ZERI, Federico
– Nacque a Roma il 12 agosto 1921 da Agenore (1864-1939), titolare della cattedra di patologia all’università di Roma e noto internista all’ospedale di S. Spirito, e da Clelia Saporetti (1889-1959; cfr. Bonanno 2014-2015, p. 6).
Ricevette la prima istruzione privatamente, in casa, e frequentò in seguito l’istituto Massimo di Roma, retto dai gesuiti; concluse gli studi secondari al liceo classico Tasso nel 1939, anno in cui morì prematuramente il padre. Zeri, la madre, e la sorella Annunziata (1924-2004) furono allora obbligati a lasciare la grande casa di via Nazionale per l’appartamento di via Severano. Dopo aver seguito per due anni i corsi universitari di chimica e di botanica, si iscrisse alla facoltà di lettere (1942), dove si laureò con Pietro Toesca con una tesi sul pittore manierista Jacopino del Conte (gennaio 1945).
Era stato nel frattempo chiamato alle armi (28 febbraio 1941 - 8 settembre 1943), periodo che trascorse in parte a Firenze e a S. Quirico d’Orcia (dove rimase «letteralmente folgorato» dagli intarsi lignei di Antonio Barile: Zeri, 1995, p. 24). Arrestato il 22 febbraio 1944 per simpatie antifasciste, fu liberato dopo una decina di giorni da un miliziano sconosciuto cui il padre medico aveva salvato la vita. Dopo l’arrivo degli alleati nella capitale (4 giugno 1944), il tracollo delle fortune di famiglia lo indusse a proporsi come guida turistica per gli ufficiali americani e inglesi sulla Roma antica, attività che lo obbligò a leggere voracemente e a memorizzare testi di storia e di topografia romana, all’origine di una straordinaria competenza storica e archeologica, coltivata per tutta la vita a fianco della storia dell’arte.
Il 1946 fu un anno decisivo per Zeri: ingaggiato il 1° marzo come ‘salariato temporaneo’ presso la Soprintendenza alle Gallerie di Roma e del Lazio, iniziò quella «frenetica» attività di perlustrazione e di catalogazione del patrimonio artistico (Venti modi, 2001, p. 152) che si protrasse fino al 1955, quando si dimise dall’Amministrazione delle belle arti. Assistette Antonino Santangelo, anch’egli allievo di Toesca (il suo bellissimo Ritratto dipinto da Renato Guttuso nel 1942 è in collezione Iannaccone), nello studio dei dipinti di palazzo Venezia con nuove attribuzioni (registrate nel catalogo Museo di Palazzo Venezia, Roma 1947), e incrementò l’archivio fotografico della Soprintendenza. Sostenitore dagli esordi dell’importanza della catalogazione e della documentazione fotografica, alla fine del 1947 ricevette dal direttore generale Guglielmo De Angelis D’Ossat l’incarico di ordinare e controllare i dati attributivi delle lastre conservate presso il Gabinetto fotografico nazionale. Il lavoro si concluse anni più tardi con la pubblicazione del catalogo dei negativi riguardanti La Galleria e la collezione Barberini, nel 1954, e I dipinti del Museo di Palazzo Venezia, nel 1955 (Alberti - Candi, 2019), che riuscì a compiere nonostante l’inerzia della direzione dell’istituto, contro la quale Zeri si scontrò con forza (Archivio centrale dello Stato di Roma, ACS, Fondo Direzione Generale antichità e belle arti, Divisione I, Personale cessato al 1956: Zeri, Federico).
