TRANSITORÎ, FENOMENI
. 1. Si denomina per brevità come "studio dei fenomeni transitorî"; lo studio dell'andamento delle grandezze elettriche, meccaniche e fisiche in generale, quando esso andamento è comunque variabile nel tempo, anziché costante o periodico alternativo.
Così in elettrotecnica, dopo le investigazioni sulle correnti continue, su quelle alternanti sinusoidali, e su quelle periodiche non sinusoidali, s'intraprendono quelle sulle correnti nel regime variabile in generale. Fanno parte, singolarmente importante, di questo regime i fenomeni che si hanno all'avviamento e alla cessazione delle correnti, cioè quelli che si originano quando a un circuito elettrico si applica o si toglie d'improvviso una forza elettromotrice costante o periodica; e in meccanica e in altri rami della fisica, quelli che corrispondentemente si provocano al sopravvenire improvviso di una forza o di altra causa di perturbazione; più generalmente, anche le perturbazioni da urti e da azioni impulsive: tutti questi fenomeni sono quelli a cui più tipicamente si applicherebbe la denominazione di "transitorî".
Lo studio di tali fenomeni del regime variabile è singolarmente più difficile che non quello degli effetti dovuti a cause costanti o periodiche. Così, per indagare sulle correnti continue o alternative bastano, come mezzi matematici, l'analisi ordinaria nel campo reale e complesso, e come mezzi sperimentali i galvanometri, amperometri, e voltometri, e i ponti di misura e apparecchi consimili. Invece, per le ricerche sul regime variabile non periodico, la matematica da applicare è il calcolo operatorio funzionale, e gli esperimenti si devono fare per mezzo dell'oscillografo: le incognite di ogni problema non sono più grandezze singole, ma forme di curve, cioè infinità continue di valori singoli che devono essere presi in considerazione tutti insieme.
Nell'elettrotecnica delle correnti industriali, i problemi del regime variabile si sono presentati coi fenomeni tipicamente transitorî dell'avviamento e cessazione delle correnti; in questo campo molto spesso la domanda è volta a conoscere semplicemente il valore massimo raggiunto nei singoli casi dalla sopracorrente e dalla sopratensione, con qualche indicazione sulla durata per cui questo valore permane; talvolta questo problema può essere trattato isolatamente, talvolta per risolverlo si deve rilevare l'intero andamento della variabile in questione. Ma la tecnica delle comunicazioni elettriche, telegrafiche e telefoniche, ha imposto lo studio più approfondito dei circuiti percorsi da correnti di andamento qualunque, e in relazione alle quali l'elemento che praticamente interessa è la forma della corrente, non la quantità di energia trasmessa. In meccanica applicata, si presentano problemi analoghi relativi alle vibrazioni e sollecitazioni prodotte da urti e da variazioni improvvise di sforzi, o da cause irregolari che hanno agito attraverso il tempo; ed anche i fenomeni di elasticità ereditaria e consimili rientrano nel campo del regime transitorio. Lo studio della propagazione e diffusione del calore ha imposto altri quesiti analoghi. Sotto l'impulso di queste richieste provenienti dalle applicazioni, ma soprattutto di quelle attinenti alle comunicazioni elettriche, sono stati sviluppati e affinati i rami della matematica richiesti per la trattazione dei regimi variabili.
2. Il problema tipico è questo. In un punto di un sistema fisico agisce una causa la cui intensità V (t) varia col tempo, secondo un andamento che si suppone dato. Nello stesso punto o in altro punto del sistema si verifica un effetto W (t), prodotto da essa causa. Per es., V (t) può essere una forza che agisce su un sistema meccanico, e W (t) lo scostamento dallo stato di riposo che un certo punto del sistema subisce per conseguenza di essa forza; oppure V (t) può essere un voltaggio arbitrariamente variabile applicato all'origine di una linea elettrica, e W (t) può essere il voltaggio o l'amperaggio che per effetto dell'applicazione di V (t) si genera all'altro estremo della linea; V (t) può essere una temperatura applicata a un lato di un corpo, e W (t) il flusso di calore generato; e così via. In ognuno di questi casi incontriamo una dipendenza non più puntuale, ma funzionale tra le due variabili V (t), W (t), perché ogni singolo valore della seconda (cioè ogni ordinata della sua curva rappresentativa) dipende non solamente dal singolo valore simultaneamente assunto dall'altra funzione, ma dall'insieme dei valori attraverso i varî tempi.
Lo studio di queste dipendenze, se non si fa nessuna ipotesi sul carattere dei sistemi da cui provengono, è illimitatamente difficile, e conduce a generalità eccessiva. Per l'interesse applicativo, si limitano le trattazioni al caso che la dipendenza sia lineare (distributiva), cioè tale che: sovrapponendo due cause V1 (t) e V2 (t), si addizionino puramente e semplicemente i loro effetti W1 (t) e W2 (t); inoltre, moltiplicando una V (t) per un fattore numerico qualunque k, resti moltiplicata per lo stesso fattore anche la corrispondente W (t). Le classiche trattazioni matematiche di S. Pincherle e di U. Amaldi, e quelle di V. Volterra contemplano queste dipendenze funzionali lineari in tutta la loro generalità. I due primi autori si sono preoccupati particolarmente del caso in cui le funzioni che dipendono l'una dall'altra sono analitiche, e hanno sviluppato più particolarmente lo studio rappresentando entrambe le funzioni in serie di potenze della variabile indipendente t, e investigando come, attraverso una dipendenza funzionale lineare vengono trasformati i coefficienti delle serie. Si deve al Pincherle la nozione feconda di spazio funzionale, cioè di uno spazio (generalmente a infinite dimensioni) che ha per elementi i punti rappresentativi delle diverse possibili funzioni V (t), di guisa che l'operazione che trasforma, con legge lineare, una funzione in un'altra, equivale a un'affinità in detto spazio, e come tale può essere studiata. Questa teoria, come sviluppata originalmente dagli autori, rimane altrettanto ammirevole quanto astratta per la sua grande generalità, e molti anelli intermedî occorre aggiungere per arrivare alle applicazioni fisico-matematiche. Le teorie matematiche sviluppate dal Volterra hanno carattere del tutto diverso, poiché si basano sulla rappresentazione effettiva della relazione funzionale espressa mediante integrali definiti: mediante questa teoria si arriva allo studio di quei "fenomeni ereditarî" cui abbiamo fatto allusione poco fa, e in particolare di quelli dell'elasticità ereditaria, cioè elasticità del tipo tale che la deformazione di un corpo dipenda non solamente dalle forze che lo sollecitano attualmente, ma da quelle che hanno agito su di esso in passato; si perviene anche alla risoluzione di equazioni integrali e integro-differenziali lineari; e il Volterra ha tratto di lì alcuni enunciati che conducono anche alla risoluzione di quesiti non più dipendenti da relazioni lineari.
