GALLETTI, Filippo Maria
Nacque a Firenze nel 1636. Alla bottega del pittore Vincenzo Dandini si riferisce, pur con qualche cautela, la prima formazione artistica del G., nutrita di un cortonismo che informa tutta la sua consistente, ma discontinua produzione. Con Piero Dandini, fratello minore di Vincenzo, intrattenne un intenso rapporto epistolare nell'arco di tutta la carriera, spia della necessità di un confronto materializzato nella richiesta al più giovane collega di una continua supervisione al proprio lavoro (Bellesi, 1988, pp. 84 s.).
Il 27 maggio 1663 il G. prese i voti come fratello laico nel convento teatino di S. Silvestro al Quirinale a Roma (Vezzosi, 1780, p. 492), inaugurando contemporaneamente una carriera artistica che, fin dall'inizio, si svolse all'ombra dei chierici regolari teatini. La perduta serie di dipinti nella libreria del convento romano costituì l'incipit di una prevalente, ma non esclusiva, attività di frescante, poi richiesta al G. per le sedi teatine di numerose città dell'Italia centrale e settentrionale.
Nel 1665 scrisse da Venezia a Vincenzo Dandini dicendosi impegnato nella realizzazione di un dipinto per la sagrestia del complesso teatino di S. Niccolò dei Tolentini e annunciando la recente commissione di un Miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci per il refettorio. I quattro dipinti con il Trionfo della Divina Sapienza, eseguiti per il soffitto della libreria dei Tolentini e riferiti al 1660, potrebbero forse ascriversi a questo momento, superando l'impasse causata da una notizia che, con eccessivo anticipo, definisce il G. padre teatino (Bellesi, 1988, p. 84).
Priva di riscontri è la notizia di un soggiorno di lavoro a Bergamo presso Ciro Ferri, attivo nel cantiere di S. Maria Maggiore nel biennio 1665-67. La riflessione sul cortonismo del Ferri, comunque presente nella cultura figurativa del G., sostenne l'attività del pittore, che fu incaricato di affrescare la volta delle tre navate e le cappelle laterali nella chiesa teatina di S. Cristina a Parma. Abilità descrittiva e colori luminosi connotano la decorazione delle quattro campate centrali dove, all'interno del sistema di quadrature realizzate dal parmense A. Baratta, il G. visualizzò l'intenso legame spirituale di s. Gaetano con la Vergine e il Bambino, l'esperienza mistica della Trinità e del Corpo di Cristo. Una datazione degli affreschi al 1672 (ibid., p. 85) sembra preferibile a un troppo precoce 1663 (Campori, 1855, p. 223) immediatamente contiguo alla conclusione dei lavori di costruzione della chiesa, agganciando la commissione del ciclo dedicato a s. Gaetano alla recente canonizzazione del fondatore dell'Ordine dei chierici regolari (1671).
Nel 1674 il G. fece ingresso nell'Accademia fiorentina.
Nello stesso anno avrebbe lavorato nel convento di S. Bartolomeo a Rovigo (Bartoli, 1793, pp. 34, 279). Eccentrica rispetto agli abituali circuiti di committenza di matrice teatina fino a questo momento verificati, la paternità del perduto ciclo di dipinti per la foresteria del monastero olivetano, è oggi messa in discussione e si prospetta la definitiva espunzione del soggiorno rodigino dalla biografia del pittore (Sgarbi, 1988, p. 224).
A partire dal 1678, il G. risulta impegnato nella decorazione della cupola della chiesa teatina dei Ss. Michele e Gaetano a Firenze, ambiente a lui familiare fin dalla giovinezza. Menzionato dalle fonti già nel 1684 (Del Migliore), l'affresco, raffigurante S. Gaetano in gloria presentato alla Trinità da s. Michele Arcangelo, riecheggia i modi cortoneschi del Volterrano (Baldassarre Franceschini), mentre le figure allegoriche dei pennacchi riflettono una più nitida capacità disegnativa che richiama lo stile di Vincenzo Dandini.
