Evoluzione della socialità
Gli Insetti sociali hanno un'importanza rilevante negli studi etologici e in quelli sull'evoluzione del comportamento sociale. Molti ordini di Insetti hanno infatti caratteri peculiari di cooperazione, che autorizzano a parlare di 'eusocialità', quali l'allevamento della prole in comune e la presenza di generazioni diverse contemporaneamente attive e di ruoli diversi all'interno del gruppo. Tra gli Insetti sociali sono particolarmente importanti quelli appartenenti all'ordine degli Imenotteri; di questi, le vespe sociali sono considerate modelli per lo studio dell'evoluzione sociale e dei suoi meccanismi, a causa delle numerose specie aventi gradi diversi di socialità, dal più semplice al più complesso. Alcuni dei temi più importanti della socialità trovano risposte nello studio delle vespe, primi tra tutti la comunicazione e i meccanismi di regolazione sociale nelle colonie, la plasticità del comportamento e l'origine del dualismo regina-operaia, il controllo dell'ambiente con l'evoluzione dell'architettura dei nidi, il parassitismo sociale e il riconoscimento dei compagni di nido.
Le vespe costituiscono quindi organismi modello per la sociobiologia, paragonabili, con le debite limitazioni, a quello che Drosophila e il ratto albino rappresentano per la genetica e la psicologia comparata. Le vespe vengono usate per saggiare ipotesi evolutive, dall'influenza dei parametri demografici sulla vita sociale all'importanza della discriminazione e del riconoscimento dei parenti e al ruolo della selezione parentale (kin selection) nell'origine e nel mantenimento del comportamento sociale. Al tempo stesso, esse sono state utilizzate per studiare i meccanismi che regolano la vita delle colonie, la comunicazione tra gli individui e il differenziamento dei ruoli sociali. Nel momento in cui divengono oggetto di studio, le vespe agiscono anche da motori per la generazione di nuove idee e di ipotesi.
Se è vero che alcune tra le scoperte basilari sulla sociobiologia degli Insetti, come la trofallassi (lo scambio di cibo tra individui) o il controllo nutrizionale delle caste, sono state realizzate sulle vespe, è anche vero che dall'osservazione della biologia e della storia naturale di varie specie di vespe sociali sono scaturite idee di validità generale che hanno segnato lo studio moderno del comportamento sociale. Tra queste, il riconoscimento delle gerarchie di dominazione come caratteristica generale delle società animali e gli stessi lavori di William D. Hamilton sulla selezione parentale. La ragione di ciò è che, al di là della repulsione e del timore che possono causare nel non naturalista, questi Insetti sono capaci di stimolare la fantasia e l'immaginazione di un osservatore attento, anche perché nelle loro società si ritrovano spunti per ardite comparazioni. Come hanno osservato numerosi studiosi, tratti e sentimenti, quali il dovere, la ribellione, l'amore materno, la violenza, l'inganno, la codardia, l'unione di fronte al pericolo, si ritrovano tutti in una piccola colonia di vespe sociali, così diversa eppure così simile a una società umana.
Un gruppo sociale non è semplicemente un insieme di individui solitari che si ritrovano insieme in particolari circostanze. Il comportamento sociale propriamente detto è tipico di quegli organismi che vivono in gruppi all'interno dei quali le relazioni tra i singoli individui sono caratterizzate da schemi ben precisi e talvolta di elevata complessità e organizzazione. In questi gruppi si distinguono ruoli e compiti che mutano profondamente il comportamento dei diversi individui rispetto a quello di specie simili ma solitarie. Da queste premesse si rileva come la vita sociale sia caratteristica di un numero limitato di specie tra cui, ovviamente, la nostra.
