ESOTISMO
. Il termine "esotico" (dal gr. ἐξωτικός) nella sua accezione più vasta, conforme all'etimo, può indicare, in letteratura e nelle arti, ogni elemento forestiero chiaramente identificabile; ma il termine s'usa oggi di solito in un significato specifico la cui storia è intimamente connessa con la storia del Romanticismo. Secondo questa accezione, il termine designa un complesso di emozioni provocate dal pensiero o dal contatto di paesi stranieri, specialmente di certi paegi dell'Oriente e del Mezzogiorno. La poesia della distanza, il romantico amore per l'"altra riva" ne sono caratteristiche essenziali: come anche l'elemento sensuale nel quale è la ragione della localizzazione prevalentemeute orientale di codesto sentimento, essendosi formata nella mente degli Europei, attraverso le relazioni dei primi viaggiatori, l'immagine di un Oriente dalla vita più intensa e voluttuosa.
Sarebbe arrischiato voler trovare precursori dell'esotismo, quale oggi lo si intende, presso gli antichi, o magari presso gli Umanisti intenti alla restaurazione del mondo pagano.
La genericità caratteristica della letteratura medievale, col suo ridurre epoche e paesi diversi a uno stesso denominatore contemporaneo e familiare, sembra escludere la possibilità di sensazioni esotiche, e, del resto, l'acceso sentimento religioso d'allora tendeva a vedere negli orientali soprattutto i nemici del cristianesimo; ma se tale è indiscutibilmente il carattere generale dell'epoca, occorrerà poi rendersi conto delle imitazioni di motivi decorativi orientali nell'arte, e della presenza di personaggi in costume orientale nella pittura. Giotto, rappresentando il miracolo di San Francesco alla corte del Soldano (Firenze, Santa Croce) rivela chiare intenzioni di color locale; e nella scuola fiorentina e più ancora nella senese è assai evidente il gusto per le ricche stoffe d'Oriente. Più tardi, la scuola veneziana mostrerà un deciso compiacimento per il fasto di parate orientali. Ma non è solo presso i Veneziani che il soggetto del quadro è talvolta un mero pretesto per uno sfoggio di costumi; si pensi, p. es., agli affreschi del Pinturicchio nell'appartamento Borgia (Vaticano), e alla Storia di Perseo e di Andromeda di Piero di Cosimo (Firenze, Uffizî), dove l'intento principale del pittore è quello di mostrare una spiaggia esotica, popolata d'indigeni con strani strumenti musicali, turbanti, ecc. Pare tuttavia difficile interpretare simile esotismo altro che in un senso lato, di curiosità e compiacimento in oggetti ricchi e insoliti. Di tale esotismo, che è sempre esistito, basterà appena toccare, avvertendo che dal Seicento in poi si fanno di più in più frequenti gli accenni sentimentali che precorrono l'esotismo romantico.
Influssi bizantini, arabi, persiani, appaiono negli ornati medievali, e di ciò s'intenderà la ragione, se si ricordino circostanze storiche quali la presa di Costantinopoli da parte dei Crociati nel 1204, l'emigrazione in Italia dei tessitori arabi di Sicilia, gli attivi contatti dovuti alla presenza dei Mori in Spagna e ai commerci delle città marittime, soprattutto di Venezia. Gli orefici e i tessitori medievali imitarono iscrizioni arabe nelle loro opere, le cosiddette lettres de Damas, o lettres moresques o lettres sarrasines; più tardi compaiono motivi quali le cinghie intrecciate, i nodi decorativi, cosi comuni nell'arte libraria del Rinascimento, i fogliami chiamati cosse de pois. Lo spirito di tali imitazioni, la curiosità tecnica, è illustrato da un passo della Vita del Cellini (I, 31).
