ETOLOGIA
(XIV, p. 509; App. IV, I, p. 740)
Va qui anzitutto ricordato che, per i loro studi etologici e per l'impostazione teorica data alla disciplina, K. Z. Lorenz, N. Tinbergen e K. R. von Frisch hanno ricevuto nel 1973 il premio Nobel per la medicina o la fisiologia.
Campo di recente sviluppo degli studi etologici sono state le relazioni tra le specie animali, l'ambiente e le sue risorse, quindi gli aspetti ecologici del comportamento animale. Questo nuovo approccio agli studi etologici, detto eco-e. o ecologia comportamentale, elegge i diversi fattori ambientali, biotici e abiotici a elementi chiave per l'interpretazione e l'analisi del comportamento. Esso riconosce che il valore dei meccanismi e delle strategie finalizzate allo sfruttamento delle risorse, all'utilizzazione dello spazio o alla propagazione delle specie dipende dal contesto ecologico in cui si sono esplicate e in cui, in passato, si sono evolute. Il comportamento è infatti l'espressione di quanto acquisito geneticamente nel corso della filogenesi, completato dalle esperienze del singolo e da quanto a lui trasmesso culturalmente dai conspecifici.
L'ecologia comportamentale ricerca allora i principi con cui l'evoluzione ha sintetizzato la particolare combinazione di scelte di habitat, alimentari e sociali che fanno di ogni specie un'entità unica, con un preciso posto e ruolo nell'ambiente. L'eco-e. ha portato notevoli contributi all'interpretazione dei fenomeni di socialità animale, permettendo di comprendere meglio i meccanismi che regolano le dimensioni dei gruppi e i rapporti tra gli individui che ne fanno parte, mettendo in luce come la stessa socialità sia una risposta adattativa all'ambiente e quindi sempre ecologicamente calibrata. In questo senso appare felice il termine ''socioecologia'' recentemente introdotto in letteratura.
Oggi si registra una notevole convergenza nel ritenere che almeno quattro linee di pensiero costituiscano la base teorica di questa disciplina.
Una prima tendenza di studi si è sviluppata dopo la seconda guerra mondiale in Inghilterra per merito di J. H. Crook, che, con i suoi lavori sui primati e sugli uccelli tessitori, ha posto le basi di quello che è stato chiamato ''approccio comparativo'' all'interpretazione del comportamento sociale. Esso è riuscito a dare una spiegazione a come le forze selettive agiscano sull'organizzazione sociale e come questa sia influenzata da pressioni di ordine ecologico, tra cui dieta e predazione sono i fattori di maggior peso. Questo non solo negli uccelli, ma anche in alcuni pesci e nei mammiferi. L'importanza di fattori quali la dieta e la predazione nel determinare il tipo di organizzazione sociale e il conseguente uso dello spazio è stata ulteriormente ribadita da J. Terborgh con uno studio su cinque specie di primati nel Nuovo Mondo. Lo stesso autore applica e sviluppa anche il concetto di ''taglia ottimale'' del gruppo nell'interpretazione delle basi adattative nei vari sistemi sempre dei primati.
N. Tinbergen e la scuola olandese rappresentano un altro fondamentale apporto alla definizione dell'ecologia comportamentale, in cui il valore di sopravvivenza dei vari tipi di comportamento viene valutato con precisi esperimenti sul campo. Il contributo di questa scuola è stato particolarmente rilevante per lo studio della comunicazione animale e della sua centralità nel contesto sociale, interpretandola come un mezzo attraverso cui è incrementata la fitness ("idoneità") delle specie. Ma soprattutto il merito di Tinbergen è stato quello di tentare per primo una valutazione del comportamento del singolo individuo in termini di costi e vantaggi.
