ARGELATI, Filippo
Nacque a Bologna nel dicembre 1685 da Antonio e da Augusta Bonsignori. Compiuti i primi studi nelle scuole pubbliche dei gesuiti e addottoratosi in diritto, probabilmente a Bologna, nel 1705 si recò a Firenze, ove dimorò due anni frequentando il Magliabechi e altri dotti bibliografi. Dopo un breve soggiomo a Lucca e a Livorno, ritornò nel 1708 a Bologna, richiamatovi dalla morte di uno zio, che lo aveva lasciato crede di un cospicuo patrimonio. Progettò allora l'edizione di tutte le opere edite e inedite di Ulisse Aldrovandi. Ma, essendo morti in breve volgere d'anni i dotti che aveva chiamato a collaborare all'impresa, dovette rinunciarvi. Nel 1715 curò la sua prima edizione, le Rime di Carlo Antonio Bedori, per le stampe di Giulio Rossi in Bologna. Partecipò alla vita pubblica della sua città, ma rarissime sono le notizie in proposito. Sappiamo soltanto che nel 1717, lasciando la carica di tribuno della plebe, pronunci&un discorso d'istruzione ai suoi successori, che venne assai lodato. Due anni dopo si recò a Modena, ove conobbe di persona L. A. Muratori, con cui per acquisti di libri era in relazione epistolare fin dal 1705.
In quel tomo di tempo il Muratori, interrotta per ragioni di salute la stesura delle Antiquitates Italicae Medii Aevi, riprendendo una idea di Apostolo Zeno aveva pensato di pubblicare le cronache italiane inedite, che aveva raccolto, stimando che l'edizione di esse dovesse precedere come fonte l'opera storica, e ne propose la stampa all'Argelati. Questi, come dice il Muratori nella prefazione generale ai Rerum Italicarum Scriptores, "primus novit et avide excepit" il progetto e, dopo aver tentato la stampa a Ginevra e a Torino, validamente coadiuvato dal conte Carlo Archinto, suo protettore, e da G. Antonio Sassi, prefetto dell'Ambrosiana, riuscì nel 1721 a costituire in Milano una società di undici nobili, oltre a lui stesso, che dal luogo della tipografia (posta al pianterreno del palazzo reale) fu detta Società Palatina. Nella società, che fu presieduta dal marchese Teodoro Alessandro Trivulzio, l'A., che aveva sottoscritto in un primo momento i 12124 del capitale e cedette in seguito solo tre dei suoi "carati" ad altri soci, ebbe il compito della direzione tipografica, mentre al Sassi, che pur non era socio, era stata affidata la direzione scientifica dell'impresa, sotto il continuo controllo, naturalmente, del Muratori. Nei Rerum Italicarum Scriptores, che dai quattro primamente progettati dal Muratori, si accrebbero ai venticinque tomi, in ventotto volumi in folio, sono dell'A. la dedica generale a Carlo VI, che lo ricompensò con una pensione annua di 300 ducati, le dediche dei singoli volumi e, in collaborazione con altri, soprattutto il Sassi e il Bianchi, i ricchissimi indici generali.
L'A., avidissimo di gloria, amò spesso far credere che non solo il progetto di una collezione di storici italiani fosse suo e da lui comunicato al Muratori, ma anche che egli fosse stato un collaboratore principalissimo dell'edizione. E i biografi, fondandosi soprattutto sulla recensione del I volume dei Rerum Itaticarum Scriptores, apparsa nel 1724 negli Acta eruditorum di Lipsia, che all'A. dànno senz'altro la preminenza, con maggiori o minori amplificazioni narranoche egli collazionò e fornì al Muratori infiniti manoscritti; mentre in una lettera dei 23 apr. 1721 al Muratori, che l'aveva con qualche durezza richiamato all'ordine, l'A., magnificando i suoi meriti verso l'irnpresa, si guarda bene dall'accennare minimamente a una collaborazione scientifica. Eppure nella prefazione agli Imperatorum Romanorum Numismata, di F. Mezzabarba, omettendo addirittura il nome del Muratori, egli dice: "Ad antiquitatum studia... quibus alendis diuturnos labores facultatesque meas omnes dicatas ex editis hactenus Rerum Italicarum tomis noverint eruditi...". E nel De Monetis Italiae, di cui si dirà in seguito: "Haec mihi praemittenda putavi post editas Rerum... atque Antiquitatum Italicarum collectiones, post auctum et illustratum Sigonium...". Per cui qualche biografo giunse fino ad affermare che l'A. primamente costituì una società per stampare opere storiche italiane e che il Muratori venisse poi da lui chiamato a dirigere l'impresa. Ma il Vischi, fondandosi soprattutto sul carteggio muratoriano, riuscì a ridurre nei suoi veri limiti la collaborazione dell'A. alla monumentale edizione dei Rerum Italicarum Scriptores.