L'importanza che possono avere gli uni e gli altri metodi di trattazione è grandissima; estesi campi di studio si aprono al ricercatore; e l'esplorazione di essi, e il collegamento fra l'un metodo e l'altro condurranno ad applicazioni di cui non possiamo ancora prevedere la portata. Per ora, l'applicazione effettiva diretta delle formole di risoluzione generale ai quesiti originati dalla pratica è in gran parte preclusa, perché si tratta di formule risolutive per mezzo di serie d'integrali, nelle quali il primo termine è un integrale semplice, il secondo un integrale doppio, l'ennesimo termine un integrale ennuplo; così quelle serie forniscono teoremi d'esistenza e teoremi generali anziché formule atte al calcolo numerico; e nel caso generale, la natura stessa dei prohlemi vieta una semplificazione ulteriore.
3. La generalità dei problemi si restringe quando, per restare nel campo dei fenomeni transitorî e del regime variabile, si tiene conto che la variabile indipendente t rappresenta effettivamente il tempo, e che i sistemi fisici di cui si vogliono studiare i fenomeni, sono, come accade generalmente, sistemi con caratteristiche fisse, non variabili col tempo. Alla condizione di linearità si aggiunge allora un'altra, quella di normalità, la quale dice che spostando una causa perturbatrice V (t) attraverso il tempo, l'effetto W (t) rimane anch'esso semplicemente spostato senza altra alterazione. Questa condizione, nelle trattazioni del Volterra, figura come condizione del ciclo chiuso, enunciata però limitatamente al caso in cui la dipendenza funzionale sia rappresentabile mediante un integrale definito. Sistemi lineari normali sono i sistemi elastici (nei limiti dei piccoli spostamenti), i sistemi elettrici composti di resistenze, induttanze non ferriche e capacità, i sistemi termici, ecc., sempre che la loro costituzione e le loro "costanti" fisiche non subiscano perturbazione nel breve tempo in cui durano i fenomeni transitorî che si vogliono studiare.
I sistemi normali ammettono metodi di trattazione semplificati ed efficaci. Per rendere conto di questi metodi, che sono quelli che si adoperano correntemente nelle applicazioni, giova introdurre alcune speciali notazioni. Sia anzitutto Θ l'operatore che applicato alla causa V (t) produce l'effetto W (t), di guisa che si scriva:
La normalità è espressa dalla formola:
da valere indipendentemente dal valore di t0. La linearità ci permette di suddividere la V (t) in una successione infinita di elementi impulsivi, applicare la Θ a ciascuno di questi elementi, e sommare i risultati; procedimento il cui concetto informatore risale a trattazioni note in meccanica, ove, per discutere gli effetti prodotti da una forza variabile che agisce con continuità, si studiano prima gli effetti di un impulso singolo, e da un insieme d'impulsi che si susseguono s'immagina costituita l'azione della forza continua. Sempre per la linearità, si ha che quando in un istante agisce un impulso singolo, il risultato che ne segue è proporzionale all'intensità dell'impulso. Basta quindi fissare le idee sopra un impulso unitario, e investigarne gli effetti.
Per rappresentare in formola detto impulso, s'introduce la nozione di funzione impulsiva unitaria, denotata col simbolo:
e così definita: la Fu (t) è nulla per tutti i valori di t, eccetto che in un intorno infinitesimo di t = 0; e in questo intervallo assume valore infinitamente grandi, con legge tale che sia:
L'uso di questa funzione implica l'ammettere nel calcolo le grandezze infinitamente piccole e infinitamente grandi attuali, che l'analisi elementare esclude, e la cui introduzione si giustifica estendendo il campo numerico con un campo di grandezze non archimedee, mediante postulati opportuni. Altrimenti, si può indicare con:
una funzione continua di tipo ordinario (cioè senza infinitesimi e infiniti attuali), e tale che col crescere del parametro h verso l'infinito, ogni valore di Fu (t, h), per ogni t fisso e diverso da zero, tenda verso zero, mentre invece il valore che corrisponde a t = 0, tende all'infinito, e legata dalla condizione che qualunque sia h, si abbia sempre:
Per esempio, si può assumere:
allora il simbolo Fu (t) vale come abbreviazione per indicare che quando compare Fu (t) in una formola, si deve intendere sostituito Fu (t, h), e si deve poi passare al limite per h → ∞, dopo però eseguite tutte le operazioni che in quella formula sono implicate.
Queste funzioni impulsive, che estendono il campo delle ordinarie funzioni, permettono di decomporre in elementi le funzioni fisiche, nel modo a cui sopra si è fatto allusione. In effetto, si definisca come funzione fisica una funzione di variabile reale, che in ogni intervallo finito sia integrabile nel senso di Cauchy-Dirichlet-Lipschitz e che coincida con la derivata del proprio integrale. Sia V (t) una tale funzione. La decomposizione in elementi impulsivi si ottiene scrivendo:
Questo integrale, in quanto contiene una funzione impulsiva, corrisponde a una nozione generalizzata dell'integrale, e appartiene alla stessa categoria cui appartengono gli integrali di Stieltjes; include quindi anche il caso di una sommatoria di termini finiti. La formula scritta, secondo quanto esplicato sopra, equivarrebbe, in notazione non abbreviata, alla seguente:
Come risultato dell'applicazione dell'operatore Θ alla V (t) s'intende ciò che si ottiene applicando Θ agli elementi impulsivi in cui V (t) è stato decomposto, e poi ricomponendo. Cioè:
Si conviene allora di scrivere:
e questa G (t), che è il risultato dell'applicazione dell'operatore Θ alla funzione tipo Fu (t), si chiama funzione generatrice dell'operatore. Ma deve farsi attenzione che questa G (t) può essere una funzione di tipo generalizzato, cioè contenere elementi impulsivi.
Ritenuto che l'operatore Θ sia normale, nel senso detto sopra, la funzione Θ Fu (t − τ), per la definizione stessa della normalità, è uguale alla stessa funzione generatrice G, con lo spostamento τ nell'origine dei tempi. Cioè:
Quindi la formula che dà il risultato dell'operazione Θ sopra una funzione fisica generica V (t) diviene:
ed anche qui l'integrale sarà da doversi intendere in significato generalizzato, se G (t) contiene elementi impulsivi.
La chiave per lo studio dei fenomeni transitorî consiste nel teorema espresso da questa formula, la quale dice che le proprietà di una trasmutazione Θ sono tutte individuate dalla conoscenza della sua funzione generatrice G (t).
