DANDOLO, Enrico
Nulle, o molto incerte, sono le notizie su di lui. Visse a Venezia tra la prima e la seconda metà del XIV secolo e, secondo una tradizione accolta già dal Foscarini alla metà del Settecento, fu figlio di Giovanni, detto "Spirito", e nipote di Marco. Al D. è stata attribuita una cronaca in volgare, iniziata probabilmente intorno al 1360, che racconta la storia di Venezia dalle origini fino all'anno1362; la continuazione della cronaca fino al 1373-74 sarebbe, poi, opera di un cronista anonimo, strettamente dipendente dal Caresini.
Il passaggio dal latino al volgare nella storiografia veneziana può essere fatto risalire agli anni intorno al 1340. Ciò spiega perché la cronaca attribuita al D. si possa riconnettere non solo a precedenti latini, prime fra tutte le due cronache del doge Andrea Dandolo e la cronaca detta di Pietro Giustiniani, ma anche ad alcuni modelli in volgare (il gruppo di cronache che il Carile, 1969, definisce A volgare). Essa si presenta, sulla falsariga della coeva storiografia veneziana, organizzata secondo i dogati. Di ogni doge viene menzionata la famiglia, le modalità di elezione, i principali avvenimenti accaduti durante il suo governo elencati secondo un ordine cronologico la morte e, quasi sempre, il luogo di sepoltura. Questo schema, che non si discosta sostanzialmente da quello della Brevis di Andrea Dandolo, non è più rispettato rigorosamente per la narrazione degli avvenimenti contemporanei all'autore. Di modo che il racconto perde in linearità; le notizie si infittiscono e l'andamento annalistico viene parzialmente abbandonato per seguire gli avvenimenti. Ciò può spiegare il giudizio negativo espresso da alcuni su questa cronaca (Thiriet), considerata piuttosto confusa. Ma va anche aggiunto che c'è chi (L. Capo) la vede caratterizzata da una particolare eleganza ed originalità stilistica, non disgiunta da uno spirito polemico - comune del resto a tutta la storiografia veneziana coeva - che era del tutto assente nella cronachistica precedente, "ufficiale" anche quando "ufficiosa". Si deve, infine, ricordare che la cronaca attribuita al D. contiene alcune clamorose inesattezze nonostante la sua probabile dipendenza dalla cronaca di A. Dandolo: ad esempio Federico Barbarossa è indicato come diretto discendente di un Ottone, mentre sia la Brevis sia l'Extensa di A. Dandolo mostrano un'esatta conoscenza della successione imperiale.
L'attribuzione della cronaca in questione al D. è messa in dubbio dalla storiografia più recente. L'analisi della cronachistica veneziana condotta dal Carile (1969) sulla scorta di un attento studio dei codici esistenti ha messo in luce come l'unico manoscritto che indichi esplicitamente il D. come autore, Cod. Cicogna 3423 (2831) della Biblioteca del Civico Museo Correr di Venezia, sia assai tardo, essendo stato copiato nel 1636, mentre il codice cui il Carile attribuisce maggior valore, il codice H 55 inf. dell'Ambrosiana di Milano, della fine del XIV sec., sia invece anonimo. Un suo passo (f. 19v) farebbe addirittura escludere la possibilità di identificazione del testo in esso contenuto con una opera del Dandolo. Nel codice si legge, infatti, a proposito dell'uccisione del "dux Obelerius" ad opera di Giovanni Partecipazio, che tale notizia è reperibile nella cronaca di messer Enrico Dandolo. Tale argomento che - come sempre in questi casi - non è conclusivo, vista la facilità con cui le note marginali potevano confluire nel testo, ma pone certamente grossi interrogativi, è stato utilizzato dalla Collodo (1970), la quale in precedenza aveva accolto l'impostazione tradizionale per sostenere l'impossibilità, allo stato attuale della ricerca, di identificare la cronaca in questione con quella del Dandolo. Ciò nonostante coloro che, nell'ultimo decennio, si sono occupati del testo in esame, hanno continuato a seguire l'attribuzione precedente.
Non per questo i giudizi su di essa risultano concordi. Aristocratico conservatore secondo il Carile e la Collodo (1967), il D. sarebbe invece, secondo il Kedar, un tipico esponente della nuova mentalità mercantile della seconda metà del XIV secolo. Tutti, comunque, pur partendo da punti di vista diversi, sottolineano come, rispetto alla consolidata tradizione veneziana di storiografia "politica", nel D. si avverta un più acuto interesse per i fattori economici: come si ricava ad esempio, dalla famosa citazione dei costi - particolarmente bassi - delle principali derrate alimentari intorno al 1350, che avrebbero contribuito alla popolarità del doge in carica (f. 64r). Inoltre, secondo il Kedar, il D. mostrerebbe di valutare le guerre non tanto in funzione di obiettivi di potere, quanto piuttosto della protezione degli interessi mercantili di Venezia; di qui il consenso mostrato alle guerre contro Genova, la più temibile avversaria in campo commerciale, e la deplorazione per le inutili spese della guerra in Dalmazia. In lui - sempre secondo il Kedar - si potrebbe notare il pessimismo tipico della sua generazione, che vive dopo la grande pestilenza, e in cui la prudenza prevale sull'amore per il rischio. Con questo atteggiamento generale si potrebbe forse collegare l'aggettivo di "providus" con cui viene designato Francesco Petrarca, di cui si ricorda la visita a Venezia nel 1354. Estratti della cronaca del D. sono stati pubblicati dal Carile (1969), pp. 261-271 e 293-300.
Fonti e Bibl.: Raphayni de Caresinis Chronica, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XII, 2, a cura di E. Pastorello, pp. XXVII, XXXI; M. Foscarini, Della letteratura veneziana libri otto, Padova 1752, pp. 116 n. 35, 142 s., n. 107; H. Kretschmayr, Gesch. von Venedig, II, Gotha 1920, pp. 540 s.; F. Thiriet, Les chroniques vénitiennes de la Marcienne et leur importance pour l'histoire de la Romanie gréco-vénitienne, in Mélanges d'archéologie et d'histoire, LXVI (1954), pp. 249 s.; S. Collodo, Temi e caratteri della cronachistica venez. in volgare del Tre-Quattrocento (E. D.), in Studi veneziani, IX (1967), pp. 127-161; A. Carile, La cronachistica venez. (secoli XIII-XVI) di fronte alla spartizione della Romania nel 1204, Firenze 1969, pp. 45-63; Id., Aspetti della cronachistica venez. nei secc. XIII e XIV, in La storiografia venez. fino al secolo XVI. Aspetti e probl., a cura di A. Pertusi, Firenze 1970, pp. 98-109 e passim; S. Collodo, Note sulla cronachistica venez. A proposito di un recente volume, in Archivio veneto, s. 5, XCI (1970), pp. 13-30; L. Capo, Icronisti di Venezia e della Marca Trevigiana, in Storia della cultura venera, II, Il Trecento, a cura di G. Folena, Vicenza 1976, pp. 301 ss., 306; B. Z. Kedar, Mercanti in crisi. A Genova e Venezia nel '300, Roma 1981, pp. 125 n. 9, 126, 143; L. Capo, Rass. di studi sulla cronachistica veneziana, in Bull. dell'Ist. stor. ital., LXXXVI (1976-77), pp. 415 s.; Repert. fontium historiae Medii Aevi, IV,p. 104; Lexikon des Mittelalters, III/3, col. 492.