FOSCARI, Federico
Nacque a Venezia il 22 genn. 1568 da Alvise di Federico, del ramo "ducale" a S. Pantalon, e da Elisabetta Loredan.
Il padre, attraverso l'esercizio della mercatura a Venezia e nel Levante, aveva notevolmente aumentato il patrimonio familiare, ma il F. si trovò a dividere con troppi fratelli le fortune domestiche e ciò finì per condizionargli la vita e la carriera. Benché primogenito non si sposò, forse per la malferma salute, delegando al fratello Francesco il compito di assicurare continuità al casato.
Se scarse sono comunque le notizie su di lui, assolutamente nulla sappiamo della sua giovinezza; appena qualche giorno dopo la scomparsa del padre, i figli acquistavano dalla Scuola di S. Maria di Valverde 230 campi nel "retratto" di Lozzo: era il 15 apr. 1600 e subito dopo il F. accettava la nomina a capitano di Vicenza, dove si recò nel luglio seguente.
Lì rimase diciannove mesi, come afferma egli stesso nella relazione letta in Senato il 27 febbr. 1602: lungo e dettagliato resoconto sulla situazione fiscale e militare della città, e sui rapporti con gli Imperiali, allora complicati dall'incerta delimitazione dei confini con il Trentino.
Questa relazione, giustamente famosa e utilizzata dagli storici come una delle fonti più complete e interessanti per la storia vicentina, rappresenta il maggior merito del F., che alla tripartizione sopra accennata fa precedere una breve ma importante digressione sulle rivalità che laceravano la nobiltà cittadina e sui mezzi con i quali i rettori cercavano di porvi riparo.
Costoro infatti - scrive il F. - potevano esercitare il "rigor della giustizia" solo quando discordie e risse si fossero rese palesi "col motto dell'armi et col spargimento del sangue", ma allorché quelle rimanevano "nascoste et occulte fra i termini dell'odio e dell'invidia", altro non restava loro che tentar di "acquietarle et ridurle ad alcuna mutua compositione", accollandosi l'ufficio di semplici "arbitri et compositori": concezione alquanto riduttiva di un ruolo che in altri settori si dispiegava invece con ben diversa determinazione, ma che in quella particolare congiuntura doveva essere reputato degno di lode, se il F. non aveva dubbi nell'ascriverlo a proprio merito, affermando anzi di essersi sostituito in tal compito al collega podestà che, "per esser molto occupato per l'ordinario… poco tempo gli resta d'impiegarsi in opera così fruttuosa".
Un ulteriore motivo d'interesse è fornito dalla descrizione dell'accurata visita compiuta dal F., con uno zelo sconosciuto alla maggior parte dei rettori, in tutto il territorio affidato alle sue cure: "Dopo che io hebbi visitato - egli scrive - le due Podesterie…, et gli undici Vicariadi divisi in 192 comuni, me ne passai a tutte le montagne confinanti con arciducali, et con mio gran pericolo penetrai fin là dove per l'erte et per li diruppi pareva il passo inaccessibile et dove perciò forse altri miei precessori non hanno avuto animo di pervenire…"; pur se questa esibizione d'orgoglio si spiega forse col fatto che il F. era zoppo.
Tornato a Venezia il F. fu eletto ai Dieci uffici e nel maggio 1607 provveditore sopra le Camere, quindi savio di Terraferma per il semestre aprile-settembre 1608 e successivamente provveditore alla Giustizia Vecchia (10 aprile-30 sett. 1609). Era così entrato nel novero di quanti abitualmente accedevano alle cariche senatorie e la sanzione del prestigio di cui godeva giunse con l'elezione alla zonta del Consiglio dei dieci, della quale venne chiamato a far parte per il periodo ottobre 1609-settembre 1610. Tale nomina avrebbe però rappresentato l'apice della sua carriera: seguirono infatti alcuni anni (1610-1613) nel corso dei quali non andò oltre la semplice conferma al saviato di Terraferma, incarico sempre ricoperto nel primo semestre; quindi morì a Venezia, nel marzo 1614.
La prolungata permanenza nella stessa magistratura può essere considerata come un'involuzione del percorso politico del F. oppure un semplice periodo di tirocinio in vista dell'elezione alla più prestigiosa carica di savio del Consiglio. A favore della prima ipotesi parlano le non floride condizioni economiche della famiglia (il 4 sett. 1610 il F. vendeva alcuni terreni presso Arquà a Marco Corner di Francesco; quanto ai fratelli, il solo Francesco si sposò; Girolamo e Nicolò si impiegarono nell'armata; Giacomo percorse una modesta carriera nelle Quarantie; a Giovanni, Giovanni Battista e Pietro toccarono esistenze del tutto incolori. Delle cinque sorelle, Paolina venne maritata a Zaccaria Sagredo, ma per le rimanenti ci fu il convento). D'altro canto occorre tener presente l'ancor giovane età del F., che sino ad allora non gli avrebbe consentito di ricoprire cariche troppo elevate.
Un ulteriore condizionamento, del tutto estraneo alle sue capacità intellettuali, potrebbe tuttavia essere derivato al F. da una complessione fisica che possiamo immaginare debole, stante la claudicazione e la prematura scomparsa, del resto non determinabile con sicurezza: è il Barbaro che la fissa al marzo 1614, ma il dato non è confermato dai necrologi dei provveditori alla Sanità; l'unica certezza è che il F. era ancora vivo il 30 giugno 1613, allorché lasciò il duplice incarico di savio di Terraferma e di cassier del Collegio.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta, 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti…, III, p. 511; Ibid., Segretario alle Voci. Elezioni Maggior Consiglio, reg. 8, c. 153; ibid., Elezioni Pregadi, regg. 8, cc. 13-15, 35, 56; 9, cc. 12, 56; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Malvezzi, 6: Consegi 1606-1610, cc. 266, 481, 530, 672, 707, 919. Per gli acquisti e le vendite di proprietà fondiarie nel Padovano, Ibid., rispettivamente Mss. P.D. C 2527/I (a), cc. 17r-27v; C 2611/4, c. 31r. La relazione del rettorato a Vicenza, in Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, a cura di A. Tagliaferri, VII, Podestaria e capitanato di Vicenza, Milano 1976, pp. 123-138. Su di essa, L. Pezzolo, Uomini e istituzioni tra una città soggetta e Venezia: Vicenza 1630-1797, in Storia di Vicenza, III, 1, L'età della Repubblica veneta (1404-1797), a cura di F. Barbieri - P. Preto, Vicenza 1989, p. 115; L. Megna, Storie patrizie. Note sulla nobiltà vicentina nel Seicento, ibid., p. 243.