MARTINI, Ferdinando
Scrittore e uomo politico, nato a Firenze il 30 luglio 1841, morto il 24 aprile 1928 a Monsummano in Valdinievole, dove visse per molti anni. Suo padre Vincenzo (v.), buon commediografo, e sua madre, Marianna dei marchesi Gerini, lo educarono alla cultura e alle maniere signorili; ma egli asserì d'essersi avviato negli studî per sua mera e indefessa curiosità di letture. Prestissimo cominciò a stampare cose sue e d'altri (un testo di lingua, una strenna, ecc.), e a produrre per il teatro: L'uomo propone e la donna dispone, commedia, nel 1862, poi, con vario successo, Fede, Un bel matrimonio, L'elezione d'un deputato, ecc. Onde, venuto in stima di giovane di vivo ingegno, entrò, ma poco vi resse, nell'insegnamento medio, a Vercelli, a Pisa. Del 1872 sono Chi sa il gioco non l'insegni, proverbio drammatico che piacque assai, e il racconto Peccato e penitenza. Quindi un altro proverbio, La strada più corta, in risposta a La strada più lunga di Tommaso Cambray-Digny; e l'anno dopo (1873) un altro ancora, Il peggior passo è quello dell'uscio. Questi lavori, da lui poi riveduti e talvolta quasi riscritti per la dicitura, restarono a lungo graditi; e si mantengono, nella cronistoria drammatica, notevoli per lo spirito arguto che ne anima il dialogo in martelliani. La Vipera, dramma in prosa (1894), non parve che attribuisse all'autore una maggiore importanza rispetto al teatro. La frequentazione delle scene, la molta e varia preparazione storica, la brillante dialettica messa a profitto del buon senso, fecero di lui un giudice autorevole del teatro contemporaneo; così che la conferenza La morale e il teatro (1874) e molti articoli suoi fanno rimpiangere che non attendesse più di proposito a tali discussioni: ché egli, partito dalla troppo facile critica giornalistica francesizzante, venne rafforzandosi sempre meglio nei proprî criterî estetici. Meno si rimpiange che non proseguisse a scrivere, come da prima fece, anche sulle arti figurative (L'arte contemporanea e l'Esposizione della Nuova Promotrice è del 1865), ché era uomo di buon gusto, ma non addottrinato né esperto fuori del campo letterario.
La vita politica, che allora tanto si nutriva dei giornalisti (e il M. fu presto considerato come uno dei migliori), lo attrasse sin dal 1874. La vittoria della sinistra lo fece entrare nella camera dei deputati, dove fu ammirato per l'eloquenza efficacissima e un po' temuto per gli epigrammi e le pungenti risposte. Prese parte con onore a importanti discussioni, militando tra i liberali di sinistra, e nel 1884 fu nominato segretario generale (cioè sottosegretario di stato) nel Ministero dell'istruzione pubblica; quindi, per alcuni mesi del 1892-1893, ne fu ministro. Gli mancò il tempo per attuarvi alcune riforme che aveva in parte proposte in belle relazioni parlamentari. Il culmine della sua vita politica sta nell'ufficio di commissario civile della Colonia Eritrea (1897-1900), ch'egli resse con plauso e benemerenze, ribattendo anche non eque censure; e in quello di ministro delle Colonie nel 1915-16, dove invece si lasciò vincere la mano dai funzionarî. Fu nominato senatore nel 1923.
Tale e tanta esperienza giovò grandemente all'importanza di lui scrittore. Se gli articoli raccolti nei piacevoli volumi Fra un sigaro e l'altro, Di palo in frasca, Simpatie, Al teatro, conservano molte volte un valore artistico, oltre la loro curiosità di arguta ed elegante testimonianza; e se alcuni racconti, La marchesa, Peccato e penitenza, L'Oriolo, ecc., ebbero già non poco favore nel pubblico fine, e ottennero giuste lodi alcune pagine dell'umoristica satira provinciale, Pieriposa; più restano ammirati per una prosa che ha vigore, o lepidezza o sentimento, secondo i casi, come in pochi altri scrittori italiani dell'Ottocento, i suoi volumi di memorie personali. L'uso dell'eletta conversazione e la pratica della letteratura francese servirono a lui toscano per isveltire la colta tradizione, tanto pregevole in sé, del Capponi, del Guasti, di altri egregi. Ben nutrito di fatti e d'idee, sia pure senza personale erudizione né sostanziale filosofia, lo scrittore dei libri Nell'Affrica italiana, Cose affricane, Confessioni e ricordi, seppe narrare, descrivere, disputare, con evidenza ed eleganza bellissime. Nella storia del Risorgimento egli recò cognizioni rare, specialmente per i decennî dal 1830 al 1860. Pubblicò importanti documenti, come le Memorie del Giusti (e di questo diede un'edizione compiuta, sia dell'epistolario, nel 1904, sia delle opere, nel 1924); come il diario del conte Luigi Passerini; come il carteggio tra il Guerrazzi e il Brofferio (Due dell'Estrema, Firenze 1920). Nel citato libro di Confessioni e ricordi rappresentò vivacemente la Toscana sotto l'ultimo granduca Leopoldo II. Favorì, con vantaggio degli studî e dell'arte, giovani ben promettenti; promosse in più modi la cultura nazionale: fondando Il Fanfulla della Domenica, nel 1878 (di Il Fanfulla, quotidiano, fu collaboratore assiduo: v. giomwnale, XVII, p. 195), e quindi il Giornale dei bambini; curando una bella antologia di prosa moderna; raccogliendo intorno a sé una larga azione amichevole cui indubbiamente contribuiva la simpatia personale che sapeva ispirare.
Bibl.: G. Mazzoni, F. M., in Nuova Ant., 16 maggio 1928; id., in Archivio st. it., s. 10ª X (1928); B. Croce, La lett. della nuova Italia, 3ª ediz., Bari 929, III, p. 317 segg.; G. Mazzoni, L'Ottocento, 2ª ed., Milano 1934.