Nello stesso 1946 intrecciò una rete di amicizie fondamentali per la sua crescita intellettuale: Santangelo gli fece conoscere Officina ferrarese (Roma 1934) di Roberto Longhi e lo mise in contatto con Carlo Ludovico Ragghianti, unico tra gli storici dell’arte della sua generazione che si era opposto apertamente al fascismo (arrestato e incarcerato nel 1942 e nel 1943). Tramite l’amico Antonio Pietrangeli, saggista e uomo di cinema, conobbe Umberto Barbaro e grazie a quest’ultimo Giuliano Briganti, di cui fu amico per tutta la vita, e nella cui casa di via Giulia incontrò per la prima volta Longhi. Folgorato dalla personalità e dalla straordinaria versatilità culturale di Longhi, Zeri iniziò a intrattenere con il suo nuovo maestro (a lui «debbo la mia ossatura di storico dell’arte e di conoscitore»: Zeri, 1990, p. 246) una fittissima corrispondenza (dal 12 giugno 1946 al 7 gennaio 1966) che mette a nudo l’inarginabile curiosità, l’intelligenza visiva e l’irruenza del carattere di Zeri da un lato, dall’altro l’ammirazione di Longhi per l’ingegno e «l’indescrivibile, ciaramellante connoisseurship» (F. Masaccesi, Francesco Arcangeli nell’Officina bolognese di Longhi, Cinisello Balsamo 2011, p. 99) del giovane interlocutore di cui, fino al 1950, fu anche il confidente (Venti modi, 2001, pp. 51-61). Nelle lettere s’intrecciano informazioni e denunce vigorose sulla situazione romana (Università, Istituto centrale del restauro, Amministrazione delle belle arti), progetti personali e soprattutto segnalazioni incalzanti delle scoperte attributive, fondate sulle perlustrazioni territoriali e sul materiale fotografico che Zeri raccoglieva da tempo. Dominano all’inizio argomenti relativi alla pittura umbra e marchigiana del Tre e del Quattrocento, con la progressiva messa a punto di personalità come Carlo da Camerino, Giovanni Antonio da Pesaro, Antonio da Fabriano, Ludovico Urbani, alle quali dedicò, sotto la mano maestra di Longhi, i brevi saggi pubblicati nel 1948 nella rubrica Me Pinxit della rivista longhiana Proporzioni: una misura perfetta, che consentì a Zeri di ricomporre con una lingua sobria e funzionale i cataloghi di varie personalità minori innestandole nella storia dei luoghi in cui avevano operato, e dando corpo a una geografia artistica di confine, affine ma non identica a quella che aveva restituito Longhi nei suoi studi. Non mancano in questi primi esercizi gli accenti polemici (nei confronti di Bernard Berenson, che aveva conosciuto nel 1946) né l’abrasiva ironia di chi sa smascherare con un’avvincente tecnica indiziaria un colossale errore di giudizio (Raffaello Arcangelo e Raffaello Sanzio, ora in Giorno per giorno nella pittura, II, Scritti sull’arte toscana..., 1991, pp. 11 s.).
Nel 1948 Achille Bertini Calosso, soprintendente alle Gallerie di Roma, affidò a Zeri il riordinamento della Galleria Spada, riaperta al pubblico il 7 aprile 1951 dopo un colossale lavoro di recupero degli arredi e dei dipinti che dal 1931 erano stati dispersi in vari uffici dello Stato. L’azione energica del giovane funzionario è rilevata in tutti i rapporti amministrativi («intelligenza prontissima [unita a] una preparazione veramente eccezionale», «elemento veramente prezioso per la nostra Amministrazione, il suo rendimento va considerato eccezionale»: in ACS, cit., 21 luglio 1949, 10 agosto 1950), e si tradusse, tra l’altro, nella pubblicazione della guida La Galleria Spada in Roma (1952) e poi del volume del catalogo critico dei dipinti (La Galleria Spada in Roma, Firenze 1954), primo di una serie della Biblioteca di Proporzioni diretta da Longhi che avrebbe dovuto essere dedicata alle collezioni fidecommissarie romane (La Galleria Pallavicini in Roma. Catalogo dei dipinti, 1959, fu redatta tra il 1949 e il 1956): in entrambi i cataloghi Zeri restituì in modo esemplare il carattere delle raccolte percepite «come documento [...] di gusto e di storia» (Zeri, 1954, p. 17), ricomponendone sulla base dei documenti d’archivio la formazione, e dedicando a ogni dipinto schede sobrie e di una grande precisione filologica. Nel 1949 vinse al primo posto il concorso di ispettore e con tale funzione intensificò le missioni sul territorio contribuendo alla realizzazione del Museo capitolare di Gaeta (1951).
