TORRICELLI, Evangelista
Matematico e fisico, nato a Faenza (o nei pressi, a Modigliana) il 15 ottobre 1608. Studiò a Faenza sotto la cura dello zio paterno, monaco camaldolese, e poi alla scuola dei gesuiti. Nel 1627, inviato all'università di Roma, seguì i corsi di Benedetto Castelli, dove ebbe come compagni di studio Alfonso Borelli, Bonaventura Cavalieri e, più tardi, Michelangelo Ricci.
Nel 1641 un suo trattato De motu gravium naturaliter descendentium et proiectorum, che commentava ed estendeva il terzo dialogo dei Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze (1638) del Galilei, fu presentato dal Castelli al Galilei, che aveva allora 78 anni, col consiglio di porsi a fianco il T. per continuare l'opera sua. Il T., terminato il corso che teneva all'università di Roma come supplente del Castelli, venne a Firenze ai primi di ottobre del 1641, ma dopo appena tre mesi (8 gennaio 1642) Galileo moriva. Il T., che era stato accolto con stima e con affetto e aveva subito dimostrato la sua dottrina, fu nominato matematico e filosofo del granduca e fu rinnovata per lui la lettura di matematica dello Studio fiorentino. Pubblicò poco dopo, nell'ottobre 1644, un volume, Opera geometrica, che includeva il trattato sul moto, scritto nel 1641, il suo commento ad Archimede già inviato a Galileo nell'estate del 1641 e altri scritti sulla parabola, la cicloide, il solido iperbolico. L'opera ebbe una grande diffusione in Italia e in Europa. La chiarezza e la precisione dello stile, l'eleganza dei teoremi resero accessibili agli studiosi le idee originali del Cavalieri sugl'indivisibili, di lettura diretta assai difficile (1635).
Il T., continuando l'opera di Galileo, costruì nuovi cannocchiali e microscopî, perfezionando i metodi di lavorazione delle lenti. Si conserva in Firenze una lente da lui lavorata nel 1646, di 10 cm. e mezzo di diametro e m. 5,70 di distanza focale, che, studiata con metodi moderni interferenziali, si è rivelata perfetta al decimillesimo di millimetro.
Il T. ebbe per primo l'idea che l'acqua salisse nelle pompe, non perché attratta dal vuoto, ma perché premuta dall'aria esterna. Egli calcolò, conoscendo il peso specifico del mercurio, che se l'acqua saliva a diciotto braccia, l'argento vivo sarebbe salito a un braccio e un quarto circa. L'esperienza riuscì come il Torricelli aveva preveduto. Egli ne diede la prima notizia in una lettera dell'11 giugno 1644 a M. Ricci. La notizia, comunicata in Francia, si diffuse in tutta Europa e fu seguita da numerose esperienze, tra cui celebri quelle di B. Pascal e di R. Boyle.
Il nuovo strumento chiamato dapprima tubo di Torricelli, ricevette da E. Mariotte (1676) il nome di barometro che oggi conserva. Un barometro, da lui disegnato nel 1644 e offerto in dono al granduca, si conserva ancora in Firenze. Egli previde altresì nella lettera sopracitata che l'aria "vicino alla superficie terrena, pesa circa una quattrocentesima parte del peso dell'acqua..., ma che sopra le cime degli alti monti... è di molto minor peso", prevedendo così la futura esperienza di Pascal. Si occupò altresì di idraulica, studiando le acque correnti in Val di Chiana, seguendo le idee del suo maestro B. Castelli, e preconizzando il metodo delle colmate nelle bonifiche.
Egli moriva a 39 anni, il 25 ottobre 1647, dopo avere espresso nel suo testamento il desiderio che i suoi scritti inediti fossero pubblicati dai suoi amici B. Cavalieri e M. Ricci. Ma il primo moriva un mese dopo di lui; l'altro non ebbe modo di farlo. Per varie ragioni, indicate nell'edizione completa delle sue opere, tale pubblicazione si ebbe soltanto nel 1919.
Le scoperte geometriche del T. destarono la più viva ammirazione. Descartes dice nelle sue lettere: (5 ottobre 1646: "je ne puis refuser le commerce par letres que le Sr. Toricelli veut avoir avec moiy. Je tiendray toujours à honneur d'avoir connoissance avec des personnes de son merite et tascheray de me rendre digne de leur amitié..."; (2 nov. 1646): "La demonstration du solide hyperbolique infini est fort belle au regard de Torricelli qui l'a trouvée..."; (17 agosto 1649): "Pour l'aire de la roulette dont [Roberval] s'est fort vanté, c'est Torricelli qui l'a trouvée et c'est moi qui lui ay enseigné à en trouver les tangentes".
B. Pascal (Lettre à M. de Ribeyre, Parigi 1651; Œuvres, II, ivi 1908, p. 487) dice degli Opera geometrica di T. (1644): "nous avions déjà reçu des productions en géométrie qui surpassent toutes celles de l'Antiquité. Je ne crains pas d'estre desavoüé de cet éloge par aucun de ceux qui sont capables d'en juger". E più tardi (Problemata de cycloide, spediti ad Huygens il 28 giugno 1658): "Haec linea iampridem Galileo, Torricellio et aliis innotuerit, sed quia eorum libri omnibus non sunt obnoxii, ideo hanc ex Torricellio damus".
