EVANGELISTI
L'iconografia degli E. (Marco, Luca, Giovanni, Matteo) per la rappresentazione delle sembianze fisiche rientra nel tema generale del "ritratto di autore" (v. filosofi). Alcuni tipi di raffigurazione meritano però una menzione particolare.
Soltanto verso la fine del primo millennio - e quindi in un'età troppo lontana dai limiti cronologici di questa Enciclopedia - nell'arte bizantina si illustravano gli Evangeliarî con i quattro E. accompagnati da un'altra figura; tuttavia vi erano precedenti in Oriente, come attesta la presenza di questo tipo nella miniatura armena e copta (v. J. Weitzmann-Fiedler, 1935, che corregge A. Baumstark, 1911 e 1918). È probabile che ciascun E. abbia subito uno svolgimento iconografico proprio. Seguendo Ireneo (attivo 174-189), Marco fu associato a Pietro, Luca a Paolo e, in accordo con gli Atti di Giovanni, apocrifi, a Giovanni fu associato lo scrivano Procoro. Talora (Monte Athos, Lawra, Cod. 104) a Giovanni fu associato Pietro, perché avevano insieme compiuto miracoli (Atti degli Apostoli). Diversa è l'iconografia di Matteo. Secondo Papia (fine I-inizio II sec.) e, in parte, Ireneo, egli aveva raccolto τὰ λογία τοῦ Κυρίου, i discorsi del Signore. In codici come Gerusalemme, S. Sepolcro, 56, egli è l'unico a non avere un compagno, ma nei codici di Monte Athos Lawra 7 e Kuthlumusi 61 gli è accanto un giovinetto (il suo simbolo, o Gesù imberbe secondo un'antica redazione non bene interpretata?). Nel codice di New York, Morgan Library M 748, gli è accanto una figura di giovane pensoso, in una composizione che ricorda quella del Poeta e della Musa; J. Weitzmann-Fiedler pensa che in ogni caso si tratti di figura, priva di un preciso significato, data a Matteo in età tarda per fare pendant con gli altri tre Evangelisti.
Già nel VI sec., però, il Codice Purpureo di Rossano rappresenta Marco, seduto, ispirato da una misteriosa figura femminile stante (Sapientia Domini?), riprendendo il tipo ben noto del Poeta e della Musa, e non sappiamo se in questo codice anche gli altri E. fossero accompagnati da altre figure. In Occidente la raffigurazione di Pietro che detta il Vangelo è testimoniata almeno sin dal sec. X (Roma, Biblioteca Angelica, ms. A. 29; la raffigurazione è inedita, il ms. è romano, come dimostra il calendario).
Il cod. Syr. 4 della Bibliothèque Nationale di Parigi, datato 1196, mostra su un foglio il Pantocrator, sull'altro un E. (Matteo?) che gli presenta il Vangelo (cfr. anche Biblioteca Vaticana, Copto 9, del 1270, per Matteo). In Occidente questo tipo iconografico è documentato assai prima: in un Evangeliario della Biblioteca Capitolare di Perugia, forse anteriore al sec. X, e nell'Evangeliario di S. Livino nel tesoro di S. Bavone a Gand (IX sec.). Secondo W. Köhler queste raffigurazioni risalgono a un prototipo antico. Il codice Edili 126 (XII sec.) della Biblioteca Laurenziana di Firenze presenta la raffigurazione di ciascun E. che si congeda da Gesù. Anche le raffigurazioni di Gand e di Perugia possono essere paragonate a una "consegna del Vangelo" da parte di Gesù. Nel Libro di Lindisfarne, codice della Nortumbria del sec. VII derivato in parte da codici di Cassiodoro (Italia, VI sec.), Matteo è rappresentato insieme a una figura di barbato che reca un codice sulle mani velate. Si può supporre che si tratti di una composizione in cui la figura di Cristo sia stata sostituita da quella di Matteo, tolta da altro testo (quasi identica figura appare come Esdra nel codice Amiatino della Laurenziana) mentre la figura originaria di Matteo sarebbe rimasta come reliquia del prototipo. Ciò confermerebbe l'esistenza in Italia già nel VI sec. della scena della "consegna del Vangelo". Lo stesso è testimoniato dalla miniatura spagnola del X-XI sec. che accoglie largamente motivi paleocristiani (illustrazione del commento di Beato all'Apocalisse).
