel 1846 Pacini vide svanire un suo progetto di matrimonio con una parente del patriota Giuseppe Montanelli e da quel momento si dedicò interamente alla cura delle due sorelle: Carlotta visse da inferma in casa sua fino al 1868 e Assunta, affetta da gravi problemi mentali, fu mantenuta presso il manicomio di Firenze.
Morì il 9 luglio 1883, in condizioni di povertà, nella sua casa a Firenze, in via di Mezzo, dove il municipio appose una lapide a ricordo.
Benché massone, fu sepolto con rito cattolico e nel 1935 la salma fu traslata, insieme a quelle degli anatomici pistoiesi Filippo Civinini e Atto Tigri, presso la chiesa di S. Maria delle Grazie di Pistoia. Lasciò come sua unica eredità la biblioteca privata, gli strumenti e le preparazioni anatomiche. I suoi manoscritti autografi furono acquistati nel 1885 dal ministero della Pubblica Istruzione per la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, grazie all’interessamento dell’allievo Aurelio Bianchi, professore di patologia e clinica medica presso l’Università di Parma, che ne redasse anche il catalogo. Nel 1928 fu intitolata a Pacini l’Accademia, sorta in quell’anno su iniziativa di alcuni medici pistoiesi presso l’ospedale del Ceppo con lo scopo di migliorare le pratiche professionali dei medici della provincia e ancora oggi attiva presso la locale azienda sanitaria.
Fonti e Bibl.: Per una bibliografia completa delle opere di Pacini si vedano: L. Castaldi, F. P. nel quarantesimo anniversario della sua morte, in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, XIV (1923), 5, pp. 209-212 e G. C. Niccolai, F. P., pioniere della ricerca medica dell’800, Pistoia 1998, pp. 23-26. Per gli autografi: A. Bianchi, Relazione e catalogo dei manoscritti di F. P. esistenti nella R. Biblioteca nazionale centrale di Firenze, Roma 1889 e in particolare la descrizione sintetica del fondo alle pp. XXV-XXXV dell’introduzione. Per le lettere autografe a Niccolò Puccini conservate presso la Biblioteca Forteguerriana di Pistoia: Lettere di F. P. a Niccolò Puccini, in Un pioniere della scienza medica. Vita e scoperte di F. P. (1812-1813), a cura di I. Bracali - A. Iacuzzi - R. Sacchettini, Pistoia 2012, pp. 10-15. Altri manoscritti e disegni sono conservati presso l’archivio del Museo Galileo di Firenze, Raccolta Medicina, Medicina V: P. F.: disegni e altri scritti autografi, [1840?]-1870. Si vedano inoltre: L. Castaldi, F. P.(1812-1883), in Lo Sperimentale, LXXVIII (1924), 3-4, pp. 275-282; Id., Tre illustri anatomisti pistoiesi, Filippo Civinini, F. P., Atto Tigri, Pistoia 1924, pp. 15-26; Id., Discorso per la traslazione delle salme di Filippo Civinini, F. P, e Atto Tigri nella chiesa di S. Maria delle Grazie presso lo spedale del Ceppo in Pistoia (29 settembre 1935), in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, XXVI (1935), 17, pp. 289-308; F. Leoncini, Un documento inedito su F. P., in Accademia medica pistoiese, X (1937), 2, pp. 4-8; M.G. Nardi, La scoperta del vibrione di colera di F. P. e le fasi iniziali del pensiero microbiologico a distanza di un secolo, in Minerva medica, XLV (1954), 2, pp. 1024 -1029; P. Franceschini, La scoperta del bacillo del colera: Firenze 29 agosto 1854, inPhysis, XVIII (1971), 3-4, pp. 349-365; E. Coturri, Un grande anatomico pistoiese dell’Ottocento: F. P., in Studi storici pistoiesi, III, Pistoia 1976, pp. 35-52; M. Maggini Arreghini, Nel paese di Galileo. Vita di F. P., Poggibonsi 1987, pp. 7-13; A. Dini, Teorie medico-patologiche a confronto: Maurizio Bufalini e F. P., in Maurizio Bufalini: medicina, scienza e filosofia, Atti del Convegno... 1987, a cura di G. Pancaldi, Bologna 1990, pp. 137-152; L. Marri Malacrida, La riforma degli studi medici proposta da F. P., 1867, inL’insegnamento della medicina in Europa, secoli XIV-XIX Atti del Convegno, a cura di F. Vannozzi, Siena 1994, pp. 237-247; F. Aulizio, L’attenzione rivolta dalla Società Italiana di storia critica delle scienze mediche e naturali alla figura scientifica del pistoiese F. P. (1812-1883), in Rivista di storia della medicina, XII (2002),1-2, pp. 35-40.