GIOVANNETTI, Enrico
Nacque a Lucca il 5 genn. 1833 da Giuseppe, già ufficiale napoleonico, dal 1835 comandante in capo dell'esercito lucchese, e da Anna Maria Crump.
Sull'esempio paterno la sua vita fu tutta dedicata alle scienze militari e all'arte delle armi. Appena quindicenne, nonostante la prematura scomparsa del padre avvenuta in tragiche circostanze, riuscì a entrare (21 ott. 1848) nell'austera Accademia militare di Torino ove compì i suoi primi studi ottenendo sempre brillanti risultati. Sebbene la rigida disciplina mettesse a dura prova il suo temperamento - come appare da una lettera scritta il 13 ott. 1852 a C. Paganini di Lucca al quale confidava: "la vita dell'Accademia non ha nulla cambiato, son 4 anni che la gusto, può immaginarsi se son contento: ho ancora 10 mesi da stare qua dentro e mi sembrano 10 secoli" -, già il 5 ag. 1853 il G. veniva licenziato a pieni voti dall'Accademia e ammesso alla Scuola d'applicazione col grado di luogotenente di artiglieria. Nel 1855, terminati gli studi di specializzazione, fu inserito per pochi mesi nel reggimento della piazza di Torino, e nel settembre di quello stesso anno venne aggregato alla X batteria del reggimento di artiglieria da campagna. Con questa unità partecipò alla guerra del 1859 contro l'Austria, segnalandosi il 24 giugno - durante la battaglia di Solferino e San Martino - nel combattimento di Madonna della Scoperta e meritando, al termine della campagna, una medaglia d'argento al valore militare.
Nel settembre 1859 il G., promosso capitano, fu chiamato dal tenente colonnello P. di San Robert a Fossano, in provincia di Cuneo, a collaborare alle attività di ricerca che si stavano compiendo per migliorare l'efficienza dell'esercito sardo. Anche in questa occupazione mostrò di possedere ottime capacità soprattutto nel settore della fabbricazione delle polveri da sparo e le riversò nella realizzazione di un nuovo polverificio che nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto essere informato ai più moderni criteri scientifici e militari.
Gli anni che seguirono rappresentarono per il brillante ufficiale un periodo denso di soddisfazioni. Nel 1860 infatti il G. entrò come docente effettivo all'Accademia militare di Torino e alla Scuola di applicazione della stessa città. Nel 1862, promosso maggiore, entrò a far parte del comitato di artiglieria; inoltre, mentre proseguiva l'attività di professore nelle scuole militari e svolgeva le funzioni di segretario del Consiglio superiore per gli istituti di istruzione e di educazione militare, fu anche chiamato presso la casa Savoia a svolgere le funzioni di precettore del principe Umberto, futuro re d'Italia, e del principe Amedeo. Intanto i suoi studi trovavano applicazione soprattutto nel settore dei proiettili sferici di cui egli intendeva aumentare l'efficienza e l'uso. Numerosi sono infatti gli articoli da lui dedicati all'argomento, pubblicati spesso anonimi sulle più autorevoli riviste del settore e principalmente sul Giornale d'artiglieria e genio. Nel 1864 vide la luce un libro (Della costruzione delle batterie, Torino), poi ristampato nel 1867, in cui il G. condensava una parte dei risultati dei suoi studi e che divenne subito testo fondamentale per l'organizzazione delle truppe nonché essenziale riferimento per la formazione delle future generazioni di ufficiali d'artiglieria.
Sempre nel 1864 il G. fu inviato in Danimarca a studiare lo scenario della guerra che aveva opposto l'esercito prussiano-austriaco a quello danese. In quello stesso periodo prendeva parte, in qualità di maggiore addetto al comitato di artiglieria, ai numerosi esperimenti volti a perfezionare l'applicazione del sistema delle canne rigate ai vari mezzi di artiglieria a disposizione dell'esercito. Questa attività di studio e ricerca si interruppe quando, con lo scoppio della guerra del 1866, nel luglio il G., che un mese prima era stato insignito della croce di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, entrò a far parte del comando generale presso le truppe mobilitate sul fronte e ottenne il comando di una sezione di 4 batterie d'artiglieria impegnate nell'assedio della cittadella di Borgoforte nei pressi di Mantova. Come già in precedenza, si distinse per intelligenza e acume tattico svolgendo efficacemente l'opera a cui era stato chiamato. Terminato il conflitto con la liberazione del Veneto, riprese l'attività scientifica assumendo anche l'incarico di professore di artiglieria presso la Scuola superiore di guerra di Torino, ruolo, questo, che ricoprì fino al 1872, quando, promosso tenente colonnello fu nuovamente aggregato al comitato d'artiglieria. Tra il 1874 e il 1875 fu incaricato di recarsi a Essen, in Germania, presso la fabbrica Krupp, per trattare l'acquisto di alcuni cannoni d'acciaio. Grazie anche alle sue specifiche conoscenze tecniche e scientifiche, nel 1875 ricevette dal ministro della Guerra C. Ricotti-Magnani l'incarico, svolto con lusinghieri risultati fino al 1883, di dirigere la fonderia di Torino. Nel 1883, infatti, ottenuta la promozione a colonnello passò come membro effettivo nel comitato d'artiglieria e genio. Promosso tenente generale nel 1888, in quello stesso anno divenne anche ispettore delle prove di artiglieria e comandante della Scuola centrale di tiro, cariche, queste, che conservò fino alla morte distinguendosi, come sempre aveva fatto nelle sue numerose esperienze operative e scientifiche, per disciplina e rettitudine morale.
Testimonianza del suo costante impegno e dei suoi meriti giunge anche dalle innumerevoli onorificenze che a partire dagli anni Sessanta il G. ricevette dalle maggiori autorità pubbliche, italiane e straniere. Tra queste ricordiamo, oltre alla croce di grand'ufficiale della Corona d'Italia (1889), quella di cavaliere di S. Olaus (Svezia 1861), di cavaliere di Leopoldo d'Austria (1867) e quella di ufficiale della Legion d'onore (Francia 1878).
Il G. morì a Torino, dove si era recato, insieme con la moglie e i tre figli, per trascorrere il Capodanno, il 30 dic. 1889.
Alcuni mesi dopo la morte, la salma fu trasferita a Lucca ove, su iniziativa dell'assessore S. Bongi, il Consiglio comunale stabilì che "i resti mortali di lui […] [fossero] collocati nella Cappella dei Benemeriti, ed a spese del comune [venisse scolpita] in marmo la sua effige e posta nel medagliere della cappella medesima" (S. Bongi, Onoranze al generale E. Giovannetti. Relazione…, Lucca 1890).
Fonti e Bibl.: Presso la Biblioteca statale di Lucca, nel fondo Manoscritti, n. 3111, ins. 26/1, è conservata una lettera del G. a C. Paganini. Vedi inoltre: U. Pedrazzoli, Il tenente generale E. Giovannetti. Necrologia, in Riv. di artiglieria e genio, 1890, n. 1, pp. 5-12; Catalogo dei libri italiani dell'Ottocento (1801-1900), III, Milano 1991, ad vocem; Diz. del Risorgimento nazionale, III, sub voce.