La decorazione della cupola si inserisce in un ampio programma di rinnovamento del severo interno della chiesa promosso dai padri teatini che commissionarono al confratello pittore anche gli affreschi dei bracci del transetto, a completamento di un programma iconografico inaugurato nel 1677 dai dipinti di B. Chiavistelli.
Al 1679 rimanda la notizia di alcuni ritratti dei principi Farnese, eseguiti dal G. a Parma e poi inviati in Spagna al principe Alessandro, laconico accenno a una produzione ritrattistica interamente perduta ma certamente significativa se al pittore si rivolsero, in momenti diversi, anche i Medici e i Gonzaga di Guastalla (Moucke, 1766, p. 277). Alla fine del 1679 il G. cominciò a lavorare, a fasi alterne, nel santuario della Madonna del Montenero presso Livorno, affidato ai teatini nel 1669, dopo la soppressione dell'Ordine dei gesuati: nell'atrio della chiesa affrescò, entro il marzo del 1680, la volta con sette episodi della Vita della Vergine, mentre le otto tele sotto al cornicione, alternatamente quadrate e ovali, raffigurano una serie di Miracoli in favore della popolazione di Livorno. Di soggetto mariano sono anche gli affreschi attribuiti al G. nella cappella del Ss. Sacramento di S. Quintino a Parma, attestati intorno al 1684, mentre un Ciclo cristologico nella chiesa di S. Sepolcro, un altro sulle pareti di S. Lucia e un dipinto nell'ex collegio dei gesuiti completano, senza specifiche indicazioni cronologiche, il catalogo degli interventi parmensi attribuiti dalle fonti al pittore teatino. Nel 1687 il G., nuovamente al santuario livornese del Montenero, dipinse i tre scomparti centrali del soffitto, ancora una volta dedicati a s. Gaetano, confermandosi come decoratore di buon livello, a suo agio con il lessico cortonesco e contemporaneamente influenzato dalla maniera dei Dandini.
Il 1692, anno d'ingresso dei chierici regolari nel convento di S. Gaetano a Brescia, è il termine post quem della pala con S. Gaetano davanti alla Madonna e il Bambino fra i ss. Giuseppe e Girolamo, eseguita per il secondo altare di sinistra della chiesa teatina. Citato dalle fonti già nel 1700 (Averoldo), il dipinto rivela un artista maturo, padrone di un disegno raffinato e di una cromia brillante, a confronto con un'iconografia su cui ritornò, in data imprecisata, nella sagrestia della chiesa ferrarese di S. Maria della Pietà (Brisighella, 1704-35, p. 44). Di committenza teatina è anche il Ritratto di Agostino Coltellini eseguito dal G. dopo il 1693 per il monumento funebre allestito nella chiesa di S. Gaetano a Firenze in memoria del letterato che aveva designato i chierici suoi eredi universali; a questa data si riferiscono anche gli Angeli affrescati sulla volta della cappella Tornaquinci e una perduta pala con Due santi vescovi in adorazione della Madonna con Bambino.
Nel 1696, piuttosto che nel 1663 (Campori, 1855, p. 223), il G. fu a Modena, dove, in seguito a un incendio che aveva gravemente danneggiato il coro della chiesa teatina di S. Vincenzo Martire, venne incaricato di reintegrarne la decorazione con cinque affreschi dedicati al santo titolare; gli vengono riferite anche le tele degli Evangelisti del transetto, oltre ad alcuni interventi minori su cui le fonti non concordano.
All'ingresso del nuovo secolo il G. tornò a Roma, impegnato in una serie di incarichi di cui non rimangono notizie precise. La successiva convocazione a Guastalla a opera del duca Vincenzo Gonzaga conferma un suo pregresso, ma scarsamente documentato, contatto con gli ambienti di corte italiani e con un circuito di committenza aristocratica e laica parallelo e complementare al filone emergente di matrice religiosa e specificamente teatina. Nel maggio del 1702, il G. stava lavorando a Guastalla ai dipinti per gli altari del transetto della "nuova" chiesa della Madonna della Porta, consacrata nel 1709 su istanza del cugino del duca, il teatino Luigi Gonzaga.