In quest'ottica, di fondamentale importanza nello sviluppo dell'ecologia comportamentale, si è concretizzata la teoria di ottimalizzazione del comportamento, ad opera della scuola statunitense (R.H. Mac Arthur, E.R. Pianka, G.H. Orians). I modelli di ottimalizzazione, che tendono a predire quale limite costi/benefici di un comportamento darà il massimo vantaggio all'individuo, sono stati sviluppati inizialmente, per quanto riguarda il comportamento alimentare, in connessione con problemi riguardanti l'ampiezza di nicchia e la competizione. L'apporto degli ecologi a questo riguardo è stato determinante. I maggiori progressi si sono tuttavia avuti in seguito, quando questi modelli sono stati utilizzati per esaminare il comportamento decisionale di animali, sia in laboratorio che in natura.
Una quarta, ma non certamente ultima, linea di pensiero che ha contribuito in modo determinante alle idee e allo sviluppo dell'ecologia comportamentale è stata quella che ha chiarito la funzione dell'''altruismo'' nei meccanismi evolutivi del comportamento sociale e i vantaggi che questo comportamento può avere nella perpetuazione e nel mantenimento di un certo patrimonio genetico. I lavori di W.D. Hamilton, che ha definito il concetto di ''fitness inclusiva'', di J. Maynard-Smith, con la precisa classificazione delle varie categorie di altruismo e in particolare con la puntualizzazione del concetto di kin selection ("selezione tramite consanguinei"), nonché quelli di R.L. Trivers, che ha definito l'''altruismo reciproco'', sono quelli che maggiormente hanno contribuito ai progressi in questo campo. Gli studi sull'altruismo, in particolare negli insetti dove l'evoluzione delle società è arrivata alla creazione di caste sterili, eminentemente altruiste, sono stati i fattori di sviluppo di un'altra disciplina etologica, la sociobiologia, nella quale i principi della biologia evoluzionistica vengono applicati allo studio del comportamento sociale degli animali. L'opera fondamentale a riguardo è stata pubblicata da E. O. Wilson nel 1975. Le interpretazioni del comportamento sociale umano che si sono ricercate nei capitoli finali di quest'opera, ne hanno provocato fraintendimenti e generalizzazioni sfociate in un ''dibattito sociobiologico'', che dal campo dell'e. si è spostato in quello della sociologia umana.
Come si è detto, problema centrale della sociobiologia è lo studio di come si sia evoluto e mantenuto un comportamento altruistico che, invece di aumentare la capacità di riproduzione o più estesamente di sopravvivenza di chi lo esplica, aumenta quella di conspecifici. Ciò deve essersi affermato e reso possibile evolutivamente seguendo vie differenti, partendo forse dall'altruismo rivolto a consanguinei e da fenomeni di mutualismo collaborativo, attraverso i casi di altruismo reciproco. Certamente il comportamento altruistico si comprende meglio se si pensa la struttura sociale come una ''struttura di parentela'' in cui il comportamento altruistico va a favorire non tanto un pool genico impersonale ma una sua porzione a cui l'altruista è legato da vincoli di consanguineità.
Bibl.: Social behaviour in birds and mammals, a cura di J. H. Crook, Londra 1970; E. O. Wilson, Sociobiology, the new synthesis, Harvard 1975 (trad. it., Bologna 1980); Behavioural ecology, a cura di J. R. Krebs e N. B. Davies, Oxford 1978; J. Maynard-Smith, The evolution of sex, Cambridge 1978; J. R. Krebs, N. B. Davies, An introduction to behavioural ecology, ivi 1981 (trad. it., Ecologia e comportamento animale, Torino 1987); Il dibattito sulla sociobiologia, a cura di V. Parisi e F. Robustelli, Roma 1982; R. L. Trivers, Social evolution, Menlo Park 1985; Ecological aspects of social evolution, a cura di D. I. Rubenstein e R. W. Wrangham, Princeton 1986; Ethology, ecology and evolution, vol. 1, n. 1, Firenze 1989; Behavioural and neural aspects of learning and memory, Proceedings of a Royal Society Discussion, Oxford 1990; Cognitive ethology: the minds of other animals, a cura di C.A. Ristau, Hillsdale 1991.