eritromicina
Il primo antibiotico macrolide (➔), scoperto nel 1952, ad azione batteriostatica o battericida (a seconda delle concentrazioni nel plasma e nei tessuti). L’e. è attiva contro batteri aerobici gram-positivi e altri germi infettanti, nei quali inibisce la sintesi proteica, legandosi alle subunità dei ribosomi.
Si usa specialmente per le infezioni da streptococchi, da stafilococchi, da Haemophilus influentiae delle alte vie respiratorie (faringiti, otiti, tonsilliti). Molto efficace nella difterite e nella pertosse, a dosaggi elevati è attiva anche nelle infezioni da Mycoplasma pneumoniae, da Legionella, da Clamydia, nel tetano. L’e. si può somministrare per via endovenosa e (molto più frequentemente) per bocca. Assorbita nel tratto iniziale dell’intestino tenue, viene somministrata per via orale sotto forma di sali che ne garantiscano la stabilità nell’ambiente acido dello stomaco (estolato, etilsuccinato di e.); l’antibiotico circola prevalentemente legato alle proteine e diffonde rapidamente in tutti i tessuti, viene escreto in forma attiva con le urine solo in minima parte, mentre è importante il suo metabolismo epatico (viene escreto con la bile).
Come ogni antibiotico, l’e. può provocare reazioni allergiche; tipica però dei macrolidi, e spec. dell’e., è la possibilità di provocare un’epatite colostatica, dovuta al suo particolare metabolismo biliare: si può verificare più facilmente con somministrazioni protratte (per più di tre settimane) e se somministrata sotto forma di estolato (laurilsolfatopropionato), piuttosto che di etilsuccinato. Interazioni farmacologiche sono possibili con altri farmaci che subiscono metabolismo per la stessa via epatica.