Un'epoca nuova si apre, naturalmente, coi grandi viaggi di scoperta e i racconti dei viaggiatori, seguiti da quelli dei coloni e soprattutto dei missionarî. Accanto alla curiosità, sembra manifestarsi un nuovo senso di fascino della distanza e dell'avventura. Si decorano i palazzi con gallerie di carte geografiche; architetti portoghesi, nel chiostro di Belem, intorno al 1520, adoperano come motivi decorativi gomene, astrolabî, sfere armillari e strane piante marine e tropicali. Le merci esotiche giungono in maggiore abbondanza in Europa; stimolato dalla loro presenza, qualche scrittore anticipa l'esotismo ottocentesco, primo fra tutti, forse, un "filosofo morbido" italiano della fine del Seicento, Lorenzo Magalotti, sottile esploratore di profumi esotici e curioso di terre incognite.
La visione dell'Oriente, prevalentemente turca e persiana fino alla fine del Seicento, diviene poi cinese grazie alla popolarità data all'Estremo Oriente dalle missioni dei gesuiti. Già alla fine del Cinquecento si fabbricavano in Cina porcellane destinate al mercato europeo; nella prima metà del Seicento sorgono le prime fabbriche europee di porcellana (L'Aia, Delft), finché nel 1711, a Dresda, Johann Friedrich Böttger scopre il segreto della porcellana cinese. Il gabinetto cinese diviene comune caratteristica dei grandi palazzi; tutto uno stile, il rococò, si sviluppa dal barocco sotto l'influsso della bizzarria orientale; nel giardinaggio, in opposizione al giardino classico, italiano, sorge il giardino cinese (detto anche inglese, essendo la sua diffusione in Europa dovuta all'anglomania continentale); anche nella storia del pensiero la voga cinese lascia le sue orme, grazie alla rappresentazione, data dai gesuiti, dei Cinesi come d'un popolo dalle leggi perfette e dall'elevata filosofia. Tuttavia, per quanto nessuna voga esotica in Europa sia giunta mai all'intensità della cinomania settecentesca (dal 1710 al 1770 circa), si tratta sempre di cosa diversa dall'esotismo romantico; manca specialmente nella voga cinese quella brama di liberazione sensuale che è tipica dell'esotismo: dei Cinesi, un'età intellettuale come il Settecento ammirò soprattutto la raffinata civiltà.
Prodromi dell'esotismo romantico invece è dato di scoprire in altri campi. Dietro l'aborrimento puritano per la machiavellica Italia del Rinascimento, che anima i drammaturghi elisabettiani, traspare l'attrattiva che esercitava su di loro l'intensa e appassionata vita del Sud. Nei drammi di John Webster soprattutto il lato pittoresco, esotico, delle passioni e dei costumi è prevalente. Ma dove addirittura ci sembra di cogliere un accento di esotismo romantico, anticipazione dell'Oriente violento e lussurioso del Flaubert, è nel Tamburlaine the Great del Marlowe (1590). Ad altri autori l'Oriente fornì soprattutto temi di cruente tragedie atte a gareggiare in mostruosità con quelle di Seneca, allora modello alle scene: il primo a cercar temi nella storia orientale fu G. B. Giraldi Cinzio, con la sua Orbecche (1541); in Francia l'interesse per soggetti orientali fu risvegliato dal Solimano del Bonarelli (1619) e culminò col Bajazet del Racine (1672). Ma l'impegno esotico degl'Italiani e dei Francesi non è caratterizzato da quella latente, nostalgica adesione che si scopre nei drammaturghi elisabettiani. La curiosità del costume e dei modi è, d'altra parte, l'unica ragione dell'esotismo nella commedia. Il Molière nel Bourgeois gentilhomme (1670) non fa che rendere classico un motivo (del Turco per burla) già introdotto in Francia dal Rotrou nella Sœur (1645), versione libera della Sorella di G. B. della Porta che aveva adattato il motivo dai comici latini. Pure a un italiano, il Marana, si deve l'invenzione di un nuovo modo di satira, che fa giudicare gli Europei da un preteso viaggiatore orientale (versione francese L'Espion du Grand Seigneur, 1684). E un'utilizzazione satirica dell'esotismo presentano le Lettres persanes del Montesquieu e alcuni Contes orientali di Voltaire.