4. Esempio primo. - Sia la struttura di un ponte di ferro. In un punto A di essa è da applicare una sollecitazione V (t) di andamento arbitrariamente variabile col tempo, e agente in una direzione assegnata, per es., verticale. Si ricerca quale sarà, in un altro punto B determinato, lo scostamento verticale W (t) dalla posizione di riposo, determinato da quella sollecitazione. Poiehé si tratta di un sistema elastico, e di spostamenti piccoli, il sistema dipende da equazioni tutte lineari; e poiché la struttura non varia durante i fenomeni che s'investigano, la condizione di normalità è soddisfatta. Allora non v'è che da investigare il risultato dell'applicazione di un impulso unitario. Si colpisca la struttura nel punto A con un martello avente massa uno e velocità uno, agente nella direzione assegnata; con un apparecchio registratore, si prenda il diagramma dell'oscillazione che assume il punto B per effetto di quell'urto. Questo diagramma dà la funzione generatrice G (t); e conosciuta questa, resta determinato l'effetto di qualunque sollecitasione V(t) applicata in A qualunque sia il suo andamento. Se occorre effettivamente conoscere tale ultimo risultato, vi si arriva per integrazione grafica. Ma per discutere le proprietà dinamico-elastiche della struttura, basta fissare l'attenzione sulla G (t), la cui conoscenza dice tutto.
5. Esempio secondo. - Ad una linea telegrafica, per es., a un cavo transatlantico, viene applicato all'origine un voltaggio arbitrariamente variabile V (t). Come effetto prodotto da questo voltaggio si considera l'intensità di corrente che arriva all'apparecchio ricevente posto all'altro estremo; e questa intensità è un'altra funzione del tempo W (t), dipendente funzionalmente dalla V(t). Ritenuto che la linea sia inizialmente allo stato di riposo, e che tutti gli elementi componenti di essa e dell'apparecchio ricevente siano resistenze, induttanze e capacità invariabili, il sistema è lineare e normale. La funzione generatrice si trova applicando all'origine un voltaggio impulsivo unitario, e registrando con un oscillografo l'intensità G (t) che arriva all'apparato ricevente. Avuta la curva della G (t), l'effetto trasmittente della linea resta conosciuto.
6. Molte volte, nei singoli casi, avuta la funzione generatrice G (t), non basta ispezionarne l'andamento e rendersi così conto globale degli effetti del sistema fisico di cui essa esprime le proprietà, ma si vuole utilizzare la conoscenza della funzione per calcolare effetti transitorî, dovuti, anziché a un impulso singolo, a qualche altra sollecitazione speciale.
Uno di questi casi, che ricorre molto spesso, si presenta quando la causa sollecitante V (t), dopo aver avuto un valore costante per lungo tempo, passa bruscamente a un altro valore costante. Per la linearità e normalità del sistema fisico, l'effetto transitorio dovuto a uno di questi salti si calcola immediatamente in funzione di quello che sarebbe dovuto a una V (t) che dopo essere stata sempre nulla passi d'un tratto al valore 1, e lo conservi costante. Come funzione discontinua tipo, s'introduce la funzione 1 (t) così definita:
senza preoccuparsi di attribuire alcun valore speciale nel punto t = 0. Questa funzione non è altro che l'integrale della funzione impulsiva unitaria Fu (t), già definita; e precisamente:
e di qui si vede come l'introduzione delle funzioni impulsive valga per attribuire (fuori del capo delle funzioni ordinarie, considerate dall'analisi classica) una derivata alle funzioni discontinue. Poiché:
risulta che, integrando membro a membro, e ammettendo che l'operazione Θ sia commutabile con l'operazione di derivazione (il che per i sistemi lineari normali vale in casi larghissimi) si ottiene il risultato H (t) dell'operazione stessa nella 1 (t) sotto la forma:
Alcuni autori preferiscono introdurre in calcolo, come funzione caratteristica dell'operazione funzionale, la H (t) invece che la sua derivata G (t); ma con la seconda il simbolismo riesce più semplice.
Un altro caso che ricorre spesso è quello in cui una causa agente V (t) di andamento sinusoidale venga d'un tratto introdotta a partire da uno stato nullo, oppure bruscamente fatta cessare; e manifestamente, delle due ipotesi, basta considerare la prima. Questo caso ricorre continuamente in elettrotecnica: quando una linea o una rete o altro sistema ricevente vengono attaccati a un generatore a corrente alternante (la cui forza elettromotrice è quasi sempre sinusoidale) o disconnessi dal medesimo, si presenta il tipico stato transitorio delle correnti elettriche negli impianti. L'ingegnere ha da preoccuparsene per stabilire se durante esso stato possano verificarsi sopratensioni o sopracorrenti pericolose.
La via per cui si arriva alla conoscenza di un tale regime transitorio si trova sapendo che in un sistema fisico lineare normale una causa sinusoidale V (t) che agisca da tempo indefinitamente remoto produce un effetto sinusoidale: l'intensità di corrente che in una rete ricevente passiva composta unicamente di resistenze, induttanze, capacità e induttanze mutue tutte costanti viene generata da una folza elettromotrice sinusoidale, si stabilizza in un andamento sinusoidale quando è raggiunto lo "stato di regime". Si tratta di passare da questa corrente di regime, la quale s'intende conosciuta per altra via (v. corrente: Elettricità, XI, p. 478) a quella, inizialmente non periodica, che si stabilisce quando la forza elettromotrice V (t) invece d'avere agito da tempo remoto, viene introdotta in un istante qualsiasi. La differenza fra le due intensità di corrente costituisce il termine transitorio propriamente detto.
Tale termine transitorio può essere nullo; risulta tale se la forza elettromotrice viene introdotta in un istante appropriato in modo che essa trovi il sistema ricevente nel medesimo stato in cui esso si troverebbe se il regime sinusoidale fosse già stabilito. In generale questo non avviene, e al momento dell'attacco il sistema ricevente, sia esso in riposo, sia esso con correnti interne e cariche interne, si trova in uno stato diverso da quello che corrisponderebbe al regime. La differenza fra i due stati deve essere conosciuta come un dato del problema; essa costituisce uno stato energetico particolare; il termine transitorio che si cerca corrisponde alla "scarica" che seguirebbe da questo stato energetico quando gli estremi fra cui s'intende applicata la V (t) non venissero sollecitati da forza elettromotrice alcuna. Vi si riesce, in base alla sola conoscenza della G (t), se in funzione del detto stato di carica si sanno determinare i valori iniziali della intensità di corrente e delle sue successive derivate rispetto al tempo (fino a un certo ordine, che dipende dal grado di libertà del sistema), che verrebbero causate dallo stato medesimo. Invero, questa corrente nel valore suo e delle sue derivate, potrebbe essere riprodotta da una opportuna V (t), impulsiva di ordine più o meno elevato, che fosse applicata al momento iniziale che si considera: e gli effetti di questa particolare V (t) impulsiva sono combinazioni lineari della G (t) e delle sue derivate. Questo è il principio essenziale su cui si basano le regole di calcolo nei singoli casi. Ma in un argomento così complesso non si può discendere a maggiori particolari, se non sviluppando gli esempî singoli caso per caso, ciò che forma oggetto di trattazioni speciali.