Costituitasi la Società Palatina, molte opere uscirono dalla sua tipografia, che, come si è detto, apparteneva per circa la metà all'Argelati.
Tra le più importanti ricorderemo il Thesaurus Novus veterum inscriptionum e le Antiquitates Italicae Medii Aevi del Muratori. Ma, tralasciando le edizioni di cui l'A. non si proclamò egli stesso autore, diremo qui solo di quelle da lui curate. Nel 1730 pubblicò gli Imperatorum Romanorum Numismata cit., mettendo a contributo l'antica edizione, le correzioni inedite dell'autore e le aggiunte e correzioni del figlio di lui. Ma l'editore vero e proprio è da stimarsi Francesco M. Biacca, cui si devono la revisione generale dell'opera e le nuove aggiunte e correzioni. Dell'A. è la lunghissima dedica a Carlo VI, in cui si fa l'elogio di casa d'Austria, e la prefazione.
Più importante senza dubbio per la mole e la completezza è l'Opera Omnia Caroli Sigonii cum notis variorum illustrium virorum et eiusdem vita a cl. Muratorio conscripta cum Animadversionibus Ph. A., Mediolani 1732-37, in sei tomi in folio, benché le Animadversiones dell'A. annunziate nel titolo si riducano in verità a poca cosa. L'A. dedicò l'opera a Carlo VI d'Austria, il che gli procurò un'altra pensione di 300 ducati e il titolo di segretario imperiale. Della Historia Ecclesiastica del Sigonio, illustrata da Orazio F. Bianchi, fece anche una edizione a parte in due volumi in 8°, sempre con i tipi palatini, nel 1734. Benché non sempre felice nella scelta dei commentatori (tra l'altro gli fu rimproverato di essersi servito per la Historia Bononiensis delle note di Alessandro Machiavelli, "piene - dice il Fantuzzi - delle solite falsità ed invenzioni"), il Corpus sigoniano è senza dubbio la migliore delle edizioni curate dall'A., che aggiunse frammenti inediti e ricchissimi indici.
L'anno innanzi, nel 173 1, aveva iniziato la Raccolta di tutti gli antichi poeti latini con la loro versione nell'italiana favella, che si finì di stampare nel 1765 in trentasei volumi. Nella raccolta, raffazzonata senza alcun criterio filologico per scopi scolastici e conunerciali, sono dell'A. gran parte delle vite dei poeti e le brevi note, mentre le versioni sono invece di vari autori.
Nel 1745 pubblicò la Bibliotheca Scriptorum Mediolanensium, cui accedit I. A. Saxi Historia Literario-typographica Mediolanensis. Benché si tratti in sostanza di un catalogo delle opere edite e inedite degli scrittori milanesi con brevi notizie biografiche, di un" opera cioè meramente compilatoria, quale l'A., soprattutto esperto bibliografo e ricercatore di codici, poteva ben fare, si dubitò da molti che egli ne fosse il vero autore. Sì che a difendersi dalle accuse di plagio mossegli espressamente dal Giornale dei letterati di Firenze, che affermava doversi attribuire l'opera a Giovanni Andrea Irico, l'A. scrisse una Epistula ad illustrem Horatium Bianchi, Mediolani 1746, in cui, pur riconoscendo che molto doveva all'Irico e al Sassi, reca a documento della paternità dell'opera le attestazioni del Muratori, del Sassi e dell'Irico stesso. Ma più ampia difesa trovò l'A. negli Acta eruditorum di Lipsia del 1747, che fecero una lunga e assai favorevole recensione della Epistula, ricordando, tra l'altro, i legami che univano, specie per scambio e informazioni su libri, l'A. al direttore del periodico F. O. Mencke. Nell'anno successivo gli stessi Acta pubblicarono una amplissima recensione della Bibliotheca (pp. 241-272), elogiandone ancora l'autore.
