SERRA, Enrico
SERRA, Enrico. – Nacque a Modena il 26 settembre 1914, ultimo di tre figli. Il padre, Luigi, proveniva da una famiglia legata, oltre che alla proprietà terriera, anche alle carriere militari; la madre, Ildegonda Tonelli, apparteneva anche lei a una famiglia di proprietari terrieri.
Una sua prozia, cosa all’avanguardia per quei tempi, fu una delle prime ispettrici generali delle scuole primarie e secondarie della provincia di Modena, a fine Ottocento.
Ancora studente, nell’estate del 1935 decise di partecipare a un bando dell’università che permetteva di ottenere il grado di ufficiale frequentando un corso estivo di quattro mesi. Perciò ai primi di luglio si trasferì a Fano presso il 94° reggimento fanteria; agli inizi di novembre, superati gli esami, fu destinato al reparto carristi di Bologna. Durante i preparativi per il suo trasferimento scoppiò la guerra d’Etiopia. Il 1° aprile 1936 era a Napoli, da dove si imbarcò alla volta delle coste africane. La nave, però, non arrivò mai a destinazione: i suoi occupanti vennero sbarcati a Bengasi, da dove raggiunsero faticosamente Tobruk, allo scopo di contrastare un eventuale attacco nemico. Il rimpatrio avvenne quando la tensione con l’Inghilterra scemò e l’Impero fu proclamato. Dopo un breve periodo a Roma, nell’ottobre del 1937 tornò a Modena. Qui, fu assunto da un amico del padre, Cesare Viaggi, come redattore del quotidiano La Gazzetta dell’Emilia. Fu questo uno dei periodi più impegnativi della sua esistenza, «spinto dalla necessità e da una sorta di volontà di rivincita contro le avversità della vita» (E. Serra, Tempi duri..., 1996, p. 16).
Punto di svolta della sua vita fu la laurea in giurisprudenza, conseguita, con lode, nel 1937 presso l’ateneo modenese. La stesura della tesi, Il trattato internazionale e gli Stati terzi, avvenne sotto la guida della professoressa Lea Meriggi, allieva di Giorgio Balladore Pallieri. Nonostante i successi accademici, sul piano lavorativo la situazione andò peggiorando quando Viaggi fu costretto a vendere il giornale alla federazione fascista. Fu allora che Meriggi decise di sottoporre la tesi di laurea a Balladore Pallieri. Nel 1938 questi dirigeva l’Annuario di diritto internazionale presso l’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) di Milano ed era alla ricerca di un collaboratore: fu l’inizio di un periodo di apprendistato. Nel frattempo, Serra si era diplomato al corso di perfezionamento in studi politici internazionali presso l’Università di Firenze. Qualche mese dopo il presidente dell’ISPI, Pierfranco Gaslini, lo invitò a far parte dell’Istituto presso l’ufficio studi. Furono questi, al fianco di Balladore Pallieri, anni fondamentali per la maturazione professionale del giovane Serra, che nel maestro trovò un amico sincero, che lo incitò a pubblicare il frutto delle sue ricerche. A tale periodo risale L’occupazione bellica germanica negli anni 1939-1940 (Milano 1941), in cui Serra sostenne la tesi, allora ardita, che la debellatio militare di uno Stato non implicasse la scomparsa ipso facto della sovranità nazionale. Furono anche gli anni durante i quali ebbe l’opportunità di conoscere studiosi già affermati come Luigi Salvatorelli, Walter Maturi, Federico Curato e, soprattutto, Federico Chabod. L’attenzione rivolta da questi giovani studiosi dell’ISPI alla realtà si tradusse nella trasformazione in settimanale del foglio Relazioni internazionali. Serra fu sempre convinto che la rivista rappresentasse durante il fascismo, specie per i giovani, una finestra sul mondo, pubblicando integralmente (nella misura in cui era possibile ottenerli) i testi dei principali accordi internazionali, e diede sempre atto a Gaslini e ad Alberto Pirelli di aver coperto questa impostazione, anche di fronte alle rimostranze e minacce di chiusura da parte del regime.
