FEDERICO GUGLIELMO elettore di Brandeburgo (il Grande Elettore)
Nato il 15 febbraio 1620 a Kölln, sulla Sprea, non fu educato alla corte paterna, a causa dei torbidi sollevati dalla guerra dei Trent'anni, e trascorse invece gli anni di studio (1634-37) nei Paesi Bassi, sotto la tutela del principe Federico Enrico di Orange, suo parente. Qui non solo venne acquistando larghe vedute e conoscenze, ma si appropriò anche lo spirito attivo del calvinismo. Richiamato in patria contro il suo volere, veniva tenuto in disparte da tutti gli affari, si che alla sua assunzione al trono, il 1 dicembre 1640, era privo di ogni esperienza politica: il che lo costrinse a riconfermare in tutte le sue cariche il conte Adamo Schwarzenberg, favorito di suo padre, da lui profondamente odiato. Solo la morte di questi, sopravvenuta poco dopo, impedì un conflitto aperto. Licenziò l'esercito insubordinato di Schwarzenberg e, concludendo una tregua con la Svezia, diminuì almeno la nera miseria che regnava nel paese: ma al congresso di Vestfalia non riuscì a far trionfare completamente l'aspirazione della sua casa al ducato, vacante, della Pomerania, di fronte all'opposizione della Svezia, ottenendo solo la Pomerania orientale. Fu tuttavia compensato per la rinunzia alla Pomerania occidentale, data alla Svezia, coi vescovati di Kammin, di Halberstadt e di Minden, come anche col diritto assegnatogli su Magdeburgo, che però solo nel 1680 fu definitivamente unita al Brandeburgo. Questi territorî formavano come un ponte d'unione verso i suoi possedimenti nella Vestfalia renana, ma non erano un compenso adeguato per la sua rinunzia alla regione del basso Oder. Da questa amara esperienza egli cavò la chiara lezione, che le forze delle quali disponeva non erano sufficienti per una politica indipendente, e che egli doveva avere un esercito permanente per farsi valere. Già nel 1644 egli vi aveva atteso, e, conclusa la pace, ottenne, dopo dure lotte con gli "stati" di Brandeburgo, la formazione di un esercito permanente, dipendente interamente da lui, che alla fine del suo regno era costituito da circa 28.000 uomini. Ma l'unità dell'esercito richiedeva la centralizzazione delle finanze, nella qual cosa F. riuscì solo in parte. Introdusse bensì nelle città un sistema indiretto di imposte (l'Akzise), già sperimentato in Olanda; ma nei territorî della pianura, per l'opposizione dei nobili, dovette conservare la contribuzione d'uso.
L'opinione prevalente nel passato che F. G. avesse agito fin da principio con l'idea di fondare uno stato centralizzato, è stata confutata dalle ricerche più recenti. Non l'idea dell'unità dello stato, ma quella della sua potenza era il motivo dirigente della sua azione; e solo le necessità create dalla politica di forza condussero lentamente e gradualmente all'unificazione dello stato. La politica estera di F. G. è interamente dominata da questa idea di potenza, che egli servì col mantenersi libero da vincoli con gli altri grandi stati e col cambiare spesso partito. Già ben presto dopo la pace di Vestfalia egli venne immischiato, come duca di Prussia, nella prima guerra nordica (1655-1660). Grazie al valore del suo esercito, che superò brillantemente la prova del fuoco nel 1656 nella battaglia di Varsavia, e alla sua astuta diplomazia, egli acquistò nella pace di Oliva la sovranità sul ducato di Prussia, che prima di allora si trovava sotto la sovranità della Polonia: il che lo pose al disopra degli altri principi dell'impero e lo fece entrare nel rango dei sovrani europei. Non poté invece realizzare le sue aspirazioni sul ducato di Jülich, sulla Slesia e sulla Pomerania occidentale. Fu precisamente nella questione della Pomerania, che a sbarrargli la strada intervenne, oltre alla Svezia, anche la Francia; e così, mentre egli s'era appoggiato nel 1667 su Luigi XIV, allo scoppio della guerra di Olanda nel 1672 si affrettò a venir in aiuto agli stati generali assaliti dalla Francia. Costretto da Luigi XIV a una pace separata (trattato di Krossen, giugno 1673), ritornò in lizza nel 1675, quando si era formata una grande coalizione antifrancese. Allora Luigi XIV scagliò contro di lui gli Svedesi: e fu allora che F. G. si guadagnò i più begli allori. Dopo aver scacciato nel 1675 il nemico dal territorio del Brandeburgo, con la vittoria riportata a Fehrbellin, egli conquistò l'anno seguente la Pomerania svedese, e nel 1678 conquistò l'isola di Rugen e Stralsund, salutato da una canzone popolare alsaziana col nome di "Grande Elettore". Ma nella pace di Saint-Germain (1679) dovette sottomettersi alle imposizioni della Francia, che aveva vinto la coalizione, e restituire tutte le conquiste fatte, eccetto una piccola striscia sulla riva destra dell'Oder. Il dispetto che ne ebbe, come anche il suo completo isolamento, lo costrinsero a un' unione più stretta con Luigi XIV, i cui abbondanti sussidî gli diedero la possibilità di effettuare un piano accarezzato da lungo tempo, quello cioè della creazione della marina brandeburghese e dell'acquisto di una piccola colonia in Africa. Ma ad un tal compito non corrispondevano i mezzi ristretti del suo stato; e nel 1721 il re Federico Guglielmo I dovette vendere agli Olandesi questa colonia poco produttiva. I maggiori vantaggi da questa alleanza li ebbe senza dubbio Luigi XIV, la cui politica era coadiuvata dal Brandeburgo. Solo quando l'elettore si convinse di non poter acquistare la Pomerania occidentale, neppure alleandosi con la Francia, e solo quando il suo forte sentimento evangelico venne offeso dalla revoca dell'editto di Nantes con la cacciata degli Ugonotti dalla Francia, egli mutò politica, e si alleò con l'imperatore (22 marzo 1686), dando alla politica brandeburghese un indirizzo che durò poi per mezzo secolo. Subito dopo egli combinò col suo nipote Guglielmo III d'Orange il piano di uno sbarco in Inghilterra. Ma prima che avesse inizio la nuova guerra, morì il 9 maggio 1688, in seguito a una penosa malattia.
Fonti: Urkunden und Aktenstücke zur Geschichte des Kurfürsten Friedrich Wilhelm von Brandenburg, a cura del Meyer, voll. 20, Berlino 1869-1907; Protokolle u. Relationen des brandenburg. Geh. Rates a. d. Zeit des Kursfürsten F. v. Br., a cura di O. Meinardus, voll. 7, Lipsia 1889-1919.
Bibl.: v. specialmente G. Droysen, Geschichte d. preuss. Politik, III, 2ª ed., Berlino 1870-72; M. Philippson, Der Grosse Kurfürst, voll. 3, Berlino 1897-1903; cfr. anche, per questioni particolari, R. Schuck, Brandenburg-Preussens Kolonialpolitik 1647-1721, voll. 2, Lipsia 1889.