FILI e VERGHE
. Fili. - In meccanica razionale si dice filo ogni sistema materiale perfettamente flessibile, che sia rappresentato geometricamente da una linea. Esso schematizza, ad es., il caso concreto di un filo di fibre tessili o di una fune di sezione piccolissima in confronto della lunghezza. Un filo si dice inestensibile se l'arco compreso fra due punti comunque prefissati ha sempre la stessa lunghezza, qualunque sia la configurazione del filo.
Statica dei fili. - Un filo sia in equilibrio sotto l'azione di forze esterne assegnate, e si pratichi un taglio in un punto. Perché una delle due parti in cui risulta decomposto il filo stia ancora in equilibrio basta aggiungere alle altre forze che su di essa agiscono il sistema di forze traducente l'effetto della parte contigua. Tale sistema si riduce a un'unica forza, applicata là ove è stato praticato il taglio, diretta tangenzialmente al filo nel senso che va verso codesta parte contigua: quest'unica forza si dice tensione.
Si consideri un tratto di filo flessibile e inestensibile, sollecitato da due sole forze applicate agli estremi. Per l'equilibrio è necessario e sufficiente che la configurazione del filo sia rettilinea, che le due forze siano opposte, dirette come il filo e con verso volto all'esterno di esso. In ogni punto la tensione è sempre la stessa: eguale in valore e direzione a una delle due forze. Un filo flessibile e inestensibile sia soggetto a forze conosciute, applicate agli estremi e ad altri punti 1, 2, 3,... delimitanti tratti di lunghezza nota (fig. 1). Per l'equilibrio è necessario e sufficiente che il risultante di tutte le forze sia nullo, che ogni tratto (come 01, 12, 23,...) sia rettilineo e diretto come il risultante delle forze applicate da un estremo del filo all'estremo del tratto considerato, e ne deve quindi avere il verso. Risulta così individuato il poligono funicolare secondo cui si atteggia il filo e le tensioni costanti in ogni tratto di esso.
La fig. 1 mostra come ciò sia possibile ricorrendo al poligono delle forze, che nel caso in esame è chiuso.
Un filo può essere soggetto, oltre che a due forze finite applicate agli estremi, a una sollecitazione continua, tale cioè che si manifesti su ogni tratto del filo. Ciò avviene, per es., nel caso di un filo pesante soggetto all'azione della gravità. La configurazione di equilibrio del filo, soggetto a sollecitazione continua, è una curva funicolare, e la tensione è rappresentata da un vettore tangente al filo, variabile (in generale) da punto a punto.
Siano A e B gli estremi di un filo flessibile e inestensibile (fig. 2), s la lunghezza di un suo arco, contato positivamente a partire da A, verso B. Se F ds è la forza che agisce su un elemento, di misura ds, del filo, F è un vettore funzione dei punti del filo, che si dice forza unitaria. Nota questa forza, se T è la tensione in ogni punto, sussiste la seguente equazione indefinita:
Accanto a essa bisogna porre le condizioni ai limiti, in virtù delle quali la forza finita nel punto A è opposta alla tensione in A, la forza finita in B è eguale alla tensione in B. Per i fili flessibili e inestensibili l'equazione indefinita e le condizioni ai limiti sono necessarie e sufficienti per individuare la tensione in ogni punto del filo e per individuare la curva funicolare. Esse determinano anche le due forze finite applicate agli estremi quando questi siano prefissati e si conosca la lunghezza complessiva del filo.
Per un filo flessibile ma estensibile (ad esempio un filo elastico), le condizioni specificate, sia nel caso di sollecitazione in un numero discreto di punti, sia nel caso di sollecitazione continua, sono pur sempre necessarie. (se non sufficienti) per l'equilibrio. Esse individuano la configurazione di equilibrio e la tensione in ogni punto, se si conosce l'allungamento del filo in funzione della tensione.
