SCARPELLINI, Feliciano
SCARPELLINI, Feliciano. – Nacque a Foligno, il 20 ottobre 1762 da Filippo e da Caterina Piermarini, figlia di Pietro, gestore di una fabbrica di cera e sorella di Giuseppe, l’Imperial regio architetto che progettò, tra l’altro, il teatro della Scala a Milano.
Dopo essere stato educato privatamente, nel 1772 entrò al seminario vescovile di Foligno per ricevere una formazione sacerdotale. Nel 1782 si iscrisse al Collegio romano, come pensionario del collegio Umbro-Fuccioli per giovani umbri meritevoli, dove studiò filosofia e poi teologia. Nel 1788, appena presi gli ordini sacerdotali, divenne lettore di filosofia naturale presso il Collegio gesuitico e l’anno dopo entrò come istitutore presso il marchese Pietro Oddone Frangipane.
Lasciò questo incarico nel 1794 per tornare all’Umbro-Fuccioli come rettore e ripetitore di filosofia per i convittori. Nei locali del Collegio, allora presso l’Arco dei Ginnasi, iniziò a tenere lezioni dimostrative di fisico-matematica a uso degli studenti interni. Queste adunanze attrassero ben presto i più attivi scienziati romani, come il matematico Gioacchino Pessuti, il medico Giuseppe De Mattheis, e qualcuno dei loro migliori allievi (come Alessandro Flajani, Giuseppe Settele, Saverio Barlocci e altri). Grazie all’aggiornato apparato di macchine comprate da Scarpellini a sue spese o fabbricate con le sue mani, vi si trattavano in maniera aggiornata temi della meccanica classica, ma anche della chimica moderna (come l’analisi e sintesi dell’acqua, nel 1797).
Per il suo carattere avanzato, l’adunanza guadagnò l’interesse e la protezione del matematico Gaspard Monge, residente per diversi periodi a Roma tra il 1796 e il 1799 per conto del Direttorio francese. Questi elesse Scarpellini al Tribunato della giacobina Repubblica Romana, lo scelse come membro della classe di fisica dell’Istituto nazionale delle scienze e delle arti sorto nel 1798 su modello di quello francese e assicurò la sopravvivenza della sua Accademia, che nel 1799 veniva formalizzata con leggi scritte.
Le Leggi sullo stabilimento e sui travagli dell’Accademia del collegio Umbro-Fuccioli fissavano a 30 il numero dei soci residenti (15 matematici e 15 fisici), con altrettanti corrispondenti. Scopo dell’Accademia era promuovere l’interesse per le scienze naturali e incoraggiare l’innovazione produttiva presso i giovani e gli artigiani, tramite forme di assistenza allo studio e distribuzione di materiale a stampa sulle ‘arti meccaniche’.
Con la fine della Repubblica Romana (1799) l’Accademia fu dispersa e Scarpellini epurato dalla cattedra di logica e metafisica che deteneva dal 1797 presso l’Università Gregoriana. Il duca Francesco Caetani di Sermoneta lo accolse allora al palazzo alle Botteghe Oscure come precettore per la sua famiglia e come nuovo direttore della sua specola (sorta nel 1778) e pertanto responsabile delle Effemeridi astronomiche edite da quell’osservatorio fin dal 1785. Nel 1801 Caetani ottenne dal nuovo papa Pio VII, reinsediatosi a Roma nel 1800, di poter tenere nel suo palazzo un’accademia pubblica di fisico-matematica, che venne inaugurata il 16 aprile 1801 e fu denominata, su proposta di Pessuti che ne era presidente, dei Nuovi Lincei (Lincei dal 1804), per sottolineare la continuità con quella fondata da Federico Cesi nel 1603. Scarpellini (riabilitato dal papa nel 1800 e nominato alla cattedra di chimica-fisica in Sapienza nel 1801) ne fu eletto segretario. Allorché, nel 1805, Caetani fu commissariato e i suoi averi pignorati, comprò quanti più strumenti poté con i propri soldi, compresi quelli dell’osservatorio, mentre tornava a fabbricarne di nuovi, geodetici, astronomici e di misurazione. Grazie alla protezione del cardinal Ercole Consalvi – che vi vedeva uno strumento della politica di ‘innovazione nella conservazione’ – l’Accademia tornò nel 1806 in via dell’Arco dei Ginnasi a spese del governo, nella sede storica della Umbro-Fuccioli, di cui rappresentava di fatto la continuazione.
