FAROALDO
Secondo duca longobardo di Spoleto di-questo nome, era figlio di Trasamondo conte di Capua, insediato da re Grimoaldo nel 663 come dux nel ducato di Spoleto; sua madre, di cui si ignora il nome, era figlia di questo importante re longobardo. I genitori, trasferitisi per volere del re dal ducato di Benevento a Spoleto, dove non erano ancora radicati, diedero al figlio il nome del primo duca longobardo di Spoleto per ricollegarsi con le più antiche tradizioni del grande ducato nell'Italia centrale.
Non si conosce con precisione l'anno in cui F. salì al potere, data l'inattendibilità degli Annales Farfenses redatti da Gregorio di Catino verso il 1100, che pongono l'inizio del governo di F. nel 703. Così i riferimenti cronologici più sicuri rimangono una lettera non datata di F. a papa Giovanni VII, nella quale egli lo prega di accettare le sue donazioni al monastero di Farfa, e la bolla papale del 30 giugno 705, con la quale il papa accettava effettivamente quelle donazioni. Tutto ciò prova soltanto che F. diventò duca prima del periodo che va dall'ascesa al pontificato di Giovanni VII (1º marzo 705) al 30 giugno dello stesso anno, data della bolla citata. Le notizie su F. inserite da Paolo Diacono tra il viaggio a Roma dell'arcivescovo di Milano Benedetto e il secondo periodo dell'impero di Giustiniano Il (dal 705 in poi) fanno invece pensare che egli fosse succeduto al padre prima del 705, forse nel 703.
Le circostanze della sua ascesa al ducato restano tuttavia enigmatiche. Paolo Diacono riporta che F. assunse il titolo alla morte del padre Trasamondo, ma poi aggiunge: "Denique Wachilapus germanus fuit Transamundi et cum fratre suo pariter eundem rexit ducatum". A causa della mancanza di altre fonti rimane del tutto incerto se lo zio fosse morto prima della scomparsa di Trasamondo oppure se fosse stato eliminato dal nipote al principio del suo governo.
Poco si sa sull'amministrazione di Faroaldo. La sua lettera, già citata, a papa Giovanni VII e alcune altre fonti mostrano come egli costantemente favorisse il monastero di Farfa, da poco fondato. Il medesimo papa dietro preghiera del duca prese nel 705 questo monastero sotto la propria protezione, fatto che fa pensare ad una stretta cooperazione, almeno per alcuni aspetti, tra Roma e Spoleto. Nella tradizione farfense successiva - cioè sia nella Constructio monasterii Farfensis redatta verso la metà del secolo IX da un monaco ignoto, sia nel Chronicon Farfense composto all'inizio del secolo XII da Gregorio di Catino - F. è ricordato come il grande protettore di Farfa ispirato dalla Vergine Maria, sotto il cui patrocinio era posto il monastero. Nel Chronicon Farfense si racconta anche che il duca donò a Farfa undici curtes.
I buoni rapporti di F. con Roma volsero pero in aperta ostilità al più tardi verso il 712-713; i motivi di questa svolta sono sconosciuti. Allora il duca occupò alcuni possedimenti della Chiesa di Roma in Sabina, che vennero resi al papa solo dopo circa trenta anni, nel 742, da re Liutprando. Soprattutto, F. occupò in quel periodo Classe, l'importante porto di Ravenna. Ma non rimase per molto tempo in possesso della sua conquista. Per le pressioni di Liutprando, da poco asceso al trono longobardo, egli fu costretto a riconsegnare questo porto ai Bizantini. Il re, giunto al potere dopo lunghi anni di durissime lotte interne, si preoccupò anzitutto di avere buoni rapporti con Bisanzio e con Roma, in modo da non mettere in pericolo con nuovi conflitti il consolidamento del suo regno. Tuttavia, Liutprando pose fine molto presto alla sua politica di pace. Sotto la forte impressione che destava la pesante crisi in cui versava l'Impero romano d'Oriente dal 716, ma soprattutto in considerazione dell'assedio della capitale Bisanzio da parte degli Arabi nell'estate del 717, il re riprese la vecchia politica espansionistica, interrotta dal trattato di pace del 680.
