MICHIEL, Fantino
– Nacque nel 1350 circa nella nobile famiglia veneziana da Maffeo di Marco e da una Cateruzza di cui non conosciamo il casato.
Il padre risiedeva a Venezia nella parrocchia di S. Canciano il 5 giugno 1373, quando fece testamento; possedeva, insieme con il fratello Niccolò, terreni nella parrocchia di S. Cassiano e S. Sofia e un complesso edilizio in quella di S. Maria del Giglio (domus a statio con case in affitto e corte). Maffeo morì in un conflitto con i Genovesi, nel 1374 a Cipro. Come risarcimento il Senato nel marzo 1376 accordò al M. e ai suoi fratelli minori Alessandro e Marino – che evidentemente esercitavano il commercio in una «fraterna compagnia» a tre – il permesso di esportare legname.
Nel maggio il M. ricoprì per la prima volta una carica pubblica: come coadiutor ad Asolo dovette difendere i confini del Trevigiano contro le minacce del duca d’Austria Leopoldo III d’Asburgo.
Nell’estate 1376 progettò un viaggio commerciale nel Mediterraneo orientale con le galee di un grande convoglio. Nel 1381 e nel 1382 fu a Tenedo e a Nicosia. Nell’autunno 1382 fu eletto in una commissione che esaminava le richieste di credito verso lo Stato; nel 1385 ebbe il ruolo di avvocato presso la Curia del procurador.
In quegli anni, in ogni caso prima dell’aprile 1390, sposò Isabetta Lando, figlia di Vitale di Pietro (fratello del futuro cardinale Francesco) e di Giannetta Trevisan. Dal matrimonio nacquero le figlie Elena (sposa di Andrea di Cristoforo Soranzo), Gratiahumana (di Giovanni Trevisan), Polissena (di un Contarini) e Marina (di Antonio di Giovanni Zen) e i figli Maffeo (sposato con Isabetta di Niccolò Morosini), Niccolò (con Cateruzza di Pietro Contarini) e Giovanni, che inizialmente intraprese la carriera ecclesiastica e fu canonico del capitolo della cattedrale di Treviso, ma tornò poi alla vita secolare e nel 1446 entrò nel Maggior Consiglio. Il M. risiedette prima nella parrocchia veneziana di S. Tomà, poi a S. Samuel e quindi a S. Severo, in tre diversi sestieri; negli ultimi anni abitò in una delle case dei Procuratori in Piazza S. Marco.
Rimangono solo poche testimonianze della sua attività commerciale. Nel 1389 ottenne, nella consueta asta, una delle galee di Stato per Beirut; l’anno dopo una per le Fiandre e l’Inghilterra. Nello stesso modo egli viaggiò anche nel 1392, compiendo via terra il viaggio di ritorno, durante il quale, insieme con altri tre veneziani, fu preso in ostaggio in Savoia per ottenere un risarcimento per i danni provocati da galee veneziane. Il Senato adottò iniziative diplomatiche per far rilasciare il M., e solo nel 1396 un ordine di Carlo VI di Francia lo fece liberare.
Con il 1397 inizia la lunga serie degli incarichi del M. per la Repubblica. Inviato come ambasciatore presso Martino l’Umano di Aragona, lo incontrò a Maiorca. Nel dicembre 1398 fu mediatore, per conto di Venezia, tra il marchese Niccolò (III) d’Este, a Ferrara, e Astorgio Manfredi, signore di Faenza. Nell’autunno 1401 svolse un incarico diplomatico a Mantova dove fu ambasciatore anche nel febbraio 1404.
