TIEPOLO, Ermolao (Almorò). – Nacque a Cipro il 12 luglio 1533, figlio quintogenito del patrizio Stefano di Paolo (allora luogotenente di Cipro)
e di Cecilia Priuli.
Tra i suoi fratelli il più illustre fu Paolo, primogenito (1523-1585), che divenne autorevolissimo diplomatico e procuratore di San Marco. La famiglia Tiepolo era riunita ‘in fraterna’ (con tutti i fratelli conviventi), e risiedeva nella contrada dei Santi Apostoli. Ben tre tra i figli di Stefano contrassero matrimonio: Paolo nel 1547, Benetto nel 1551 ed Ermolao nel 1561. Ma solo le nozze di Ermolao, che sposò Lucietta Moro, di Domenico di Gabriele, vedova di Alvise Bernardo, assicurarono la continuità al casato, con la nascita di sei figli maschi: Bernardo, Paolo, Andrea, Stefano, Benetto e Domenico (Davis, 1962, p. 64).
L’educazione e la carriera pubblica di Tiepolo si volsero assai presto alla marineria e alle cariche marittime. Il pubblico storiografo Andrea Morosini (1719) lo avrebbe ricordato come colui che «era stato educato fin dai teneri anni alla disciplina marittima, ed aveva offerto in gioventù non piccolo saggio di una fiorente virtù» (p. 619). Come sua prima carica lo troviamo sopracomito (cioè comandante di galera), eletto dal Maggior Consiglio il 1° gennaio 1558. Nell’autunno di quell’anno accompagnò nelle Fiandre il fratello Paolo, ambasciatore a Filippo II; ma rientrò in patria nell’agosto del 1559, insieme con l’ambasciatore straordinario Marcantonio Da Mula (Le relazioni degli ambasciatori..., 1853, p. 407).
Fu nominato provveditore della fortezza di Marano il 13 aprile 1567 e ricoprì l’incarico dal 25 agosto 1567 al 10 dicembre 1568. Nel corso della guerra di Cipro fu eletto capitano delle fuste e durante le operazioni navali si distinse nel 1571 nella conquista di Scardona in Dalmazia. Eletto nel febbraio del 1576 capitano contro gli Uscocchi, con l’incarico di provvedere al blocco di Segna, cominciò in quell’occasione a dare segno di un accanimento contro i corsari, che avrebbe sempre caratterizzato la sua carriera: non risparmiò nemmeno i sudditi veneti che li aiutavano segretamente, impiccando con questa motivazione cinque cittadini di Zara e Sebenico (Relatione..., 1964, pp. 199-207). Nel 1578-79, nominato duca di Candia, fu incaricato di dare esecuzione alla deliberazione del Consiglio dei dieci del 20 agosto 1578 che, in polemica con l’arcivescovo latino dell’isola, ribadì la libertà di culto dei greci, essendo «nostra ferma intentione che si permetti a Greci di liberamente esercitare il rito loro come hanno fatto per il passato, senza astrenzerli, né obbligarli ad alcuna altra cosa» (Fedalto, 1967, pp. 124 s.). Nel 1580 fu membro dell’autorevolissimo Consiglio dei dieci; ma nel corso degli anni Ottanta-Novanta non si ricandidò più alle alte cariche politiche, cui la famiglia destinò di preferenza i fratelli Paolo e Bernardo. Ermolao riprese invece la sua carriera nella flotta e nel 1585 fu provveditore dell’Armata. All’inizio degli anni Novanta dovette schivare le insidiose accuse di Antonio Cavalli, inviato come commissario inquisitore e avogadore in Armata, che gli aveva imputato la cattiva amministrazione finanziaria delle sue cariche navali; ma Tiepolo fu largamente assolto dal voto del Senato (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Compendio di me Francesco da Molino..., p. 166).