7. Fin qui è stato detto come la dipendenza funzionale fisica Θ da cui dipende il regime transitorio, in ogni singolo problema fra quelli che interessano la pratica, resti individuata da una singola funzione (di carattere generalizzato) G (t), e come questa funzione generatrice, una volta conosciuta, si applichi per risolvere i quesiti del regime transitorio, volta per volta.
Veniamo ora alla parte più importante della ricerca, cioè alla predeterminazione matematica della funzione G (t) in base alla struttura del sistema fisico che dà origine ai fenomeni transitorî.
La considerazione di qualche caso singolo può avviare alla migliore intelligenza della teoria.
8. Sia una capacità k shuntata con una conduttanta g. Questo sistema bifido sia percorso da una corrente comunque variabile, e sia I (t) l'intensità di corrente, sia V (t) la differenza di potenziale agente fra gli estremi. La dipendenza funzionale fra la causa V e l'effetto I si presenta in questo caso sotto la forma semplice:
Questa dipendenza può essere posta sotto forma analoga alla legge di Ohm, così:
dove il binomio fra parentesi, che è un operatore e non una semplice quantità, riceve il nome di conduttanza funzionale; esso costituisce una generalizzazione di quello che si chiama conduttanza complessa o ammettenza, e che vale pel caso particolare di una forza elettromotrice periodica sinusoidale, di frequenza assegnata. In esso binomio abbiamo qui l'operatore che nel caso generale è stato indicato con Θ.
Gli autori più moderni che si occupano dei fenomeni transitorî in elettrotecnica, hanno adottato la convenzione di scrivere Δ per il simbolo operatorio
questo è in accordo con la regola generale di riserbare agli operatori funzionali le lettere greche maiuscole (che sono raramente adoperate per altri fini) o altre lettere di carattere anormale, per distinguere bene dai simboli scritti in caratteri latini o greci minuscoli, che sono impegnati per le grandezze fisiche e numeriche. Si scrive dunque per la conduttanza funzionale di un condensatore shuntato:
La funzione generatrice di questo operatore riesce completamente impulsiva; precisamente, essa è:
dove, ricordiamo, Fu (t) è la funzione impulsiva unitaria, Fu′ (t). sua derivata, è la funzione impulsiva-tipo di ordine secondo. È ovvio che se si fa uso di questa G (t) per calcolare la I (t) dovuta a una V (t) generica mediante la (7), si ritrova l'equazione esplicita da cui siamo partiti.
9. Sia ora una resistenza induttiva, il che equivale a dire una resistenza pura in serie con un'induttanza l. L'equazione che lega la V (t), differenza di potenziale ai poli, con la I (t) è la seguente:
Con le notazioni di cui sopra, si scrive:
e l'operatore denotato dal binomio simbolico fra parentesi prende il nome di resistenza funzionale del sistema.
10. Avendo in mira la finalità di trattare queste espressioni operatorie con gli stessi algoritmi, per quanto possibile, come se si trattasse di quantità scalari, dobbiamo indicare con Θ-1 l'operazione inversa a un generico Θ e similmente con Θn l'operazione ripetuta più volte, ecc.; quindi Δ-1 ovvero 1/Δ indica l'operazione d'integrazione. Conseguentemente, se dalla equazione scritta vogliamo esplicitare la legge con cui l'effetto I (t) dipende dalla causa V (t), siamo condotti a scrivere:
Qui abbiamo la conduttanza funzionale del sistema fisico considerato sotto la forma:
Queste due notazioni equivalenti significano niente altro che per trovare la I (t) quando è data la V (t) si deve risolvere l'equazione differenziale (16), prendendo I (t) come incognita.
Il simbolismo adottato ci ha permesso di scrivere in entrambi i casi l'operatore di conduttanza funzionale sotto forma di un'espressione analitica contenente il simbolo Δ. Il calcolo operatorio funzionale consiste nell'uso opportuno di queste espressioni del tipo f (Δ) per risolvere i problemi relativi al regime transitorio e al regime variabile in generale.
Come necessaria premessa a tutto, interviene però a questo punto la distinzione fra quelle operazioni che Pincherle e Amaldi hanno chiamato a determinazione multipla (aventi cioè risultato multivoco) e quelle altre che prendono il nome di operazioni a determinazione semplice. Le operazioni denotate con Δ, (r + l Δ) e simili, hanno risultato univoco. Quelle invece come Δ-1, (r + l Δ)-1 Δ-n, ecc., sono a determinazione multipla, perché nel risultato della loro applicazione intervengono una o più costanti arbitrarie. L'incertezza però del risultato si elimina quando gli operatori di qualunque categoria si applicano, nei problemi fisici effettivi, a quelle funzioni del tempo che si presentano come cause agenti, per ricavare altre funzioni del tempo, che risultano quali effetti delle precedenti. Valgono allora queste due restrizioni:
1. l'effetto non può mai precedere la causa (condizione di successione), cioè se W (t) è un effetto prodotto da una causa V (t), ogni singolo valore di W (t) può dipendere da tutti i valori che V (t) ha avuto in passato e all'istante presente, non da quelli avvenire.
2. in ogni sistema fisico terrestre (non atomico e non astronomico) la seconda legge di termodinamica si applica con la conseguenza che intervengono sempre azioni dissipative, in guisa tale che le conseguenze di qualunque "stato iniziale" si estinguono asintoticamente col tempo (condizione di estinzione).
Con l'intervento di queste due condizioni combinate, l'effetto di una causa fisica è univocamente determinato quando i valori di essa causa sono conosciuti per tutti gli istanti anteriori all'epoca attuale. In altre parole, fra le infinite valutazioni del risultato W (t) che potrebbero provenire da un operatore a valutazione multipla, si deve prescegliere quella in cui figurano solamente i valori passati (incluso quello attuale) della funzione-causa V (t), e che si annulla quando tutti detti valori sono nulli. Tale valutazione è detta fondamentale (Giorgi) o retrospettiva (Wiener).
Nei sistemi elettrici dove si confrontano fra loro un voltaggio applicato V (t), e l'intensità di corrente I (t) che ne consegue, il primo interviene come causa, la seconda come effetto: quindi l'operatore che serve per ricavare la seconda funzione dalla prima deve essere senpre interpretato nella sua valutazione fondamentale.