Nel frattempo ricoprì diversi uffici a Venezia: giudice di Petizion (novembre 1401-luglio 1402), provededor de Comun (gennaio-agosto 1403), membro del Consiglio dei dieci (novembre 1403-marzo 1404). Questa serie di incarichi finì quando egli – in marzo o in aprile – partì nuovamente per l’Inghilterra con l’annuale convoglio di galee, questa volta come capitano. Subito dopo il ritorno, il M. fu eletto per la prima volta nel Minor Consiglio, composto di sei membri, per il periodo aprile-settembre 1405, che fu più volte interrotto da brevi viaggi per incarichi ufficiali. Già il 29 genn. 1405 il Senato lo inviò presso il condottiero Manfredi da Barbiano, accampato nelle vicinanze, con l’incarico o di arruolarlo per la Repubblica con i suoi soldati, o di farlo allontanare dalla zona, per evitare che fosse arruolato da Francesco Novello da Carrara, signore di Padova. In marzo rinnovò i contratti delle truppe mercenarie al soldo di Venezia. A metà aprile il Maggior Consiglio, di cui anch’egli faceva parte, lo nominò comandante delle imbarcazioni fluviali che operavano sul Bacchiglione e in maggio conquistarono Castrocaro e in giugno Bovolenta. Successivamente il Senato affidò al M. il controllo sulle truppe di terra come gubernator ad campum; entrò in carica all’inizio di settembre e la conquista di Monselice gli richiese tali energie, che si ammalò e dovette lasciare temporaneamente il campo già dopo tre settimane.
Dopo la vittoria di Venezia nel novembre 1405 il M. fu in una commissione che dal gennaio 1406 doveva occuparsi delle richieste dei singoli postulanti delle zone recentemente conquistate. Seguirono analoghi incarichi: le trattative con i comandanti dei soldati mercenari, che dovevano lasciare il territorio della Repubblica con le loro truppe, lo portarono in febbraio nel Veronese e in marzo verso Mantova. All’inizio di aprile fu eletto in una commissione che doveva vagliare le entrate e gli impegni di spesa dello Stato nei territori della Terraferma.
Ben presto il M. si dedicò di nuovo ai propri affari: nel 1406 condusse come capitano il convoglio d’Inghilterra: al più tardi in maggio le galee dovevano essere salpate. Comunque trascorse la maggior parte dell’anno successivo lontano da Venezia, perché comandò – come capitaneus Culfi – la flotta che dalla primavera all’autunno operò nell’Adriatico e nel mare della Grecia; all’inizio di luglio 1407 acquistò il castello di Lepanto, di gran rilievo strategico, minacciato dall’avanzata dei Turchi; Paolo Spata, padrone del castello, con la vendita si pose sotto la protezione di Venezia.
Nel 1408, già da alcuni mesi membro del Consiglio dei dieci, il M. poté ascendere al più elevato gruppo del Maggior Consiglio: l’8 ottobre fu eletto savio del Consiglio. Dopo la fine della regolare durata semestrale della carica, fece parte della commissione che preparò l’acquisto di Zara e del suo territorio (tra cui le isole di Arbe, Pago, Cherso e Ossero) messi in vendita da Ladislao d’Angiò Durazzo re di Sicilia; il contratto fu concluso il 9 luglio 1409.
Successivamente il M. si recò in Dalmazia e vi rimase sino al marzo 1410 in qualità di uno dei quattro provisores alla presa di possesso e al primo ordinamento amministrativo. In maggio fu nuovamente eletto savio del Consiglio; nel corso di questo ufficio dovette per breve tempo prestare aiuto a Mantova in un problema amministrativo al giovane marchese Gian Francesco Gonzaga, che il padre Francesco aveva posto sotto la tutela di Venezia. In luglio e agosto fece parte dell’ambasceria che portò a Bologna al neoeletto papa Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa) le congratulazioni della Repubblica.
Dall’ottobre 1410 ricoprì per due anni l’importante ufficio di avogador di Comun. Anche in questo caso la sua attività fu interrotta da missioni all’estero: dapprima dovette mediare nel conflitto tra Giovanni XXIII e il re Ladislao (aprile-luglio 1411), poi – per difendere il territorio dello Stato nella guerra con Sigismondo di Lussemburgo, re d’Ungheria e re dei Romani – fu inviato in Istria e a Treviso da novembre a marzo e in agosto presso l’esercito in un luogo imprecisato. Nell’autunno 1412 entrò nuovamente nel Consiglio dei dieci e ben presto in una elezione supplementare fu eletto savio del Consiglio. In dicembre fu inviato presso il signore di Mantova, per dissuaderlo da un’alleanza con Sigismondo, nel febbraio 1413 ancora a Padova, per questioni che riguardavano la guerra.