È merito di ottorino Bertolini di aver riconosciuto che le isolate notizie riportate da fonti frammentarie riguardo all'attacco portato da Liutprando su Ravenna e Classe, da Romualdo Il duca di Benevento su Cuma e dal duca di Spoleto su Narni in realtà si riferiscono ad una offensiva globale longobarda contro l'Italia bizantina. In questa situazione estremamente pericolosa per Bisanzio, il re longobardo era ovviamente riuscito a convincere i duchi dei grandi ducati meridionali ad attaccare nello stesso tempo l'Esarcato, Roma e Napoli, con l'obiettivo, perseguito da tutti i re longobardi sin dai tempi di Autari, di estendere la signoria longobarda su tutta la penisola italica. Se da una parte i successi conseguiti dal re e dal duca di Benevento furono effimeri, dall'altra Narni, importante raccordo tra Roma e Ravenna, rimase ancora per decenni in mano spoletina.
Dopo circa quindici anni F. perse il suo ducato. Secondo una nota senz'altro attendibile di Paolo Diacono, suo figlio Trasamondo (II) si sarebbe rivoltato contro di lui e lo avrebbe reso inabile al potere costringendolo a prendere l'abito clericale. La data della sua caduta è finalmente assodata dopo gli studi diplomatici di Brühl e Zielinski sui documenti longobardi di Spoleto: la deposizione di F. avvenne secondo questi studiosi nel 719-20. Secondo una notizia risalente al XVI secolo, in genere considerata attendibile, F. si ritirò nel monastero da lui fondato di S. Pietro in Valle presso Ferentillo (prov. di Terni) in Umbria. Nulla si sa della sua vita in questo monastero, né sono noti i motivi che spinsero il figlio a ribellarsi. Più volte è stata avanzata la supposizione che al giovane duca, il quale si opponeva con decisione alla politica egemonica di Liutprando nell'Italia centrale - e soccomberà infine nella dura lotta contro questo - il padre fosse sembrato sin troppo accondiscendente nei confronti del sovrano longobardo. Questa ipotesi, benché non accreditata da alcuna fonte, sembra tuttavia plausibile; infatti la caduta di F. seguì di pochi mesi la grande offensiva condotta da Liutprando contro Bisanzio con la partecipazione di truppe spoletine.
I pochi frammenti che ci informano su F. lo ritraggono come un duca risoluto, che aveva a cuore i monasteri del suo ducato e che sfruttò in molti modi le opportunità di allargare i confini del suo dominio a spese di Roma e Bisanzio; un duca che però si sforzava, spesso anche con successo, di non mettere a repentaglio la sua posizione, contrassegnata da un alto grado di autonomia, con un aperto confronto con il potentissimo Liutprando.
Fonti e Bibl.: Paulus Diaconus, Historia Langobardorum, a cura di L. Bethmann - G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Longobard., Hannoverae 1878, lib. VI, pp. 30, 44; Gregorio di Catino, Annales Farfenses, a cura di I. Giorgi - U. Balzani, in Il regesto di Farfa, II, Roma 1879, p. 11; Regesta pontificum Rom., a cura di Ph. Jaffé, I, Lipsiae 1885, n. 2144; Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, Paris 1886, pp. 403, 428; Il Chronicon Farfense di Gregorio di Catino, a cura di U. Balzani, Roma 1903, in Fonti per la storia d'Italia, XXXIII-XXXIV, t. 1, pp. 126 s., 132, 135, 139; t. II, pp. 81, 205; Constructio monasterii Farfensis, ibid., t. I, pp. 7, 9; Codice diplomatico longobardo, IV, 1, a cura di C. Brühl, Roma 1981, ibid., LXV, App., pp. 116 s.; A. Jenny, Geschichte des langobardischen Herzogthums Spoleto, Diss., Basel 1890, pp. 32-36; E. Gasparrini Leporace, Cronologia dei duchi di Spoleto, in Boll. d. R. Deput. di storia patria per l'Umbria, XXXV (1938), pp. 10 s.; O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Roma 1941, pp. 411, 421, 426, 431; Id., I papi e le relazioni politiche di Roma con i ducati longobardi di Spoleto e di Benevento, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, IX (1955), pp. 10-14, 22, 31; H. Zielinski, Studien zu den spoletinischen "Privaturkunden" des 8. Jahrhunderts und ihrer Überlieferung im Regestum Farfense, Tübingen 1972, pp. 9 s., 147, 149, 225 ss.; C. Brühl, Chronologie und Urkunden der Herzöge von Spoleto im 8. Jahrhundert, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LI (1971), pp. 15-19; S. Gasparri, I duchi longobardi, Roma 1978, p. 77; P. Delogu, Il regno longobardo, in Storia d'Italia (UTET), I, Torino 1980, p. 148; P. M. Conti, Il ducato di Spoleto e la storia istituzionale dei Longobardi, Spoleto 1982, pp. 306-309; J. Jarnut, Geschichte der Langobarden, Stuttgart 1982, pp. 86 s.