Il nome del G. e la data del 1703 sul retro di una pala raffigurante la Madonna con il Bambino e s. Girolamo Miani, nella chiesa fiorentina di S. Gaggio, testimonierebbero il rientro del pittore nella città natale, dove gli vengono attribuiti anche alcuni perduti dipinti per l'educatorio della Concezione. Firma e data 1714 documentano l'estremo impegno del G. nel convento di S. Lucia alla Castellina, nei dintorni di Firenze.
Il G. morì a Firenze il 23 febbr. 1714; il suo Autoritratto era entrato nelle collezioni degli Uffizi l'anno precedente.
Fonti e Bibl: F.L. Del Migliore, Firenze città nobilissima, Firenze 1684, p. 447; G.A. Averoldo, Le scelte pitture di Brescia additate al forestiere, Brescia 1700, p. 165; C. Brisighella, Descrizione della pitture e sculture della città di Ferrara (1704-35), a cura di M.A. Novelli, Ferrara 1991, pp. 44, 47; M.A. Lazarelli, Pitture nella chiesa di Modena (1712 circa), a cura di O. Bairacchi Giovanardi, Modena 1982, pp. 64-66; F. Moucke, Serie di ritratti degli eccellenti pittori dipinti di propria mano che esistono nella Imperiale Galleria di Firenze, III, Firenze 1766, pp. 275-278; F. Vezzosi, I scrittori de' chierici regolari detti teatini, Roma 1780, II, pp. 491 s.; F. Bartoli, Le pitture, le sculture e le architetture della città di Rovigo, Venezia 1793, pp. 31, 34, 107, 110, 279; S. Ticozzi, Dizionario dei pittori dal rinnovamento delle belle arti fino al 1800, I, Milano 1818, p. 219; G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, pp. 223 s.; S. Lottici Maglione, La chiesa di S. Quintino, Parma 1908, p. 12; L. Servolini, L'arte nel santuario del Montenero, in Liburni Civitas, VII (1934), pp. 38-42 (con bibl.); Th. Poensgen, Die Deckenmalerei in italienischen Kirchen, Berlin 1969, pp. 84 s.; G. Soli, Chiese di Modena, a cura di G. Bertuzzi, Modena 1974, pp. 362, 364 s., 367; R. Roli, Pittura bolognese 1650-1800, Bologna 1977, p. 76; Felice da Mareto, Chiese e conventi di Parma, Parma 1978, pp. 182, 199 s., 214, 297; T. Romagnolo, in Il monastero di S. Bartolomeo di Rovigo, Rovigo 1979, p. 131; P.V. Begni Redona, F.M. G., in Brescia pittorica 1700-1760: l'immagine del sacro, Brescia 1981, pp. 73 s. (con bibl.); E. Chini, La chiesa e il convento dei Ss. Michele e Gaetano, Firenze 1984, ad indicem (con bibl.); M. Mussini, in Città di Guastalla. Il tempo dei Gonzaga, a cura di C. Bertoni - F. Tagliavini, Guastalla 1985, p. 207; S. Bellesi, Una vita inedita di V. Dandini e appunti su… F.M. G. e altri, in Paragone, XXXIX (1988), 465, pp. 84-86, 92-96 (con bibl.); A. Coccioli Mastroviti, Architettura e decorazione negli edifici religiosi dei teatini: le chiese di S. Vincenzo a Piacenza e di S. Cristina a Parma, in Arch. stor. per le province parmensi, XL (1988), p. 337; V. Sgarbi, Rovigo. Le chiese, Venezia 1988, pp. 176, 219-222, 224; P.P. Mendogni, La cultura figurativa dei teatini a Parma e Piacenza, in La pittura in Emilia Romagna. Il Seicento, Milano 1994, pp. 104, 107-112; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 115.