A partire dagli anni Settanta del Novecento lo studio di questo particolare fenomeno ha fatto sì che l'elenco delle specie sociali si allungasse in modo considerevole. In gran parte ciò si deve alla grande quantità di ricerche scaturite dalle nuove idee evolutive, portate avanti da numerosi ricercatori, e in particolare ai fondamenti della teoria nota come 'selezione di parentela' (kin selection). Il libro Sociobiology: the new synthesis di Edward O. Wilson (1975) ha sancito la nascita di questa nuova scienza che studia l'evoluzione del comportamento sociale, dando il via a una serie di studi approfonditi sulla storia naturale, sull'eco-etologia e sull'evoluzione delle specie sociali. In questa storia gli Insetti sociali hanno un posto importante. È indubbio, innanzi tutto, che questo fervore di studi e ricerche è iniziato per rispondere a un preciso interrogativo, che Darwin stesso si era posto in On the origin of species, sull'origine e l'evoluzione delle caste sterili negli Insetti sociali.
I criteri utilizzati dagli scienziati per definire il comportamento sociale, propriamente detto 'eusocialità', sono essenzialmente tre: la presenza nel gruppo di un allevamento in comune della prole; l'esistenza di una sovrapposizione di generazioni di individui abili al lavoro; infine, cosa più importante, la presenza di una differenziazione dei ruoli all'interno del gruppo, con individui che si riproducono e individui che non lo fanno e che si specializzano in compiti legati all'allevamento della prole e al mantenimento o alla difesa della colonia e del luogo dove questa si è instaurata.
Una simile organizzazione di gruppo può essere trovata, temporaneamente, anche in molti Vertebrati, ma esempi in cui la sterilità di una parte dei componenti del gruppo duri per tutta la vita e si trovi unita a una diversa morfologia delle due classi di individui sono stati finora descritti solo in alcuni invertebrati e in due specie di Vertebrati Roditori. Uno di questi è Heterocephalus glaber, roditore dell'Africa orientale che costruisce grandi nidi sotterranei e che presenta colonie molto simili a quelle delle termiti. Gli Insetti presentano il numero più consistente di specie in cui è stata accertata l'eusocialità. Gli ordini in cui sono state ritrovate specie eusociali sono cinque: gli Isotteri (termiti), gli Emitteri Omotteri (afidi), i Tisanotteri, i Coleotteri e gli Imenotteri (api, vespe e formiche); quest'ultimo è l'ordine in cui la socialità, nel corso dell'evoluzione, si è sviluppata più volte e indipendentemente. Tra gli Imenotteri, alcune famiglie, come quella dei Formicidi, le formiche, presentano specie esclusivamente sociali. Mentre tutti gli Isotteri, le termiti, sono eusociali con vari gradi di eusocialità, ben più rari sono gli esempi di eusocialità negli altri tre ordini.
Come può spiegarsi un comportamento altruistico, cioè un comportamento che, abbassando la probabilità di sopravvivenza e di riproduzione dell'operaia (l'individuo che compie l'atto), aumenti contemporaneamente le probabilità di sopravvivenza e di riproduzione della regina (l'individuo verso cui l'atto è rivolto)? William D. Hamilton negli anni Sessanta del Novecento esaminò il fenomeno delle caste sterili degli Insetti sociali e in particolare degli Imenotteri, mettendo in relazione l'eusocialità con il meccanismo di riproduzione e di determinazione del sesso proprio di questo ordine di Insetti: quello dell'aplodiploidia. Negli Imenotteri le femmine si sviluppano, infatti, da uova fecondate, diploidi, mentre tutti i maschi prendono origine da uova partenogenetiche, aploidi, e producono spermatozoi uguali dal punto di vista genetico. Questo causa asimmetrie nei coefficienti di parentela: due sorelle hanno infatti in comune, in media, 3/4 dei loro geni, mentre la parentela tra madre e figlie è solo di 1/2.