Con la nuova elezione a savio del Consiglio il 1° apr. 1413, per la prima volta nei termini regolari, iniziò un periodo di più di vent’anni, sino alla morte, durante il quale il M. ebbe quasi ininterrottamente cariche pubbliche. Durante la maggior parte di questo tempo fece parte dei savi del Consiglio: 1413-14, 1419-20, 1421-23, 1424-25, 1425-34. Negli intervalli ricoprì altri uffici: nel 1414-16 fu nuovamente avogador di Comun, nel 1417 e 1418 consigliere per un semestre; negli anni 1417, 1419-20, 1421-22, 1427 fu membro del Consiglio dei dieci, il più delle volte contemporaneamente alla carica di savio.
Degna di nota nella carriera pubblica del M. è anche in quel periodo l’ininterrotta attività diplomatica. Nel marzo 1418 fu ambasciatore al concilio di Costanza, soprattutto per esprimere a Martino V, da poco eletto papa in quella città, l’obbedienza della Repubblica. Nel novembre di quell’anno il M. e Roberto Morosini ricevettero l’incarico di trattare la pace con Sigismondo, poiché era in corso una tregua, conclusa nel 1413. I due incontrarono Sigismondo a Passau, ma la missione naufragò e gli ambasciatori veneziani se ne andarono senza accordi; il re provvide poi a farli catturare dal conte di Gorizia nel viaggio di ritorno in gennaio presso Villach. Gli sforzi di Venezia per liberarli ebbero successo solo in luglio.
Durante la maggior parte del 1425, da aprile a dicembre, il M. fu impegnato nella guerra contro i Turchi, come capitano generale delle galee pubbliche armate principalmente per la sicurezza del dominio veneziano di Salonicco; in quella circostanza egli cercò anche di ottenere un trattato di pace con il sultano Murad II.
Dal febbraio 1426 fu impegnato a Ferrara nelle trattative per una pace in Italia: non si riuscì a ottenere la partecipazione del duca di Milano Filippo Maria Visconti, contro il quale, invece, in luglio fu stretta a Venezia una nuova lega; il M. fu uno dei negoziatori. Da agosto a dicembre fu inviato a sostenere il capitano veneziano Francesco Bussone (il Carmagnola) a Brescia; qui egli ottenne con trattative il ritiro delle truppe milanesi rimaste nelle fortificazioni della città. Anche nel 1427 il M. si recò più volte presso l’esercito veneziano. Nel 1431, riaccesasi la guerra, rimase nuovamente due mesi a Brescia, presso il Carmagnola, come consigliere, nonostante l’età avanzata. La conclusione della pace, a Ferrara il 26 apr. 1433, pose fine – temporaneamente – al conflitto; il M. aveva preso parte alle trattative prima in marzo-aprile poi ininterrottamente da settembre.
L’alta considerazione goduta dal M. presso i nobili veneziani è testimoniata dalla sua presenza fra i Cinque correttori alla Promissione ducale in occasione delle elezioni dogali del 1413-14 e del 1423: i cinque dovevano, come di consueto, esaminare il testo del giuramento del doge e presentare le loro proposte di variazione al Maggior Consiglio. Nella prima delle due elezioni fece anche parte del Collegio dei Quarantuno che all’inizio di gennaio 1414 elessero Tommaso Mocenigo. Nel leggendario discorso che questo doge pronunciò poco prima di morire il M. è indicato come uno dei possibili successori. Il M., comunque, raggiunse la seconda dignità dello Stato il 28 dic. 1428 quando fu eletto procuratore di S. Marco de citra.
Il M. morì a Venezia nel 1434 tra l’8 ottobre, ultima attestazione come savio, e il 15 novembre, quando fu eletto il suo successore come procuratore.
