FASANINI, Filippo (Fasianino, Philippus Phasaninus)
Figlio di Bernardino, apparteneva ad una nobile famiglia bolognese. Non sappiamo con esattezza la sua data di nascita ma sappiamo che già nel 1504 partecipò alle Collettanee grece, latine, e vulgari per diversi auctori moderni, nella morte de l'ardente Seraphino Aquilano (miscellanea commemorativa di Serafino Ciminelli, a cura di G. F. Achillini, stampata a Bologna da C. Bazalieri e dedicata a Elisabetta Gonzaga duchessa d'Urbino). Divenne dottore in filosofia il 19 nov. 1512, ma prima ancora della laurea godeva di gran credito come poeta, oratore e traduttore dal greco e dal latino, tanto da occupare la cattedra di umanità e retorica sin dal 1511 (cfr. rotuli dello Studio bolognese "Ad rhetoricam et poesim. Legat quilibet duas lectiones, unam in oratoria et alteram in poetica arte"), dove, secondo il Fantuzzi, ebbe come concorrente A. Bocchi, anche se è più probabile che, se competizione ci fu, questa sia avvenuta più tardi, intorno all'anno '13, dal momento che il Bocchi dal 1508 al 1512 lesse greco nello Studio e dal 1514 al 1562 alternò l'insegnamento di retorica e poesia a quello di umanità come risulta dai rotuli. Il F. visse sempre a Bologna e fu un professore molto amato e stimato dai suoi studenti, come dimostra un episodio - raccontato da G. Zaccagnini secondo documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Bologna - che risale al 1523, quando i suoi allievi protestarono perché gli venisse concesso un aumento di stipendio ed insieme con il rettore ricorsero persino all'autorità papale.
Nel 1525 alla morte di Giovan Andrea Garisendi, che lo ebbe nel suo studio di notaio a collaborare insieme con G. Bargellini e G. Manzolini (cfr. L. Frati, Gio. Andrea Garisendi e il suo contrasto d'amore, in Giorn. stor. d. letter. ital., XLIX [1907], p. 74), il F. fu chiamato a sostituirlo nel prestigioso incarico di segretario maggiore del Senato bolognese, come si legge negli Atti della Cancelleria pubblica.
Dopo l'insegnamento nelle scuole pubbliche durato fino al 1527 il Senato lo incaricò di leggere nel palazzo, come attestano i rotuli del 1528 ("Ad literas humanitatis diebus festis. Ph. Ph. possit legere in Palatio") fino alla sua morte, avvenuta a Bologna il 4 nov. 1531, data che si ricava da una lettera di R. Q. Amaseo (che gli successe nella carica di segretario maggiore) del 22 novembre di quell'anno, allegata da F. Scarselli nella sua Vita Romuli Amasaei (Bononiae 1769, pp. 104 e 220). Il F. fu seppellito nella chiesa di S. Domenico.
Il F. fu soprattutto un celebre e molto ammirato traduttore. Suoi lavori scolastici includono versioni dal greco in latino di excerpta dall'opera mitografica di Palefato: Palaephati scriptoris Graeci Opusculum. de non credendis fabulosis narrationibus interprete Philippo Phasianino Bononiensi (impressum. Bononiae, per Benedicturn Hectoris Bononiensis, 1515): traduzione dedicata al vescovo di Norwich, R. Nix, che era stato studente a Bologna ("Ad arnpliss. antistitem et d.d. Ricardum Norvicensem episcopum Anglicum digniss. Philippi Phasianini Bononiensis epistola"); quest'opera che testimonia del forte interesse del F. per temi allegorici e simbolici tratti dalla mitologia classica, ebbe numerose ristampe nel Cinquecento a cominciare dal 1517, Argentorati, ex aedibus Matthiae Schurerii, poi Basileae 1535 s.i.t. (ma Joan. Herogius), poi ibid., Henricus Petrus, 1536 fino a Basileae (s.a. s.t.), insieme con la traduzione di Cornutus, De natura deorum gentilium commentarius, e ancora la stessa edizione (ibid., J. Oporinus, 1543).