Con questa restrizione, e solamente con questa restrizione, la funzione generatrice di un operatore come (r + l Δ)-1 viene determinata univocamente. Noi la troviamo risolvendo l'equazione differenziale (16) rispetto alla I (t), dopo aver posto V = Fu (t), e tenendo poi conto che quella che si ricerca è la valutazione fondamentale. Posto ρ = − r/l si trova:
dove, ricordiamo, 1 (t) significa la funzione che è nulla per t negativo, uguale all'unità per t positivo. Reciprocamente, quando questa funzione generatrice sia conosciuta, noi troviamo la I (t), cioè risolviamo l'equazione differenziale (limitatamente alla ricerca della valutazione fondamentale) usando essa funzione come G (t) nella formula (7); e si trova:
Nei due casi semplici addotti ora come esempio, il metodo operatorio non aggiunge nulla e non semplifica quasi nulla, rispetto a quello che si può ottenere attraverso i metodi classici. Ma, questi esempî sono stati scelti espressamente per rendere più accessibile l'intelligenza del simbolismo operatorio, per confronto con le relazioni elementari già note per altra via. A mano a mano che si vuol trattare del regime transitorio in sistemi fisici sempre più complessi, il metodo operatorio diventa sempre più utile e finanche necessario.
11. Un passo ulteriore rispetto ai due sistemi elettrici elementari presi testé come esempio si realizzerebbe assumendo quei due sistemi posti in serie fra loro. Si sommano in tal caso le resistenze funzionali, cioè si ha:
e quindi, volendo calcolare I in funzione di V, si è condotti a lavorare con un operatore di conduttanza funzionale espresso così:
operatore che deve essere opportunamente "valutato" per trovarne il significato nei termini dell'analisi classica.
Per servirsi utilmente di queste ed altre più complicate espressioni che risultano da aggruppamenti di circuiti di ordine più elevato, senza doverle interpretare in base alla loro origine, cioè ricadendo nelle equazioni classiche a cui esse corrispondono, intervengono i teoremi fondamentali del calcolo operatorio funzionale enunciati da G. Giorgi nel 1903-1905 e da N. Wiener nel 1926; i loro enunciati sono i seguenti.
12. Teorema primo. - Ad ogni espressione analitica f (Δ) la quale sia composta col simbolo
e con parametri tutti costanti rispetto alla variabile fondamentale t (tempo) si lascia subordinare una trasformazione funzionale, la quale, nella sua applicazione sopra una funzione "fisica" V (t), resta definita dalla formula seguente:
dove: il percorso d'integrazione da w = − i fino a w = + i ∞ nel piano complesso può effettuarsi lungo una linea qualunque che eviti i punti singolari di f (w); la funzione ausiliaria Q (α, w) è semplicemente un "fattore di convergenza", ed è una qualunque trascendente intera in α e in w, costruita in modo che per α = 0 divenga identicamente uguale all'unità, e per α > 0, w→±i ∞ divenga infinitesima di ordine sufficientemente elevato quanto occorre per assicurare la convergenza; questo fattore, e il corrispondente passaggio al limite si possono omettere quando la convergenza si ottiene senza di essi; così pure, se non è necessario per la convergenza, si può omettere l'altro passaggio al limite scrivendo direttamente + ∞, − ∞ in luogo di + T, − T.
13. Teorema secondo. - La valutazione fondamentale (in un significato eventualmente più largo di quello già esplicato) si ottiene scegliendo come percorso d'integrazione una linea (se esiste) che lasci a sinistra tutti i punti singolari al finito di f (w).
14. Teorema terzo. - Tutte le espressioni f (Δ) che corrispondono alle condizioni di cui nel teorema primo, e che s'intendono interpretate in conformità di esso teorema, si possono trattare con l'algoritmo stesso come se Δ fosse un moltiplicatore scalare (salvo la diversa formulazione delle condizioni per l'annullamento di un prodotto di più fattori).
15. Teorema quarto. - In luogo di applicare la formla generale di cui al teorema primo, si può effettuare la valutazione di un operatore f (Δ), determinando la sua funzione generatrice G (t) mediante questa formula:
dove C è il percorso d'integrazione che va da w = − i ∞ fino a w = + i ∞ lasciando a sinistra tutti i punti singolari di f (w), come detto sopra, e ouindi C può essere anche il semicerchio infinito di destra del piano complesso. Se però questa formula non dà risultato convergente, si può introdurre un fattore di convergcnza come il Q (α, w) definito più sopra, con riserva di effettuare il passaggio al limite dopo avere introdotto il G (t) nelle singole formule. Le G (t) di carattere impulsivo a cui è stata fatta allusione in principio si ottengono lasciando in evidenza o sottintendendo il Q (α, w) con a considerato come infinitesimo (cioè come destinato a tendere a zero) ma non ancora nullo.
16. Osservazione fondamentale. - Il teorema secondo conduce a ricavare le espressioni f(Δ), associate agli operatori dei regimi transitorî, ottenendole con l'algoritmo stesso con cui si ricavano le soluzioni relative ai regimi costanti. Il teorema primo condurrebbe a esplicitare ogni soluzione così ottenuta, sostituendo la formula simbolica con una formula di calcolo ordinario; ma conviene utilizzarlo solo come teorema di definizione o esistenziale, appunto perché, applicandolo direttamente, si ricade nel calcolo di tipo classico, e si perdono i vantaggi principali del metodo operatorio. Conviene quindi servirsi del teorema quarto per ricavare la funzione generatrice; e, meglio ancora, prima di applicarlo, conviene lavorare direttamente con l'espressione f (Δ), sviluppandola e trasformandola mediante un gruppo di altre regole speciali che sono ricavabili dal teorema primo e dagli altri ora enunciati.
Prima di procedere oltre con l'enunciazione di queste regole, esponiamo qualche applicazione.
