FEDELI, Fedele
Nacque a Pisa, da Carlo e da Giulia Gibelli, il 7 ag. 1891. Superati gli studi secondari, s'iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Pisa.
Rimaneva così fedele alla tradizionale vocazione familiare: il padre fu patologo medico dell'università di Pisa e cultore di storia della medicina; il nonno paterno, Fedele, era stato clinico medico nella stessa università e aveva studiato per la prima volta le proprietà terapeutiche delle acque di Montecatini.
Nell'ateneo pisano il F. fu dapprima allievo interno nell'istituto di anatomia umana normale diretto da G. Romiti, quindi si formò alla scuola di anatomia e istologia patologica di A. Cesaris Demel (cfr. Diz. biogr. degli Ital., XXIV, pp. 214-217), sotto la cui guida condusse interessanti ricerche di ordine morfologico e sperimentale sulla dura madre, che costituirono l'argomento della sua tesi di laurea. I risultati di tali studi furono dal F. comunicati all'Accademia di medicina di Torino (Ricerche istologiche sulla dura madre, in Giorn. della R. Acc. di med. di Torino, LXXVII [1914], pp. 171 ss.), poi pubblicati estesamente (Ricerche istologiche sulla dura madre, in Riv. di patol. nervosa e mentale, XIX [1914], pp. 713-738; Recherches histologiques sur la dura-mère, in Archives italiennes de biologie, LXIII [1915], pp. 220-228).
Conseguita la laurea nel 1914, il F. si avviò allo studio della chirurgia nella clinica chirurgica dell'università di Modena, diretta da G. Tusini. Allo scoppio della guerra, nel 1915, si arruolò volontario e prestò servizio in prima linea come ufficiale medico, ottenendo, per il suo valoroso comportamento in vari reparti e in ospedali da campo, la croce di guerra e la medaglia di bronzo al valor militare. Comandato come assistente nei corsi del 1916-17 presso la sezione castrense di San Giorgio di Nogaro della clinica chirurgica dell'università di Padova, dopo le ostilità, nel 1920, seguì all'università di Genova il Tusini, che, divenuto direttore di quella clinica chirurgica, lo volle presso di sé come assistente e poi come aiuto. Aveva così inizio la carriera universitaria del F., che doveva poi proseguire brillantemente in varie sedi.
Conseguita nel 1923 la libera docenza in patologia speciale chirurgica, nel 1926 il F. venne incaricato dell'insegnamento di patologia e clinica chirurgica nell'università di Camerino. Abolita per disposizione ministeriale la facoltà medica di questa università, tornò a Genova, ove dal 1927 al 1932 gli fu affidato l'insegnamento della semeiotica chirurgica. Sempre nel 1932 fu incaricato dell'insegnamento della patologia chirurgica nell'università di Modena, alla cui cattedra, primo ternato nel relativo concorso, fu unanimemente chiamato dalla facoltà l'anno seguente. Dal 1934 resse la cattedra di patologia speciale chirurgica dell'università di Pavia, per la durata di quattro anni; successivamente, dopo aver insegnato patologia chirurgica a Firenze nel 1938, passò alla cattedra di clinica chirurgica dell'università di Perugia. In tale sede rimase fino al 1947, quando fu nuovamente chiamato a Firenze, alla direzione della cattedra di clinica chirurgica, ove concluse la sua carriera didattica, scientifica e clinica.
Chirurgo dalla tecnica rigorosa e curata. il F. è ricordato come studioso di importanti problemi di patologia chirurgica e come ottimo docente. La sua copiosa produzione scientifica ha interessato vari settori della chirurgia, in ognuno dei quali ha recato contributi di notevole importanza.
Grazie alla formazione anatomopatologica maturata nella scuola pisana, il F. condusse sempre le sue ricerche nei vari settori della patologia chirurgica con precise osservazioni istologiche oltre che anatomo-cliniche, che gli consentirono l'inquadramento e la messa a punto di alcuni capitoli di patologia (Itumori della glandola carotica, in Arch. ital. di chirurgia, VI [1922], pp. 217-255; Contributo alla conoscenza dei tumori tiroidei (Adenoma proliferante e adenoma paratiroideo maligno della tiroide), in Annali ital. di chirurgia, IV [1925], pp. 623-647, I tumori a struttura tiroidea delle regioni laterali del collo, in Archivio ital. di chirurgia, XIV [1925], pp. 167-224; Contributo alla conoscenza dei tumori delle articolazioni (Mixocondrosarcoma della capsula articolare del ginocchio), in La Chirurgia degli organi di movimento, X [1926], pp. 209-224; Su di un caso di linfogranulomatosi di Paltauf-Sternberg a sede inguinale (Contributo isto-patologico, batteriologico, clinico), in Minerva medica, VIII [1928], 1, pp. 1077-1092).
