farmacia
Esercizio commerciale che effettua in esclusiva la distribuzione e la vendita di farmaci caratterizzata dall’obbligo di prescrizione medica. La legge prevede che il titolare di una f. sia un farmacista iscritto all’albo professionale, con almeno due anni di pratica della professione. È consentita la creazione di società tra farmacisti e ciascuna può possedere al massimo 4 f. nella stessa provincia.
La distribuzione delle f. sul territorio italiano è regolata sulla base di criteri demografici, geografici e di distanza. Il numero delle autorizzazioni era stabilito dalla l. 362/1991, che prevedeva una f. ogni 5000 abitanti nei comuni fino a 12.500 abitanti, e una f. ogni 4000 abitanti nei comuni con una popolazione maggiore. Ogni nuova f. deve essere situata a una distanza dalle altre non inferiore a 200 metri. Nel 2012 la pianta organica delle f. è stata di circa 17.500 unità e sottoposta a revisione ogni due anni, in base ai dati relativi alla popolazione residente in ciascun comune. Il d.l. 1/2012 ha ampliato la pianta organica delle f., prevedendone una ogni 3300 abitanti.
Per l’apertura di f. di nuova istituzione (derivanti da un ampliamento della pianta organica) è necessario bandire un concorso pubblico. Viceversa, la proprietà delle f. esistenti può essere trasferita, dietro corrispettivo, ad altri farmacisti. Gli eredi, qualora non abbiano i titoli per diventare titolari o soci, devono trasferire la titolarità della f. o la partecipazione in una società, acquisite a titolo di successione, nel termine di due anni. Il servizio farmaceutico è soggetto a vincoli di orario, con un sistema di turni volto a garantire per ciascuna zona geografica una copertura per le 24 ore, e a obblighi di assortimento, volti a garantire per ciascuna f. una disponibilità minima di prodotti. Tutte queste restrizioni regolatorie, per garantire una gestione professionale delle f. (vincoli sulla titolarità di una f.) e un servizio ben diffuso sul territorio (vincoli sulla distanza minima e sul numero massimo di f.), erano certamente opportune nei primi anni del Novecento, quando queste misure furono introdotte. Al riguardo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (➔ Antitrust) ha sostenuto che il conseguimento di una razionale distribuzione delle f. sul territorio nazionale potrebbe «essere più efficacemente raggiunto attraverso la previsione di un numero minimo di f. nei diversi ambiti territoriali, anziché con la previsione di un numero massimo di farmacie per numero di abitanti. La trasformazione dell’attuale numero massimo di f. in numero minimo tutelerebbe, infatti, l’interesse pubblico ad una efficiente distribuzione, senza impedire l’accesso ai potenziali nuovi entranti. In tal modo, il consumatore potrebbe godere di una più ampia possibilità di scelta di punti vendita, nonché probabilmente di un miglioramento del servizio offerto, stimolato da una situazione più concorrenziale». Inoltre, associare la titolarità di una f. a un farmacista professionista è una restrizione ingiustificata, essendo sufficiente, al fine di garantire la qualità della prestazione, l’obbligo della sua presenza nella fase della vendita, obbligo peraltro già imposto dalla normativa esistente. Secondo l’Autorità, «la determinazione di requisiti di tipo qualitativo per il soggetto che rilascia i medicinali e gestisce le scorte è sufficiente a impedire alterazioni rispetto al corretto svolgimento del servizio pubblico». Questa soluzione, ossia imporre la presenza di un farmacista nella fase della vendita, è stata adottata d.l. 223/2006 (decreto Bersani) per la vendita dei farmaci da banco e di automedicazione: chi distribuisce questi farmaci è libero di farlo ma deve garantire nell’orario di vendita la presenza all’interno dell’esercizio commerciale di un farmacista iscritto all’albo professionale. Come risultato di questa liberalizzazione, sono nate in Italia circa 3000 para-f. e numerosi supermercati hanno aperto una sezione di farmaci da banco, con riduzioni significative dei prezzi, stimate dall’OCSE (➔) attorno al 20%.