ROGERS (Nathan Rogers), Ernesto
ROGERS (Nathan Rogers), Ernesto. – Figlio di Romeo, cittadino inglese, e dell’italiana Ida Mann, nacque a Trieste il 16 marzo 1909. Di origini ebraiche, i genitori fecero ottenere la cittadinanza britannica ai figli.
Dopo aver trascorso gli anni della Grande Guerra a Zurigo, la famiglia si trasferì a Milano, dove Ernesto ottenne la residenza nel 1922. In quella città seguì gli studi ginnasiali e liceali presso il liceo classico Parini, ottenendo il diploma nel 1927 dopo essere stato valutato da una commissione presieduta dal filologo Nicola Zingarelli. In quegli anni divenne amico di Gian Luigi Banfi e Lodovico Barbiano di Belgiojoso, con i quali avrebbe condiviso studio, professione e valori; suo professore di filosofia fu Antonio Banfi, mentre fuori dalla scuola iniziò a prendere lezioni di disegno da Anselmo Bucci e a collaborare con la rivista diretta da Vincenzo Costantini Le arti plastiche.
Nel 1927 si iscrisse (con il doppio cognome Nathan Rogers) alla Scuola preparatoria sezione architetti della Regia Scuola politecnica di Milano. Dal libretto conservato presso gli Archivi storici del Politecnico emerge uno studente dapprincipio mediocre; un netto miglioramento si manifestò invece nel corso del triennio successivo, in particolare in alcune discipline nelle quali eccelleva, quelle insegnate da Gaetano Moretti (architettura, prospettiva e decorazione) e Ambrogio Annoni (organismi e storia dell’architettura), nonché in storia dell’arte e tecnica urbanistica. Nel 1929 Rogers concluse di fatto il biennio preparatorio con l’esame di licenza e venne ammesso alla scuola di applicazione per architetti civili. Frattanto decise di rinunciare alla cittadinanza britannica per ottenere quella italiana, aderendo al fascismo e prestando il servizio militare dall’ottobre del 1933 al gennaio del 1935. Nel 1934, infatti, venne inserito nella scuola allievi ufficiali di completamento del Genio, specialità zappatori, a Pavia, come soldato volontario della classe 1909, con ferma ordinaria. Venne collocato in congedo assoluto solo dal gennaio del 1939.
Il 28 luglio 1932 conseguì la laurea e fondò con Gian Luigi Banfi, Lodovico Belgiojoso ed Enrico Peressutti, che si era unito al gruppo di amici nel 1927 dopo gli studi liceali in Romania, lo studio di architettura BBPR, dalle iniziali dei cognomi dei quattro sodali. Lo studio ebbe sede dapprima in via Borgonuovo e successivamente in via dei Chiostri a Milano. Dal 1935 i giovani architetti divennero membri dei Congressi internazionali di architettura moderna (CIAM). Rogers iniziò a collaborare, con i sodali o da solo, con alcune riviste, tra le quali Quadrante di Pietro Maria Bardi e Massimo Bontempelli e, in seguito, Casabella di Giuseppe Pagano.
L’adesione al regime iniziò a essere messa in discussione da Rogers nel 1937, in base alla riflessione per cui «l’architettura della misura umana» non potesse coincidere con il fascismo (Casabella-Continuità, 1957, 216, p. 3). In seguito alle leggi razziali, venne costretto all’anonimato per le sue origini ebraiche: di fatto gli si impediva di firmare i progetti e gli articoli da lui ideati o redatti. Sostenuto dai colleghi sul piano della continuità progettuale, Rogers si unì al movimento Giustizia e libertà e, dal 1942, al Partito d’azione clandestino e quindi, nel 1943, al Comitato di liberazione nazionale. Purtroppo l’aggravarsi della situazione politica e sociale italiana e l’arresto di poche ore vissuto insieme a Belgiojoso sotto l’accusa di attività di propaganda non consentita lo costrinsero a optare per l’esilio in Svizzera nello stesso 1943. Durante questo periodo, Rogers non smise di operare a favore dell’architettura moderna, insegnando al Campo universitario italiano di Losanna, retto da Gustavo Colonnetti, e alla Haute école d’architecture di Ginevra, e divenendo membro del Centre d’étude pour le bâtiment di Losanna; sempre in Svizzera ebbe modo di entrare in contatto con il segretario dei CIAM, Sigfried Giedion, e con Alfred Roth, Adriano Olivetti e Max Bill.
