DELILIERS, Filippo
Nato a Tiflis (Georgia RSS) il 21 ott. 1877, dal celebre tenore Vittore e da Maria Teresa Mariotti, fin da bambino seguì il padre in tutte le sue tournées in Sudamerica ed in Russia, e a soli sei anni apparve nella Carmen in scena nei teatri di Santiago, di San Paolo del Brasile, di Rio de Janeiro e di Montevideo. Venne in Italia in età scolare, ma non mostrò attitudine allo studio, mentre rivelò subito uno spiccato interesse per la musica. Venne infatti iscritto al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, dove conseguì il diploma, avendo compagni di studio Tullio Serafin e Italo Montemezzi. Diplomatosi in pianoforte, composizione e direzione d'orchestra, si dedicò inizialmente alla direzione di coro, ma ben presto abbandonò tale attività per la direzione d'orchestra, debuttando al teatro Sociale di Crema con Gli Ugonotti di G. Meyerbeer ed Il barbiere di Siviglia di G. Rossini; l'attività direttoriale durerà venticinque anni, portandolo in teatri di grande tradizione (La Fenice di Venezia, S. Carlo di Napoli), toccando all'estero la Spagna (Valencia, Bilbao) e la Francia. Fra le esperienze più significative della sua carriera direttoriale, si ricordano una Manon Lescaut di G. Puccini rappresentata a Lucca nel 1910 alla presenza dell'autore: durante le prove, l'orchestrazione dell'opera venne ritenuta, dallo stesso Puccini, troppo pesante. La revisione effettuata dal D., coadiuvato dallo stesso Puccini, fu portata a termine in soli tre giorni, e l'opera andò in scena con grande successo e venne replicata per dieci recite, avendo fra gli interpreti il baritono Mariano Stabile.
Un'altra opera particolarmente legata al suo nome è Germania di A. Franchetti. Data in prima assoluta alla Scala di Milano sotto la direzione di A. Toscanini, fu poi presentata in tutta Italia proprio sotto la direzione del D. che riscosse particolari consensi dopo una fortunata rappresentazione nel dicembre 1902 al teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, con una importante compagnia di canto. Subito dopo fu al Vittorio Emanuele di Firenze per dirigervi il Guglielmo Tell di Rossini con Adolfo Paccini, Mario Gillion ed Ersilde Cervi Caroli; nella stessa stagione diresse Il trovatore di Giuseppe Verdi, e partecipò ad uno straordinario allestimento della Dannazione di Faust di H. Berlioz con Amilcare Blanchard, Giuseppe Krismer e Rina Giachetti (moglie di Enrico Caruso).
Il D. apparteneva senz'altro alla categoria dei direttori d'orchestra dal polso ferreo, capace di repentine collere "toscaniniane" se in orchestra si fossero avvertiti segni di rilassatezza. La fermezza del carattere, unita a capacità professionali non comuni, gli consentì di impegnarsi sempre con grande serietà e generosità. Richiesto dai maggiori teatri italiani, lasciò un ricordo memorabile durante la stagione d'autunno 1911 (da ottobre al 10 dicembre) al teatro Politeama di Genova in cui diresse Tosca di Puccini, Andrea Chénier di U. Giordano, Carmen di Bizet e Don Carlo di Verdi.
In tale stagione il D., sebbene ancora assai giovane, mise in luce il suo naturale talento direttoriale, tanto da essere confermato per unanime consenso dei componenti l'impresa e dello stesso Giovanni Chiarella, proprietario del teatro, che aveva già ammirato il D. in una precedente stagione del 1909 in cui aveva diretto Bohème di Puccini, Trovatore, Aida ed altre opere verdiane.
Dopo la prima dell'Andrea Chénier (18 ott. 1911) il critico del giornale Il Cittadino, riconfermate le qualità indiscusse di abile direttore e concertatore del D., sottolineò l'abilità nel "mettere in evidenza tutte le bellezze dello spartito, dando rilievo ad ogni particolare, ad ogni più delicata sfumatura e trascinando l'orchestra a suonare con slancio, agilità, fusione e ricchezza di colorito: a lui dunque i primi onori". Particolarmente interessante fu l'elogio rivolto al D. dal critico de Il Caffaro il22 nov. 1911 all'indomani della prima del Don Carlos di Verdi, che seppe far apprezzare in tutta la sua bellezza riuscendo a renderne le più sottili sfumature.
Il D. si ritirò abbastanza presto dall'attività direttoriale. Vari motivi contribuirono a determinare tale decisione, non ultimo la chiara fede antifascista del D. che non mancò certo di procurargli dissidi con le autorità. Trovandosi nella posizione adatta a tale mutamento, intraprese l'attività di impresario teatrale, nell'accezione più liberale e munifica del termine, giungendo ad impegnare i propri mezzi economici per puri fini artistici come, ad esempio, quando nel 1925 presentò - fra l'altro - nella stagione operistica del teatro Sociale di Mantova Lohengrin di R. Wagner e La cena delle beffe di U. Giordano. Nel 1930 al teatro Coccia di Novara tornò a presentare, questa volta come impresario, Germania di Franchetti. Tra gli altri teatri toccati dal D. quale impresario si ricordano: il teatro Comunale di Rovigo, il teatro Donizetti di Bergamo, per trenta stagioni consecutive il teatro dell'Opera di Vigevano, il teatro Cagnoni in cui nel 1939 venne allestita una Tosca con l'orchestra del teatro alla Scala di Milano diretta dal maestro U. Berrettoni, mentre la compagnia era formata da Giuseppe Lugo, Gina Cigna e Mario Basiola. Nel 1937 mise in scena il Mefistofele di Arrigo Boito al castello visconteo di Pavia, protagonista Tancredi Pasero, lo stesso che nel 1945, a pochi giorni dal termine della guerra, volle nel Faust di C. Gounod, con un cast che comprendeva anche Giacinto Prandelli e Giuseppe Valdengo. È da ricordare anche il ruolo di editore, dal 1899 alla morte, della Rassegna melodrammatica che, per opera del figlio Vittore, rimane l'unica rivista italiana interamente dedicata all'opera lirica. Fu autore di musica pianistica, tra cui una Sonata in quattro movimenti (inedita).
Morì a Milano all'età di novantaquattro anni il 18 genn. 1972.
Bibl.: Oltre alle notizie documentarie fornite dalla famiglia Deliliers, cfr. M. V. Recupito, Artisti e musicisti moderni, Milano 1933, p. 86; A. Bosi, Le intermittenze del cuore di Vittore Deliliers, in Rassegna melodrammatica, 20 dic. 1981, p. 4; C. Clerico, Tancredi Pasero, Torino 1983, pp. 88, 93.