Sia anzitutto una rete elettrica composta di un numero qualunque di lati contenenti resistenze, induttanze e capacità, tutte costanti; e la rete metta capo a due punti estremi A, B, da uno dei quali la corrente I (t) entra e dall'altro dei quali esce, mentre fra i due capi agisce una differenza di potenziale V (t) arbitrariamente data, e i cui valori sono conosciuti a partire da tempi remoti. Per calcolare il regime variabile I (t) dovuto a questa V (t), si supponga che le induttanze l valgano come resistenze l Δ, e le capacità k valgano come conduttanze k Δ e si determini la conduttanza che avrebbe il sistema fra i due capi A, B, con le stesse formule che valgono per le correnti continue. Si otterrà questa conduttanza sotto forma di un quoziente di polinomî e quindi sotto forma di un'espressione razionale contenente il simbolo Δ; cioè si avrà:
L'espressione contenente Δ si tratta come se Δ fosse un moltiplicatore; quindi, dopo aver determinate le radici ρ1, ρ2 .... ρn del polinomio che sta a denominatore, si può scomporre l'espressione stessa in due modi equivalenti:
a) in un prodotto di cui un fattore è il polinomio P (Δ) diviso per il coefficiente della potenza più elevata che figura a denominatore, e gli altri fattori sono del tipo
b) in una somma di termini della forma,
ed eventualmente anche di termini in cui il denominatore Δ − ρi figura elevato a potenza, il tutto preceduto o no da un polinomio. Se la decomposizione è stata fatta in fattori, questi si applicano uno dopo l'altro all'operando V (t). Se invece
è stato risoluto in una somma di termini singoli, si applicano questi separatamente, uno per uno, e si addizionano i risultati. In luogo di fare queste operazioni sulla V (t) generica, si possono farle sulla funzione impulsiva unitaria Fu (t) per ottenere la funzione generatrice che serve come chiave per ricavare tutti i risultati. Per esplicitare le formule, è sommamente utile il teorema di trasposizione così espresso:
e nel caso che come operando si assuma la funzione impulsiva unitaria, si ottiene:
perché
Di qui si ricava la funzione generatrice dell'elemento data da:
il che coincide con una delle formule che intervenivano negli esempî addotti da principio. E per la stessa via si ha:
sempre ritenuto che la valutazione che si vuol ottenere sia quella fondamentale.
Un'esemplificazione istruttiva del procedimento si avrà applicandolo al caso già accennato di una resistenza induttiva seguita da una capacità shuntata, e facendo la valutazione dell'espressione (21).
Applicando queste formule, si ottiene la risoluzione di qualunque problema relativo al regime variabile o transitorio in ogni sistema composto di un numero finito di resistenze, induttanze e capacità costanti (e anche il caso d'induttanze mutue resta incluso con una facile estensione delle formule). E non occorre che vi sia una sola forza elettromotrice agente fra due capi: il caso generale si ha pensando a una rete con forze elettromotrici agenti arbitrariamente sui singoli lati, e alla ricerca dell'intensità di corrente in un lato della rete: la risoluzione è analoga, perché gli effetti delle singole forze elettromotrici si addizionano, e quello di ognuna di esse si deduce dalla risoluzione del problema corrispondente per le correnti continue. Nelle funzioni generatrici che risultano ultimamente (e quindi anche nelle espressioni delle correnti transitorie dovute alla brusca applicazione o remozione di forze elettromotrici costanti o sinusoidali) non figurano altre funzioni del tempo se non polinomiali (con esponenti reali o complessi).
Più generale e più importante è l'applicazione del metodo a sistemi elettrici in cui intervenga, non più un numero finito, ma un'infinità discreta e continua di elementi. Purché questi elementi siano resistenze, induttanze e capacità costanti (eventualmente anche induttanze mutue, ricorrendo all'estensione delle formule accennate testé), il problema si risolve sempre prendendo la formula risolutiva del corrispondente problema a correnti continue, ed effettuandovi le sostituzioni stesse come nei sistemi finiti. Si ottengono sempre formule risolutive del tipo:
Ma la f (Δ) nei sistemi infiniti non si presenta più come un'espressione razionale nel simbolo Δ; bensì sotto la forma di una funzione analitica del simbolo Δ, di tipo più generale; questa funzione è algebrica non razionale se il sistema fisico è una catena discreta di elementi; risulta invece generalmente trascendente se il sistema è a distribuzione continua. Nell'uno e nell'altro caso non si applica più il metodo di valutazione fondato sulla decomposizione in frazioni semplici; e si deve ricorrere alle regole speciali a cui abbiamo fatto allusione.
Queste regole, una delle quali è quella di trasposizione enunciata poco fa, conducono a trasformare o a sviluppare l'operatore, e talvolta anche a trovarne la valutazione per via diretta e semplificata, prima di ricorrere alle formule generali. Alcuni enunciati consentono anche di predire direttamente alcune proprietà dell'operatore in base alla fonte analitica dell'espressione f (Δ); e talvolta questo può essere sufficiente per le finalità pratiche. L'insieme delle regole e teoremi che così insegnano a calcolare sull'operatore dato nella forma f (Δ) costituiscono la parte più viva e più utile nel metodo operatorio funzionale.
In questo ordine d'idee, all'enunciato del teorema di trasposizione sono da aggiungere questi altri.
17. Enunciato secondo. - Se l'operatore proviene effettivamente da un sistema fisico soggetto al secondo principio della termodinamica, e se l'operando V (t) a cui esso si applica costituisce effettivamente la causa, di cui si deve calcolare l'effetto, la f (Δ) è tale che se Δ anziché un segno d'operatore rappresentasse una variabile complessa, tutti i suoi punti singolari al finito si troverebbero a sinistra dell'asse immaginario, cioè avrebbero ascissa negativa; e la stabilità del sistema è misurata dalla più piccola (in valore assoluto) di queste ascisse.
Queste proprietà sono collegate al fatto che la funzione generatrice, sempre nulla per t negativo, tende asintoticamente a zero per t → + ∞ e con rapidità tanto maggiore quanto maggiore è il detto valore assoluto dell'ascissa del punto singolare più vicino all'asse immaginario.
18. Enunciato terzo. - Dai punti singolari al finito della f (Δ) considerata sempre come se fosse una funzione di variabile complessa, dipende l'eventuale pluralità di valutazioni dell'operatore. Se f (Δ) non ha punti singolari al finito, cioè se è una funzione intera (polinomiale o trascendente), l'operatore è a valutazione unica: in tal caso, il sistema fisico non è capace di compiere oscillazioni libere.
19. Enunciato quarto. - Se f (Δ) considerata sempre come sopra, tende verso zero per Δ = ± i ∞ l'operatore è diffusivo, cioè il risultato dell'applicazione sopra un generico operando V (t) è esprimibile per mezzo di un integrale definito propriamente detto, senza intervento di termini finiti; in altre parole, la funzione generatriee risulta una funzione propriamente detta, senza termini impulsivi.
20. Enunciato quinto. - È legittimo sviluppare f (Δ) in serie, e applicare la serie termine a termine, purché lo sviluppo sia tale che se Δ rappresentasse una variabile complessa, esso risulti integrabile termine a termine lungo il semicerchio infinito di destra del piano complesso. (La convergenza uniforme lungo quel semicerchio è quindi sufficiente, ma non necessaria). Così in molti casi si ottengono sviluppi validi, procedenti per serie di potenze negative (intere o frazionarie) del simbolo Δ, mentre gli sviluppi in serie di potenze positive (sviluppi di Taylor e simili) conducono generalmente a risultati erronei.
