FICTA MUSICA
. Fu detta così, dal sec. XIII al sec. XVI, la musica che uscendo dall'ambito della scala naturale entrava in quello della scala stessa trasportata a intervalli diversi. Per effetto della ficta musica (detta anche falsa musica) veniva quindi affermata sin dal sec. XIII la possibilità della trasposizione, a qualunque intervallo, dei suoni della scala naturale, mediante l'uso del bemolle e del bequadro (quest'ultimo funzionante anche da diesis); cioè veniva affermato, in rapporto ai tre esacordi guidoniani e alla regola delle mutazioni, la possibilità di trasportare il semitono mi-fa sopra note diverse da quelle indicate dal sistema della solmizzazione guidoniana. Perciò Giovanni di Garlandia (sec. XIII) scriveva che la falsa musica altro non era se non il tramutamento del tono in semitono e viceversa; e un anonimo, anche del sec. XIII (v. E. H. de Coussemaker, Scriptorum de musica, ecc., Parigi 1864-76) insegnava che "si dice falsa musica quando il bemolle e il bequadro sono posti fuori dai loro luoghi abituali". E lo stesso scrittore aggiungeva: "Sono, dunque, due i segni della falsa musica, il bemolle e il bequadro. Ove si pone il bemolle si dice fa, ove il bequadro si dice mi".
Trattata scarsamente prima del sec. XIII perché in opposizione e in contrasto con la musica naturale, senza alterazioni cromatiche, allora predominante e che era detta recta, la musica ficta crebbe poi sempre più d'importanza agevolata nel suo sviluppo anche dal fiorire della polifonia. Fu però, infine, superata e assorbita dal cromatismo cinquecentesco della scuola veneziana.