Il doge Francesco Foscari fu presente al suo funerale, il discorso funebre fu tenuto da Giorgio da Trebisonda che elogiò nel M. la presenza delle quattro virtù che contraddistinguono l’uomo di Stato: la duplice abilità nel condurre la guerra per terra e per mare, la brillante conduzione delle ambascerie, la fama per l’abile svolgimento degli incarichi. Straordinaria comunque è la poliedricità del M. che accanto all’attività pubblica esercitò sempre la mercatura. Bernardo Giustiniani diede risalto al fatto che il M. si dedicò anche agli studia humanitatis, venuti in voga nel corso della sua vita.
Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., H.52 sup., cc. 106v-114v (panegirico di Giorgio di Trebisonda); Treviso, Biblioteca capitolare, Litterae sub regimine potestatis Tarvisii, scat. 13, regg. a. 1402-03, p. 34; a. 1403-04, p. 18; Arch. di Stato di Venezia, Notai, Testamenti, b. 363 (Niccolò Curso), n. 446; b. 571 bis (Giorgio Gibillino), prot. c. 51v n. 102; b. 719/a (Gasparino Mani), n. 1; b. 719/b (id.), n. 265; b. 752 (Niccolò Novello), nn. 88, 89; Avogaria di Comun, regg. 28/10, cc. 66r, 86r, 87r, 90v-92v; 106/1: Pietro Barbaro, Liber nuptiarum, c. 99r; 162/1, passim; 163/2, cc. 313r-316r; 177/1, c. 1r; 178/2, c. 19r; 666/2, ad 22 sett. 1410 - 27 ag. 1412, 23 ag. 1414 - 28 febbr. 1415; 3645/5, parte 2, cc. 38v-39r; 3646/6, parte 1, cc. 90r-118r, parte 2, cc. 1r-9v, 60r-113v; Cancelleria inferiore, Miscellanea notai diversi, b. 33, vol. 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Codd., I, St. veneta, 21: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, V, pp. 125 s.; Scuola di S. Maria del Rosario, b. 30, m. 5, proc. 1, c. 31r; Secreta, Miscellanea ducali e atti diplomatici, b. 15, f. A, n. 6; Segretario alle voci, Misti, regg. 3, c. 10v; 13, cc. 50, 77r, 78v, 171v-172r; Senato, Misti, regg. 35, c. 94v; 37, c. 114v; 40, c. 164r; 41, cc. 13v, 57r, 79r, 122r; 42, cc. 14r, 98r, 122r, 135, 155r; 43, cc. 35r, 48r, 81v, 84v-85r, 86v, 165r, 176r-179r; 44, c. 51v; 45, cc. 11r, 113v; 46, cc. 45v, 121v, 149v; 47, cc. 90r, 127v; 48, cc. 28v, 34v-67r, 128v, 137v, 139r, 140r-143v, 159r-186v; 49, cc. 51r, 160r-167r, 172v-199v; 50, cc. 2r-35r, 58r, 62r, 79r-139v; 52, cc. 9r-36r, 124r-128v, 188v-190v; 53-59, passim; Senato, Secreti, regg. L (D), cc. 4v, 17v; 1, cc. 27v, 30r, 113r, 134r; 2, cc. 87v, 88r, 99r, 103v-109r, 120r-133v, 136r-139v, 143v, 154r, 180v, 187r-190v; 3, cc. 3v, 11r, 107r, 120v-146v; 4, cc. 1v-5v, 103r, 121r-136r, 168r-171r, 238v, 241r; 5, cc. 61r-62r, 65r, 92r-154r, 162r, 168r-178v, 184r-190r; 6, cc. 2r-6r, 145r-163r, 168r-179r, 185r; 7-13, passim; Senato, Sindicati, reg. 1, cc. 172v, 189v, 202r, 209v, 211r, 212r, 227r; Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. it., cl. VII, 156 (=8492): M. Barbaro, Nozze, c. 305v; 927 (=8596): Id., Genealogie delle famiglie patrizie venete, III, c. 91r; Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Mss., 6156: Id., Libro delle famiglie, III, 2, c. 228v; 6175: Id., Cronaca dei procuratori, cc. 12v, 13r; 6586-6587: A. 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D. Girgensohn