Ma il nome del F. è legato soprattutto alla versione dal greco in latino di Orapollo che era stato stampata da A. Manuzio nel 1505 (la scoperta del manoscritto greco era avvenuta nel 1419): Hori Apollinis Niliaci Hieroglyphica, hoc est de sacris Aegyptiorum literis libelli duo de Graeco in Latinum sermonem a Philippo Phasianino Bononiensi nunc primum. translati (impressum Bononiae, apud Hieronymum Platonidem Bibliopolarn Solertissimum, 1517). In realtà, come ci dice il colophon di questa pregiata edizione, il lavoro era pronto per la stampa nel mese di settembre del 1516 (c. G 4r "Hori Apollinis Niliaci Hieroglyphicarum literarum finis. Opusculum autem hoc latinitate donabat Calendis Septembris anni MDXVI. Philippus Phasianinus, ad communem studiosorum utilitatem, qui illud etiam in gymnasio Bononiensi, dum lectiones suas auspicaretur publice recitavit"), ma fu fatto uscire soltanto nel 1517, con una epistola nuncupatoria al cardinale Lorenzo Campeggi ("Ad amplissimum antistitem et dominum. d. Laurentium Campegium tituli. S. Thomae...") e a dedica di chiusura un carme di G. B. Pio (c. AA 8r "Clarissimi viri Ioannis Baptistae Pii Bononiensis Endecasyllabon"). Nella stessa edizione, alla fine della traduzione, compare anche una Declaratio sacrarum literarum ex diversis auctoribus sempre del F., stampata effettivamente nel 1517 (Bononiae, Hieronymus Platonidem de Benedictis). Questa traduzione lo rese famoso, ma non ebbe il successo che meritava perché in realtà la base di edizioni successive italiane e straniere dei Hieroglyphica fino al 1542 fu la concorrente edizione (Basilea, J. Frobenius) di Bernardino Trebazio del 1518 (anche se la dedicatoria è datata 20 apr. 1515: cfr. Sbordone, p. LX, e Catal. translationum, VI, pp. 21 ss.), dal punto di vista filologico meno curata di quella del Fasanini.
Del F. ci resta anche, in volgare, un cantico in terzine In adventu Iulii II pont. max. (Bologna, Benedetto di Ettore Faelli, s.d.), scritto probabilmente per l'arrivo del pontefice a Bologna nel 1510, dunque per la seconda venuta di Giulio II a Bologna e non come hanno ipotizzato alcuni per la prima, cioè per la presa della città del 1506, dal momento che la prima terzina fa accenno esplicito al "ritorno": "Felsina lieta, questo sacro giorno / con un lapil candidissimo segna, / che a te fa Iulio secondo ritorno"; mentre il Frati (II, col. 930 n. 7346) fissa invece la data al 1511 in occasione della terza venuta del papa a Bologna, anche se in un altro luogo della sua opera aveva già deciso per il 1506 (ibid., I, col. 416 n. 3297). È una stampa rara di cui esiste un esemplare alla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, in quarto piccolo, senza luogo e data. Ne abbiamo anche una ristampa moderna, tirata in soli trenta esemplari, a cura di F. Guidicini, che la dedica a F. Zambrini: In adventu Iulii II. pont. max. Cantico in terzine di F. Fasanini, Bologna 1869.
In latino invece abbiamo una orazione, di cui oramai restano pochissimi esemplari, in un'edizione con gli stemmi di G. Tiraldi e di C. Manfredi, rettore dell'università bolognese, stemmi che verranno poi usati per l'edizione del Liber statutorum almi Studii Bononiensis edita da Giustiniano da Rubiera: Philippi Phasianini Bononiensis Oratio in gymnasiarchatu novi rectoris habita (impressum Bononiae, per Hieronymum Platonidem de Benedictis, 1514). A c. 2r viene stampata la lettera del rettore dello Studio bolognese Cesare Manfredi nella quale si dice quanto abbiano gradito gli studenti del F. quest'opera, tanto da sollecitarne a lui stesso la stampa.
