Hemingway, Ernest
Uno scrittore sul fronte della vita
Autore del più importante romanzo sulla Prima guerra mondiale, Addio alle armi, lo statunitense Ernest Hemingway è riuscito a costruire un mito personale dello scrittore come eroe, che lo ha reso uno dei romanzieri più famosi del Novecento. Tema ricorrente in tutta la sua opera, la sfida alla morte è anche il carattere distintivo di una vita spesa sui fronti di guerra, nelle corride, nei safari e tradotta in scrittura con linguaggio essenziale
Hemingway fa diretta esperienza della guerra come autista d'ambulanza sul fronte italiano, dove viene ferito nel 1918: il suo eroico comportamento in quell'occasione gli vale la medaglia d'argento al valor militare. Quando, a poco più di vent'anni (era nato nel 1899 in Illinois), decide di trasferirsi in Francia per tentare la carriera di reporter e di scrittore, lo fa anche perché deluso dalla società americana, che gli sembra troppo superficiale per essere in grado di comprendere la tragedia che ha appena devastato l'Europa.
Hemingway arriva a Parigi alla fine del 1921, dove conosce i più grandi scrittori del periodo (James Joyce, Ezra Pound, Gertrude Stein). Il suo primo vero romanzo, Il sole sorge ancora (1926), gli vale un'immediata celebrità. Altri racconti e il suo capolavoro, Addio alle armi (1929), lo rendono una vera e propria star del mondo letterario, invidiato e imitato da stuoli di giovani scrittori affascinati dai suoi personaggi feriti nel corpo e nel morale ma sempre capaci di resistere stoicamente alle avversità.
Il linguaggio che Hemingway perfeziona in questi anni è originalissimo nella sua semplicità e tende a ridurre al minimo il numero delle parole e le strutture grammaticali. Come afferma lui stesso, la forza di una storia viene da quello che non si dice: di un iceberg vediamo solo quell'ottavo che emerge dall'acqua, ma sono i sette ottavi sommersi a dargli la sua potenza.
Tornato negli Stati Uniti alla fine degli anni Venti, nel decennio successivo Hemingway approfondisce il suo interesse per il tema della sfida alla morte, non più sul campo di battaglia ma nel confronto diretto tra l'individuo e la natura incarnata in animali fieri e pericolosi come i tori delle corride spagnole e i leoni dei safari africani. Scrive Morte nel pomeriggio (1932) e Verdi colline dell'Africa (1935), che non sono romanzi ma resoconti parzialmente autobiografici delle sue esperienze di spettatore di corride e di cacciatore.
Nel 1937 si reca in Spagna per seguire gli eventi della guerra civile e si schiera con le forze progressiste dei repubblicani e dei comunisti che combattono le milizie di Francisco Franco: i repubblicani perderanno, ma Hemingway saprà trasformare in leggenda la loro sconfitta con Per chi suona la campana (1940).
Anche la Seconda guerra mondiale vede Hemingway al fronte, prima come inviato nell'Oceano Pacifico, poi come partecipante a operazioni di pattugliamento contro i sommergibili tedeschi nell'Atlantico, e infine come soldato 'irregolare' nelle forze di liberazione sbarcate sulle coste della Normandia nel 1944.
Se la Prima guerra mondiale aveva innescato la sua stagione più ricca e innovativa, la Seconda sembra avere su Hemingway un effetto opposto: Di là dal fiume e tra gli alberi (1950) è un breve romanzo d'amore che critica e pubblico non apprezzano, e Il vecchio e il mare (1952) non è all'altezza delle grandi opere di prima della guerra. Eppure questo romanzo sul rapporto tra l'essere umano e la natura ha un grande successo, e nel 1954 Hemingway viene insignito del premio Nobel per la letteratura. È il momento del suo massimo trionfo, ma per lo scrittore si apre un'ultima fase di crisi artistica ed esistenziale che lo porta a esasperare il suo alcolismo e infine, nel 1961, al suicidio.
Da allora la sua fama non è mai diminuita, anche grazie alla pubblicazione di opere postume come Festa mobile (1964), Isole nella corrente (1970) e Il giardino dell'Eden (1986): il suo stile tagliente e i suoi tragici eroi, mai disposti ad arrendersi, continuano a catturare milioni di lettori in tutto il mondo.