Tetramorfo. - Dalle teofanie di Ezechiele (Ez., i) e dall'Apocalisse giovannea (Ap., iv) derivano agli E. simboli particolari; secondo S. Girolamo il leone sta a Marco, il vitello a Luca, l'aquila a Giovanni, la "figura d'uomo" a Matteo. L'insieme dei quattro simboli è il Tetramorfo.
Questi simboli compaiono come accompagnamento del Cristo (uniti insieme, alla base della "mandorla" luminosa nell'Ascensione: codice di Rabūlā, Biblioteca Laurenziana, Firenze; aggiogati alla quadriga del Signore: affresco di Bawit, del V secolo); oppure sono attorno a simboli di Cristo (la croce sul Golgota, Roma, mosaico di S. Pudenziana; il trono con il rotulo dei sette sigilli, Roma, mosaico di S. Maria Maggiore; il sepolcro, Milano, avorio già Trivulzio).
A mezzo busto, compaiono nelle vòlte laterali che sostengono la cupola (circa 430-40) del battistero di Napoli; più o meno la stessa collocazione nel mausoleo di Galla Placidia a Ravenna (c. 420). Assai complesso l'insieme delle raffigurazioni di un portale di chiesa a Koca Kalessi, in Isauria (età di Giustiniano, secondo C. Gough).
La varietà dei tipi è grandissima: i simboli possono avere sei ali (Napoli, Battistero; Venezia "Sedia di S. Marco", opera orientale del sec. VI; Milano, avorio nel Duomo e già Trivulzio, del V sec.; Cambridge, Vangelo di S. Agostino, opera italiana VI-VII sec.) oppure quattro (Libro di Durrow, v. avanti); o due (Roma, S. Pudenziana, S. Maria Maggiore ecc.).
È difficile precisare i casi in cui questi simboli si riferiscono sicuramente agli E.: il primo esempio sicuro è, nel 470, un mosaico perduto presso il Battistero del Laterano (Ciampini, Vet. Mon., i, Roma 1690, tav. 75), seguito dall'avorio citato di Milano. È probabile che l'associazione dei simboli agli E. rimanesse a lungo una caratteristica soltanto occidentale (van de Meer). Ad esempio nel codice di Rabūlā i simboli sono in riferimento piuttosto alla visione di Ezechiele (Neuss), così a Hosios David a Salonicco, nel grandioso mosaico absidale, dove, oltre a Cristo nella mandorla circondato dai quattro simboli, compaiono Ezechiele e Abacuc (Volbach-Hirmer, Arte paleocristiana, Firenze 1958, tavv. 34-35).
La miniatura delle Isole Britanniche nei secoli VII-VIII, conserva alcuni tipi peculiari. Si nota uno scambio di attributi tra Marco e Giovanni: il primo rappresentato dall'aquila, il secondo dal leone. Ciò non può essere attribuito a un errore di copista, benché tale scambio si verifichi anche in testi, come il Libro di Durrow, basati sulla Vulgata di S. Gerolamo, poiché questo ordine negli attributi è testimoniato nella letteratura dal prologo a una composizione biblica di Giovenco, poeta spagnolo morto nel 337, noto in Irlanda (Oxford, Bodleian Library, Auct. D. ii, 19). È assai probabile perciò che le illustrazioni in questione testimonino una tradizione indipendente da S. Gerolamo e forse a lui anteriore. Un altro indizio di antichità del prototipo dei manoscritti insulari è che i simboli degli E. appaiono talvolta privi di ali, così come essi compaiono nelle illustrazioni dell'Apocalisse in Spagna e, eccezionalmente, in un codice del Monte Athos (cod. 43).