Poco o nulla v'è d'esotico nei romanzi di sedicente soggetto orientale, spesso a chiave, del Seicento; ma la divulgazione delle Mille e una Notte in Francia e in Inghilterra al principio del Settecento apri un nuovo periodo di racconti orientali e di fiabe di colorito decisamente esotico (per es. in Francia Cazotte, più tardi in Germania Wieland), sebbene un esotismo nel senso specifico già indicato non si riscontri che nel più celebre di essi, Vathek del Beckford (1786). D'altra parte il condimento orientale servì ad aggiungere sapore a racconti galanti come il famoso Sopka del Crébillon, Les Bijoux indiscrets del Diderot; ma anche questo genere esorbita dal vero e proprio esotismo.
Mentre l'Oriente diveniva presto nell'immaginazione europea simbolo di vita intensa dei sensi (già nei poemi del Tasso e del Marino), lo studio dei costumi e della religione dell'India, iniziatosi dopo il tentativo di colonizzazione francese e la guerra con l'Inghilterra (seconda metà del Settecento), incamminò gli Europei sulla via di un esotismo filosofico che è tuttora in pieno vigore (si pensi ai recenti successi di un Tagore, di un Krishnamurti). Sempre nel Settecento, l'America e le terre più recentemente scoperte offrirono una reincarnazione del vecchio mito dell'Età dell'oro: colà l'uomo vive ancora nelle condizioni ideali della società primitiva, è il nobile selvaggio, non ancora contaminato dalla civiltà. Codesto mito del nobile selvaggio è una variante dell'esotismo, d'indole piuttosto morale che sensuale. È un mito che sembra destinato a sorgere dovunque si manifestino progredite condizioni di civiltà, con il senso d'artificialità che ne consegue. Così nell'epoca ellenistica filosofi e storici, come Eforo, studiano i popoli barbari (Sciti, Traci, Celti) dal punto di vista morale e scoprono in essi quelle virtù che gli uomini civili han perduto. Nel settecento America e Oceania appaiono paradisi di purezza e d'ingenuità: nel Supplément au Voyage de Bougainville (1772) il Diderot si dilunga sui costumi dei beati abitanti di Tahiti; in Paul et Virginie (1787) Bernardin de Saint-Pierre sviluppa nella cornice esotica dei Tropici il sogno edenico del Rousseau; la scena è ivi un'isola africana, ma di solito in America i più collocano simili idillî.
Già verso la metà del Seicento le Bermude avevano offerto ai poeti inglesi (Waller, Battle of the Summer Islands, e soprattutto la lirica Bermudas del Marvell) l'immagine delle isole fortunate, ove è eterna primavera e gli aranci splendono tra le fronde: paesaggio ideale analogo a quello dell'Europa mediterranea evocato più tardi dal Goethe nei celebri versi Kennst du das Land... e dagl'imitatori di essi. Un'isola americana era stata pure la scena del Robinson Crusoe che tanto affascinò le menti degli Europei. L'idillio tra un Europeo e una figlia della natura, una bella selvaggia, è motivo comune di parecchi racconti settecenteschi, fissato in un'opera d'arte memorabile dallo Chateaubriand (Les Natchez) che Io circonfonde di quel senso nostalgico, di quell'incessante tendere a un'altra riva che distinguono l'esotismo moderno. L'aspirazione esotica si trova in ceinse (Ardinghello, 1787), Walkenroder (Herzensergiessungen eines kunstliebenden Klosterbruders, 1797), in Coleridge (Kubla Khan), in Keats (v. p. es., Letters, a cura di M. Buxton Forman, Oxford 1931, I, pp. 262, 270, 281), in Thomas Wainewright, curiosa prefigurazione di Oscar Wilde al principio dell'Ottocento. Il Wainewright, anticipando il Gautier, indulge alla lussuriosa fantasia d'impersonare un monarca orientale. Il gusto per i paesi voluttuosi e cruenti è comune a maggiori e minori del periodo romantico, a un Gautier come a un Pétrus Borel, a un Berlioz (p. es. l'Orgia dei briganti, in Aroldo in Italia) come a un Delacroix; in parte per l'influsso del Levante sanguinoso di Byron, il quale, d'altra parte, aveva collocato in un'isola greca l'idillio tra l'uomo logoro dalla civiltà e l'ingenua figlia della natura (episodio di Haidée in Don Juan).