C. Huygens (Œuvres, II, p. 163, lettera a De Sluse del 5 aprile 1658): "Torricellius infiniti solidi mensuram olim invenit".
Queste testimonianze soltanto bastano a dimostrare l'originalità delle scoperte di T. sulla cicloide, cioè la curva descritta da un punto della circonferenza di un circolo che rotola sopra un piano, e sul solido di rotazione generato da un ramo d'iperbole che ruota attorno a un asintoto.
Il nome di roulette dato dai Francesi alla cicloide era in origine quello della ruota "rou ou roulette", lettera di Mersenne a Descartes del 28 aprile 1638) che descrive la curva. Al T. spetta pure il merito di avere studiato la logaritmica, rappresentazione geometrica dei logaritmi di Nepero, la spirale logaritmica di cui diede la rettificazione (lettera a Carcavy del febbraio 1645): "Qualunque mia spirale non perviene al suo centro se non dopo infinite rivoluzioni strettissime fatte intorno al centro; nulladimeno, non solo qualunque parte o arco di essa spirale, ma anco tutta intera si prova eguale ad una retta".
In una lettera a M. Ricci del 7 aprile 1646 egli enuncia il teorema universale che serve a determinare il centro di gravità di ogni figura geometrica per mezzo del rapporto di due integrali: "Centrum gravitatis ita secat axem sive diametrum tam in planis quam in solidis figuris, ut pars versus verticem sit ad reliquam ut sunt omnes ductus applicatarum in omnes diametri portiones versus verticem abscissas, ad omnes ductus earumdem applicatarum in reliquas diametri portiones".
Le scoperte geometriche del T. segnano un progresso notevole e preannunciano quelle di B. Pascal, di Wallis, di Newton.
Si attribuisce spesso al T. la formula fondamentale del calcolo integrale, che lega l'integrale definito alla derivata (teorema di Torricelli-Barrow; v. integrale, calcolo, XIX, p. 368). È però da osservare che giustamente il T. (De Motu Gravium, p. 154) attribuisce a Galileo il merito di tale teorema enunciato come una relazione tra spazio e velocità, nella rappresentazione geometrica del moto di un punto. Parimenti J. Barrow (Lectiones Geometricae, pp. 9, 11) cita come suoi precursori Galileo e T. Il Barrow adopera già le parole fluens e fluxus, l'ultima delle quali, fluxus temporis, era già stata adoperata da Galileo (Discorsi e dimostrazione Mat., Leida 1638, pi 171). Ma soltanto al Newton appare chiaro che il fondamento del calcolo infinitesimale consiste appunto nello studio delle relazioni tra flussioni e quantità fluenti (derivate e integrali).
Sono altresì da ricordare gli studî del T. sulla balistica, la costruzione di tavole di tiro, e la determinazione delle traiettorie dei proiettili. Al T. si deve la formula per l'efflusso di un liquido da un foro praticato nella parete del recipiente che lo contiene, formula interessante per sé, ma anche perché il T. la dedusse applicando per la prima volta il principio della conservazione dell'energia. Il principio del Torricelli (Opera geometrica, 1644; De Motu gravim, I, p. 99): "Duo gravia simul coniuncta ex se moveri non posse nisi centrum commune gravitatis ipsorum descendat" è stato uno dei più fecondi nella storia della meccanica.
Le accuse ingiuste e infondate del Roberval, purtroppo raccolte dal Pascal, furono efficacemente ribattute dai contemporanei Descartes, Wallis, Huygens e in modo definitivo ed esauriente da Carlo Dati. Esse addolorarono il T. e gl'impedirono forse di redigere un'opera, di cui lasciò soltanto frammenti, intitolata De lineis novis.
Le Lezioni accademiche, pubblicate da Tommaso Bonaventura soltanto nel 1715, con una vita del T., sono dodici lezioni tenute all'Accademia della Crusca. In tre lezioni sulla forza della percossa illustra alcuni concetti trasmessigli dal Galilei. Nella settima lezione sul vento studia il meccanismo della circolazione dell'aria e prevede le ricerche e gli studî della meteorologia moderna. La nona lezione è un elogio della matematica, la decima e l'undicesima sono dedicate all'architettura militare.
Opere: Opera geometrica Evangelistae Torricellii, Firenze 1644; Lezioni accademiche, Firenze 1715 e Milano 1823; Sul corso della Chiana (in Raccolta degli scritti sul moto delle acque, 2a ed., IV, Firenze 1768); Opere di E. T., edite da G. Vassura e G. Loria, Faenza 1919.
Bibl.: T. Bonaventura, Vita di E. T. (in Lezioni accademiche, sopra citate); C. Dati, Lettera ai Filaleti di Timauro Antiate, Firenze 1663; A. Fabbroni, Vitae Italorum, ecc., Pisa 1778, I, pp. 376-399; F. Jacoli, E. T. ed il metodo delle tangenti, Bull. di Boncompagni, VIII, Roma, maggio 1875; G. Ghinassi, Lettere fin qui inedite di E. T. precedute da una vita di lui, Faenza 1864; E. Bortolotti, Studî e ricerche sulla storia della matematica in Italia, Bologna 1928; A. Garbasso, Scienza e poesia, Firenze 1934.