21. Enunciato sesto. - La valutazione fondamentale della funzione generatrice dell'operatore Δs, dove s è un numero reale qualunque, è la seguente.
avendo indicato con Γ la funzione gaussiana. La parte impulsiva, se esiste, è quella stessa che si avrebbe se il parametro s fosse ridotto alla sua parte intera. Quindi in particolare:
formula che occorre frequentemente nelle applicazioni tecniche.
22. Enunciato settimo. - Per valutare un operatore o un termine di un operatore, della forma ehΔ, vale la formula cosiddetta di Lagrange:
e questa può essere dimostrata a partire dalla formula generale (23), senza dipendere dallo sviluppo in serie dell'operatore e senza richiedere che l'operando V (t) sia funzione analitica.
23. Enunciato ottavo. - Poiché la dipendenza fra la funzione f (Δ) e la G (t) è quella di una trasformata di Laplace generalizzata, valgono tutte le proprietà di questa trasformazione: moltiplicare una delle due funzioni per il proprio argomento equivale a derivare l'altra; moltiplicare una per un esponenziale equivale ad aggiungere nell'altra una costante al suo argomento; e così di seguito. Queste relazioni sono di utilità somma per trasformare gli operatori, e dedurre la valutazione di uno da quella di un altro.
24. Enunciato nono. - Se nella f(Δ) si sostituisce iω al posto di Δ si ottiene il fattore complesso che si deve applicare per risolvere i problemi delle correnti alternate sinusoidali di pulsazione ω, nel periodo di regime. Se f (Δ) per Δ → ± i ∞ tende verso un limite, quel limite è il valore iniziale del regime transitorio che consegue all'applicazione brusca di una V (t) che passi bruscamente dal valore zero al valore uno; e il valore asintotico dello stesso regime è dato da f (0). Questi due risultati sono fondamentali pei calcoli sulle trasmissioni telegrafiche.
25. Sulla base di questi enunciati, e di altri consimili che qui non riportiamo, si riesce a eseguire in moltissimi casi la valutazione effettiva degli operatori, e a risolvere quindi i problemi del regime transitorio. Quando, applicando i varî enunciati relativi alle proprietà singole, si è ridotto l'operatore f (Δ) a una forma adatta per lo sviluppo, si applica l'enunciato quinto per sviluppare f (Δ) in serie, e l'enunciato sesto per valutare i singoli termini uno ad uno.
26. In quanto segue esponiamo alcuni risultati tipici e di particolare interesse.
Sia una linea elettrica infinita uniforme, o, ciò che è lo stesso, una linea finita terminata da un apparecchio ricevente che abbia le stesse caratteristiche come avrebbe la linea infinita. La linea abbia questi parametri distribuiti, e valutati per unità di lunghezza: resistenza longitudinale R, conduttanza trasversale G, induttanza longitudinale L, capacità trasversale K. Lo studio delle correnti continue insegna che se il voltaggio V0 agente all'origine fosse costante anziché variabile, l'amperaggio che entra nella linea sarebbe:
e il voltaggio alla distanza x sarebbe:
Per passare da correnti continue a correnti variabili, si deve alla conduttanza ordinaria G sostituire la conduttanza funzionale G + K Δ e alla resistenza ordinaria R sostituire la resistenza funzionale R + L Δ. Allora, le due formule divengono:
e devono essere interpretate secondo le regole del calcolo operatorio. Il fattore simbolico che entra nella prima formula costituisce la conduttanza funzionale della linea infinita; quello della seconda formula prende il nome di operatore di propagazione.
L'interpretazione di quegli operatori si effettua trovando la corrispondente funzione generatrice; e per tutti i quesiti della telegrafia transoceanica, e quelli che riguardano le conseguenze di una variazione improvvisa del voltaggio applicato a una linea industriale, interessa quella funzione che abbiamo chiamato H (t) e che è l'integrale della generatrice.
L'operatore di conduttanza funzionale si trasforma mediante il teorema di trasposizione.
Posto:
e dopo aver quindi scritto:
si ha:
Il fattore Δ − s non esige interpretazione. L'altro fattore operatorio si sviluppa in serie di potenza di
e queste si applicano termine a termine. La soluzione del particolare problema proposto si ottiene ponendo dapprima V0 (t) − Fu (t), ricavando il risultato, e poi integrando. A calcoli fatti, si ha il regime transitorio dato da:
dove I0 indica la funzione non oscillante di Bessel di grado zero, cioè I0 (x) = J0 (ix). L'operatore d'integrazione 1/Δ è stato conservato per brevità di scrittura.
Alcuni dati su questa H (t) si possono ricavare per via diretta, dall'ispezione dell'operatore. L'espressione
riguardata come se al posto della Δ vi fosse una variabile complessa, non si annulla per Δ = ∞, quindi l'operatore non è diffusivo: ne deduciamo che la H (t) è discontinua: il suo valore iniziale, in virtù dell'enunciato nono, si trova ponendo i∞ al posto di Δ, ed è quindi
il valore asintotico, secondo il medesimo enunciato, si trova ponendo Δ = 0, ed è quindi
Dunque il regime transitorio dell'amperaggio di entrata dovuto all'applicazione di un voltaggio che dal valore V0 = 0 passi per t = o al valore V0 = 1 e vi rimanga, è una funzione che dal valore sempre nullo avuto per t negativo, passa con discontinuità, nell'istante t = 0, al valore
e di lì in poi asintoticamente tende al valore finale.
E si vede anche facilmente che se queste due grandezze sono uguali, la funzione da t = 0 in poi si mantiene costante nel loro comune valore.
Come caso particolare, va ricordato quello L = 0 (induttanza trascurabile in confronto della capacità; regime detto dei telegrafisti). Il problema matematico coincide allora con quello della diffusione del calore lungo una sbarra indefinita, non soggetta a disperdimento, o attraverso un semispazio. L'operatore si riduce alla forma:
e con questo operatore si trattano la maggior parte dei problemi di diffusione. Anche qui conviene applicare il teorema di trasposizione per ricavare la funzione generatrice così:
e applicando l'enunciato nono si ha:
La funzione H (t), dovuta all'applicazione di un'azione 1 (t), si ricava integrando la G (t), oppure cercando, col detto enunciato nono, la funzione generatrice dell'operatore di cui sopra, moltiplicato per Δ-1. Risulta:
In quanto all'altro operatore, quello di propagazione, la sua valutazione richiede operazioni matematiche più elevate, perché l'espressione contiene il Δ non solo sotto radicale ma anche sotto vincolo trascendente: la difficoltà è intrinseca del problema, e con qualunque altro metodo la calcolazione riesce ancora più ardua.
