CAMERONI, Felice
Nacque a Milano il 4 apr. 1844 da Giuseppe e Fioralba Centemeri. Il padre, repubblicano, era impiegato alla Cassa di Risparmio, carriera che seguì anche il C. fino al raggiungimento della pensione. Tuttavia egli affiancò a questo ufficio, compiuto con scrupolo e precisione, un'intensa operadi pubblicista e di critico letterario sui periodici e i quotidiani milanesi della sinistra repubblicana ed anarchica. L'attività di giornalista del C. iniziò con alcuni articoli di cronaca teatrale pubblicati sull'Unità italiana, organo mazziniano diretto da M. Quadrio e V. Brusco Onnis, dal 1869 al 1870. Sempre nel 1869 iniziò la sua collaborazione, assai più duratura e feconda, al Gazzettino rosa, quotidiano repubblicano mazziniano, poi anarchico, fondato da A. Bizzoni e F. Cavallotti. A questo giornale il C. collaborò con lo pseudonimo di "Pessimista" e con una rubrica fissa, Vocabolario di uno stoico, fino alla cessazione delle pubblicazioni (avvenuta il 15 nov. 1873), eccettuato un breve periodo (dal 1º dic. 1870 al 25 febbr. 1871) in cui ebbe una polemica di carattere politico con il direttore A. Bizzoni. In questi mesi la sua collaborazione all'Unità italiana siintensificò estendendosi anche ad argomenti storico-politici.
Negli stessi anni, dal 1871 al 1875, collaborò al periodico fondato da E. Bignami, Laplebe, un foglioinizialmente repubblicano, poi socialista: qui il C. si occupava di teatro, musica, letteratura (nella rubrica Divagazioni e paradossi), traduceva opere di J. Janin, Houssaye, P. de Saint-Victor, e infine faceva il punto (nella rubrica Lettere milanesi pubblicata dal 1871 al 1872) sulgiornalismo milanese. Sempre nel 1871iniziò (con la rubrica fissa La letteratura drammatica)la sua collaborazione di critico teatrale all'Arte drammatica, settimanale diretto da I. Polese Santernecchi; su questo giornale, oltre che della cronaca drammatica, il C. si occupava anche di letteratura italiana e straniera, in articoli firmati con vari pseudonimi (Atta-Trol; Lo stoico; L'appendicista; L'orso dello Stelvio; Huaneofobo)che spesso riproducevano pezzi da lui già stampati sul Sole. Questa collaborazione proseguì fino al dicembre 1880 quando si interruppe per un dissidio con il direttore proprio a proposito di questa duplice utilizzazione degli scritti del Cameroni.
Nel giugno del 1872 compì il suo primo viaggio a Parigi dove ritornò nel 1875 e poi nel 1878 in occasione dell'Esposizione universale; sempre nel 1875 visitò Londra. Nel 1872 aveva cominciato a collaborare al Sole, giornale commerciale, agricolo, industriale, organo della Camera di commercio di Milano diretto da P. Bragiola; qui il C. compilò le appendici bibliografiche dal dicembre 1872 al gennaio 1906, e si trattò dunque della sua più lunga collaborazione giornalistica. Dal 1876 al 1883 il C. scrisse anche su La farfalla, diretta da A. Sommaruga, articoli vari (Letteratura italiana e straniera; Novità letterarie francesi; Curiosità in versi; Marrons glacés);nel 1882 il giornale, fallito, venne rilevato da I. Del Buono, ma il gruppo dei redattori si trasferì attorno a La nuova farfalla, nata il 7 maggio 1882 e diretta da E. Quadrio. Tuttavia i due giornali, trovato un accordo, si fusero nuovamente sotto il vecchio titolo il 27 ag. 1882 e il C. continuò le sue collaborazioni nelle rubriche Cronaca letteraria e Curiosità in prosa, fino a quando La farfalla venne assorbita da L'Ateneo italiano di Forlì nell'ottobre 1883. Durante il 1878 il C. collaborò alla Rivista repubblicana di politica, filosofia, scienze, lettere ed arti settimanale, successivamente divenuto quindicinale, diretto da A. Mario.
Qui il C. si occupava ancora di letteratura italiana e straniera e sporadicamente di politica, in chiave repubblicana e anarchica. Nel decennio 1880-1890la sua attività di pubblicista diminuì sensibilmente (scrisse solo sulla Farfalla fino al 1883 e poi fino al 1893curò unicamente le appendici del Sole) non soltanto per cause esterne (la fine di un certo giornalismo a gestione artigianale sul tipo del Gazzettino rosa; la crisi del bakuninismo in Italia) ma anche per le sue cattive condizioni di salute.
Gli si manifestò infatti una malattia nervosa che cercò di curare trascorrendo lunghi periodi di riposo sullo Stelvio e poi con i viaggi (a Parigi nel 1889, quando conobbe Zola; in Austria e in Germania nel 1891, e attraverso l'Italia, fino in Sicilia, nel 1892). Dal 1893 il C. tornò alla sua attività di pubblicista, collaborando fino al 1898 alla Critica sociale diretta da F. Turati, con recensioni di opere letterarie in cui compariva il problema del socialismo e con articoli di commento politico. Dal 1899 al 1901 fu appendicista del Tempo, quotidiano diretto da C. Treves, dove tenne la rubrica di Cronache letterarie. Nel maggio del 1900 si recò di nuovo a Parigi per visitare l'Esposizione; trascorse in solitudine gli ultimi anni frequentando i vecchi amici E. Quadrio e L. Ellero.