Se le forze che sollecitano un filo nei suoi punti (estremi esclusi) sono parallele, la curva funicolare è piana ed è costante la componente della tensione secondo la normale alla direzione della sollecitazione. Ciò si verifica, ad es., nel caso delle gomene sostentatrici dei ponti sospesi, nel caso di funi pesanti, ecc. Le due gomene che reggono ponti sospesi sono soggette all'azione di tiranti verticali che si ripartiscono il peso del ponte. Se il numero dei tiranti è grande la sollecitazione si può ritenere continua e si può ammettere che gli elementi di ognuna delle due gomene reggano il peso di metà dell'elemento sottostante di ponte. Se il ponte è omogeneo, ogni gomena si atteggia secondo una parabola avente asse verticale e concavità volta verso l'alto. Un filo omogeneo pesante si atteggia, sotto l'azione della gravità, secondo una curva, scoperta da C. Huygens, che è detta catenaria omogenea.
Scegliendo come asse delle x un opportuno asse orizzontale (base) e come asse delle y un opportuno asse verticale, l'equazione della catenaria si scrive così:
a è il parametro della catenaria, ed è eguale al rapporto fra la tensione orizzontale (costante) e il peso per unità di lunghezza del filo. La curva volge la concavità verso l'alto e l'asse delle y risulta asse di simmetria. Il punto più basso (vertice) ha nulla l'ascissa e l'ordinata eguale al parametro. Il valore della tensione in un punto risulta eguale al peso di un tratto di filo eguale alla distanza del punto dalla base. Se il filo è molto teso la catenaria si confonde sensibilmente con una parabola.
Se un filo è teso abbastanza fortemente su di una superficie mediante forze applicate agli estremi, la sollecitazione continua lungo il filo si riduce alla reazione d'appoggio. Se la superficie è liscia, tale reazione è diretta come la normale alla superficie, così che la tensione si trasmette inalterata lungo il filo, e questo si dispone secondo una geodetica (v.) della superficie: secondo cioè una linea che segna sulla superficie il più breve cammino fra due punti (non troppo lontani) della superficie stessa. Se la superficie è scabra, pur potendosi adattare il filo secondo una geodetica della superficie, la tensione non si trasmette inalterata lungo il filo; essa però, a parità di altre condizioni, deve variare tanto meno, da punto a punto, quanto più piccolo è il coefficiente d'attrito tra filo e superficie.
Ad es., se una corda è avvolta secondo archi di circonferenza su carrucole o colonne, il massimo divario fra i valori delle tensioni estreme TA e TB è così caratterizzato:
essendo f il coefficiente d'attrito e ϑ l'angolo d'avvolgimento. Si vede di qui come, avvolgendo una corda su una colonna scabra, si possa far equilibrio a una forza con un'altra tanto più piccola quanto più grande è l'angolo di avvolgimento.
Dinamica dei fili. - Lo studio del movimento di un filo, sotto l'azione di una sollecitazione conosciuta, si riconduce, in virtù del principio di d'Alembert, a quello delle condizioni di equilibrio del filo stesso sotto l'azione delle forze che determinano il movimento e sotto l'azione delle forze d'inerzia.
Si passerà dunque dalla statica alla dinamica dei fili sostituendo nelle equazioni della statica alla forza unitaria agente in un punto del filo la differenza fra tale forza e il prodotto della densità lineare di materia, ρ, per l'accelerazione, a, valutate entrambe in quello stesso punto del filo. Ad es., nel caso di fili flessibili e inestensibili l'equazione indefinita, che, considerata accanto alle condizioni ai limiti, caratterizza il movimento del filo, si scriverà ricordando la (1), così:
Particolarmente notevole è il caso delle corde vibranti.
Un filo omogeneo flessibile e inestensibile sia fissato a un estremo e sia teso all'altro estremo da una forza P. La configurazione di equilibrio del filo sia rettilinea. Se s'immagina di dare al filo una piccola deformazione trasversale, questa si propagherà lungo la fune con una velocità eguale alla radice quadrata del rapporto fra l'intensità P della forza e la densità lineare ρ del filo.