Nel 1592 fu eletto capitano in Golfo contro gli Uscocchi e condusse tra il marzo del 1592 e l’ottobre del 1593 le relative operazioni navali, complicate dalla difficile gestione dell’arruolamento del bandito Marco Sciarra e dei suoi uomini che, perseguitati dalla diplomazia pontificia e destinati perciò da Venezia al servizio nella lontana Creta, si ribellarono e dovettero essere sconfitti e dispersi da Tiepolo (Villari, 1980, p. 91). Nel settore dell’alto Adriatico, la veemente azione di Tiepolo contro gli Uscocchi finì con l’infliggere seri danni anche alle terre austriache intorno a Fiume. Ciò obbligò le autorità asburgiche ad avviare trattative con la Serenissima per porre fine alle violenze perpetrate da quei corsari contro le navi e i sudditi di Venezia. Tuttavia Tiepolo non poté risolvere radicalmente il problema di Segna accogliendo l’invito del pascià di Bosnia per un’azione congiunta veneto-ottomana, che avrebbe dovuto conquistare Segna mediante un attacco combinato per terra e per mare. Infatti il Senato, preoccupato per le possibili ripercussioni diplomatiche di una così aperta collaborazione con i turchi, negò la propria approvazione, e anzi ordinò a Tiepolo di allontanarsi, con un pretesto, dalla zona calda delle operazioni (Zanelli, 2015, pp. 344-348). Malgrado i contrasti emersi in questa occasione, il giudizio del patriziato sull’operato di Tiepolo fu positivo: infatti egli fu eletto fin dall’aprile del 1593 alla prestigiosa carica di consigliere ducale, che ricoprì dal febbraio del 1594 al gennaio del 1595.
Anche la diplomazia ottomana continuò ad apprezzare Tiepolo e a riconoscere in lui un interlocutore ideale, tanto che nel 1595 un ciauş turco inviato a Venezia chiese apertamente «che si mandasse un provveditore generale contra loro [Uscocchi], accennando anco che saria stato molto a proposito il Tiepolo che vi fu due anni sono» (Nunziature..., 2008, p. 561). In effetti in quello stesso anno Tiepolo, che era allora capitano di Raspo in Istria, fu eletto provveditore generale in Golfo contro gli Uscocchi. In tale veste riuscì a portare a compimento la presa di Scrissa, località a trenta miglia da Segna, dove furono ritrovate perfettamente imballate le merci depredate dagli Uscocchi. Ancora nell’aprile del 1597 Tiepolo appariva ai veneziani come l’uomo più adatto per questa lotta senza quartiere ai corsari, «antico marinaro et homo assai vecchio, ma di cervel verde et gagliardo, et molto feroce et essecutivo» (Monumenta..., 1910, p. 157). Ma nel corso delle operazioni navali fu colpito da una violenta febbre e già alla fine di aprile il nunzio pontificio a Venezia poté avvisare Roma che era in condizioni disperate.
Morì a Zara ai primi di maggio del 1597 (ibid., p. 162) e fu sepolto nel duomo, con un’iscrizione dettata dal rettore di Zara, Tommaso Giustinian, che ricordava le sue maggiori cariche navali. Egli stesso, del resto, nella sua relazione del 1577 si era autopresentato come «huomo di professione marittima», alieno dalle sottigliezze dei maneggi diplomatici.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. Codd., s. I, 23, Storia veneta: M. Barbaro, Genealogie patrizie, VII, p. 84; Avogaria di Comun, Libro d’oro. Nascite, reg. 52 (II), c. 263; Segretario alle voci, Elezioni del Maggior Consiglio, regg. 3, c. 192v; 4, cc. 191v-192r, 196v-197r; 5, cc. 194v-195r, 202v-203r, 245v-246r; 7, cc. 8v-10r, 208v-209r; Provveditori di Terra e di Mare, bb. 856-857; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. VII.553 (= 8812): Compendio di me Francesco da Molino de messer Marco delle cose, che reputerò degne di tenerne particolar memoria, pp. 166, 171 s.
