CATTERMOLE, Eva Giovanna Antonietta (pseud. Contessa Lara)
Nacque a Firenze il 26 ott. 1849 (e non altra data) da Guglielmo e da Elisa Sandusch.
La data e il luogo di nascita, che risultano dalla Sezione stato civile toscano in Arch. di Stato di Firenze, come l’identità dei genitori hanno avuto versioni contrastanti fornite talora dalla stessa C.; la quale era la terza figlia di Guglielmo, che aveva avuto altri due figli, l’omonimo Guglielmo e Eufrosina, nati da due precedenti matrimoni contratti in Scozia.
L’educazione della C. avvenne dapprima sotto la guida del padre, che dopo molte vicende aveva ottenuto un posto di insegnante di inglese all’istituto tecnico di Firenze; da lui apprese il francese, l’inglese e lo spagnolo, mentre la madre l’avviava allo studio della musica. In un secondo tempo ebbe come maestra la poetessa Marianna Giarré-Billi. Nel 1867 l’inclinazione alla poesia della C. si manifestò con una raccolta, Canti e ghirlande (Firenze 1867), rivista e corretta da F. Dall’Ongaro, allora amico di famiglia.
Questo primo lavoro, diviso in sei parti (Primi pensieri, Melanconie, Canzoni, Ricordi, Ballate, Rispetti), è legato ai modelli scolastici di un tardo romanticismo di maniera, di stampo pratiano o aleardiano, e vi predominano l’effusione dei sentimenti e un facile paesaggismo tendente allo sfumato. Tuttavia è già evidente nella fattura dei versi, accanto a una costante tendenza alla fluidità del ritmo e della rima, una decisa scelta in direzione opposta a certo plasticismo o pittoricismo connessi alla contemporanea rinascita di una poesia di intonazione classicheggiante.
In quegli anni la C. frequentava i più noti salotti letterari della Firenze capitale (Rattazzi, Poniatowsky, Mancini); proprio nel salotto di P. S. Mancini ne conobbe il figlio, Francesco SaverioEugenio, ufficiale dei bersaglieri, che sposò il 5 marzo 1871, nonostante molte opposizioni nella famiglia di lui. Subito dopo il matrimonio seguì il marito, trasferito per servizio, prima a Roma, poi a Napoli e successivamente a Milano, dove, dopo qualche tempo, iniziò una relazione con il veneziano G. Bennati di Baylon. La vicenda si concluse tragicamente con la morte del Bennati, sfidato a duello dal Mancini, e la separazione dei due coniugi. La C. tornò a Firenze, dove si stabilì il 2 giugno 1875; qui conobbe M. Rapisardi, con il quale ebbe probabilmente una relazione, conclusasi con la separazione di questo dalla moglie, Giselda Fojanesi.
La C. collaborò al quotidiano Fieramosca, fondato a Firenze nel 1881. E sotto la guida e con l’aiuto del Rapisardi pubblicò nel 1883 una seconda raccolta di poesie, Versi, con lo pseudonimo di “Contessa Lara”.
La vena poetica vi appare già affinata in una più abile e personale manipolazione dei propri modelli: l’influenza stecchettiana si rivela in particolare nel settore erotico della raccolta, ma stemperata e diluita in una direzione più morbida e intima che anticipa certe atmosfere di sensualismo tra decadente e mondano alla D’Annunzio. Una consapevole lettura di alcuni poeti dell’area decadente francese, da F. Coppée a C. Mendès, introduce aperture di gusto precrepuscolare, evidenti ad esempio nella descrizione di interni attutiti e spenti, dalle tinte sfumate e smorzate. Ad una già diffusa atmosfera incline a un realismo intimo e prosaico (di tipo che si potrebbe definire betteloniano) fanno inoltre riferimento alcuni moduli, che appaiono episodicamente e frammentariamente, ispirati al genere descrittivo della vita quotidiana non alieni dall’utilizzazione di un lessico abbassato familiare che si combina curiosamente, con il normale livello aulico di questo linguaggio poetico.