L'attività pubblicistica e critica del C. appare strettamente legata al processo di formazione delle organizzazioni politiche dei lavoratori, dalle azziniane società operaie alla nascita del Partito socialista italiano. Non a caso infatti il periodo più fecondo e creativo della riflessione critica del C. si colloca negli anni dal 1869 al 1880, quando cioè più aperta appariva la dialettica tra le forze residue del tramontante mazzinianesimo e la fase di espansione dell'Internazionale in Italia, con la incipiente spaccatura tra ana chi in bakunista e il settore del legalitarismo alla B. Malon che si ispirava alla tattica della socialdemocrazia tedesca. Già le prime collaborazioni del C. a giornali di diversa ispirazione (la mazziniana Unità italiana, l'anarchico Gazzettino rosa, la legalitaria Plebe)testimoniano l'intensa partecipazione del C. ai primi orientamenti internazionalisti in Italia, sospesi tra riforme e rivoluzione. Il C. in effetti si manifestò sempre rigidamente astensionista, anche durante la collaborazione a giornali legalitari come La plebe o addirittura, più tardi, come La critica sociale, organo ufficiale del socialismo turatiano. In realtà mancò totalmente nel C. un'analisi della società in termini di classe: il suo programma era in sostanza quello del gruppo del Gazzettino rosa, di ispirazione bakuniana in politica, e sostenitore del materialismo scientista in funzione antidogmatica e anticonformista, come visione generale del momento storico.
Più interessanti le posizioni del C. nella polemica sull'arte; sostenitore ad oltranza del realismo in letteratura, il C. iniziò la sua opera di divulgazione e definizione di questo concetto attraverso la polemica sulla Scapigliatura, sostenuta contro il gruppo del giornalismo "idealista" milanese. Nella definizione cameroniana di bohème confluivano inizialmente sia l'idea di un'arte oggettiva, sia di un suo connaturato carattere impegnato.
Questa teoria dell'impegno, che più tardi si preciserà in direzione univoca, cioè come denunzia diretta della miseria e delle ingiustizie sociali, assumeva, negli anni della collaborazione al Gazzettino rosa, una connotazione più ampia di matrice anarchica in cui disordine e immaginazione, ribellione e umorismo rappresentavano, anche isolati da una immediata polemica sociale, i termini di una arte implicitamente rivoluzionaria. Il C. stesso del resto distingueva, proprio, in riferimento ad un impegno diretto o indiretto dell'artista, due momenti della bohème francese, la "bohème artistica" di H. Murger, e la "bohème rivoluzionaria" di Y. Vallès.
Il concetto di realismo comunque rimase costantemente alla base della teoria del C. sull'arte e la letteratura, definita una volta per tutte come fotografia della realtà contemporanea, rappresentazione del vero per mezzo del bello, persuasione al bene attraverso la rappresentazione del male. La teoria realistica del C. non usciva così dai binari di una poetica tradizionale nel momento in cui avanzava le due pregiudiziali del bello come forma del vero, e del bene come fine dell'arte e insieme come temperamento della rappresentazione del vero. Conseguenza inevitabile di tali premesse la costante opposizione del C. alla poetica del decadentismo che condizionò il suo giudizio su gran parte della letteratura italiana dell'ultimo decennio dell'Ottocento. La battaglia del C. per un'arte realista è legata strettamente al successo di Zola di cui egli fu il primo divulgatore in Italia attraverso gli scritti sul Sole e sulla Plebe, nei quali lo scrittore francese veniva esaltato come iniziatore del romanzo-inchiesta sociale attraverso l'associazione dell'arte con lo sperimentalismo scientifico. Nella stessa direzione di una lettura guidata da un oggettivismo ad oltranza va posto il giudizio del C. sul Verga, giudizio notevolmente positivo nella misura in cui il tessuto dell'opera verghiana si prestava di volta in volta a deformazioni interpretative nella chiave di un programmatico impegno sociale dello scrittore.
Il C. morì a Milano nella notte fra il 3 e il 4 genn. 1913.
Fonti e Bibl.: Necr., in S. Benco, Un critico d'altri tempi, in Piccolodella sera, 12 genn. 1913; G. P. Lucini, F. C. (Ricordi e confidenze), in Lavoce, V (1913), 4, p. 1; I. Polese Santernecchi, F. C., in L'arte drammatica, 11 genn. 1913; P. Valera, Il più tenace zolista italiano, in La folla, 12 genn. 1913; Falena, Acquarelli di pubblicismo: F. C., in La farfalla, 14 ott. 1877; Democrazia e socialismo in Italia - Carteggi di N. Colaianni: 1878-1898, a cura di S. M. Ganci, Milano 1959, ad Indicem; L'Italia radicale - Carteggi di Felice Cavallotti: 1867-1898, a cura di L. Dallo Nogare-S. Merli, Milano 1959, pp. 82-84; Scapigliatura democratica - Carteggi di A. Ghisleri: 1875-1890, a cura di P. C. Masini, Milano 1961, ad Indicem;S. Merli, La democrazia "radicale",inItalia (1866-1898), in Movimento operaio, n.s., VII (1955), 1, pp. 31-64; G. Mariani, Alle origini della Scapigliatura, in Convivium, n.s., XXIX (1961), pp. 280-321, 423-460; P. Cordiè, "Gian Pietro da Core" e la società italiana della fine dell'Ottocento, in Siculorum Gynmasium, n.s., XVII (1964), 2, pp. 145-194; F. Nasi, Ilpeso della carta, Bologna 1966, p. 46; G. Mariani, Storia della Scapigliatura, Caltanissetta-Roma 1967, ad Indicem;R. Bigazzi, Icolori del vero. Venti anni di narrativa: 1860-1880, Pisa 1969, pp. 192-210.