Hamilton suggerì che il comportamento delle operaie volto a favorire la produzione di sorelle, attraverso la riproduzione della regina madre, fosse selezionato positivamente perché, in questo modo, la percentuale dei loro geni trasmessi ad altri individui sarebbe stata più alta di quella che esse avrebbero potuto raggiungere riproducendosi direttamente. Sebbene la selezione di parentela abbia avuto sicuramente importanza nell'origine e nell'evoluzione degli Insetti sociali in generale, non sembra che essa sia stata l'unica forza selettiva in gioco. Infatti la condizione di parentela di 3/4 può essere ottenuta raramente, specialmente nelle specie socialmente primitive, a causa della frequenza di accoppiamenti multipli e della presenza di più regine nelle colonie. Inoltre alcuni Insetti sociali (per es., le termiti) non sono aplodiploidi. L'eusocialità si è quindi probabilmente originata ed evoluta tanto attraverso la selezione individuale che attraverso la selezione di parentela; si pensa che quest'ultima abbia agito in particolare su gruppi familiari, secondo la teoria della famiglia poliginica.
Le colonie di vespe e formiche presentano organizzazioni sociali assai complesse, con sistemi di comunicazione basati su e con una casta operaia specializzata anche per lavori di vario tipo: difesa, raccolta del nutrimento, cura delle larve, ecc. Invece tra le vespe e le api troviamo, accanto a specie estremamente evolute dal punto di vista sociale, altre che soddisfano i tre criteri di eusocialità solo in alcune fasi del loro ciclo coloniale e in cui le femmine mostrano una flessibilità, estesa alla vita adulta, nella possibilità di appartenere a una data casta. Api e vespe rappresentano quindi un oggetto di studio molto importante, perché il confronto permette di ricostruire la probabile storia evolutiva del comportamento sociale. La famiglia dei Vespidi è composta da sei sottofamiglie: Euparagine, Masarine, Eumenine, Stenogastrine, Polistine, Vespine; le ultime tre presentano fenomeni di socialità a vario livello.
Il nido rappresenta un importante fattore per l'origine e l'evoluzione della vita di gruppo negli Insetti. Esso conferisce al suo costruttore una sorta di controllo sull'ambiente; con la creazione di un ambiente più stabile, rende la fondazione di nuove colonie più difficile e limita l'abbandono della colonia da parte dei giovani, con il risultato di far aumentare le dimensioni della stessa e di rendere più complesse le interazioni tra gli individui. Al tempo stesso, il nido agisce in molti casi come protezione nei confronti di predatori e parassiti, rendendo possibili alcune particolari forme di comunicazione tra gli individui che compongono la colonia e migliorando la capacità di allevamento della prole grazie alla possibilità di immagazzinare cibo; esso pone però anche alcune limitazioni al suo costruttore in ragione del vincolo di dipendenza che instaura.
L'architettura del nido nelle vespe sociali rappresenta un campo di studio di enorme interesse, perché si può senz'altro affermare che proprio in questi Insetti sociali essa raggiunge la sua estrema variabilità e complessità. L'architettura del nido è il risultato di varie pressioni selettive: la prole delle vespe sociali è estremamente vulnerabile a causa della limitazione nei movimenti ‒ larve apode e costrette in celle a misura ‒ e per il grande numero di larve stivate assieme, che rende il nido una fonte di cibo molto ambita per predatori Vertebrati e invertebrati. Queste caratteristiche sono probabilmente il risultato secondario della vita in un nido, in quanto un nido costruito per proteggere la prole rende la prole stessa più vulnerabile e ciò a sua volta aumenta l'importanza del nido, in una sorta di processo autorinforzante.
La prole immatura deve necessariamente contare sulla difesa degli adulti per la sua sopravvivenza. Questa difesa può essere 'diretta', e questo spiega la dotazione negli adulti di armi temibili, come pungiglioni, secrezioni velenose e urticanti, o 'indiretta', mediante strutture protettive fornite dal nido stesso, quali il peduncolo e l'involucro. Il peduncolo è una struttura che riduce l'accesso ai predatori terrestri, quali le formiche, alle celle in cui sono allevate le larve e custodite le riserve di cibo. L'involucro ha la stessa funzione difensiva, ma è efficace anche nei confronti di predatori non terrestri e di parassiti. Tutte e due le strutture comportano però una quantità di materiale per la costruzione del nido molto maggiore rispetto a quella necessaria per la realizzazione di semplici cellette di covata. La quantità di energia spesa per la costruzione di un nido complesso va quindi messa nel conto delle forze selettive che hanno modellato l'architettura del nido stesso.