Più tardi, sotto la protezione della Consulta straordinaria per gli Stati romani, Scarpellini ebbe un ruolo da protagonista nella politica attuata dall’Impero francese per accrescere la visibilità e l’autorità dell’Accademia attraverso il conferimento di poteri politici ai suoi membri (Donato, 2012): nominato segretario della Commissione di pesi e misure, nel 1812 venne quindi eletto al prestigioso Corpo legislativo dell’Impero napoleonico (presso il quale si recò nel 1812 e nel 1813, pur continuando a vestire l’abito sacerdotale).
Scarpellini ebbe un ruolo determinante nella vita dei Lincei e nei suoi rapporti con il potere soprattutto perché di sua proprietà era l’apparato sperimentale sul quale si fondava la ragion d’essere dell’Accademia, in quanto istituzione di divulgazione e ricerca scientifica. Questo stato di cose determinò una perdurante ambiguità nel rapporto privatistico che egli mantenne con l’Accademia, ambiguità accentuata dal fatto che nel 1813 – in occasione della riforma dello statuto – ne fu eletto segretario perpetuo, con l’incarico di convocare e introdurre le adunanze, coniare e distribuire le medaglie, gestire per conto del camerlengato l’esame delle richieste di ‘brevetto’ (dal 1824), pubblicare gli Atti. La sua figura di scienziato si risolveva quasi integralmente nel fabbricare strumenti scientifici, che egli definiva il suo ‘sangue meccanizzato’, alludendo all’investimento che vi aveva fatto privandosi perfino del necessario.
La preservazione del suo patrimonio guidò una condotta piuttosto spregiudicata nei confronti dei regimi politici che si avvicendarono al governo dello Stato pontificio. Nuovamente epurato e licenziato nel 1814 alla caduta del regime napoleonico, fu di nuovo riabilitato dal partito conservatore e conciliatore dei ‘politici’. Mentre i Lincei, sospesi nel 1814, riprendevano le attività nel 1816 sotto la protezione del Camerlengo, a Scarpellini veniva affidata in Sapienza la nuova cattedra di ‘fisica sacra’ (marzo 1616). La cattedra, remunerata con lo stipendio record di 300 scudi annui, rappresentava lo strumento strategico della politica di aggiornamento culturale perseguita da Consalvi, che intendeva fare del pensiero scientifico uno strumento della fede sottraendolo all’empietà della filosofia settecentesca e delle correnti di pensiero laico dei primi decenni del secolo XIX, ed esaltandone la funzione apologetica (Redondi, 1980).
Giudicato dagli scienziati romani suoi contemporanei un mero fisico-pratico, Scarpellini fu escluso dal Collegio filosofico istituito in Sapienza con la riforma dell’università voluta da Leone XII con la Quod divina Sapientia (1824). In quell’anno i Lincei furono sfrattati dall’Arco dei Ginnasi, concesso al restaurato Ordine dei gesuiti. Per interessamento del re del Portogallo, all’Accademia venne assegnato il secondo piano del palazzo senatorio sul Campidoglio, dove vennero trasferite tutte le macchine di proprietà di Scarpellini e dove egli stesso prese dimora. Dall’estate 1826 gli studenti della Sapienza iniziarono a esercitarsi sulle sue macchine e l’Accademia cominciò a riunirvisi. Tuttavia, le adunanze divennero sempre meno frequentate dagli accademici anche a causa dell’autocratica direzione del segretario, ben al di là del dettato statutario, e poi sempre meno frequenti dal 1831 a causa dei timori del governo per l’insorgere di sedizioni.
Nel 1827, intanto, per volontà del pontefice si iniziò la sistemazione della torre ottagonale del palazzo senatorio, per impiantarvi un osservatorio capitolino con la dotazione delle macchine astronomiche di Scarpellini. La specola fu terminata nel 1831 e rimase a disposizione degli studenti della Sapienza per le esercitazioni di astronomia e ottica, sotto la direzione di Scarpellini, con la collaborazione di sua nipote Caterina e del marito di questa, Erasmo Fabri.
Almeno dal 1835 (quando redasse il suo testamento), Scarpellini aspirava a far acquistare la sua diletta collezione dalla Camera apostolica, per garantirne la conservazione e l’integrità. Finalmente, nel luglio del 1840, la vendita venne formalizzata per autorizzazione di Gregorio XVI. Le macchine (duecentoquaranta in tutto) vennero acquistate dalla Camera apostolica per la somma di 8000 scudi, ma rimasero affidate alla sua custodia.