Il volume, pubblicato a Roma dal Sommaruga, l’editore della Cronaca bizantina, ottenne uno strepitoso successo, e venne persino attribuito allo Stecchetti. Nel 1885 la C. si trasferì nella capitale, dopo aver cominciato a collaborare, prima con versi poi anche con novelle, racconti, romanzi e articoli di moda e di varietà, ai più diffusi giornali e periodici del tempo: la Tribuna illustrata su cui teneva una rubrica intitolata “Cronache femminili”, La Donna, Roma letteraria, Il Capitan Fracassa, Il Fanfulla della Domenica, Natura ed arte, Vita italiana, Nabab, Corriere di Roma, Caffaro, L’Illustrazione italiana.
Nel 1886 pubblicava a Firenze un nuovo volume di poesie: E ancora versi. In esso la C. rivelava l’acquisizione, nel progressivo distacco dai propri precedenti modelli, di un linguaggio poetico personale muoventesi ormai decisamente nell’ambito dell’area decadente.
I moduli ispirati a un sensualismo di stampo scapigliato o vicini al gusto realistico-quotidiano scompaiono, di fronte al prevalere di quella sensibilità morbida e mondana che già si avvertiva nella precedente raccolta in alcune fugaci descrizioni di interni. In questo volume, accanto a un descrittivismo più abile e minuzioso nel fotografare l’estenuata preziosità degli arredamenti umbertini, vengono sfruttati altri topoi della poesia decadente europea, come, ad esempio, il tema del parco abbandonato o quello degli arredi antichi, coperti della polvere degli anni da cui derivano il loro fascino. Anche dal punto di vista ritmico-sintattico la nuova raccolta sembra segnare un momento di liberazione dalla rigida struttura tradizionale (in prevalenza il sonetto) precedentemente adottata.
Negli anni successivi la C. si volse prevalentemente alla prosa: del 1887 è il volume di novelle Così è (Torino) cui seguirono il romanzo L’Innamorata (Catania 1892), le Storie d’amore e di dolore (Milano 1893) e Il romanzo della bambola (Milano 1895). Tentò anche la letteratura per l’infanzia con i racconti Una famiglia di topi (Firenze 1895) e Compagni di sventura (Roma s.d.). Questa produzione segnò decisamente un fase di più accentuata commercializzazione dell’ispirazione letteraria della C.: ad eccezione di Unafamiglia di topi, che riusciva a recuperare un certo semplice gusto realistico-quotidiano, sia pure tradotto nei termini del meraviglioso infantile, i romanzi e le novelle appaiono interamente dominati dagli stereotipi più banali della contemporanea narrativa di consumo. Un superficiale descrittivismo mondano. (ambienti eleganti, personaggi aristocratici o appartenenti a un equivoco démi-monde, trame sospese tra passionalità e patetico) si alterna ai moduli di un velleitario naturalismo di maniera non esente da astratte ambizioni di denuncia sociale.
Dopo un avvicendarsi di relazioni amorose, la C. passò a convivere con il pittore Pierantoni, conosciuto nella redazione della Vita italiana. Il tempestoso rapporto si chiuse con la sua uccisione da parte dell’amante il 30 nov. 1896. L’anno seguente a cura di L. Donati usciva postuma l’ultima raccolta poetica della C., Nuovi versi (Milano 1897).
La struttura del volume appare decisamente composita e frammentaria, incerta com’è tra la ripresa dei moduli già sfruttati di un intimismo decadente, morbido ed estenuato (il minuzioso descrittivismo degli interni, la preziosità degli arredi, l’esotismo di maniera, ecc.) e la volontà di imprigionare la struttura ritmico-sintattica in una armatura logico-discorsiva ispirata agli stereotipi di uno spiritualismo di riporto. Moduli appartenenti al genere assai diffuso dell’itinerario spirituale (pentimento, stanchezza, ripiegamento, rinuncia) si mescolano così a stilemi di gusto pesantemente simbolico, attraverso cui l’inclinazione suggestivo-musicale tipica del verso della C. lascia spazio alla ripresa di un’ispirazione plastico-statuaria ormai anacronistica e superata.
Sempre postumi, vennero pubblicati altri volumi in prosa: Storie di Natale (Rocca San Casciano 1897); Novelle (Napoli 1914); La Madonna di Pugliano ...: racconti e novelle (Napoli 1917), che non si allontanano dai suoi modi consueti; e una raccolta epistolare curata dall’amico E. Bottini, Lettere intime (Roma 1897).
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