Talvolta la costruzione di un nido con un'architettura particolarmente adattata a camuffarsi con l'ambiente, e quindi a conferire una difesa maggiore alle larve, comporta la riduzione delle dimensioni del nido stesso e, di conseguenza, una sorta di involuzione del livello di socialità di una particolare specie. Anche la scelta e la costituzione del materiale usato per la costruzione del nido influenzano l'architettura e, indirettamente, la socialità dei costruttori: per esempio, le Stenogastrine fanno uso di fibre legnose molto corte, impastate con saliva priva però di adeguate sostanze in grado di tenere insieme le fibre stesse in modo ottimale. Le Polistine sono invece capaci di utilizzare fibre vegetali più lunghe e di tenerle assieme con sostanze assai più efficaci; ciò permetterebbe loro di costruire nidi molto più grandi e, di conseguenza, di dar vita a colonie più numerose. Il nido può essere inoltre estremamente importante per fornire indicazioni di carattere filogenetico e, al limite, per distinguere specie diverse ma morfologicamente simili. Le vespe si dimostrano quindi un eccellente oggetto di studio per l'evoluzione del comportamento di costruzione.
La divisione in caste è direttamente connessa al problema dell'altruismo. L'evoluzione dell'eusocialità ha due fasi principali: l'origine dell'altruismo e l'origine dei tratti che determinano il completo e irreversibile differenziamento riproduttivo degli individui. Anche in questo caso le vespe si dimostrano buoni modelli di studio, perché esiste una grande varietà di modalità con cui il differenziamento riproduttivo avviene, a livello comportamentale, anatomo-fisiologico o morfologico. È il genere Polistes il miglior soggetto per studiare le caratteristiche degli individui sterili e valutarne i costi e i benefici del comportamento. In effetti l'origine e l'evoluzione di questi tratti rappresentano la principale problematica sulla quale si incentrano gli studi sociobiologici. Come si è originato il dualismo regina-operaia? Il fenotipo operaio si è probabilmente originato dalla condizione ovarica delle vespe solitarie, dove con 'condizione ovarica' si intende tutto quel particolare sistema in cui le dimensioni degli ovari sono legate all'attività ormonale (principalmente quella dell'ormone giovanile, che ha notoriamente effetto gonadotropo negli Insetti adulti) e il comportamento viene influenzato da esse tramite coordinazioni neurormonali.
Nelle vespe solitarie esiste un ciclo ovarico ben preciso, che corrisponde a un ciclo comportamentale in cui si succedono ripetitivamente la costruzione di una cella, quando l'uovo si avvicina a essere deposto e, nella fase che segue la deposizione e che coincide con un ovario privo di uova sviluppate, comportamenti di guardia e di approvvigionamento della larva. Durante la fase di ovario sviluppato, inoltre, le femmine di molte specie solitarie mostrano una marcata aggressività verso conspecifici in vicinanza del loro nido. Si può quindi concludere che anche la dominazione aggressiva che si riscontra nelle specie sociali come Polistes, uno dei meccanismi fondamentali della loro organizzazione sociale, rappresenta probabilmente un tratto ancestrale ed era già presente nei progenitori solitari delle vespe sociali. Si è anche osservato che, se una femmina non è in grado di deporre un uovo sviluppato per la mancanza di un luogo adatto o per carenza di nutrimento, o ancora perché impedita da un conspecifico, l'uovo può essere riassorbito lasciando una traccia nell'ovario. La divisione riproduttiva del lavoro nelle vespe sociali sembrerebbe dunque correlata all'aggressività legata alle condizioni ovariche, causando lo sdoppiarsi del ciclo ovarico proprio delle vespe solitarie in una fase regale, caratterizzata da uova sviluppate, e in una fase operaia, caratterizzata da uova non sviluppate, con la concomitante divisione dei ruoli comportamentali.