I numerosi saggi pubblicati tra il 1950 e il 1955 su Paragone, la rivista fondata da Longhi nel 1950, sul Bollettino d’arte e su The Burlington magazine (tutti raccolti ora nei volumi Giorno per giorno nella pittura) confermano l’interesse per i maestri marchigiani del Tre e del Quattrocento e per i trecentisti riminesi (ai quali programmava di dedicare un volume mai finalizzato), ma le ricerche si allargano alla pittura del Quattrocento (Gerolamo da Cremona; Carlo Crivelli, 1950; Liberale da Verona, 1951; i Vivarini, il Maestro dell’Annunciazione Gardner, Lorenzo da Viterbo, 1953) e del Cinquecento, con una particolare attenzione all’arte della Controriforma: nel 1951 confessò a Longhi di non riuscire a interessarsi che «ad un solo argomento, cioè la nascita del purismo verso il 1580 (Pulzone, Padre Valeriani, Padre Betti) in rapporto con le contemporanee reazioni antimanieristiche» (Archivio della Fondazione Roberto Longhi, AFRL, Corrispondenza Federico Zeri, 14 agosto): esordio della gestazione del volume pubblicato nel 1957.
In parallelo all’intensa attività d’ufficio e di studio, iniziò una serie di viaggi in Europa che ampliarono in modo decisivo la sua esperienza professionale e la rete di conoscenze: nel 1948 a Parigi, dove tornò poi spesso; l’anno seguente a Londra, dove incontrò Denis Mahon, Philip Pouncey, John Pope-Hennessy e Frederick Antal, «persona che senza dubbio è stata quella che mi ha aperto gli occhi sulle relazioni fra l’arte e il suo contesto» (Zeri, 1995, p. 57). Queste frequentazioni, la visita delle gallerie antiquarie, gli articoli pubblicati su The Burlington Magazine e l’intensa corrispondenza intrattenuta con musei e collezionisti anglosassoni resero Zeri una personalità di riferimento internazionale per la pittura italiana antica, non solo nell’ambito delle istituzioni ma anche in quello dei collezionisti e dei mercanti. Nel 1948 aveva conosciuto alla Galleria Palma di Roma, tramite l’amico restauratore Mario Modestini, Alessandro Contini Bonacossi, da cui Longhi, che ne era stato il consulente dal 1919, stava prendendo le distanze, e di cui Zeri diventò il consigliere ‘segreto’ nel 1953; nello stesso 1948 entrò in contatto, grazie a Longhi, con Alberto Saibene, proprietario del name-piece di Iohannes Ispanus, cui il «giovane studioso romano, che posso considerare quasi un mio allievo» (Longhi a Saibene, 30 ottobre 1946: G. Agosti, Altri quaranta dipinti antichi della collezione Saibene, Verona 2008, p. XXXI), aveva dedicato uno studio fondante su Proporzioni (il catalogo dei Trenta dipinti antichi della Collezione Saibene fu pubblicato nel 1955). Dal 1952 fino alla morte di Vittorio Cini fu suo consulente, suggerendogli acquisizioni fondamentali (Maestro di Badia a Isola, Taddeo Gaddi, Maestro del Crocifisso d’argento, Fra Angelico, Piero di Cosimo, Pontormo, Cosmè Tura, oltre al gruppo dei dipinti marchigiani ora alla Galleria nazionale delle Marche a Urbino: La Galleria di Palazzo Cini, a cura di A. Bacchi - A. De Marchi, Venezia 2016, passim).
