VERRUA, Filiberto Amedeo Scaglia
di. – Nacque attorno al 1610 dal conte Augusto Manfredo (1587-1637), cavaliere dell’Ordine della Santissima Annunziata, e da Margherita Biandrate di San Giorgio (morta nel 1626).
Membro di una famiglia dell’alta nobiltà piemontese, i cui membri fin dal XVI secolo si posero al servizio della dinastia sabauda, Filiberto Amedeo fu avviato alla carriera ecclesiastica, seguendo le orme dello zio Alessandro Cesare Scaglia di Verrua. Fu sotto la guida esperta dello zio che Verrua iniziò la sua carriera diplomatica quando, nell’estate del 1631, venne chiamato a sostituire lo stesso Alessandro in Spagna per trattare con i delegati genovesi il possesso di Zuccarello, feudo conteso al confine tra gli Stati sabaudi e il Genovesato.
Nell’ottobre dello stesso anno, perseguendo una precisa strategia di consolidamento familiare, lo zio cedette nelle mani del nipote la commenda dell’abbazia di S. Giusto di Susa. Il legame tra Alessandro Cesare e Filiberto Amedeo non s’interruppe nemmeno durante le complesse vicende che portarono il primo a rompere con il duca di Savoia Vittorio Amedeo I e a riparare nelle Fiandre al servizio degli Asburgo. A differenza del padre Augusto Manfredo e del fratello Carlo Vittorio, impegnati a mantenere la propria posizione alla corte di Torino, Filiberto Amedeo continuò a intrattenere un rapporto epistolare con lo zio.
Nel 1635 una grave malattia colpì Alessandro Cesare che, sentendosi prossimo alla morte, dispose per Filiberto Amedeo la nomina ad abate commendatario di S. Pietro in Muleggio, nel Vercellese, a cui aggiunse una pensione annua di 600 scudi. L’infermità di Alessandro Cesare spinse il duca di Savoia a inviare a Bruxelles il fratello minore di Filiberto Amedeo, Maurizio, con lo scopo di informarsi delle condizioni del religioso. Parallelamente Filiberto Amedeo dichiarò di voler intraprendere un viaggio a Roma, invece prese la strada di Fiandra e raggiunse zio e fratello.
Introdotto dallo zio alla corte di Bruxelles, Verrua entrò a servizio degli Asburgo e nel giugno del 1636 lasciò i Paesi Bassi per dirigersi, dopo una tappa in Inghilterra, a Madrid. Nell’ottobre del 1637 l’improvvisa e contemporanea morte del duca di Savoia e del conte di Verrua spinse Filiberto Amedeo a lasciare la Spagna per sbarcare a Genova nel febbraio seguente. Nonostante fosse stato più volte accusato di intessere relazioni segrete con la duchessa Maria Cristina, vedova di Vittorio Amedeo I e reggente del Ducato, Verrua rimase fedele a Madrid, parteggiando durante la guerra civile piemontese per la fazione principista, che sosteneva con la Spagna le ragioni dei principi Maurizio e Tomaso Francesco contro la reggenza di Madama reale, sostenuta dai madamisti e dalla Francia. La lealtà nei confronti di Cristina di Francia di gran parte della famiglia Scaglia di Verrua (Maurizio morì durante l’assedio di Torino del 1640) e il posizionamento non intransigente e, per certi versi, ambiguo di Filiberto Amedeo portarono dopo la guerra vinta dai madamisti a una sua immediata riabilitazione nel servizio diplomatico degli Stati sabaudi.
Nel 1641 morì ad Anversa Alessandro Scaglia il quale, nonostante i rapporti con la famiglia d’appartenenza si fossero andati allentando negli anni della guerra civile, testò nominando eredi i due suoi nipoti maschi rimasti in vita (Carlo Vittorio e Filiberto Amedeo).
Nel 1643 Cristina nominò Verrua ambasciatore ordinario presso la corte di Francia, al fine di porgere le condoglianze alla corte per la morte di Luigi XIII e di promuovere gli interessi della casa ducale sia sul piano del cerimoniale (postulando un trattamento privilegiato per gli ambasciatori sabaudi) sia su quello geopolitico (negoziando la restituzione delle piazzeforti piemontesi occupate dalla Francia) e, infine, da un punto di vista economico, richiedendo il pagamento delle somme dovute in base al trattato di Cherasco (1631) dal re cristianissimo al duca di Mantova per conto del duca di Savoia.