P. Giustiniano, Le historie venetiane, Venetia 1576, p. 352; M. Minucci, Historia degli Uscochi, s. l. s. d. [Venezia 1602?], pp. 45 s., 51; P. Paruta, Historia vinetiana, Parte II, Vinetia 1605, p. 148; A. Morosini, Historia Veneta, in Degl’istorici delle cose veneziane, i quali hanno scritto per pubblico decreto, VI, Venezia 1719, pp. 359, 619, VII, 1720, pp. 151-157, 213 s.; G. Diedo, Storia della repubblica di Venezia dalla sua fondazione sino l’anno MDCCXLVII, proseguita da dotta penna sino l’anno 1792, VI, Venezia 1792, pp. 174 s.; G.F. Tommasini, Commentarii storico-geografici della provincia dell’Istria, in Archeografo Triestino, IV (1837), p. 510; Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il secolo decimosesto, a cura di E. Alberi, s. 1, III, Firenze 1853, p. 407; C.F. Bianchi, Zara cristiana, I, Zara 1877, p. 111; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, VII, Venezia 1907, pp. 63 s.; Monumenta historiam Uscocchorum illustrantia ex archivis Romanis, praecipue e secreto Vaticano desumpta, a cura di K. Horvat, I, Zagabriae 1910, pp. 66-69, 75, 157 s., 160-162, 188, 353; M. Kravjanszky, Il processo degli Uscocchi, in Archivio Veneto, s. 5, V (1929), pp. 250-266; M.F. Nani-Mocenigo, Storia della Marina veneziana da Lepanto alla caduta della repubblica, Roma 1935, p. 92; A. Tenenti, Venezia e i corsari, 1580-1615, Bari 1961, pp. 15, 22-25; J.C. Davis, The decline of the Venetian nobility as a ruling class, Baltimore 1962, pp. 63 s.; Relatione del nobel homo s. Almorò Tiepolo, ritornato de capitanio contro Uscochi (1577), in Commissiones et relationes Venetae, IV, Annorum 1572-1590, a cura di G. Novak, Zagabriae 1964, pp. 199-207; P. Sarpi, La Repubblica di Venezia la casa d’Austria e gli Uscocchi: aggionta e supplimento all’istoria degli Uscochi. Trattato di pace et accommodamento, a cura di G. Cozzi - L. Cozzi, Bari 1965, pp. 114, 413 s.; Relatione del dilettissimo nobel huomo Almorò Thiepolo, ritornato da proveditor in Colfo contra Uscocchi, presentata nell’eccellentissimo Collegio e letta nell’eccellentissimo Senato a dì ultimo gener 1593, in Commissiones et relationes Venetae, V, Annorum 1591-1600, a cura di G. Novak, Zagabriae 1966, pp. 43-60; G. Fedalto, Ricerche storiche sulla posizione giuridica ed ecclesiastica dei Greci a Venezia nei secoli XV e XVI, Firenze 1967, pp. 94, 124 s.; M.J.C. Lowry, The Church and Venetian political change in the later Cinquecento, tesi di dottorato, University of Warwick, 1971, pp. 176-178, 309 s.; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, a cura di A. Tagliaferri, V, Provveditorato di Cividale del Friuli. Provveditorato di Marano, Milano 1976, p. LXIII; R. Villari, La rivolta antispagnola a Napoli. Le origini 1585-1647, Bari 1980, p. 91; C. W. Bracewell, The Uskoks of Senj: piracy, banditry and holy war in the sixteenth-century Adriatic, Ithaca-London 1992, pp. 52, 64, 132; P. Preto, I servizi segreti di Venezia, Milano 1994, pp. 109, 139, 258; S. Maggio, Francesco da Molino patrizio veneziano del ’500 e il suo Compendio, tesi di dottorato, Università degli studi di Trieste, 2008, pp. 293, 297 s.; S. Šmitran, Gli Uscocchi. Pirati, ribelli, guerrieri tra gli imperi ottomano e asburgico e la Repubblica di Venezia, Venezia 2008, pp. 63 s.; Nunziature di Venezia, XIX, La nunziatura di Ludovico Taverna (25 febbraio 1592-4 aprile 1596), a cura di S. Pagano, Roma 2008, pp. 142, 164, 179, 191, 205, 210, 216, 229, 244, 294, 323, 376, 420, 497, 561; G. Zanelli, Due operazioni militari congiunte veneto-ottomane fra XVI e XVII secolo, in Mediterranea. Ricerche storiche, XII (2015), pp. 344-348.