Controversa invece la questione della partecipazione del F. ai Vaticinia circa apostolicos viros del 1515 (Bononiae, H. Benedictus), volgarizzati poi e stampati a Venezia nel 1527 (cfr. Drysdell, pp. 130 s.). Nella Prophetia dell'abate Ioachino circa li pontefici, a c. A4r è impressa la sottoscrizione tradotta in volgare dal F. e un suo carme latino ai lettori sulle profezie falsamente attribuite all'abate Gioacchino. Il manoscritto 2199 miscell. tardo seicentesco della Biblioteca Riccardiana di Firenze delle Profezie sui pontefici conserva una dedica al cardinale Giuliano de' Medici del frate Leandro Alberti sul valore interpretativo dei vaticini e in fondo alla carta "Filippo Fassianino sopra le profezie del abate Gioachino ha fatto il seguente sonetto", che comincia "Perché aver gratia dal Ciel non è dato" (cfr. Drysdall, che lo riporta a p. 154) e nel quale si dichiara autore della traduzione.
Dei versi al F. di G. A. Flaminio sono conservati in un codice della Biblioteca comunale di Mantova (H I 28) e delle lettere dei Pio con un post scriptum di Iacopo Della Croce e del F. nel codice 1019 della Biblioteca Palatina di Parma; versi del F. sono segnalati dal Kristeller nel cod. 2194 fasc. 12 della Biblioteka Jagiellonska di Cracovia.
La stima di cui il F. godeva a Bologna presso i letterati del tempo era molto alta. Ce lo testimoniano i riconoscimenti resigli da G. B. Pio suo collega e amico (il F. lo aveva appoggiato anche nella sua violenta polemica contro l'Amaseo e aveva firmato la petizione del 28 luglio 1524 che chiedeva al Giberti di impedire il ritomo a Bologna dell'Amaseo), come lui interessato allo studio dei geroglifici e che lo loda come traduttore di Orapollo già nel 1496 in una miscellanea che contiene note di Poliziano, Calderini, Beroaldo e altri: Ecce tibi lector humanissime Philippi Beroaldi Annotationes centum ... (Brixia, Bernardinus Misinta. Sumptibus Angeli Britannici, 1496), a f. S 1rv. G. A. Flaminio gli fu molto amico come è testimoniato nelle sue Epistolae familiares (Bologna 1744; lib. V, XXIX, p. 240) e nel Dialogus de educatione liberorum ac institutione (Bologna 1524, H. de Benedictis, p. 11r), dove lo pone insieme con altri celebri bolognesi. Leandro Alberti lo cita tra gli uomini illustri in Oratoria e poesia (c. G 2r) e tra quelli "ornati di Greche, e Latine lettere" (c. C 2r) (Historie di Bologna: Deca prima e Libro primo della Deca seconda, Bologna, Bonardo e Grossi, 1541-1543) e Giovanni Filoteo Achillini, curatore delle Collettanee in morte dell'Aquilano, ci dà prova della sua precoce fama di buon poeta, citandolo in una stanza dei Viridario (Bologna, Girolamo da Plato, 1513) dopo D. Guidalotti e G. Garisendi: "Debb'io tacer quel gentil Giovinetto, / Philippo Fasanin così perfetto" (p. LCXXXVI).
A. Bocchi nella sua piccola raccolta di poesie latine Lusuum libellus ad Leonem X P.O.M. scrive: "... Idem enim es Poeta et / Orator bonus Attice et Latine. / Interpres bonus utriusque linguae.", e più avanti allude all'opuscolo su Palefato che il F. aveva tradotto e pubblicato nel 1515; in quella stessa edizione l'encomio del Bocchi era stato inserito a c. D 4v.