Il vero fondatore dell'estetismo esotico è Théophile Gautier. Il protagonista di Mademoiselle de Maupin (1835-36), d'Albert, si tende con nostalgia verso il mondo pagano, sia quello sereno dell'Ellade, sia quello lussurioso e violento di Roma imperiale, o dell'Oriente dalle belle regine micidiali (Une Nuit de Cléopâtre, 1845, Le Roi Candaule). Il Gautier sarà pure il primo ad accennare a quella quintessenza dell'esotismo che è la figura della "donna fatale" incarnatasi volta a volta in tutti i tempi e in tutti i paesi, un archetipo riunente in sé tutte le seduzioni, tutti i vizî e tutte le voluttà (Ètudes de mains: Impêrial), che si svilupperà poi in Flaubert (figura della cortigiana Maria in Novembre, regina di Saba ed Ennoia nella Tentation), nello Swinburne (specialmente in Notes on Designs of the Old Masters in Florence, 1868, e in una poesia del 1866, Cleopatra; si veda pure il significativo Masque of Queen Bersabe per l'esotismo dello Swinburne), in Pater (la famosa interpretazione della Gioconda di Leonardo), nel Wilde, nel D'Annunzio. L'aspirazione del Flaubert a un Oriente barbarico e selvaggio, con oro, marmo e porpora, sì, ma anche con sangue e orribili putredini e miasmi accanto ai profumi, si tradurrà nelle torbide visioni della Tentation e di Salammbô. Baudelaire offre l'esempio più perfetto del vero esotista, egli che, sempre aspirando a un mondo diverso o magari a esulare anywhere out of the world, non apprezzò affatto quel viaggio al Madagascar intrapreso in giovinezza. Esotista infatti non è tanto colui che, attratto da un paese straniero, si trova del tutto appagato appena può trasferirvisi, quanto colui che idoleggia la visione fantastica d'una terra lontana.
A tal segno romanticismo ed esotismo vanno di pari passo, che a voler ricordare gli scrittori che più mostrarono la tendenza esotica occorrerebbe nominare i più dei romantici e dei tardi romantici o decadenti. Tra i paesi che a volta a volta hanno attirato l'attenzione degli esotisti, dal principio dell'Ottocento a questa parte, sono stati la Spagna (Mérimée, Hugo, Gautier, Pierre Louÿs, Albert Samain, Barrès, Henri de Montherlant tra i Francesi, Clemens Brentano fra i Tedeschi, ecc.), il Levante (Hugo, Les Orientales, Ferdinand Freiligrath), la Russia (nell'ultimo scorcio del secolo scorso, dopo la divulgazione del romanzo russo dovuta al visconte de Vogüé), i Mari del Sud (R. L. Stevenson, Joseph Conrad), il Giappone (Goncourt, Loti, ammiratore, del resto, di tutto l'Oriente), il Messico (D. H. Lawrence, Gerhardt Hauptmann).