Questi nel 1750 iniziò la pubblicazione deile De Monetis Italiae variorum illustrium virorum Dissertationes Ph. A. collegit recensuit.... (Mediolani 1750-59, in quattro volumi in 4°), opera anche questa compilatoria (limitandosi le aggiunte dell'A. ad una serie delle monete coniate a Milano dal 1348 al 1750 e a notizie intorno ad alcune monete italiane), ma pregevole perché accoglie non solo dissertazioni strettamente numismatiche, ma anche metrologiche, con ottime tavole di ragguaglio e documenti pubblici sulla attività delle zecche italiane. Ben fatti sono anche gli indici, quanto mai necessari in questa raccolta, in cui le dissertazioni e i documenti, pubblicati dall'A. a mano a mano che ne entrava in possesso, si succedono senza alcun ordine né cronologico né sistematico, benché nel I volume compaia l'indice generale dell'opera. Tutti i biografi gli attribuiscono anche un Rimario, o sia Raccolta di Rime sdrucciole, Milano 1753. Ma effettivamente l'A. ne fu solo l'editore, a quanto risulta dall'Avviso al lettore dell'ignoto autore.
L'ultima sua opera, postuma, è la Biblioteca dei Volgarizzatori italiani, o sia Notizie delle opere volgarizzate d'autori che scrissero in lingua morta prima del sec. XV, Milano, per Federico Agnelli, 1767, 4 voll. in 4° con le aggiunte di A. T. Villa. L'A. fu aiutato nell'impresa tanto dal Villa stesso quanto da Giacomo M. Paitoni, che negli anni 1745-47 aveva pubblicato nei tomi XXXIII-XXXVI degli Opuscoli scientifici e filologici del Calogerà una sua Biblioteca degli autori greci e latini volgarizzati, e gli fornì copiosissime notizie di altre traduzioni, che andava raccogliendo per una nuova edizione dell'opera, uscita poi in quegli stessi anni a Venezia (1766), in tre volumi.
L'A. morì in Milano il 25 genn. 1755 qualche mese dopo la morte di suo figlio Francesco, ingegnere militare e letterato.
Questi (1712-1754), attivo poligrafo, tradusse l'opera di P. D. Huet, Trattato della situazione del Paradiso terrestre, Venezia 1737, compose un curioso Saggio di una nuova filosofia con cui s'insegna l'arte di far denari. Trattenimenti di F. A., Venezia 1740, una Storia del Sacrifizio della Santa Messa, Venezia 1743, e una Storia della nascita delle scienze e belle lettere colla serie degl'uomini illustri che l'anno (sic!) accresciute, Firenze 1743. Il suo nome resta particolarmente legato a una raccolta di novelle sul modello boccaccesco, Il Decamerone di F. A., 2 voll., Bologna 1751 (di cui si conosce anche una traduzione tedesca, Der Decameron des Franz Argelati. Aus d. Ital. übers. [von F. L. Brunn], voll. 3, Wittenberg und Zerbst 1783-86).
Fonti e Bibl.: Acta eruditorum, Lipsiae 1724, pp. 1 ss.; ibid. 1734, pp. 230, 441 ss.; ibid. 1747, p. 94; ibid. 1748, pp. 241-271; ibid. 1750, pp. 564 ss.; Giornale dei letterati d'Italia, XXXVII, Venezia 1726, p. 458; Giornale dei letterati, IV, 1, Firenze 1746, p. 245; Storia letteraria d'Italia, II, Venezia 1751, pp. 353 ss.; III, ibid. 1752, pp. 299, 523; VI, Modena 1754, pp. 189 ss.; VII, ibid. 1755, p. 127; X, ibid. 1757, p. 93; XIV, ibid. 1759, pp. 228 ss.; L. A. Muratori, Epistolario, a cura di M. Campori, Modena 1904-1922, passim; S. Maffei, Epistolario, a cura di C. Garibotto, I-II, Milano 1955, passim; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 1034 ss.; G. Tiraboschi, Storia d. letter. ital., III, Roma 1783, p. 188; E. De Tivaldo, Biografie degli italiani illustri, VII, Venezia 1830, pp. 386-390; A. Lombardi, Storia della letter. ital. nel sec. XVIII, IV, Venezia 1832, pp. 168-170; G. Lenzi, F. A., in L'Album, Roma, VIII (1841), p. 353; L. Vischi, La società Palatina di Milano, in Arch. stor. lombardo, VII (1880), pp. 392-566; G. Gallavresi, La "Raccolta milanese di tutti gli antichi poeti latini" e una lettera di F. A., ibid., XXXV (1909), pp. 188-190.