Nel gennaio del 1941 fu richiamato a Bologna presso il reggimento carrista Ariete, e inviato a combattere sul fronte africano. Questa esperienza, segnata da numerosi atti di coraggio, si concluse con l’azione di sfondamento di Ain-el-Gazala (25-27 maggio), dove l’Ariete riuscì a superare le difese avversarie e si aprì la strada per El Alamein. Il carro sul quale si trovava Serra venne colpito, il pilota morì sul colpo e Serra fu rimpatriato gravemente ferito. In Africa ottenne due medaglie d’argento, di cui una sul campo (a Bir-el Gobi) e fu proposto per una terza. Nel clima di frustrazione, disorganizzazione e disorientamento nazionale, il giovane carrista cominciò a dubitare del fascismo e della propaganda di regime. Il solco si faceva sempre più profondo soprattutto dal punto di vista culturale, con la necessità, sottolineata da Leo Valiani, di «educarsi da soli» (in Diplomazia e storia..., 1991, p. 51). Durante il periodo di convalescenza Serra riprese i rapporti con l’ISPI e con il gruppo di antifascisti di Giustizia e libertà all’interno dell’Istituto, dove aveva trovato una situazione radicalmente mutata, ma riuscì comunque a mantenere in vita una sorta di ufficio studi clandestino, nella ferma volontà di non disperdere il patrimonio di conoscenze raccolte negli anni. Poco tempo dopo nacque l’ufficio studi del Partito d’azione (PdA), con il compito di guardare in prospettiva ai problemi che l’Italia avrebbe dovuto affrontare dopo la guerra: fu qui che venne pubblicato un mirabile rapporto di Serra sulla questione adriatica, affrontato con un metodo che fece testo nella sua produzione storica.
Tramite Stefano La Colla entrò in contatto con Ferruccio Parri e con Riccardo Bauer all’ufficio studi della Montedison, dando inizio, oltre che alla loro collaborazione nelle fila del PdA, a una saldissima amicizia. Il periodo resistenziale vide Serra molto attivo soprattutto a Milano, presso Modena, nel campo di concentramento di Fossoli (Carpi), e nella difficile situazione dell’Alto Adige, virtualmente annesso dai tedeschi. Inviatovi all’indomani della Liberazione quale membro del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia, scrisse un lucidissimo rapporto. Oltre al ruolo svolto sul campo, già dalla clandestinità, sulle pagine di L’Italia libera di Valiani, fu autore di scritti memorabili sugli eventi di quel periodo. All’indomani della fucilazione di Benito Mussolini, ad esempio, fu il primo a pubblicare un resoconto dell’inchiesta che svolse appositamente a Dongo.
Sempre a Milano, durante la guerra di Liberazione, conobbe la vicentina Jolanda Fincato. La giovane, non ancora ventenne, divenne, all’inizio almeno, l’inconsapevole staffetta partigiana di Serra. Si sposarono all’indomani della Liberazione ed ebbero due figli: nel 1946 Ildemanuela e nel 1955 Maurizio, così chiamato in onore dell’amicizia che lo avrebbe legato a Parri per tutta la vita (Maurizio, infatti, era il nome di battaglia usato da Parri durante le sue missioni).
