ERITREMIA (dal gr. ἐρυϑρός "rosso" e αἷμα "sangue") ed eritrocitosi (da ἐρυδρός "rosso" e κύτος "cellula")
Questi due termini significano in ematologia l'aumento del numero dei globuli rossi del sangue (eritrociti) che in condizioni normali sono nell'uomo circa 5 milioni per millimetro cubico; nella donna 4,5; nel neonato 6. Ma per eritrocitosi s'intende essenzialmente l'aumento degli eritrociti adulti e normali che avviene secondariamente all'azione di cause determinate (eritrocitosi delle altitudini; della cianosi congenita e dei vizî cardiaci, specialmente della stenosi della polmonare; della tubercolosi della milza; delle intossicazioni da fosforo e arsenico; d'origine opoterapica; ecc.); per eritremia, invece, s'intende l'aumento del numero degli eritrociti per la presenza in circolo specialmente di forme immature in seguito a un processo morboso primitivo di natura tuttora ignota, che colpisce i tessuti generatori del sangue (tessuto mieloide). Come per i globuli bianchi del sangue (leucociti) nella leucocitosi (v.) e nella leucemia (v.), la differenza è sostanzialmente più qualitativa che quantitativa.
La parola "eritremia" coniata da W. Türk si riferisce a una condizione morbosa, suscettibile di forme differenti, messa in evidenza da H. Vaquez nel 1892 e perciò nota con il nome di malattia di Vaquez oltre che con quelli di iperglobulia, poliglobulia idiopatica, policitemia rubra, e meno legittimamente col nome di malattia di W. Osler per quanto notevoli possano essere gli studî di questo autore sulla malattia suddetta (1903-04). Senza predilezione di sesso, forse con maggiore frequenza nella razza israelitica, la malattia ha inizio lento, talora subdolo, il più spesso fra i 30-50 anni, e ha decorso cronico, progressivo, per lunghi anni, procedendo per crisi più o meno frequenti (cefalea, vomito, dolori eritromelalgici, emorragie) separate da periodi di remissioni; seguono tardivamente fenomeni di stasi circolatoria. Accidenti gravissimi possono essere costituiti da emorragie a carico del cervello e del tubo gastroenterico o da estesi processi trombotici. Esclusa una possibile fase iniziale aneritremica, durante la quale probabilmente l'aumentata attività eritrolitica della milza non lascia passare in circolo l'eccesso dei globuli rossi, la cute e le mucose visibili assumono una caratteristica tinta rosso-ciliegia, rosso-porpora, alla quale si dà il nome di eritrosi, da non confondersi con la colorazione blu livida della cianosi (v.) che può aversi secondariamente per stasi circolatoria; si rilevano ectasie vascolari, specialmente all'esame oftalmoscopico. Quasi sempre s'ha aumento di volume e di consistenza della milza (splenomegalia) dolente specialmente nelle crisi congestizie; frequente e oscillante è l'aumento di volume del fegato (epatomegalia); nonostante l'aumento della massa e della viscosità del sangue non si hanno di regola lesioni cardiache (il cosiddetto tipo ipertensivo o di Geisböch è piuttosto attribuibile a una complicazione nefritica); sono frequentissimi i disturbi dispeptici; nessun sintomo significante si rileva a carico dell'apparato respiratorio eccetto le possibili crisi dispnoiche delle fasi tardive; si hanno segni di congestione renale con albuminuria, cilindruria, crisi dolorose con ematurie microscopiche. A carico del sistema nervoso, specialmente durante le crisi, si ha cefalea, vertigine a tipo Menière, cecità transitoria, emianopsia, vampate di calore alla testa, dolori come nell'eritromelalgia (v.); permane uno stato di debolezza, di depressione, di sonnolenza, d'indebolimento progressivo con facile irritabilità; sono state descritte manifestazioni d'insufficienza a carico del sistema endocrino (tiroide, ipofisi, capsule surrenali).
Essenziale è lo studio del quadro ematologico: i globuli rossi sono aumentati di numero (7-10 e perfino 14 milioni per millimetro cubico), ma non di diametro, presentano modificazioni di volume (anisocitosi), di forma (poichilocitosi); si trovano in circolo forme immature e indifferenziate, specialmente se coesistano alterazioni dei globuli bianchi a tipo leucemico o subleucemico (eritroleucemie); anche il numero dei leucociti è aumentato (15-20.000); la leucocitosi è duratura, progressiva, a tipo granulocito con riduzione dei linfociti (linfopenia), talora con passaggio in circolo di forme immature e indifferenziate, anche di granulociti d'origine e natura connettivale (emoistioblasti di A. Ferrata); le piastrine sono considerevolmente aumentate di numero (piastrinemia). La quantità totale dell'emoglobina è aumentata fino al 120-150% (pleiocromia), ma non in rapporto con il numero degli eritrociti, sicché il valore globulare è inferiore all'unità (ipocromia), ma per i caratteri spettroscopici, il contenuto in ferro, il potere di fissazione dell'ossigeno, non dimostra differenze dall'emoglobina del sangue normale. La quantità totale del sangue è aumentata del doppio e anche del triplo; del sangue sono aumentati la viscosità, il peso specifico, il residuo secco, il volume degli elementi figurati rispetto a quello del plasma. Fra le complesse alterazioni anatomopatologiche sono caratteristiche l'intensa congestione attiva dei varî organi; la grande diffusione del midollo osseo funzionante, anche nelle ossa lunghe, con evidenti segni d'iperattività eritroblastica e leucoblastica; la congestione, la trasformazione mieloide della milza che può presentare anche piccoli focolai d'eritroblasti.
Senza addentrarci nelle controverse interpretazioni patogenetiche delle eritremie, riporteremo la concezione di A. Ferrata per il quale non si può ammettere che lo stato eritremico dipenda da una diminuita attività emocaterica della milza, ma invece da un'aumentata attività funzionale degli organi emopoietici sotto lo stimolo d'agenti morbosi di natura ignota che suscitano un'iperplasia primitiva del tessuto mieloide o prevalentemente del suo apparato eritroblastico (eritremia pura) o di quello eritro- e leucoblastico (eritroleucemia), compreso talvolta anche quello piastrinico (eritroleucopiastrinemia o mielosi globale).
Nell'impossibilità d'una cura razionale non si può contare che su risultati transitorî dai varî mezzi terapeutici tentati; giova il salasso nelle crisi congestive.
Bibl.: A. Ferrata, Le emopatie, II, Milano 1923.