Tra le Stenogastrine, in varie specie delle quali è stata descritta la presenza di gerarchie di dominazione tra le femmine che formano le colonie, le femmine mostrano una plasticità comportamentale molto ampia, con varie strategie alternative che vanno dalla fondazione e riproduzione solitarie all'aggregazione o all'usurpazione di colonie di parenti, inclusa quella materna, e di non parenti. Da questo punto di vista è chiaro che il grado di socialità nelle popolazioni di una specie e il ruolo di un individuo in una colonia sono influenzati da contingenze determinate dall'ambiente sociale in cui esse si vengono a trovare. Lo stesso è vero per tutte quelle vespe primitivamente eusociali, nelle quali il ruolo di una femmina all'interno di una colonia è determinato dal ciclo della colonia stessa e dalla presenza di regine attive, ma dove sono possibili inversioni dei ruoli sociali. Un chiaro esempio di questo è rappresentato dalle operaie o femmine subordinate che acquistano la capacità di riprodursi se la regina viene a mancare. Anche nelle vespe che presentano una differenziazione in caste più netta, la condizione ovarica regola nel tempo la varietà del comportamento degli individui, contribuendo in modo determinante alle complesse organizzazioni sociali delle colonie di questi Insetti. Tutto ciò mostra come le tre fasi principali del ciclo ovarico delle vespe solitarie possano essere servite come base per l'evoluzione della divisione del lavoro e delle diverse modalità che lo caratterizzano nella socialità delle vespe.
Il complesso dei comportamenti ritualizzati, che si sostituiscono alle lotte e si identificano nell'imposizione dell'individuo dominante e nell'acinesi di quello subordinato, ha l'effetto non solo di determinare il ruolo di riproduttrice ma anche quello di organizzare la divisione del lavoro, con le femmine subordinate che si assumono il ruolo di operaie. Il meccanismo di controllo della colonia sarebbe quindi, nel periodo della fondazione, principalmente comportamentale e dovuto all'aggressività della femmina dominante nei confronti delle sue subordinate. Il riconoscimento dei ruoli tra gli individui che compongono la colonia è alla base della ritualizzazione dei moduli comportamentali che si sostituiscono alle lotte, impedendone un'intensificazione ed evitando disastrosi confronti una volta che la gerarchia sia stata stabilita. Il rango è direttamente correlato alle dimensioni ovariche dei vari individui, nonché all'attività di ghiandole endocrine, quali i corpora allata (responsabili della produzione dell'ormone giovanile). Il comportamento di dominazione è inoltre influenzato da parecchi fattori endocrini e la deficienza di un sistema può essere compensata dalla maggiore attività di un altro. Questi fattori endocrini sono dati dall'attività non necessariamente sinergica dei corpora allata e degli ovari; in alcune specie potrebbero essere coinvolte anche prostaglandine liberate in seguito all'accoppiamento. Le differenze fisiologiche possono essere sia geneticamente controllate sia indotte dal nutrimento larvale, o anche essere influenzate dalla data di sfarfallamento o da altri eventi avvenuti prima dell'ibernazione. All'interno dei gruppi di fondazione, altri attributi, quali le dimensioni e l'ordine di arrivo al nido, possono comunque influenzare l'organizzazione della gerarchia.