In aggiunta a queste drammatiche condizioni professionali e personali, negli stessi anni della guerra Rogers visse la morte della madre e l’imprigionamento del padre nel campo di Auschwitz, dove questi morì. A Gusen (Mauthausen), invece, trovò fine la vita del collega Banfi, mentre Belgiojoso, prigioniero nello stesso campo, riuscì a sopravvivere.
Rientrato a Milano, Rogers divenne direttore della rivista d’architettura Domus, guidata fino allora dal fondatore Gio Ponti, alla quale venne dato il sottotitolo La casa dell’uomo. La sua conduzione ebbe vita breve, dal gennaio del 1946 fino all’autunno dell’anno seguente, poiché aveva suscitato alcune polemiche: il nuovo direttore, infatti, aveva promosso una concezione dell’architettura allargata alle altre arti e alle lettere, nonché alla questione dell’educazione, tema caro a Rogers fin dagli anni Trenta, quando, nel 1933, aveva affrontato il tema della formazione dell’architetto partecipando al convegno milanese organizzato dalla rivista L’architecture d’aujourd’hui. In occasione del VII CIAM, ospitato a Bergamo nel 1949, Rogers, in qualità di presidente della terza commissione partecipante ai lavori, sollecitò i suoi colleghi ad approfondire il problema di una formazione adeguata per l’architetto moderno; in conclusione, si affermò l’importanza della cultura umanistica nella professione dell’architetto, in quanto essa sarebbe stata in grado di armonizzare i vari settori degli studi e di orientarli verso gli obiettivi dell’arte del costruire.
Il riconoscimento delle competenze pedagogiche di Rogers da parte dei colleghi aderenti ai CIAM gli avrebbe fatto ottenere la codirezione della scuola estiva promossa dalla stessa organizzazione internazionale che ebbe luogo a Venezia dal 1952 al 1956.
Rogers, d’altra parte, poté dedicarsi in prima linea all’azione didattica grazie all’invito a tenere lezioni nell’Università di Tucumán, in Argentina, nel 1948, nell’Architectural association school di Londra nel 1949, nella Graduate school of design dell’Università di Harvard nel 1954 e nell’Università di Berkeley, in California, nel 1959, dove fu designato titolare della cattedra di cultura italiana. In Italia, dall’anno accademico 1952-53, venne incaricato del corso di caratteri stilistici e costruttivi dei monumenti dalla facoltà di architettura del Politecnico di Milano, incarico che mantenne fino all’ottobre del 1962, ottenendo nel frattempo la libera docenza sia in quell’insegnamento nel 1957, sia in composizione architettonica nel 1953.
Prezioso strumento di educazione alla cultura e alla civiltà umanistiche fu la direzione di un’altra importante testata di architettura: Casabella. Dal dicembre del 1953 (numero 199) al gennaio del 1965 (numeri 294-295) Rogers poté diffondere la propria concezione architettonica attraverso la rivista già diretta da Pagano e riaperta con il titolo Casabella-Continuità, per sottolineare il legame con le battaglie morali combattute sotto il regime, nonché l’accettazione di una precisa eredità culturale.
Aperto alle opinioni dei giovani architetti, molti dei quali coinvolti nel lavoro redazionale, il periodico ospitava brevi saggi di intellettuali di varia formazione, quali Giulio Carlo Argan, Enzo Paci, Eugenio Garin, nonché traduzioni di testi di autori stranieri. Fu nel corso di questo decennio che l’amicizia culturale con il filosofo Paci si fece più stretta, tanto che l’architetto ebbe modo di contribuire con suoi scritti alle pagine di Aut Aut.
Durante la seconda metà degli anni Cinquanta una serie di riconoscimenti testimoniano come venisse accolto anche a livello internazionale il suo impegno nel divulgare una concezione dell’architettura eticamente costruttiva. Nel 1956 divenne membro onorario dell’American institute of architects, e nell’anno successivo della Zentralvereinigung der Architekten austriaca. Sempre nel 1956 partecipò con una delegazione diretta da Ferruccio Parri a un viaggio in Cina, mentre nel 1960 divenne membro dell’Accademia di S. Luca e nel 1961 della commissione consultiva per l’edilizia scolastica del Comune di Milano.