In breve riassunto: dopo aver indicato con r la semisomma e con s la semidifferenza delle radici dell'espressione che figura nell'esponente sotto il radicale, e aver posto
l'operatore si scrive:
ovvero, dopo applicazione del teorema di trasposizione:
L'espressione che contiene Δ è tale che nell'intorno del punto ∞ non si annulla, ma si comporta come e-x/vΔ; ne deduciamo che nella funzione generatrice esiste un termine impulsivo della forma:
e quindi nel risultato finale vi è un termine finito:
il quale costituisce una fronte d'onda che si propaga con velocità v e con parametro d'attenuazione r (grandezza negativa). Per calcolare la coda d'onda che segue alla detta fronte, si tiene conto che la residua parte dell'operatore ha carattere diffusivo, e può essere sviluppata in serie di potenze dispari di 1/Δ, e che i termini della serie sono applicabili uno per uno.
Attraverso un calcolo, i cui particolari non possono venire esposti qui, si arriva a questo risultato finale:
dove la funzione S (θ) è esprimibile per mezzo di funzioni di Bessel: precisamente, posto
si ha:
dove
è la funzione non oscillante di Bessel, di ordine uno. Per la funzione S (θ) che definisce la coda d'onda, sono state costruite tabelle numeriche e rappresentazioni grafiche. La S è identicamente nulla nel solo caso in cui s = 0, cioè allorquando
In questo caso si ha la trasmissione senza distorsione. I cavi telefonici e telegrafici, se non sono muniti di speciali dispositivi, non raggiungono la condizione scritta, perché hanno L troppo piccola in confronto agli altri parametri; quindi i segnali arrivano tanto più indistinti quanto maggiore è la distanza. Per diminuire la distorsione, si aumenta artificialmente L, caricando in modo continuo i cavi mediante materiali ferromagnetici (limatura di ferro sparsa, o meglio strisce di una lega di ferronichel avvolte attorno al nucleo di rame): un risultato quasi equivalente è quello che si ottiene con la pupinizzazione, cioè disponendo a intervalli sufficientemente ristretti altrettante bobine induttive. La distorsione, quando non è soddisfatta la condizione di proporzionalità, è rappresentata, qualitativamente e quantitativamente, dalla funzione S; integrando la medesima, si ha il diagramma del regime transitorio che accompagna l'arrivo di un segnale telegrafico.
Il caso estremo è quello, già segnalato più sopra, in cui L = 0: cosiddetto caso parabolico, o di pura diffusione. In questo caso viene a mancare la fronte d'onda; cioè anche un segnale inviato come impulsivo arriva come segnale diffuso. Questo è il fenomeno che avviene nella propagazione del calore. Le formule finali si semplificano allora, e in luogo delle funzioni di Bessel vi figurano combinazioni di esponenziali, di funzioni degli errori, e di funzioni razionali.
Ulteriore trattazione non può essere fatta su queste colonne: come pure non può essere esposta la discussione del caso in cui una linea finita sia preceduta o seguita da apparecchiature di estremità, quali spesso vengono usate come altro mezzo per diminuire la distorsione.
Gli accenni ed esempî singoli che abbiamo dato mettono sulla via per la risoluzione dei problemi sul regime transitorio che si presentano in meccanica, in acustica, in termologia, e nell'elettrotecnica delle correnti industriali e delle correnti di telecomunicazione. La maggior parte degli sviluppi da fare rientrano come casi particolari nella trattazione di quelli più generali che sono stati qui esposti.
27. Notizie storiche. - Lo studio dei fenomeni transitorî è stato fatto da principio coi metodi dell'analisi classica, e necessariamente limitato ai casi più elementari. Il metodo operatorio fu applicato con successo da lord Rayleigh ad alcuni dei fenomeni acustici, e molto più estesamente da O. Heaviside al calcolo delle propagazioni telegrafiche. Si deve a questo autore la scoperta delle linee senza distorsione. Questi ed altri autori del tempo hanno proceduto però per tentativi, interpretando gli operatori per confronto con altri risultati già noti. La teoria rigorosa generale è stata data da G. Giorgi nel 1903-05; e da allora in poi molti autori, combinando i diversi metodi e le diverse formule, hanno trattato dei fenomeni transitorî con diverse finalità. Le applicazioni per qualche tempo sono state principalmente nel campo della telegrafia e della telefonia; nel quale campo M. Pupin ha realizzato un progresso memorabile insegnando l'uso delle bobine d'induttanza concentrate per sostituire l'effetto dell'induttanza distribuita in modo continuo.
Ch. P. Steinmetz ha mostrato l'importanza dello studio dei fenomeni transitorî nell'elettrotecnica industriale, e ha insegnato come si possano trattare i casi più tipici, limitatamente però a dove arrivano i metodi antichi da lui adoperati.
La letteratura scientifica e tecnica moderna è ricca di contributi e ricerche dove i fenomeni transitorî sono trattati con tutte le risorse del calcolo operatorio, risolvendo problemi che appartengono a diversi campi di applicazione, e di lavori sperimentali in cui i risultati sono controllati attraverso i metodi oscillografici più perfetti che si posseggono oggi. Con l'uso dei grandi oscillografi catodici si ricavano ora diagrammi in cui sull'asse delle ascisse un microsecondo è rappresentato da decine di centimetri, e con questo strumentario lo studio dei più labili e difficili effetti transitorî può essere seguito con grande accuratezza.
Bibl.: Lord Rayleigh, The theory of sound, I, Londra 1877, 2ª ed., ivi 1894; O. Heaviside, Electromagnetic Theory, II, ivi 1899; S. Pincherle e U. Amaldi, Le operazioni distributive, Bologna 1901; G. Giorgi, Il metodo simbolico nello studio delle correnti variabili, in Atti Assoc. elettr. ital., VIII (1904), pp. 65-143; id., Sul calcolo delle soluzioni funzionali originate da problemi di elettrodinamica, ibid., IX (1905), pp. 651-99; V. Volterra, Note varie pubblicate nei Rendiconti Lincei dal 1909 al 1911; Ch. P. Steinmetz, Transient electric phenomena, New York 1909; G. Giorgi, The functional dependence of physical variables, in Atti del International Mathematical Congress of Toronto, 1924, vol. II, pp. 355-61; J.R. Carson, Electric circuit theory and the operational calculus, New York 1926; N. Wiener, The operational calculus, in Mathematische Annalen, XCV (1926), pp. 537-583; W. Bush, Operational circuit analysis, New York 1928; E.J. Berg, Heaviside's operational calculus, ivi 1929; G. Giorgi, Lezioni di fisica matematica, I, Roma 1927; id., Metodi per la calcolazione dei fenomeni transitori, ecc., in Dati e memorie sulle radiocomunicazioni, IV (1932), pp. 581-589; G. Giorgi, Metodi moderni calcolo operatorio funzionale, in Rendiconti del Seminario Matmatico di Milano, VIII (1934), pagine 189-214.