Del tutto eccezionale è inoltre, nel Libro di Durrow (Trinity College), la presentazione dei simboli degli E. visti frontalmente e distribuiti sui quattro campi in cui il foglio è spartito da una croce. Lo scorcio delle figure richiama alla mente composizioni antiche. Ma nello stesso codice sono altre quattro immagini isolate non più in scorcio. Laddove le figure hanno le ali, queste non si dipartono dal corpo dell'animale ma ne costituiscono come un supporto (esempio: Libro di Armagh, Dublino, Trinity College). Lo stesso accade in un'opera come la citata "Sedia di S. Marco". Per influsso copto si forma un nuovo tipo zoomorfico, con il corpo umano e la testa dell'animale simbolico. È testimoniato nella miniatura merovingica (Sacramentario di Gellona, Parigi, Bibl. Nat., Lat. 12048) e in quella irlandese (Libro di Kells, Dublino, Trinity College), ad Aquileia nella cosiddetta Chiesa dei Pagani.
Bibl.: A. Baumstark, Zum steheden Autorenbild der byz. Buchmal., in Oriens Christianus, n. s., III, p. 305 ss.; id., Eine Gruppe illustrierter armenischer Evangeliarbücher d. XVII u. XVIII Jhts. in Jerusalem, in Monatsh. f. Kunstw., IV, 1911, p. 249 ss.; W. Neuss, Das Buch Ezechiel in Theol. u. Kunst, 1912; A. Baumstark, Eine antike Bildkomposition in christl.-orient. Umdeutungen, in Monatsh. f. Kunstw., VIII, 1915, p. 111 ss.; W. Köhler, in Belgischen Kunstdenkm., hsgg. v. P. Clemen, Monaco 1923, p. 11 ss.; M. van Berchem-E. Clouzot, Mosaïques Chrétiennes du IVéme au Xéme siècle, Ginevra 1924; A. M. Friend jr., Evangelist Portraits, in Art Studies, V, 1926; J. Weitzmann Friedler, Ein Evangelistentyp mit Aposteln als Begleitfiguren, in Das siebente Jahrz., Fetschr. A. Goldschmidt, Berlino 1935, p. 30 ss.; F. van der Meer, Majestas Domini, Città del Vaticano 1938; P. Toesca, Miniature romane dei secc. XI e XII, in Rivista Ist. Naz. Arch. e St. Arte, I, 1929, p. 3 ss. (p. 95 su Laurenziana, Edili 126 e Perugia, Biblioteca Capitolare); K. Lehmann, The Dome of Heaven, in Art. Bull., XXVII, 1945, pp. 1-43; A. Grabar, Martyrium, II, Parigi 1946, pp. 210, 230 ss.; F. Wormald, The Miniatures in the Gospels of St. Augustine, Cambridge 1954; O. Nordstrom, Ravennastudien, Stoccolma 1953; A. Grabar, La "Sedia di S. Marco", in Cahiers archéol., 1954, p. 19 ss.; M. Gough, Some Recent Finds at Alahan (Koca-Kalessi), in Anatolian Studies, V, 1955, p. 115 ss.; P. Verzone, M. Usman, G. E. Bean, E. Yalkin, Alahan Monastiri mimirasi üzerinde bir inceleme, Istanbul 1955; E. Kitzinger, in C. F. Battiscombe e altri, The Relics of St. Cuthbert, Oxford 1956; G. H. Forsyth, Architectural Notes on Cilicia, in Dumbarton Oaks Papers, XI, 1957, p. 228 ss.; N. e J. M. Thierry, Le monastère de Koca Kalessi en Isaurie, in Cahiers archéol., XX, 1957, p. 89 ss.; M. D. Beck, in Die Religion in Gesch. u. Gegenw., hsggb. v. K. Galling, III, Tubinga 1958, cc. 796-797, s. v. Evangelistensymbole; D. Wright, Hibernosaxon Art, Londra (in corso di pubblicazione nel 1959).