Non sempre il lavoro istituzionale e quello privato si svolsero senza attriti: nel 1953 fu nominato direttore di II classe e come tale destinato alla Soprintendenza dell’Aquila, incarico che riuscì a evitare; nel 1954 fu inviato in missione nelle Marche e in Sardegna, ma, come scrisse, «disaccordi e incomprensioni mi avevano definitivamente allontanato dall’Amministrazione delle Belle Art» (Zeri, 1995, p. 77); da quest’ultima si dimise il 22 ottobre 1955 (ACS, cit.; Gioa - Pigozzi, 2006, p. 46).
Da quel momento, la carriera di Zeri fu quella di uno studioso autonomo, ma in lui non sarebbe mai venuta meno «la coscienza critica della tutela e dei legami strettissimi fra le opere e i loro contesti» (Fondazione Federico Zeri, sito): nel 1955 sostenne gli esami di libera docenza (un corso sulla pittura a Camerino nel secoli XIV-XV, a.a.1959-60, fu tenuto all’università di Firenze; Bonanno 2014-2015, pp. 36-38); nel 1956 propose a Giulio Bollati, della casa editrice Einaudi, una Storia della pittura italiana in più volumi di cui sarebbe stato il redattore unico (Zeri, 2008, pp. 9-15); nel 1957 terminò il manoscritto della Galleria Pallavicini (1959) e pubblicò presso Einaudi Pittura e Controriforma. L’arte ‘senza tempo’ di Scipione Pulzone da Gaeta, capolavoro storiografico composto dal 1952 al 1957 con un linguaggio semplice e di forte capacità evocativa, in cui la riscoperta dei pittori romani della seconda metà del Cinquecento e la ‘cristallizzazione canonica’ del loro stile sono interpretate alla luce della storia politica e religiosa contemporanee. Frutto della sua ammirazione per la storia sociale dell’arte di Frederick Antal (di cui nel 1977 compì la revisione della traduzione dell’opera La pittura italiana tra classicismo e manierismo, a cura di N. Hadjinicolau), il breve e innovativo saggio conobbe un notevole successo di libreria, ma non ebbe seguito critico in Italia; neppure Zeri perseguì un impegno storiografico di quella portata, anche se in tutti i suoi scritti, compresi quelli più tecnici e specialistici, le opere sono sempre collegate a un contesto storico di cui l’autore sa richiamare l’attualità. In Due dipinti, la filologia e un nome. Il Maestro delle tavole Barberini (1961), scritto «tutto di primo getto» (Zeri, 2008, p. 44), l’indagine condotta con un serrato e avvincente metodo induttivo conduce alla restituzione dell’opera di un notevole pittore marchigiano, di cui all’ultimo atto viene svelata l’identità (dagli studiosi successivi corretta in Fra Carnevale); nel libro è messo in discussione il concetto di ‘scuole’, che «hanno finito per divenire la gabbia a compartimenti stagni da cui è soffocato lo studio di un’unica realtà, provvista di un solo apparato circolatorio, come è la pittura italiana» (Zeri, 1961, p. 19).
Dopo le dimissioni dal ministero (1955) e un periodo d’incertezza professionale, Zeri moltiplicò le visite all’estero, recandosi negli Stati Uniti nel 1957, primo di una serie di viaggi che gli consentirono di stabilire proficui rapporti di lavoro con antiquari (Georges e Daniel Wildenstein, Julius Weitzner, Frederick Mont) e con i musei; al secondo viaggio (1959) fu invitato a scrivere il catalogo dei dipinti italiani del Metropolitan Museum of art di New York; nel 1962 quello dei quadri italiani della Walters Art Gallery di Baltimora (pubblicato nel 1976), modello insuperato di connoisseurship, in cui lo studio delle opere consente di ricomporre il tessuto culturale in cui esse furono prodotte.
