Dunaway, Faye (propr. Dorothy Faye)
Attrice cinematografica statunitense, nata a Bascom (Florida) il 14 gennaio 1941. Interprete dotata di indubbio talento, di forte temperamento e di una bellezza originale, quasi da diva del muto, ma al contempo moderna e anticipatrice delle contraddizioni e delle asperità ‒ fisiche e caratteriali ‒ di tante bad girls cinematografiche degli anni Novanta, ha portato con sé, sul grande schermo, l'esperienza derivatale dalle sue precedenti attività di modella e di attrice teatrale. Ha raggiunto l'apice del successo e della popolarità negli anni Settanta, in ruoli sgradevoli e realistici, spesso caratterizzando con la sua inquietante eleganza personaggi psicotici e disperati, oscillanti tra malvagità, frustrazione e vulnerabilità. Dopo due nominations, nel 1977 ha vinto l'Oscar come migliore attrice protagonista per Network (1976; Quinto potere) di Sidney Lumet.Figlia di un militare di carriera e perciò costretta a continui spostamenti, studiò teatro e recitazione alla Boston University, dove si laureò presso la School of Fine and Applied Arts. Nel 1967 iniziò a lavorare come attrice cinematografica, girando tre film in pochi mesi: The happening (Cominciò per gioco…) di Elliot Silverstein, dove si fece notare interpretando una criminale, Hurry sundown (E venne la notte) di Otto Preminger e, soprattutto, Bonnie and Clyde (Gangster story) di Arthur Penn, in cui rese memorabile il ruolo della rapinatrice di banche Bonnie Parker, che le valse la prima nomination all'Oscar e la fece entrare nel ristretto novero delle più rappresentative e richieste attrici hollywoodiane. Sull'onda di un successo clamoroso ottenne uno dopo l'altro ruoli che ne esaltarono le capacità interpretative non solo nel cinema statunitense ma anche in quello europeo: da The Thomas Crown affair (1968; Il caso Thomas Crown) di Norman Jewison a The arrangement (1969; Il compromesso) di Elia Kazan; da Little big man (1970; Piccolo grande uomo) ancora di Penn ‒ dove è la sensuale signora Pendrake, prima moglie infedele di un prete e poi prostituta ‒ a Puzzle of a downfall child (1970; Mannequin ‒ Frammenti di una donna) di Jerry Schatzberg; dal melodramma Amanti (1968) diretto da Vittorio De Sica, che la vide accanto a Marcello Mastroianni, al giallo La maison sous les arbres (1971; Unico indizio: una sciarpa gialla) di René Clément; da Chinatown (1974) di Roman Polanski e Three days of the Condor (1975; I tre giorni del Condor) di Sydney Pollack ‒ coinvolta in un legame incestuoso nel primo caso, donna sola e vittima-complice del protagonista (Robert Redford, con il quale interpreta una magnifica sequenza d'amore) nel secondo ‒, fino a Network di Lumet, che le diede modo ancora una volta di cimentarsi in un ruolo forte, quello di una cinica produttrice televisiva disposta a tutto pur di fare carriera. In questi film la D. ha costantemente delineato il suo personaggio di donna volitiva e spesso implacabile, recitando al fianco dei principali attori statunitensi del periodo (oltre a Redford, Warren Beatty, Steve McQueen, Kirk Douglas, Dustin Hoffman, Jack Nicholson), mostrandosi sempre perfettamente in sintonia con i suoi partner. Tra gli altri film degli anni Settanta, vanno segnalati anche The three musketeers (1974; I tre moschettieri) e The four musketeers (1975; Milady ‒ I quattro moschettieri), entrambi di Richard Lester, nei quali la D. è la perfida Milady; The towering inferno (1974; L'inferno di cristallo) di John Guillermin e Eyes of Laura Mars (1978; Occhi di Laura Mars) di Irvin Kershner, dove interpreta una fotografa di moda con doti di veggente.A partire dagli anni Ottanta, la D., ancora troppo bella per caratteri maturi e materni, pur continuando a lavorare con regolarità, ha trovato parti meno congeniali al suo temperamento, soprattutto nell'ambito di un'industria come quella hollywoodiana, determinata a offrire modelli di riferimento, specialmente femminili, sempre più giovani e perfetti. L'occasione migliore del periodo è stata forse quella di interpretare Joan Crawford in Mommie dearest (1981; Mammina cara) di Frank Perry, sensazionalistica biografia dell'attrice alla quale, fin dagli esordi, la D. è stata spesso paragonata e che qui ha saputo disegnare, con sorprendenti capacità mimetiche, come donna di estrema fragilità, dilaniata dalle nevrosi. Ha dovuto poi attendere la seconda metà del decennio per incontrare un altro personaggio di spessore, quello di una matura alcolizzata, segnata dalla crudeltà della vita, in Barfly (1987; Barfly ‒ Moscone da bar) di Barbet Schroeder. Nel frattempo aveva anche interpretato The wicked lady (1983; L'avventuriera perversa) di Michael Winner, Supergirl (1984) di Jeannot Szwarc, Ordeal by innocence (1984; Prova d'innocenza) di Desmond Davis, specializzandosi in personaggi ambigui o apertamente negativi. Il suo carattere anticonformista e indipendente l'ha portata, nel corso degli anni Novanta, a partecipare ad alcuni film fuori dagli schemi, come Arizona dream (1992) di Emir Kusturica e Don Juan DeMarco (1995; Don Juan De Marco maestro d'amore) di Jeremy Leven, entrambi accanto a Johnny Depp. Nel corso della sua carriera non ha mai abbandonato l'attività teatrale e quella televisiva.
S. Wake, N. Hayden, The Bonnie and Clyde book, London 1972; A. Hunter, Faye Dunaway, New York 1986; M. Cientat, in "Positif", février 1993.