Si assuma come asse delle x un asse diretto come il filo nella posizione di equilibrio, e come asse delle y un asse, perpendicolare all'asse x, diretto nel senso della deformazione trasversale. In assenza di sollecitazione continua, il filo, in ogni istante, sarà ancora prossimo alla configurazione di equilibrio. Dalla (2) si ricava che la tensione T è confondibile con la forza P, e lo scostamento y, in ogni punto e in ogni istante t, ubbidisce alla seguente equazione differenziale di secondo ordine, detta appunto equazione delle corde vibranti (v. equazioni; fourier: Serie di F.):
Dalla (3) si deduce il valore della velocità di propagazione di ogni perturbazione. L'integrazione della (3) può farsi in due modi: o mediante funzioni arbitrarie, o mediante serie trigonometriche a coefficienti indeterminati. La fissità degli estremi del filo e lo stato iniziale del movimento determinano sia le funzioni arbitrarie, sia i valori dei coefficienti indeterminati.
Nel metodo d'integrazione per serie trigonometriche il moto del filo risulta dalla sovrapposizione dei movimenti semplici, rappresentati dai varî termini della serie, e le condizioni iniziali assegnano le ampiezze di questi movimenti (d'Alembert, D. Bernoulli, Fourier, Dirichlet, ecc.).
Decomposte le vibrazioni trasversali di un filo in movimenti ondulatorî, la frequenza n della vibrazione (o suono) fondamentale risulta uguale alla metà del rapporto fra la velocità di propagazione e la lunghezza del filo, mentre tutte le altre frequenze sono multipli interi di n. Ad es., nel caso di una corda cilindrica, la frequenza fondamentale è in ragione inversa della sua lunghezza e del suo diametro, in ragione diretta della radice quadrata della tensione, in ragione inversa della radice quadrata della densità.
Se invece di considerare un filo inestensibile, si considera un filo elastico posto nelle stesse condizioni di cui si è detto precedentemente, esso potrà vibrare sia trasversalmente sia longitudinalmente.
Rispetto alle vibrazioni trasversali esso si comporta in modo identico al filo inestensibile. In quanto alle vibrazioni longitudinali esso ubbidisce a leggi identiche a quelle relative alle vibrazioni trasversali, soltanto che la velocità di propagazione è eguale alla radice quadrata del rapporto fra P e il prodotto di ρ per l'allungamento unitario subito dal filo per effetto della tensione P.
Verghe. - Si dice verga ogni sistema materiale non perfettamente flessibile, rappresentato geometricamente da una linea. Esso schematizza il caso concreto di una verga, ad esempio metallica, la cui sezione trasversale pur essendo trascurabile nei riguardi della configurazione geometrica, non lo è rispetto agli effetti della sollecitazione.
Statica delle verghe. - Una verga, sotto l'azione di una sollecitazione continua e di un sistema di forze applicate agli estremi, assume una configurazione di equilibrio curvilinea. Si pratichi in un punto P un taglio. Perché una delle due parti in cui risulta decomposta la verga stia ancora in equilibrio basta aggiungere alle altre forze che su di essa agiscono il sistema di forze traducente l'effetto della parte contigua. Tale sistema ha (in generale) risultante e momento rispetto a P non nulli e, a priori, comunque diretti. Questo risultante e questo momento si dicono rispettivamente sforzo risultante e momento risultante degli sforzi. La componente tangenziale alla verga e il componente normale dello sforzo risultante si dicono rispettivamente sforzo normale e sforzo di taglio. Gli analoghi componenti del momento risultante degli sforzi si dicono rispettivamente momento torcente e momento flettente. Perché per una verga in equilibrio siano determinati la configurazione geometrica e, in ogni punto, lo sforzo risultante e il momento risultante degli sforzi, bisogna che sia nota, oltre alla sollecitazione continua e alla sollecitazione agli estremi, la struttura materiale del sistema.