Dall’inventario stilato all’atto della vendita (conservato in numerose copie negli archivi dell’Università di Roma), la collezione Scarpellini risultava articolata nelle sezioni di pirologia e meteorologia; ottica, diottrica, catottrica; meccanica; fisica; elettricità; chimica. Nell’osservatorio si trovavano un circolo ripetitore di Reichenbach, telescopi di vario tipo, una macchina parallattica, quadranti (tra cui il grande quadrante murale oggi conservato presso il Museo astronomico e copernicano di Roma; Calisi, 2000, p. 51), globi, un cronometro del celebre John Arnold di Londra e alcuni metri acquistati da Scarpellini a Parigi. Di sicuro vi si trovava anche il telescopio catadiottrico costruito con i riflettori di Alberto Gatti – protetto di Scarpellini – a spese del principe Alessandro Torlonia e da questi donato alla Specola (F. Scarpellini, Sopra alcuni nuovi riflettori lavorati in Roma per uso di grandi telescopii: memoria del professore F. Scarpellini letta nell’Accademia romana dei Lincei nella publica adunanza del giorno 3 agosto 1835, Roma 1835).
La sua morte, avvenuta a Roma il 29 novembre del 1840, provocò subito lo smantellamento delle istituzioni che si erano di fatto identificate con la sua persona.
Il senatore di Roma requisì immediatamente la sua abitazione e revocò dunque ai Lincei la concessione della loro sala riunioni, cosa che offrì al governo il pretesto per sospenderla sine die (dicembre 1840) e sequestrarne i materiali. La collezione dell’abate venne smembrata: le macchine di fisica confluirono nel gabinetto di fisica sperimentale della Sapienza nella sede di S. Ivo, mentre gli strumenti astronomici rimasero ‘temporaneamente’ nella specola capitolina affidati alle cure di Fabri, nuovo custode, e di Caterina Scarpellini. Alcuni vennero poi trasferiti nel nuovo osservatorio capitolino (inaugurato nel 1938) a Monte Mario, il luogo che già Scarpellini aveva individuato nel 1835 come il più adatto allo scopo.
Fonti e Bibl.: Roma, Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, Archivio Linceo, Società fisico-matematica e Collegio Umbro Fuccioli, bb. 1-4; Archivio di Stato di Roma, Camerale II, Accademie, b. 1; Congregazione degli Studi, ff. 906, 985, 1121, 2031, 2097; Università, b. 1079, f. 5; Università degli studi di Roma, Archivio del Museo di storia della fisica, f. n.n.
S. Proja, Necrologia del professore d. F. S., Roma 1840; B. Trompeo, Intorno alla vita ed alle opere del professore F. S. Cenni, Pisa 1841; D. Carutti, Breve storia della Accademia dei Lincei, Roma 1883, pp. 104-107, 109, 112, 116, 119, 121, 126-130; P. Redondi, Cultura e scienza dall’Illuminismo al positivismo, III, Aspetti della cultura scientifica negli Stati pontifici, in Storia d’Italia. Annali 3. Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal Rinascimento a oggi, a cura di G. Micheli, Torino 1980, pp. 782-811 (in partic. pp. 787-791, 793, 796, 811); G. Monaco, La specola Caetani, in Studi romani, 1983, n. 31, pp. 13-33; J. Vernacchia-Galli, L’archiginnasio romano secondo il diario del prof. Giuseppe Settele, 1810-1836, Roma 1984, pp. 97 nota, 225 nota e passim; M. Calisi, Storia e strumenti del Museo astronomico e copernicano di Roma. Guida alle collezioni, Roma 2000, pp. 11, 14, 51, 110; M.P. Donato, Accademie romane. Una storia sociale, Napoli 2000, pp. 142, 153, 154, 155 nota, 167 nota, 177 e nota, 178 nota, 196, 202 e nota, 203 e nota, 206, 211, 221, 222 nota, 224; M.G. Ianniello, La storia dell’Istituto di Fisica della Sapienza attraverso le sue collezioni di strumenti: catalogo ragionato degli strumenti del museo di Fisica di Roma, Roma 2003, pp. 46-48, 66 s., 68 s.; L. Pepe, Istituti nazionali, accademie e società scientifiche nell’Europa di Napoleone, Firenze 2005, pp. 37, 45, 54, 65, 278-283; M.P. Donato, Science on the fringe of the Empire: The Academy of the Linceans in the early nineteenth century, in Nuncius, 2012, vol. 17, n. 1, pp. 110-140.