A questi titoli non corrispose ancora la tanto desiderata cattedra accademica, ritenuta da Rogers «lo strumento utile a forgiare i giovani ai quali mi sento votato» (da una lettera a Le Corbusier del 24 novembre 1958, Parigi, Archivio Fondazione Le Corbusier, R3-1-186). Infatti, nonostante le lettere commendatizie indirizzate spontaneamente al preside della facoltà di Milano, Piero Portaluppi, da Walter Gropius e da Le Corbusier, non riuscì a entrare nella terna dei nominativi vincenti di un concorso del 1958.
Tali missive testimoniano della stima dei due maestri nei confronti del più giovane collega, nonché le qualità di insegnante di Rogers. Gropius si espresse in questi termini: «Mi pare che egli possieda proprio quelle qualità professionali e umane che lo rendono un docente forte e raro. La sua ampia competenza tecnica che proviene dalla pratica architettonica, il suo dono nel coniugare in maniera concisa un approccio intellettuale e spirituale ai grandi problemi dell’architettura contemporanea, la sua viva conoscenza della storia dell’arte e dell’architettura e, per ultima ma non ultima, la sua personalità calda e simpatetica lo rendono, a mio avviso, un leader e un maestro di architettura eccezionale» (Parigi, Archivio Fondazione Le Corbusier, R3-1-180, cit. in M. Panzeri, Architettura moderna e progetto urbanistico, 2013, p. 97). Mentre nel testo di Le Corbusier si legge: «Ho trovato in Rogers quella qualità molto umana che gli permette di spiegare, di approfondire, di rendere evidente ciò che è buono e ciò che è nocivo in architettura. Non si tratta della semplice tavola da disegno ma dell’architettura come risultato di un’attitudine generale, la quale rivela poco a poco le tecniche, le forme plastiche e lo spirito estetico e filosofico dell’architettura di una civiltà moderna» (Parigi, Archivio Fondazione Le Corbusier, G1-14-452, cit. in M. Panzeri, Architettura moderna e progetto urbanistico, 2013, p. 98).
La dedizione alle giovani generazioni di architetti indusse Rogers a partecipare all’incontro tenutosi nel Museo Kröller-Müller di Otterlo nel settembre del 1959, finalizzato a raccogliere eventuali linee di convergenza su cui rifondare un nuovo Movimento moderno. Durante i lavori del congresso presentò la realizzazione milanese della torre Velasca, compiuta dopo anni di lavoro dall’équipe BBPR nell’intento di dare forma all’intimo valore della cultura, ossia all’essenza della storia. Poiché all’opera erano già state mosse critiche in merito all’aspetto figurativo, il maestro italiano volle spiegare ai colleghi più giovani che il senso della storia e della tradizione non presuppone un’imitazione delle forme del passato; tuttavia, la reazione degli architetti convenuti si rivelò più ostile delle previsioni, soprattutto quella di Peter Smithson. Per i progettisti inglesi formatisi nel secondo dopoguerra, infatti, Rogers rappresentava «l’eroe dell’architettura europea degli ultimi anni Quaranta e dei primi anni Cinquanta» (R. Banham, The architectural review, 1960, n. 756, p. 231); di conseguenza, le architetture da lui firmate si imponevano a modello, considerato negativo nel caso presentato a Otterlo.
Nel 1961 venne pubblicato dalla casa editrice Laterza Gli elementi del fenomeno architettonico, sorta di summa del credo pedagogico rogersiano. Dedicato agli studenti, il volume delinea l’architettura quale fenomeno, ossia quale soggetto reale e, come tale, punto di confronto, di relazione interno alla società. Secondo questo principio, l’architettura s’inserisce quale mezzo attivo di formazione degli uomini e diventa parte del processo storico, «una rappresentazione tangibile di tutti i fattori intenzionali di una società» (ed. Milano 2006, p. 53).
Idoneo all’unanimità al concorso per la cattedra di elementi di composizione nel 1959, Rogers non ottenne la cattedra fino al 1963, quando risultò primo vincitore in un concorso indetto dalla stessa facoltà politecnica. Dall’anno accademico 1962-63 la facoltà di architettura del Politecnico milanese gli aveva conferito l’incarico di elementi di composizione in qualità di libero docente; dal febbraio del 1964 Rogers portò avanti lo stesso insegnamento, ma in qualità di docente straordinario. In quell’anno egli insegnò pure storia dell’arte, dovendovi rinunciare dall’anno seguente per motivi di salute. Sempre nel 1964, forte del suo ruolo all’interno della facoltà, fondò l’Istituto di umanistica, esplicitazione del significato che il maestro attribuiva all’architettura.