Siano A e B gli estremi della verga, s la lunghezza di un suo arco AP, contato positivamente verso B. Sia t il versore tangente nel punto P. Se F ds è la forza che agisce su di un elemento ds, F è la forza unitaria in P. Nota questa forza, se Φ e C sono rispettivamente lo sforzo risultante e il momento risultante degli sforzi in P, sussisteranno le seguenti equazioni indefinite:
Accanto a esse bisogna porre le condizioni ai limiti, in virtù delle quali il risultante e il momento risultante delle forze applicate all'estremo A sono rispettivamente opposti allo sforzo risultante e al momento risultante degli sforzi valutati in A, il risultante e il momento risultante delle forze applicate all'estremo B sono rispettivamente eguali allo sforzo risultante e al momento risultante degli sforzi valutati in B. La (4) e la (5), unitamente alle condizioni ai limiti, non sono, in generale, sufficienti a caratterizzare le condizioni di equilibrio della verga. A esse bisogna aggiungere un'ulteriore condizione relativa agli sforzi, che soltanto la conoscenza della struttura del sistema può suggerire.
Per una verga elastica la cui configurazione di equilibrio, in assenza di sollecitazione attiva, è piana e che è soggetta soltanto a sollecitazioni terminali simmetriche rispetto al suo piano, la struttura materiale del sistema suggerisce che il momento risultante degli sforzi in un punto P è flettente e perpendicolare al piano della verga, ha verso opposto a quello della binormale, ha intensità proporzionale alla differenza fra il valore che la curvatura ha in P in assenza di sollecitazione attiva e il valore assunto dalla curvatura nello stesso punto per effetto della sollecitazione attiva. Queste ipotesi, unite alle condizioni generali di equilibrio delle verghe, permettono di caratterizzare in ogni punto gli sforzi e di determinare la curva secondo cui si atteggia la verga, curva che è detta elastica piana (Giacomo e Daniele Bernoulli ed Eulero).
Nel caso in esame lo sforzo risultante si trasmette inalterato lungo la verga e se, in assenza di sollecitazione attiva, la configurazione di equilibrio è rettilinea (coincidente con l'asse delle x), detto r il raggio di curvatura in un punto di ordinata y, l'equazione differenziale della elastica piana si scrive così:
Dinamica delle verghe. - Lo studio del moto delle verghe può ricondursi a quello del loro equilibrio aggiungendo (in virtù del principio di d'Alembert) alla sollecitazione continua le forze d'inerzia. Particolarmente notevole è il caso delle verghe vibranti. Una verga elastica può essere soggetta a vibrazioni longitudinali e trasversali. Le vibrazioni longitudinali sono del tutto analoghe alle vibrazioni longitudinali delle corde elastiche, le vibrazioni trasversali sono più complesse per le verghe che non per le corde. Le vibrazioni trasversali di una verga elastica possono decomporsi in moti ondulatorî semplici. Se la verga è rettilinea, a sezione rettangolare, e si muove nel senso dello spessore, la frequenza della vibrazione fondamentale è indipendente dalla larghezza della verga, proporzionale al suo spessore, inversamente proporzionale al quadrato della lunghezza. Le frequenze delle altre vibrazioni si ottengono moltiplicando la frequenza fondamentale per il quadrato di numeri, che corrispondono biunivocamente a numeri interi che dipendono dalle condizioni a cui sono assoggettati gli estremi della verga (D. Bernoulli, Eulero, Riccati, Poisson, ecc.).
Sia y l'ampiezza, in ogni punto e in ogni istante t, delle vibrazioni trasversali di una verga omogenea diretta come l'asse x. Nelle ipotesi specificate per le verghe elastiche, se L denota una costante positiva, (dipendente dalla natura della verga), y soddisfa alla seguente equazione differenziale di quarto ordine:
Bibl.: Per la statica dei fili e delle verghe: T. Levi-Civita e U. Amaldi, Lezioni di meccanica razionale, I, 2ª ed., Bologna 1930, cap. 14°. Per la vibrazione dei fili e delle verghe: Lord Rayleigh, The Theory of Sound, I, Londra 1926, capitoli 6°, 7°, 8°. Per notizie bibliografiche, Encyklopädie der mathematischen Wissenschaften, Lipsia, IV, vi, nn. 11 e 23; IV, xxvi, nn. 1, 2 e 3.