Riguardo ai meccanismi che causano la progressiva perdita di fertilità delle subordinate, essi sono legati alla presenza sul nido delle femmine dominanti e al loro comportamento; quest'ultimo, tuttavia, da solo è insufficiente a inibire completamente la capacità di deposizione delle femmine ausiliarie. Diversi fattori possono quindi agire contemporaneamente per sterilizzare le subordinate e tra questi è importante il fatto che la femmina dominante, detta 'alfa', sia perfettamente ovificante. Fenomeni di dominazione sono alla base dell'organizzazione sociale delle colonie anche dopo la nascita delle operaie. Queste attraversano un ciclo di sviluppo ovarico prestabilito, che ha il suo massimo verso il decimo giorno dallo sfarfallamento. In generale questo fenomeno determina l'insorgenza di individui che possono, in determinate condizioni coloniali, come la decadenza della femmina dominante, iniziare a deporre. In Polistes, a seconda della specie, le interazioni tra le femmine sono caratterizzate da fortissima aggressività e dispotismo, fino ad arrivare a un'assenza pressoché totale di ostilità a cui corrisponde una divisione del lavoro appena accennata. Gerarchie di dominazione sono state individuate e descritte anche in altre vespe. Nelle piccole società delle Stenogastrine, per esempio, queste sono presenti in diverse specie. Gerarchie di dominazione sono ben evidenti, anche se con varie sfumature del comportamento aggressivo, nelle Polistine caratterizzate da colonie simili a quelle di Polistes, come Belonogaster, Ropalidia, Mischocyttarus, Parapolybia.
Vi è inoltre il problema del riconoscimento individuale e quindi dei meccanismi di controllo usati dalla regina all'interno di colonie molto numerose. Il controllo della colonia è stabilito e mantenuto con contatti fisici diretti e aggressivi e con l'oofagia e, in un momento successivo, la superiorità aggressiva si connette a segni di riconoscimento individuali prontamente identificabili dalle compagne di nido. Questo permetterebbe agli individui subordinati di evitare i costi di ulteriori confronti. In ultima istanza l'interazione diretta diverrebbe sempre più rara e sempre più sostituita da un segnale della presenza della regina. Questi segnali, evidentemente di origine chimica, portano alla formazione di corti regali, dove la regina è costantemente circondata da un gran numero di operaie che la seguono, la nutrono e la accudiscono.
Con l'avvento del segnale di riconoscimento chimico emesso dalle regine, che agisce come una dichiarazione di rango e di stato, il passaggio da sostanze con un effetto di riconoscimento (releaser) a sostanze con un effetto di inibizione (primer) ha rappresentato un passo molto breve nell'evoluzione. Questo non vuole, tuttavia, significare che i fenomeni di competizione siano scomparsi completamente e che le colonie siano utopistiche, pacifiche società. Il concetto di 'dominazione', limitato al concetto ristretto dell'aggressione e dell'attacco fisico, può essere allargato fino a comprendere anche le più sottili e non violente interazioni tra le operaie delle vespe sociali più evolute. Si troverebbe così che questo sistema di dominazione coinvolge virtualmente tutti gli individui di una colonia. In realtà si osserva che operaie di tutte le specie di vespe sociali possono riprodursi e possono sviluppare e deporre uova almeno in un certo momento della loro vita riproduttiva. Inoltre, la presenza di una regina attiva è necessaria per inibire lo sviluppo ovarico e un comportamento di tipo regale nelle operaie. In altre parole, la colonia si trova sempre sotto una costante tensione competitiva, mantenuta dal vertice della gerarchia riproduttiva.