Con un profilo ormai affermato di professionista autorevole e indipendente, Zeri svolse una densa attività di consulenza per collezionisti e mercanti; l’importanza del ruolo che ebbe presso Cini si misura, oltre che dalla straordinaria qualità delle opere esposte nel palazzo di San Vio a Venezia, dalla fitta corrispondenza scambiata con il senatore veneziano (circa 600 lettere, dal 1952 al 1977: Venezia, Archivio Vittorio Cini, AVC, Corrispondenza Federico Zeri). Di Jean Paul Getty, che frequentò regolarmente nella dimora inglese di Sutton Place (dal 1963 al 1975), indirizzò le scelte nella creazione del Museo californiano (1974) di cui fu uno dei trustees fino al 1984, anno in cui si dimise. I rapporti con i collezionisti e con il mercato dell’arte gli consentirono di riunire un’eccezionale documentazione fotografica, sistemata nella grande casa di Casali di Mentana, dove traslocò nel 1967: oggi fa parte del lascito alla Fondazione che porta il suo nome (Università di Bologna), resa accessibile alla libera consultazione dopo un esemplare lavoro di catalogazione.
A lato della libera attività professionale e in parte grazie a quest’ultima, Zeri non cessò mai di perseguire gli studi con numerosissimi contributi. Essi apparvero principalmente su Paragone (dalla cui redazione si dimise nel 1963, allontanandosi da Longhi) e in altri periodici, e poi nei volumi dei Diari di lavoro, 1, 1971; 2, 1976) e dei Quaderni di Emblema (1973): fedele a una dimensione dei saggi relativamente contenuta, ribaltò nozioni acquisite e scardinò con la consueta autorevole sobrietà vari stereotipi interpretativi. Risarcì figure di primo piano (Donato de’ Bardi, 1973, 1976; Giovanni Buonconsiglio, Maestro dei cassoni Campana, 1976), e ricompose complessi pittorici dispersi (Lorenzo Monaco, 1964-1966; Jacopo Bellini, 1971), restituendo la vera identità a capolavori di cui era stato travisato il significato (Sassetta, 1973; Pietro Cavallini, 1976). La ricca attività di questa fase conferma il suo interesse per fenomeni restii a essere classificati secondo le tradizionali categorie storiografiche, sia per la singolarità dei linguaggi espressivi (Eccentrici fiorentini, 1962; Rinascimento e Pseudo Rinascimento, 1983), sia per la marginalità dei casi esaminati (Falsario in calcinaccio, 1971; I francobolli italiani, 1980).
Nel 1963 fu invitato da Sidney Joseph Freedberg a insegnare alla Harvard University, nel 1965 da Rudolf Wittkower alla Columbia University di New York; nonostante il successo delle lezioni americane, Zeri fu osteggiato in Italia dagli ambienti accademici (a eccezione di Carlo Ludovico Ragghianti, 1969) almeno fino al 1985-89, quando, su invito di Marco Bona Castellotti, tenne due cicli di pubbliche lezioni all’Università Cattolica di Milano (la trascrizione in Dietro l’immagine, 1987, e in L’Arco di Costantino, 2004). Nel frattempo (dal 1974) curò due delle tre sezioni in cui si articola la Storia dell’arte italiana dell’editore Einaudi (Dal Medioevo al Novecento, I-III; Situazioni, momenti, immagini, I-VI, 1980-1983), e fondò (1977) con Alvar González-Palacios il periodico Antologia di belle arti.