Di non minore interesse furono le ricerche di ordine sperimentale che il F. condusse in vari campi della patologia chirurgica, in particolare nel settore della patologia del sistema digerente: tale argomento era allora di grande attualità, in quanto gli interventi di gastrectomia totale e parziale e soprattutto quelli di gastroduodenostomia, che sempre più frequentemente si andavano eseguendo, prospettavano problemi fisiopatologici di grande complessità; egli fu il primo a studiare la secrezione pancreatica negli animali da esperimento con il metodo della fistola permanente alla Pavlov prima e dopo gastroenterostomia ed esclusionepilorica e a eseguire altre interessanti osservazioni sperimentali (A proposito del comportamento della funzione pancreatica dopo le operazioni gastriche che importino la deviazione parziale o totale del contenuto gastrico, in Arch. ital. di chirurgia, XVI [1926], pp. 324-328; Contributo sperimentale alla patogenesi delle ulcerazioni dello stomaco nella intossicazione biliare, in Boll. della Soc. eustachiana, XXV [1927], pp. 26-39; La curva amminoacidemica negli animali splenectomizzati, in Riv. di patol. Sper., VI [1930], pp. 300-311). Nello studio della fisio-patologia del canale digerente il F. prestò la sua attenzione non soltanto agli aspetti locali, più strettamente chirurgici (Le modificazioni istologiche della parete della anse intestinali anastomizzate allo stomaco, in Annali ital. di chirurgia, IV [1925], pp. 333-335), ma, con mirabile intuizione, anche ai problemi generali del malato chirurgico sottoposto a intervento: si ricordano sull'argomento la sua monografia Gastroenterostomia e digestione, edita a Pisa nel 1923, il lavoro La curva amminoacidemica dopo la gastroenterostomia e la resezione gastrica (pubblicato in Pathologica, XXIII (1931), pp. 271-274) e la magistrale relazione svolta in collaborazione con l'allievo L. Lorenzini al congresso della Società italiana di chirurgia del 1956 Il ricambio idro-elettrolitico nel malato chirurgico (in Arch. ed Atti della Soc. ital. di chirurgia, LVIII Congr., Milano 15-18 ott. 1956, Roma s.d., I, pp. 229-466; II, pp. 104-114, 128 s.), le cui conclusioni sono ancora oggi di assoluta validità.
Il F. si interessò anche di argomenti urologici, recando contributi clinici (La calcolosi degli ureteri, in La Riforma medica, XLV [1929], pp. 1315-1321, 1686-1690; L'addome acuto urologico, in Boll. e mem. della Soc. tosco-umbra di chirurgia, XI [1950], pp. 312-326) e soprattutto chiarendo, dal punto di vista anatomo-clinico e sperimentale, alcuni aspetti di fisiopatologia renale (Correlazioni fisiologiche e sintonie patologiche reno-renali (Osservazioni cliniche e ricerche sperimentali), in Arch. ital. di chirurgia, XXXIV [1933], pp. 515-569, in collaborazione con E. Sacco).
Del F. vanno ancora ricordati alcuni studi nel settore microbiologico interessanti la chirurgia, sia sperimentali (Micosi articolari sperimentali da Cryptococcus interdigitalis, in Riv. di patol. sper., III [1928], pp. 222-242), sia di ordine clinico ed etiopatogenetico generale (Le infezioni generalizzate da piogeni, in Arch. ed Atti della Soc. ital. di chirurgia, XL adunanza tenuta in Roma nei giorni 19-21 ott. 1942, Bologna 1943, pp. 203-464).
Il settore che tra tutti gli altri attrasse maggiormente l'interesse del F., al quale legò indubbiamente il suo nome, fu quello della fisiopatologia delle vie biliari, il cui studio affrontò con osservazioni sperimentali, anatomopatologiche, radiologiche e cliniche. Poté così chiarire l'etiopatogenesi e l'origine della sintomatologia delle colecistopatie e operare una razionale messa a punto dei vari quadri morbosi osservati, distinguendo le sofferenze provocate dalle alterazioni organiche delle vie biliari da quelle conseguenti al deficit funzionale della colecisti. Precisò in modo magistrale i poncetti di colecistostasi, di discinesia, di ipo- e ipertonia; introdusse il termine di "carenza colecistica" per designare la sindrome da deficit parziale o totale della funzione colecistica, consistente essenzialmente in sintomatologia dolorosa, aerofagia, diarrea, rigurgito o vomito, anoressia, cefalea; studiò i problemi relativi alla recidiva della calcolosi biliare e indicò i limiti degli interventi e dei reinterventi sulle vie biliari (Le sindromi gastriche della colelitiasi, in La Riforma medica, XLI [1925], pp. 415-420; Ricerche sperimentali sul microbismo della cistifellea nelle stenosi intestinali, in Riv. di patol. sper., IV [1929], pp. 329-358; Le modificazioni delle pareti della cistifellea conseguenti all'ablazione della mucosa, in La Clinica chirurgica, XXXIV [193], pp. 1107-1123; Le alterazioni del letto epatico della cistifellea nella colecistite cronica litiasica, in Pathologica, XXV [1933], pp. 170-179; Sulle affezioni non litiasiche e non neoplastiche delle vie biliari extraepatiche. Le turbe di evacuazione della colecisti nel quadro delle colecistopatie, in Boll. e mem. della Soc. piemontese di chirurgia, VI [1936], pp. 778-821; Le distonie biliari, in Nuntius radiologicus, XV [1949], pp. 65-82; La sindrome da carenza colecistica, in La Chirurgia generale, I [1951], pp. 467-494; Patologia della confluenza epato-cistica, in Nuntius radiologicus, XIX [1953], pp. 759-780; Interventi e reinterventi sull'epato-coledoco, in Boll. e mem. della Soc. tosco-umbra di chirurgia, XV [1954], pp. 297-315; Indicazioni e controindicazioni della chirurgia della litiasi biliare, in Rassegna clinico-scientifica, XXXI [1955], pp. 315-322; Indicazioni e limiti del reintervento negli operati per calcolosi biliare, in Epatologia, II [1956], pp. 219-230).