La sua alta reputazione arrivò fino a Basilea, dove Beato Renano ricorda il F. e il Pio come professori (cfr. Giehlow, pp. 131 s.). Inoltre influenzò in modo considerevole l'arricchirsi degli studi intorno alla simbologia propri dell'ambiente umanistico bolognese; ebbe infatti tra i suoi allievi A. Alciato, che risentì sicuramente dell'influenza del F. nello scrivere i suoi famosi Emblemata e tra i colleghi come abbiamo visto lo stesso Bocchi autore tra l'altro delle Symbolicarum quaestionum... che rappresenta uno dei punti più alti dell'allegorismo bolognese.
Fonti e Bibl.: I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese..., a cura di U. Dallari, I, Bologna 1888, p. 212; II, ibid. 1889, pp. 6-39, 42-66; F. Guidicini, Miscell. storico-patria bolognese, tratta dai manoscritti di Giovanni Guidicini, Bologna 1872, p. 166; C. Malagola, Della vita e delle opere di Antonio Urceo detto Codro, Bologna 1878, pp. 110 s.; V. Cian, Per la storia dello Studio bolognese nel Rinascimento. Pro e contro l'Amaseo, in Miscell. di studi critici ed. in onore di A. Graf, Bergamo 1903, pp. 209-12, 221 s.; R. Ambrosini, Un cimelio e due rarissime edizioni di Giustiniano Leonardi da Rubiera, stampatore bolognese, in La Bibliofilia, XII (1910-11), pp. 333 s.; K. Giehlow, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allegorie der Renaissance, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses, XXXII (1915), pp. 129-136, 137 s., 146 s.; L. Volkmann, Bilderschriften der Renaissance, Leipzig 1923, pp. 29 s., 41 s., 49, 70; G. Zaccagnini, Storia dello Studio di Bologna durante il Rinascimento, Genève 1930, p. 280; L. Simeoni, Storia della Univers. di Bologna, II, Bologna 1940, p. 45; Hori Apollinis Hieroglyphica, a cura di F. Sbordone, Napoli 1940, pp. LX ss.; A. Serra-Zanetti, L'arte della stampa in Bologna nel primo ventennio del Cinquecento, Bologna 1959, pp. 73, 76, 93, 102 s., 133, 234 s., 257, 260 s., 272 s., 307; G. Savarese-A. Gareffi, La letter. delle immagini nel Cinquecento, Roma 1980, p. 120; D. L. Drysdall, F. F. and his "Explanation of sacred writing" (text and translation) (trad. inglese con testo a fronte della Declaratio sacrarum...), in The Journal of Medieval and Renaissance studies, XIII (1983), pp. 127-155; G. M. Anselmi-L. Avellini-E. Raimondi, Il Rinascimento padano, in Letter. italiana. Storia e geografia, Milano 1988, L'età moderna, II*, pp. 570 s.; P. M. Traversa, Il "Fidele" di Filoteo Achillini..., Modena 1992, p. 41; si vedono inoltre i seguenti repertori bibliogr.: G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, XIX, p. 15; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1783, pp. 300 ss.; IX, ibid. 1794, p. 96; L. Frati, Opere della bibliografia bolognese che si conservano nella Biblioteca municipale di Bologna..., Bologna 1888-1889, I, col. 416 n. 3297; II, coll. 930 n. 7346, 933 n. 7356, 935 s.n. 7365; M. Sander, Le livre à figures italien depuis 1467 jusqu'à 1530. Essai de sa bibliogr. et de son histoire, Milano 1942, n. 5651, p. 965; G. W. Panzer, Annales typographici, Norimbergae 1963, VI, pp. 328, 330; Catalogus translationum et commentariorum: Mediaeval and Renaissance Latin translations and commentaries, annotated lists and guides, a cura di F. E. Cranz, Washington 1986, pp. 23 ss.; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 181, 275; II, p. 38; IV, p. 406.