EROTOCRITO ('Ερωτόκριτος)
Poema cretese, composto probabilmente ai principî del sec. XVII. Secondo gli ultimi versi, la cui autenticità è però messa in dubbio, l'autore sarebbe Vincenzo Cornaro (Βιντζέντζος Κορνάρος), forse originario della nobile famiglia veneta, ma della cui vita non si sa nulla di certo.
Il poema, in 5 canti, è in versi politici rimati. Aretusa, figlia di Eraclio, re di Atene, è amata da Erotocrito (il "provato d'amore"), figlio del primo ministro. In un torneo indetto da Eraclio, e in cui si distinguono per valore il principe di Bisanzio e quello di Creta, Erotocrito riesce vincitore. Aretusa gli concede il primo convegno e i due amanti si giurano fede eterna; ma il re Eraclio, che ha già scelto per genero il principe di Bisanzio, manda in esilio Erotocrito e rinchiude la figlia in una torre. Intanto Eraclio è assalito nelle sue terre dal re di Valacchia, ma un ignoto cavaliere lo salva in più scontri e in una singolare tenzone che deve decidere dell'esito della guerra, uccide il campione avversario, rimanendo a sua volta gravemente ferito. Per ricompensa egli chiede la mano di Aretusa, la quale non acconsente alle nozze se non quando ha riconosciuto in lui Erotocrito. Questa trama non è che un pretesto per dar modo al poeta di dilungarsi nella descrizione di scene patetiche, nell'esaltazione delle virtù cavalleresche e dell'amore. L'elemento lirico prevale sul narrativo, mentre la frequenza dei dialoghi dà al poema un'andatura drammatica.
La questione delle fonti è complessa e si riannoda a quella dell'autore e della sua patria di origine. È sensibile nell'Erotocrito l'influsso del racconto popolare, greco e non greco, forse del romanzo bizantino e della letteratura orientale, certo della letteratura cavalleresca occidentale e soprattutto italiana. Ma l'imitazione non è mai servile e sarebbe difficile stabilire dove si tratta di derivazione diretta, tranne che per la letteratura italiana (Ariosto e Tasso). La "grecità" fondamentale dell'opera è innegabile; il protagonista, per es., ha tutte le caratteristiche del pallicaro greco, non esclusa l'abilità nell'improvvisazione e nel canto. In complesso lo studio del poema pare confermi che l'autore sia un veneziano grecizzato.
Ed. e trad.: D. Photeinos di Patrasso pubblicò, nel 1818, un rifacimento del poema in lingua volgare comune. L'ediz. principe veneta del 1713 ebbe molte ristampe; ma la prima ediz. critica è quella dello Xanthoudides, Candia 1915 (fondamentale, con introduzione e glossario).
Bibl.: K. Krumbacher, Gesch. d. byz. Lit., Monaco 1897, p. 870 segg.; K. Dieterich, Gesch. d. byz. und neugriech. Lit., Lipsia 1909, p. 83 segg.; H. Pernot, Le roman crétois d'É., in Revue des études grecques, XXVIII (1915), pp. 129-183; P. E. Pavolini, L'E. di V. C. e le sue fonti ital., in La Rassegna, XXV (1917); A. Flaggerty Krappe, Über die Quelle des E., in Byz. Zeitschrift, XXV (1925), pp. 313-341; J. Marogordato, The E., Oxford 1929.