Con il documentario filmato da Anna Zanoli sul degrado dell’Appia Antica, diffuso da Rai 2 nel 1974, iniziò una forte azione di denuncia sullo stato di conservazione del patrimonio culturale italiano, denuncia che dal 1979 si tradusse in una ricchissima attività pubblicistica su quotidiani e periodici (poi raccolti in Mai di traverso, 1981; L’inchiostro variopinto, 1985; Orto aperto, 1990; La memoria e lo sguardo, 2001). Alcune di queste battaglie civili ebbero un notevole impatto pubblico, come quelle contro il progetto di scavo della via dei Fori Imperiali (1981), sullo scempio del parco di Villa Borghese (1982), contro l’uso espositivo del Colosseo (1984), o a favore di palazzo Barberini come sede della Galleria nazionale (1989). «Zeri ha il coraggio di essere impietoso, di non dimenticare, di gridare, di puntare il dito. Il grande conoscitore si butta nella mischia in prima persona, scrive in modo da essere compreso da tutti» (Castelnuovo, 2000, pp. 154 s.). Non rinunciò tuttavia alla curatela scientifica di importanti progetti editoriali: la Natura morta italiana (1989), il catalogo generale della Pinacoteca di Brera (1988-1996). Inoltre, dal 1994 al 1998 fu vicepresidente del Consiglio nazionale dei beni culturali. Il 6 febbraio 1998 gli fu conferita la laurea honoris causa dall’Università di Bologna, alla quale destinò la casa di Mentana, la biblioteca e la fototeca.
Morì a Mentana il 5 ottobre 1998.
Opere. La bibliografia completa è consultabile sul sito della Fondazione Federico Zeri - Università di Bologna. I saggi sono stati raccolti in 5 volumi pubblicati dall’Editore Allemandi, Torino, sotto il titolo comune di Giorno per giorno nella pittura: Scritti sull’arte dell’Italia settentrionale dal Trecento al primo Cinquecento, 1988; Scritti sull’arte toscana dal Trecento al primo Cinquecento, 1991; Scritti sull’arte italiana del Cinquecento, 1994; Scritti sull’arte dell’Italia centrale e meridionale dal Trecento al primo Cinquecento, 1992; Scritti sull’arte dell’Italia del Sei e Settecento, recensioni e altri saggi. Aggiunte, 1998. Alcuni temi di ricerca lasciati incompiuti dallo studioso sono stati sviluppati nel volume Federico Zeri: lavori in corso, a cura di A. Bacchi et al., Bologna 2019.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, ACS, Fondo Direzione generale antichità e belle arti, Divisione I, Personale cessato al 1956: Zeri, Federico; Firenze, Archivio della Fondazione Roberto Longhi, AFRL, Corrispondenza Federico Zeri; Venezia, Archivio Vittorio Cini, AVC, Corrispondenza Federico Zeri.
F. Zeri, La Galleria Spada in Roma. Catalogo dei dipinti, Firenze 1954; F. Zeri, Due dipinti, la filologia e un nome. Il Maestro delle tavole Barberini, Torino 1961; M. Bona Castellotti, Conversazioni con F. Z., Parma 1988; F. Zeri, Orto aperto, Milano 1990; Id., Confesso che ho sbagliato, Milano 1995; Id., Caro professore, Roma 1998; E. Castelnuovo, Inchiostro variopinto e Oggetti intelligenti, in Id., La cattedrale tascabile, Livorno 2000, pp. 154-160; Venti modi di essere Zeri, a cura di M. Gregori, Torino 2001; R. Gioia - M. Pigozzi, F. Z. e la tutela del patrimonio culturale, Bologna 2006; F. Zeri, Lettere alla casa editrice, a cura di A. Ottani Cavina, Torino 2008; F. Z., dietro l’immagine... (catal., Bologna, 2009-10), a cura di A. Ottani Cavina, Torino 2009; I colori del bianco e nero: fotografie storiche nella Fototeca Zeri, 1870-1920, a cura di A. Bacchi et al., Bologna 2014; A. Bonanno, F. Z. (1921-1998). Per un profilo biografico, tesi di laurea, Milano, Università Cattolica, a.a. 2014-2015; G. Alberti - F. Candi, F. Z. e i cataloghi del Gabinetto fotografico nazionale, in Un patrimonio da ordinare: i cataloghi a stampa dei fotografi, a cura di P. Cavanna - F. Mambelli, Bologna 2019, pp. 337-359.