BAROCCI, Federico
Pittore, nato in Urbino nel 1535 da una famiglia recatasi là (1476 circa) con lo scultore Ambrogio da Milano (v.). Dopo aver studiato in patria sotto Battista Franco, che, sebbene veneziano, s'atteneva al fare di Michelangiolo, passò a Pesaro con suo zio Bartolomeo Genga, del pari urbinate, oltre che pittore anche architetto. Divenute oramai sicure le sue felici attitudini all'arte, fu dal padre mandato a Roma, dove venne incuorato a proseguire nella via intrapresa da Taddeo Zuccari, da Michelangiolo e dal Vasari che lo proclamò "giovine di grande aspettazione". A Roma fu dapprima attratto all'ammirazione e all'osservazione delle opere del suo grande concittadino Raffaello, ma presto, allontanatosene, fu dal suo stesso temperamento portato verso l'arte del Correggio, rivelatagli con grandissima probabilità da un viaggio che il B. dovette compiere fra il 1555 e il 1557 a Parma: per quanto di questo viaggio non si abbia certo ricordo e il Bellori affermi aver B. conosciuta l'arte del Correggio attraverso cartoni di lui portati da Parma ad Urbino da un ignoto pittore. Nel 1560 è di nuovo a Roma, dove lavora mirabilmente di affresco insieme con altri, nel casino di Pio IV, elevato nei giardini vaticani da Pirro Ligorio. Fu allora che s'ammalò gravemente sino ad esser vicino a morte; e corse voce che fosse stato avvelenato da colleghi invidiosi. Certo è ch'egli rimase sempre cagionevole di salute, ciò che non gli tolse di raggiungere i settantasette anni (morì nel 1612) e dall'operare in modo prodigioso, così da lasciare un centinaio di quadri, diverse centinaia di disegni, alcune miniature e stampe d'una tecnica particolare per l'incrocio dei segni e i mezzi toni punteggiati. Rimessosi un po' in salute, tornò nell'aria pura della città nativa né più volle lasciarla.
Dipinse altre tele per le chiese della sua città; per Perugia (1569) la drammaticissima Deposizione dalla croce (Tav. XLIX), e il Riposo in Egitto, ora in Vaticano (1573); per Arezzo la Madonna del Popolo (1579), ora a Firenze, negli Uffizî; per Senigallia il Seppellimento di Cristo (1582); per Ravenna il Martirio di San Vitale (1593), ora a Brera (Milano); per Roma i due quadri della Chiesa Nuova, la Visitazione e la Presentazione al Tempio (1594); per Genova la Crocifissione (1595). Altri suoi notevoli dipinti sono: il Cenacolo, la Madonna del San Simone, il Perdono d'Assisi, S. Francesco che riceve le Stimmate (Urbino), il Riposo in Egitto (Piobbico e Madrid, Galleria del Prado), Cristo deposto (Senigallia e Bologna, Archiginnasio), la Madonna del Rosario (Senigallia), S. Girolamo (Roma, Galleria Borghese), S. Michelina e la Annunciazione (Roma, Vaticano), il Presepio notturno (all'Ambrosiana di Milano e al Prado). All'estero si trovano anche il Commiato di Gesù dalla Madre (Chantilly), la Madonna della Santa Lucia e la Circoncisione (Parigi, Louvre), la Vocazione di Sant'Andrea (Bruxelles, Galleria), l'Assunta (Dresda, Galleria), ecc. Il B., spirito profondamente religioso, rifuggì dal trattare qualsiasi soggetto mitologico e anche semplicemente profano. Infatti, di soggetto non sacro non si conosce di lui altro che l'Incendio di Troia (1598) eseguito per l'imperatore Rodolfo II e ripetuto per il cardinale Della Rovere (Roma, Galleria Borghese). Anche, data la sua grande operosità, fece pochi ritratti, appena una diecina, e quasi tutti per i duchi di Urbino. Magnifico quello di Francesco Maria della Rovere (v. Tav. L), ora a Firenze negli Uffizî.
In mezzo al manierismo che, nella seconda metà del sec. XVI, aveva invasa tutta Italia, solo esclusa Venezia, il B. tien fede al vero: un vero, naturalmente, non pedestre ma di sua scelta e rispondente al suo sentimento. Egli rifugge dal ritrarre figure o brutte o pingui o volgari, attratto solo da quelle eleganti e sottili talora sino al gracile; disdegna le tinte torbide e pesanti, attratto da quelle più vivide e ridenti. Per arrivare ai toni caldi con maggior efficacia il B. ricorre all'infallibile aiuto dei contrasti; muove, cioè, dai toni freddi. Non prepara perciò le sue pitture come i Toscani e i Lombardi col bistro o la seppia; ma se non, come i Trecentisti, di verde, ad ogni modo con tinte bigie di lavagna. Su queste egli adagia man mano le sue note rosee e rosse, lasciando che il grigio traspaia appunto per meglio valutar quelle. Quindi in lui un rosso temperato squilla più forte che in altri pittori un rosso schietto. E se ne compiaceva tanto che modellava coi cinabri, sì da insinuarsi con essi tra le dita delle mani e dei piedi, nelle narici, nelle orecchie, nelle bocche. In ciò egli ha qualcosa del Romanino, ma è certo che il maestro che esercitò su di lui maggior fascino, fu, come si disse, il Correggio. Vi sono dipinti suoi, come il Riposo in Egitto (Vaticano), che possono considerarsi variazioni di temi correggeschi, quantunque svolti senza servilità. Rimembranze e motivi correggeschi s'avvertono in quasi ogni opera sua. Né solo in questo egli mostra la sua ammirazione per il grande maestro emiliano; ma nel sentimento vivace e gaio delle forme, nella maniera dolce dell'esecuzione, nella pennellata umida e fluida che non segna ma sfiora; nel modo di trattare le stoffe con effetti volutamente decorativi (mai, prima del Correggio, pensati o intesi o raggiunti); nell'indefinitezza dei contorni, cosa che lo Zuccari osò rimproverargli. Anche l'ardito affollamento delle figure in certi suoi dipinti (Madonna del Popolo, Martirio di S. Vitale, la gloria nella Madonna del Rosario) deriva dalla stessa fonte, benché nel B. la composizione non sia sempre perfettamente equilibrata. Si è tentato di limitare in lui l'influsso correggesco; ma, a buon conto, nessuno ha potuto negarlo, e fu senz'altro Giov. Pietro Bellori, suo primo e maggiore biografo, ad asserirlo. Si vuole inoltre che il B. sia l'iniziatore del Barocco; ma anche in ciò può vedersi il continuatore del Correggio, il quale già gli elementi del Barocco aveva prospettati alle future generazioni pittoriche, che, infatti, ebbero per lui un vero culto. Certo è che il disegno, la composizione e il colorito schierano il B. più in continuità con artisti del '500, come il Correggio e anche il Parmigianino, che non in testa ai secentisti quali Michelangelo da Caravaggio e i Carracci. Tutt'insieme, però, si deve riconoscere che il B. seppe superare le sue predilezioni con elementi immaginativi originali, e con una propria visione coloristica, in modo da crearsi uno stile personale che ebbe virtù d'impressionare grandissimi pittori stranieri come il Rubens, il Van Dyck e il Murillo.
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