BUONSIGNORI, Famiglia
Fu una delle più antiche fra le consorterie di Siena anzi d'Italia, che si dedicarono ai traffici. Nella Crmica Sanese di Andrea Dei, continuata da Agnolo di Tura, si legge che la compagnia dei Buonsignori "si fece" nel 1209. A metà del secolo, era infatti già forte in Francia e si estendeva in Inghilterra, occupandosi soprattutto di operazioni bancarie, a differenza delle società consorelle, e soprattutto delle fiorentine, che dedicavano larga parte della loro attività anche allo scambio delle merci. Ebbe poi nuovo incremento per il rafforzarsi del partito ghibellino massime dopo la vittoria di Montaperti. Le conseguenze di questo legame non tardarono a farsi avvertire quando, dopo la battaglia di Benevento, Siena sentì incombere la minaccia di Firenze, validamente aiutata dal papa e dagli Angioini. A più gravi delusioni portarono in seguito le speranze riposte in Corradino, che il comune sovvenne con 5000 once d'oro per lo stipendio dei soldati, ottenendo in cambio, per i suoi mercanti, la vana promessa della esenzione da tutte le gabelle e dazî nei regni di Gerusalemme e di Sicilia e negli altri che il giovane imperatore avesse rivendicati. Non si era potuto ancora riparare al contraccolpo della disfatta di Tagliacozzo, che nell'aprile del 1277, si avvertivano le ripercussioni della estorsione di 60.000 libbre di parigini fatta dal re di Francia ai mercanti forestieri dimoranti nel suo regno con speciale riguardo ai senesi. Poco dopo, nel 1283, insediatosi in Siena il governo dei "Nove", che durò quind'innanzi per 63 anni continui e che significò il prevalere della oligarchia mercantile, si fece più aspra la lotta economica con la rivale Firenze, per la conquista, fra l'altro, della esclusività del servizio della camera papale. Nessuna delle case concorrenti, a dire il vero, riportò la vittoria, soprattutto perché i papi preferirono di servirsi contemporaneamente di più compagnie, a fine di ridurre il danno di eventuali fallimenti, e di sfruttare i vantaggi derivanti dall'emulazione; ma, prese insieme, le numerose società fiorentine prevalsero sulle senesi, inferiori di numero oltreché di capitali, per l'eliminazione e l'assorbimento delle minori fatto dai B. L'ultimo tentativo di questi per resistere alla concorrenza divenuta insostenibile verso la fine del secolo, fu l'allargamento delle basi sociali. Nel 1289, Fabio e Niccola di Orlando B. riunirono sotto la denominazione della grande tavola ventidue cittadini senesi con un capitale di 35.000 fiorini d'oro; e subito dopo, nel 1290, assunsero forti impegni con la Curia. Ma nel 1298, furono costretti a mettersi in liquidazione, domandando al comune la concessione di una moratoria, per aver tempo e modo di esigere i crediti soprattutto dall'estero. Nel 1304, dichiararono fallimento. La concorrenza delle compagnie fiorentine; la condizione di monopolio interno, creato nei riguardi delle altre case bancarie senesi; l'attività prevalentemente e quasi esclusivamente bancaria; la disponibilità di una moneta (la senese d'argento) di gran lunga inferiore al fiorino d'oro fiorentino; le ripetute angherie dei sovrani di Francia; anche le discordie fra i soci che le fonti cronistiche pongono esclusivamente in rilievo, determinarono la rovina della grande tavola. Sul momento, i falliti riuscirono a salvare in parte le loro posizioni personali, col falsificare i libri di commercio e intestare i beni alle mogli a titolo di dote. I creditori sembrarono cedere di fronte alla doppia audacia. Ma dopo 40 anni, nel 1344, inaspettatamente, il più forte di essi, papa Clemente VI, che sentiva imminente il crollo delle compagnie fiorentine e cercava di realizzare in anticipo quanti più crediti fosse stato possibile (v. bardi; acciaiuoli; peruzzi), richiese gli 80.000 fiorini d'oro a lui dovuti, istituì un processo e, trovando il comune solidale sebbene nascostamente, con i debitori, il 26 ottobre 1345 lanciò contro Siena la scomunica. La quale fu tolta soltanto tre anni dopo, quando la curia, sorpassato il momento peggiore della crisi dei suoi banchieri, si indusse a concordare con i B., sulla base di 16.000 fiorini da esserle pagati in sedici uguali annualità. Il fallimento dei B. segnò il principio della decadenza economica di Siena e accentuò il corso della decadenza politica.
Bibl.: G. Arias, Studi e documenti di storia del diritto, I: La Compagnia bancaria dei Bonsignori, Firenze 1902; E. Jordan, La faillite des Buonsignori, in Mélanges Paul Fabre, Parigi 1902 (con bibl.).