A fronte di alcuni screzi occorsi tra la corte di Parigi guidata dal cardinale Giulio Raimondo Mazzarino e Verrua, causati dai trascorsi filospagnoli di quest’ultimo, la sua azione diplomatica in Francia aprì faticosamente la strada ai negoziati di Münster, ponendo le basi per la restituzione di alcune piazze occupate dai francesi, anche se non di Pinerolo. Nel 1646 Verrua concluse il suo triennio da ambasciatore ordinario e fu sostituito da Gian Francesco Ponte di Scarnafigi.
Fu quindi nominato dalla duchessa membro del Consiglio segreto di Sua Altezza Reale, partecipando il 19 giugno 1648 all’atto di rinuncia da parte di Cristina alla tutela del figlio Carlo Emanuele II, con cui si pose fine – anche se solo formalmente – alla reggenza di Madama reale. Il ritorno a Torino portò Verrua a un ruolo nuovo e centrale anche negli affari di famiglia. Nel 1648 egli comprò una vigna situata nei pressi del Monte dei Cappuccini a Torino, affidando il progetto di rifacimento a Giovanni Andrea Garabello, ingegnere ducale legato alla famiglia Scaglia.
Nel quadro della guerra franco-spagnola (1635-59), in cui gli Stati sabaudi erano alleati con la Francia, nel 1653 Verrua venne inviato da Cristina e dal duca Carlo Emanuele II a trattare con i legati spagnoli per una pace separata con Madrid e di sondare un possibile rovesciamento delle alleanze in funzione antifrancese. I negoziati si svolsero tra Romagnano Sesia e Gattinara e occuparono i mesi di maggio e giugno, ma «per le pretenzioni esorbitanti de’ Spagnoli» (Archivio di Stato di Torino, Negoziazioni Spagna, mz. 4, c. 4: Istruzione all’Abbate di Verrua) portarono a un nulla di fatto.
Il 6 agosto 1653 morì a Torino Carlo Vittorio Scaglia senza un testamento valido. Filiberto Amedeo insieme a sua cognata Francesca de Saint-Michel d’Hermance furono istituiti curatori dei beni e tutori dei figli minori del defunto conte (Giovanni Battista, Carlo e Giacinto). Inoltre Filiberto Amedeo fondò con assenso ducale del 4 luglio 1654 una primogenitura in favore dei nipoti, dotandola con il feudo di Verolengo che gli era stato ceduto dal fratello.
Verrua testò il 21 ottobre 1658. Meno di un mese più tardi, il 13 novembre, morì a Torino e fu tumulato il giorno successivo nella chiesa di S. Tommaso.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Biella, Archivi di Famiglia, San Martino di Baldissero e della Motta dei Conti - Scaglia di Verrua; Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie politiche per il rapporto all’estero, Negoziazioni, Francia, mz. 11; Negoziazioni, Spagna, mz. 5; Lettere Ministri, Francia, mzz. 42-45, 47, 48, 349, 350; Spagna, mzz. 24, 26; Lettere di Particolari, S, mz. 48; Camerale, Patenti Camerali, 70, c. 3v.
A. Bazzoni, La Reggenza di Maria Cristina, duchessa di Savoia, Torino 1865, pp. 257-299; G. Claretta, Storia della Reggenza di Cristina di Francia duchessa di Savoia, II, Torino 1869, pp. 46-80, 358 s.; E. Ricotti, Storia della Monarchia piemontese, VI, Firenze 1869, pp. 11-93; D. Carutti, Storia della diplomazia della corte di Savoia, II, Torino 1876, pp. 479-496; G. Claretta, Storia del regno e dei tempi di Carlo Emanuele II duca di Savoia, Genova 1877, pp. 55-69; M. Cassetti, L’archivio S. Martino Scaglia, in Studi piemontesi, X (1981), 1, pp. 198-202; F. Avogadro di Vigliano, Pagine di Storia vercellese e biellese, Vercelli 1989, pp. 194, 305-308; T. Osborne, Dynasty and diplomacy in the Court of Savoy. Political culture and thirty years’ war, Cambridge 2002, pp. 252-271; M. Cassetti, Palazzo Scaglia di Verrua e l’isola di Sant’Alessio in Torino. Storie di case, di palazzi e di famiglie, Invorio 2009; F. Ieva, Ambassadeurs et politique étrangère au temps de Christine de France, in L’État, la cour et la ville. Le duché de Savoie au temps de Christine de France (1619-1663), a cura di G. Ferretti, Paris 2017, pp. 193-214; P. Merlin, La croce e il giglio. Il ducato di Savoia e la Francia tra XVI e XVII secolo, Roma 2018, pp. 132-143.