Condusse la direzione di questo istituto per tre anni, fino a quando non gli fu impedita dalle aggravate condizioni di salute; l’Istituto di umanistica venne affidato alternativamente a Paolo Portoghesi e a Liliana Grassi e venne diviso in due sezioni, l’una dedicata alle discipline di storia dell’arte e di storia e stili dell’architettura, l’altra a restauro dei monumenti, caratteri stilistici e costruttivi dei monumenti e letteratura italiana.
Negli anni Sessanta Rogers ottenne altri titoli onorifici, quali le nomine a membro onorario dell’American institute of art and science nel 1962 e del Royal institute of British architects nel 1964. Infine, nel 1967 venne promosso a professore ordinario presso il Politecnico di Milano, anche sulla base della relazione dei colleghi della facoltà, che gli riconoscevano «doti non comuni di studioso e di educatore» e segnalavano «l’atteggiamento sempre rigoroso e responsabile» (Consiglio della facoltà di architettura, relazione del 4 aprile 1967, ASA Fascicolo personale cessato 3339, matr. 1072).
Non vi è dubbio che le doti di ‘pedagogo’ indussero Rogers a considerare l’insegnamento l’attività primaria nel corso della sua esistenza: ancora negli ultimi giorni chiedeva agli amici di condurlo a fare lezione (Belgiojoso, cit. in Il pentagramma di Rogers, 2009). Egli riteneva che «la scuola è un dialogo, dove nessuno deve imporre la propria ragione, né restare passivo entro i confini della sua condizione» (p. 32). Il coinvolgimento totale nella formazione dell’architetto e nella rifondazione di un’architettura umanistica lo condusse a vivere per anni in un albergo e a non costruirsi una famiglia; gli studenti formavano la sua famiglia. Alla sua morte, avvenuta a Gardone il 7 novembre 1969, tutti gli atenei italiani trasmisero messaggi di cordoglio al Politecnico di Milano. Venne sepolto nella tomba di famiglia, da lui stesso disegnata, nel cimitero Monumentale di S. Anna a Trieste. Il 28 aprile 1971, presso la facoltà che lo aveva avuto quale docente per quindici anni, si tenne la cerimonia per il conferimento della medaglia d’oro, consegnata al fratello Paolo.
Opere. Auguste Perret, Milano 1955; Esperienza dell’architettura, Torino 1958; Gli elementi del fenomeno architettonico, Roma-Bari 1961 (ed. a cura di C. de Seta, Napoli 1981; nuova ed. Milano 2006); Le Corbusier tra noi, Milano 1966; Editoriali di architettura, Torino 1968; Il senso della storia (1964-65), Milano 1999; Lettere di Ernesto a Ernesto e viceversa, a cura di L. Molinari, Milano 2000; Il pentagramma di Rogers. Lezioni universitarie di Ernesto N. Rogers, a cura di S. Maffioletti, Padova 2009.
Fonti e Bibl.: Milano, Politecnico, Archivi Storici, ASA titolo 13, Studenti laureati Rogers 1932; ASA fascicolo personale cessato 3339, matr. 1072; Ernesto Nathan Rogers. Testimonianze e studi, Milano 1993; E. Bonfanti - M. Porta, Città, Museo e architettura. Il Gruppo BBPR nella cultura architettonica italiana 1932-1970, Milano 2009 (con un elenco dettagliato delle opere realizzate dallo studio BBPR, pp. A138 s.); E. López Reus, Ernesto Nathan Rogers. Continuità e contemporaneità, Milano 2009; Elogio dell’architettura. Giornale dedicato a Ernesto Nathan Rogers nel centenario della nascita, a cura di S. Maffioletti, Giornale IUAV, 2009, n. 65; Ernesto Nathan Rogers e la costruzione dell’architettura, a cura di A. De Poli - C. Visentin, Parma 2009; M.G. Errico, Tra razionalismo e continuità: Ernesto Nathan Rogers e i BBPR, Napoli 2011; Ernesto Nathan Rogers 1909-1969, a cura di C. Baglione, Milano 2012.