FAENZA (XIV, p. 713)
La città si è ingrandita negli ultimi vent'anni specialmente verso nord-ovest, ai due lati della via Emilia, con quartieri di ville e con stabilimenti (calzifici). Altri stabilimenti (in particolar modo per la produzione dei vini) sono sorti presso lo scalo ferroviario. A sud-est della città, la via Emilia ha avuto una diramazione fino al quartiere ferroviario e traversa il fiume Lamone con un ponte di nuova costruzione. In seguito a un centinaio di incursioni aeree (maggio-novembre 1944) e al lento ritmo di avanzata delle truppe alleate presso la città, dal novembre 1944 al febbraio 1945, Faenza lamenta notevoli distruzioni.
Le rovine maggiori si hanno tra la ferrovia, l'adiacente quartiere industriale e i corsi Mazzini e Saffi (via Emilia), ove il 33% degli edifici è raso a terra, il 24% è reso più o meno inabitabile e il 35% è più leggermente colpito. In gran parte devastato è anche il quartiere Durbecco, ad oriente del fiume Lamone. I due ponti sui quali, diramandosi, la via Emilia traversava questo fiume ai due lati del borgo Durbecco, furono fatti saltare dalle retroguardie germaniche ed uno solo (quello più a valle) è stato ricostruito prima del 1948. Nelle incursioni rimase colpita la biblioteca comunale con la perdita di cinquantamila volumi, e fu quasi completamente devastato (13 e 17 maggio 1944) il Museo internazionale delle ceramiche che ora è in via di ricostituzione. Anche in piazza Vittorio Emanuele (che dal 1946 si chiama della Libertà) i due palazzi rinascimentali del Podestà e del Popolo sono stati in più parti colpiti, e i Tedeschi hanno fatto crollare la Torre dell'orologio del 1607.
La ricostruzione procede lenta: nel marzo 1948 era stato ripristinato lo scalo ferroviario, riedificato qualche stabilimento e sistemati solo il 20% dei locali devastati; una buona parte dei senza tetto del borgo Durbecco abitava in baracche di legno. La popolazione del comune al 31 dicembre 1947, era di 46.612 ab. (diminuzione 1% rispetto al 1936).
Bibl.: A. Medri, Faenza romana, Bologna 1943.