Il F. fu autore di numerosi altri lavori scientifici, da descrizioni di interessanti casi clinici (ad es., Linfosarcoma primitivo della tonsilla, in La Riforma medica, XXVII [1921], pp. 100 ss.; Su di un caso di proctite granulomatosa da residui vegetali, in Arch. ital. di chirurgia, XXVIII [1931], pp. 175-192) a più ampi argomenti dipatologia e clinica chirurgica (ad es., Le cisti mesenteriche di orikine embrionale, in La Clinica chirurgica, XXX [1927], pp. 953-985; Sull' aneurisma artero-venoso, in Arch. ital. di chirurgia, XX [1927], pp. 98-124, L'ernia inguinale obliqua interna, in Scritti di chirurgia erniaria per commemorare il cinquantenario della operazione di Bassini raccolti a cura di G. M. Fasiani e A. Catterina, II, Padova 1937, pp. 251-261, La chirurgia del simpatico, in La Settimana medica, XXVIII [1940], pp. 187-206; La resezione del plesso ileo-colico nei dolori residui ad appendicectomia, in Boll. e mem. della Soc. tosco-umbra di chirurgia, IX [1948], pp. 239-251). Nel 1931 aveva pubblicato, a Genova, Lezioni di semeiotica chirurgica generale, e nel 1950 pubblicò, a Firenze, Chirurgia delle angiopatie periferiche.
Interamente dedito alla sua professione, il F. trascorreva praticamente tutta la sua giornata in clinica, spesso attardandovisi o tornandovi a sera inoltrata per seguire i casi più gravi o per soccorrere le urgenze. Cercò di infondere ai suoi discepoli la carica di umanità e di comprensione per i sofferenti che lo animava, di trasmettere a quanti lo circondavano il sentimento profondo di rispetto per i malati affidati alle sue cure. Chirurgo moderno e aperto alle continue conquiste della sua disciplina (Origini, evoluzione e indirizzo della moderna patologia chirurgica, in Minerva medica, XXXVI [1935], 1, pp. 137-145), ebbe sempre piena coscienza della grave responsabilità insita nell'atto operatorio che, sia pure volto a estirpare il male, è comunque lesivo dell'integrità della persona. Con adamantina onestà affrontò ed espose questi problemi e tracciò i limiti nei quali dovrebbe esplicarsi in ogni caso l'azione del chirurgo: indifferibilità dell'intervento, rispetto della personalità del paziente, affinamento della tecnica (Chirurgia sperimentale - Esperienza chirurgica - Sperimentalismo chirurgico, in Medicina e morale, XI [1961], pp. 133-144).
Una cura meticolosa il F. dedicò all'insegnamento: le sue lezioni erano eccezionali per la ricchezza di dottrina, per l'accurata disamina dei casi clinici presentati, per la chiarezza dell'esposizione che le sue non comuni doti di oratore gli consentivano. Alla sua scuola formò valenti chirurghi, tra i suoi allievi alcuni divennero primari ospedalieri e tre, L. Lorenzini , A. Costantini e U. Bracci, raggiunsero la cattedra universitaria.
Il F. appartenne a numerose società di chirurgia, italiane e straniere, e partecipò ai principali congressi nazionali e internazionali della specialità. Fece parte del consiglio direttivo per la fondazione della facoltà medica dell'università cattolica del Sacro Cuore di Roma, nella quale propose la fondazione di un istituto di chirurgia sperimentale.
Morì a Firenze il 23 sett. 1961.
Fonti e Bibl.: Notizie fornite dall'allievo prof. L. Lorenzini, clinico chirurgo di Siena, e dal figlio Carlo Francesco, avvocato in Firenze. Necrologi in La Nazione di Firenze del 24 sett. 1961; in Arch. ed Atti della Soc. ital. di chirurgia, LXIII Congresso, Torino 24-27 ott. 1961, II, Roma s.d., pp. 98 ss.; in Boll. e mem. della Società tosco-umbra di chirurgia, XXIII (1962), pp. 333-350.