La determinazione di tornare a occuparsi dei problemi internazionali ridando vita all’ISPI si fece prevalente. Grazie alla sua mediazione e alla sollecitazione di persone influenti, le iniziali difficoltà furono superate. Nei primi mesi del 1946 l’Istituto riprese la sua attività e in giugno tornò a nuova vita la rivista Relazioni internazionali. Come direttore dell’ufficio studi dell’Istituto, dal 1946 al 1951, si rivelò un impareggiabile organizzatore, riuscendo in breve tempo a dotarlo di una solida struttura. Questo periodo fu anche l’inizio della sua più che cinquantennale collaborazione con Nuova Antologia, ininterrotta fino alla vigilia della morte. Lo storico che era si rimise subito al lavoro con una delle sue opere più importanti, Camille Barrère e l’intesa italo-francese (1950), dedicata all’ambasciatore di Francia a Roma dal 1898 al 1924, con una prefazione di Carlo Sforza del quale Serra, per vicinanza intellettuale, fu considerato «erede spirituale» (Curato, in Diplomazia e storia..., 1991, p. 31). Nel 1954 vinse il premio Nuova Antologia per una ricerca storica inedita sui rapporti italo-inglesi agli inizi del Novecento. Frequentò inoltre vari seminari, all’Institute of historical research di Londra, per quasi tutti gli anni Cinquanta e, tra il 1960 e il 1961, a Parigi, alla Sorbona, quelli di Maurice Baumont e Pierre Renouvin. Nel 1969 fu tra i fondatori dell’Associazione italiana per gli studi di politica estera e della rivista Affari esteri insieme, tra gli altri, a Giuseppe Medici, Pietro Quaroni, Michele Cifarelli, Aldo Garosci e Giovanni Spadolini. Quando, nel 1972, a Medici fu affidato il portafoglio degli Esteri, a Serra, diventato dal 1968 ordinario di storia delle relazioni internazionali all’Università di Bologna (incarico che mantenne ininterrottamente, fino a quando lasciò l’insegnamento come professore emerito), fu affidata la direzione del servizio storico e di documentazione. Questo lo indusse a lasciare l’attività presso l’Istituto per la ricostruzione industriale (IRI), dove, fin dagli anni Sessanta, era stato collaboratore per gli affari europei e internazionali del presidente Giuseppe Petrilli. All’incarico di capo dell’ufficio studi del ministero degli Affari esteri associò un’attiva collaborazione alla Commissione per la pubblicazione dei documenti diplomatici. Sotto la sua guida, tra il 1972 e il 1992, furono pubblicati ben quindici volumi di documenti sulla politica estera italiana. Nel 1972, per iniziativa di Jean-Baptiste Duroselle, alla quale Serra aderì fattivamente, fu istituito il Comitato italo-francese di studi storici, seguito nel 1983 dall’analogo comitato con l’Inghilterra. Fu membro di numerosi organismi di studi diplomatici e di storia delle relazioni internazionali, quali i comitati direttivi dell’ISPI, della Società italiana per l’organizzazione internazionale (SIOI) e dell’Associazione italiana per la storia del pensiero economico (AISPE), oltre che membro corrispondente dell’Institut de France. Fece inoltre parte del gruppo di collegamento degli storici della Comunità economica europea (CEE). Tra gli anni Sessanta e Ottanta collaborò a Il Messaggero di Roma, occupandosi di politica internazionale, per passare poi a La Stampa.
La sua opera più rilevante all’ISPI, e poi per venti anni al ministero degli Esteri, fu di costruire un ponte funzionale tra mondo accademico, diplomazia e cultura. Un rapporto simbiotico che, specie nelle attuali condizioni internazionali, può considerarsi la sua principale eredità. Eredità, questa, che la famiglia ha voluto portare avanti, istituendo presso la Fondazione Spadolini - Nuova Antologia un premio a lui intitolato, rivolto alla nuova generazione di studiosi di relazioni internazionali.
Morì a Roma, all’età di 93 anni, il 4 ottobre 2007.
Opere. Camille Barrère e l’intesa italo-francese, Milano 1950; Tempi duri: guerra e Resistenza, Bologna 1996; Sul filo della memoria. Antologia di scritti su Nuova Antologia, 1949-2005, a cura di C. Ceccuti, Firenze, 2005. Una bibliografia completa sull’intera produzione scientifica di Serra dal 1939 al 1991 è contenuta nel volume Diplomazia e storia delle relazioni internazionali. Studi in onore di E. S., a cura di A. Migliazza - E. Decleva, Milano 1991, pp. 55-64.
Fonti e Bibl.: Archivio storico diplomatico del ministero degli Affari esteri, Fondo E. S., faldone 2, ff. 2-16; Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia - Ferruccio Parri, Fondo S. E., ff. 1, 7, ss.
V. Cali, E. S., in Antifascismo e Resistenza nel Trentino. Testimonianze, Trento 1978, pp. 242-247; Diplomazia e storia..., cit. (in partic. G. Lovisetti, La presenza di E. S. all’Ispi, pp. 3-13; L. Ceva, Interludio carristico di uno studioso, pp. 15-29; F. Curato, Un erede spirituale di Carlo Sforza: E. S., pp. 31-50; L. Valiani, Ricordo di E. S. nella Resistenza, pp. 51-54); F. Giona, L’Ispi tra rottura e continuità (1934-1948), Lucca 2014.