Accanto alla letteratura, la pittura e la decorazione. Tra i pittori basterà ricordare il Delacroix, il Vernet, il Marilhat, il Decamps, il Fromentin, il Gauguin; per le voghe decorative si pensi alla moda araba verso la metà del secolo scorso (stile dell'Alhambra imitato, p. es., nel Trocadéro a Parigi), al gusto giapponese verso la fine del secolo, e, in tempi più vicini a noi, la voga per l'arte africana. Uno degli esempî di esotismo musicale più noti agl'Italiani si ha nella Turandot del Puccini. Spesso alla radice delle varie mode si trovano avvenimenti politici: così la conquista francese dell'Algeria fornì il motivo occasionale ai pittori francesi di scene arabe, la campagna napoleonica attirò l'attenzione sulla Spagna, l'apertura delle relazioni con l'Europa nel 1863 rivelò il sino allora misterioso Giappone. Alcuni artisti furono esotici universali, rivivendo impressioni di ogni clima: tali Friedrich Rückert, e soprattutto Leconte de Lisle e José-Maria de Hérédia. All'esotismo estetico dei decadenti (tipici rappresentanti: Gustave Moreau tra i pittori, J.K. Huysmans tra gli scrittori; la figura di Salomè, divulgata da un'interpretazione data dal secondo a un gruppo di quadri del primo, in Á rebours, e più ancora dal dramma del Wilde, è una suprema incarnazione dell'Oriente lascivo e crudele), è succeduto, specie per opera di scrittori americani (Sherwood Anderson e altri) un esotismo etico che riproduce in nuove forme l'utopia rousseauiana del "felice selvaggio", contrapponendo la pagana sensualità dei Negri allo stanco cerebralismo dei Bianchi.
In Francia l'esotismo ha assunto nel primo trentennio del sec. XX caratteri che lo differenziano dall'esotismo romantico: sono da ricordare a questo proposito scrittori non raggruppabili per altri rispetti: i fratelli Tharaud, E. Psichari, P. Morand, Th. Raucat ecc.
Bibl.: F. Brie, Exotismus der Sinne, Heidelberg 1920; P. Martino, L'Orient dans la litt. fran. au XVIIe et au XVIIIe siècle, Parigi 1906; M. P. Conant, The Oriental Tale in England in the Eighteenth Century, New York 1908; G. Chinard, L'exotisme américain dans le XVIe siècle, Parigi 1911; id., L'Amérique et le rêve exotique dans la litt. franç. au XVIIe et au XVIIIe siècle, Parigi 1913; id., L'exotisme américain dans l'œvre de Chateaubriand, Parigi 1918; H. N. Fairchild, The Noble Savage, New York 1928; A. Farinelli, Il Romanticismo nel Mondo Latino, Torino 1927; M. Praz, La Carne, la Morte e il Diavolo nella letteratura romantica, Milano-Roma 1930; E. Seillière, De la déesse Nature à la déesse Vie, Parigi 1931; L. Montano, Le più belle pagine di L. Magalotti, Milano 1924 (introd.); F. Desonay, Le rêve hellénique chez le poètes parnassins, Parigi 1929; A. Cassagne, La Théorie de l'art pour l'art chez les derniers romantiques et les premiers réalistes, Parigi 1906; F. Viney, Les sources de Leconte de Lisle, Montpellier 1907; L. Cario e Ch. Régismanset, L'exotisme, Parigi 1911; M. Ibrovac, José-Maria de Hérédia, les sources des "Trophées", Parigi 1923; H. David, L'exotisme hindou chez Th. Gautier, in Revue de litt. comparée, 1929; L. F. Benedetto, Le origini di Salammbô, Firenz 1920; A. Farinelli, G. de Humboldt et l'Espagne, Parigi 1898; E. Martinenche, L'Espagne et le Romantisme français, Parigi 1922; V. M. Yovanovitch, La "Guzla" de P. Mérimée, Parigi 1911; J. Larat, La tradition et l'exotisme dans l'œvre de Ch. Nodier, Parigi 1923; R. M. Macandrew, Exotic Naturalism in Spanish Poetry, in Modern Language Reviw, 1931. Per l'esotismo nell'arte decorativa, v. J. Evans, Pattern, Oxford 1931;