Un fenomeno che potrebbe aiutarci a chiarire l'effettiva natura dei meccanismi del controllo coloniale in Polistes è quello dei parassiti sociali. Un parassita sociale è una specie che ha perduto la casta operaia e le cui femmine, per riprodursi, devono usurpare il nido di un'altra specie e utilizzarne le operaie per l'allevamento della propria prole. Conosciuti in tutti gli Imenotteri sociali, questi particolari parassiti si ritrovano anche nelle Vespine. L'effetto che i parassiti hanno sulla degli ospiti è, in taluni casi, catastrofico e tutti gli individui riproduttori che la colonia produce appartengono alla specie usurpatrice. In molte colonie, tuttavia, il parassita non raggiunge il controllo della colonia, con conseguente sviluppo degli ovari e deposizione di uova da parte delle operaie del nido occupato e, in certi casi, con la fondazione di altri nidi da parte di individui che abbandonano il nido materno. L'invasione del nido ospite da parte delle femmine parassite avviene sempre in un particolare momento del ciclo coloniale, quando ancora le operaie non sono sfarfallate o sono presenti solo in piccolo numero. Studi sulle strategie di invasione del nido indicano che Polistes parassiti usano due principali tattiche per prendere possesso del nido ospite: una aggressiva e l'altra non aggressiva. Nella prima, il parassita combatte accanitamente contro le fondatrici ospiti e scaccia dal nido le femmine dominanti dopo averle spesso mutilate delle zampe, mentre mantiene le subordinate nel nido sottoponendole a un intenso trattamento che ricorda da vicino quello di dominazione.
Un'altra specie parassita raggiunge invece il suo scopo in un tempo più lungo, sopportando senza reagire gli attacchi sempre meno convinti della fondatrice ospite, fino a imporsi gradualmente come dominante. Se la fase di conquista del nido è molto rischiosa, il mantenimento del controllo della colonia rappresenta per la regina della specie parassita un problema molto più difficile da risolvere: essa deve indurre individui completamente estranei, le operaie, a lavorare per lei, rinunciando a riprodursi e perdendo anche qualsiasi possibilità di allevare prole imparentata. Questa considerazione porta a pensare che le regine delle specie parassite impieghino mezzi di controllo della colonia molto più potenti di quelli usati dalle regine di Polistes e che non si limitano alla sola dominazione comportamentale. Si possono avanzare due ipotesi: la prima contempla la possibilità che i parassiti impieghino feromoni inibitori dell'aggressività, trasferiti agli ospiti durante le accurate operazioni di leccatura effettuate sul loro corpo nel corso delle dominazioni.
Nei confronti della prole immatura i parassiti potrebbero essere inoltre capaci di manipolare o altrimenti di camuffarsi con l'odore della colonia ospite e di ingannare le future operaie sulla loro effettiva parentela con le usurpatrici. Con 'odore di colonia' si indica quel particolare segnale che permette a ciascun membro di discriminare tra compagni di nido e individui estranei. In vari Insetti sociali, tra cui Polistes, questo segnale è di natura chimica ed è costituito da una miscela di idrocarburi a elevata massa molecolare che ricopre la cuticola dei vari individui. Questa impronta chimica è molto simile per i membri di una stessa colonia e, nel caso di Polistes, è presente anche sul materiale del nido; essa viene appresa dagli adulti durante un breve periodo sensibile subito dopo lo sfarfallamento.
Una volta preso possesso della colonia, le femmine parassite compiono un'accurata strusciatura del nido, che può durare anche varie ore, con gli sterniti addominali. Un simile comportamento, per la verità molto evidente, è riportato anche per quei parassiti sociali che attaccano le colonie di alcune specie di Vespini e sembra legato all'applicazione sulla superficie del nido di secrezioni prodotte da ghiandole addominali o a un'attiva modifica dell'impronta idrocarburica da parte della regina parassita, capace di assumere l'odore della colonia ospite. L'osservazione accurata di alcuni comportamenti e la riconsiderazione di un fenomeno ampiamente diffuso in alcune specie di Polistes, quello dell'usurpazione intraspecifica del nido, hanno messo tuttavia in evidenza che questi comportamenti, così evidenti nei parassiti sociali, sono presenti, seppur molto più sfumati, anche nel repertorio degli ospiti. I parassiti sociali, pertanto, si mostrano soggetti di studio molto interessanti, perché possono essere considerati amplificatori dei sistemi di controllo coloniale presenti nelle vespe ospiti.
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