FERMENTI PROTETTORI o fermenti di Abderhalden
L'organismo cerca di proteggere la costituzione chimica e chimicofisica del sangue contro qualsiasi azione denaturante. Perciò quando nel sangue penetrano proteine (o derivati superiori di scissione proteica) estranee al sangue stesso, l'organismo ne procura la disintegrazione mettendo in opera un meccanismo digestivo vero e proprio, consistente in una mobilitazione di fermenti originariamente endocellulari, i quali passano nel sangue dove sono dimostrabili con varî metodi. Sono questi i fermenti protettori o difensivi di E. Abderhalden (v.), i quali garantiscono l'integrità biochimica del sangue, scindendo materiali estranei alla normale composizione di questo liquido organico fondamentale, che costituisce il mezzo in cui vivono le cellule. Sembrerebbe, secondo osservazioni della scuola di Abderhalden, non da tutti confermate, che non solo le proteine estranee al sangue, in questo iniettate, facciano comparire in esso fermenti proteolitici, ma che anche grassi e certi carboidrati, iniettati in dosi elevate, possano determinare la comparsa di fermenti disintegranti rispettivamente quei substrati. Fermenti proteolitici poi compaiono nel sangue non solo per l'arrivo in esso di proteine eterologhe, come quando s'inietta a un coniglio dell'albumina d'uovo; ma anche, secondo Abderhalden, quando nel sangue arrivano proteine d'organi dello stesso organismo, le quali sono bensì proteine zoologicamente omologhe ma, avendo una specificità costitutiva o di organo, sono estranee normalmente al sangue e richiedono pertanto fermenti specifici per essere scisse. Così se in un organo avviene un processo patologico che produce una disintegrazione cellulare e quindi la penetrazione nel circolo sanguigno di proteine o derivati proteici superiori delle cellule di quell'organo, nel sangue si trovano fermenti proteolitici ad azione disintegratrice sulle proteine di quell'organo e non su quelle, diverse per intime particolarità di struttura, di altri organi. Da questa premessa, che Abderhalden appoggia a largo materiale sperimentale, deriva l'applicazione pratica: la ricerca di fermenti disintegranti proteine di organi nel corso di certe malattie (in specie del sistema endocrino, del fegato, ecc.). per determinare l'organo sede del processo morboso. Secondo la più recente concezione l'organo sede del processo morboso immetterebbe proteine proprie e proprî fermenti endocellulari in circolo; e sarebbe pur sempre svelato cimentando in vitro siero del paziente e organo (opportunamente preparato) e osservando se ha luogo un'azione proteolitica (con metodi chimici e ottici: polarimetrici, refrattometrici, ecc.).
La tanto discussa sierodiagnosi della gravidanza, pure proposta da Abderhalden, non è che una particolare applicazione di questo principio: l'uovo, che è in certo modo estraneo all'organismo materno, immette in questo dei materiali proteici proprî, contro cui l'organismo materno reagisce con la produzione di fermenti difensivi.; il siero della gravida dunque ha un'azione digestiva in vitro verso proteine ovulari (placentari), che manca al siero di soggetti fuori dello stato di gravidanza. La reazione s'esegue cimentando placenta (opportunamente preparata) col siero in esame. Essa è soggetta a numerose cause di errore; e ha dubbio valore clinico. Si sono fatti tentativi d'applicazione dei metodi di Abderhalden alla diagnosi dei tumori maligni (ricerca nel siero di fermenti digestivi contro le cellule neoplastiche), di recente anche da scuole italiane, e alla diagnosi delle malattie infettive, ma con risultati incerti.