ENNA (A. T., 27-28-29)
Capoluogo di provincia, è la città più alta della Sicilia (m. 948). Centro dei Siculi, d'origine assai remota, chiamato Henna, ha ripreso l'antico nome (divenuto nel Medioevo Castrum Hennae, e nell'età araba pronunziato Qaṣr Yānī onde, per successivi errati avvicinamenti, Castrum Iohannis: Castrogiovanni). La qualità di umbilicus Siciliae, che gli antichi attribuivano a quel luogo, ben gli si adatta per la posizione preminente sulle vie che, seguendo i grandi solchi interni, salgono verso il centro dell'isola. Dalla prominenza orientale (m. 997), su cui si erge, presso la rocca di Cerere, l'immenso castello di Lombardia, e da cui lo sguardo spazia su gran parte dell'isola, al rilievo occidentale, dominato dall'imponente torre di Federico II d'Aragona, la città si stende tutta sopra un'ampia terrazza triangolare, dal cui ciglione settentrionale si affacciano il duomo e la chiesa di S. Francesco. La via Roma, la più importante, segue la città nel suo sviluppo triangolare, mentre la divide quasi in due parti eguali la via Pergusa, il cui nome ricorda il vicino lago, famoso nella leggenda per il ratto di Proserpina. Il comune, che nel 1748 era ridotto a poco più di 2000 ab., ne aveva 14.633 nel 1861. Secondo il censimento del 1921, la popolazione del comune era di 32.423 ab. che, per la natura del suolo, vivevano in buona parte agglomerati nell'unico centro, che contava 26.415 ab. Si calcola che nel decennio successivo la popolazione sia salita a 40.000 ab. Nel vasto territorio (ett. 38.940) prevale la pastorizia e la cerealicoltura; le miniere di zolfo, più di 60, dànno lavoro a circa 3000 operai.
Monumenti. - Scarsi i resti dell'antica Enna. Sulla cosiddetta "rocca di Cerere" vi sono le tracce d'un santuario in cui stavano le statue colossali di Cerere e di Trittolemo ricordate da Cicerone (In Verr., IV, 107) e della prima delle quali abbiamo un ricordo nelle monete arcaiche della città. Di altri templi non abbiamo tracce, né del teatro, ricordato a proposito dello stratagemma di Pinario. Si conserva qualche tratto di mura e qualche grotta nella parte bassa della rocca e nei pressi del lago di Pergusa. Di notevole interesse la monetazione che spesso allude al culto di Demetra.
Più numerose e interessanti le tracce lasciate in Enna dalle epoche seguenti: il Castello di Lombardia è ricco di elementi costruttivi bizantini, normanni e svevi; il gotico siculo vi ha lasciato opere raffinate. Se si eccettui l'abside triloba della cattedrale, di pretto stile gotico tedesco, gli altri monumenti, il torrione campanario delle chiese di S. Francesco e di S. Giovanni, il palazzo Pollicarini e soprattutto il palazzo Vasquasia dalle soavi corniciature catalane e dalle inflorescenze aragonesi, fanno pensare alla diretta influenza di Mattia Carnilivari. Il Museo possiede un trittico bizantino e alcune tavolette epirote. Di G. D. Gagini (1503-1567) è in San Cataldo una complessa icone con scene del Nuovo Testamento, e di Filippo Paladino (1544-1614) fiorentino si veggono nell'abside del duomo tre episodî biblici.
Storia. - Il nome non greco di E. dimostra che qui sin dall'epoca preistorica risiedette una popolazione indigena di cui rimangono tracce in umili manufatti rinvenuti anche nei dintorni della città e nei pressi del lago di Pergusa. Stefano Bizantino la diceva fondata nel 664 a. C., Filisto nel 552, ma queste date non possono indicare che la penetrazione dell'elemento greco, all'inizio principalmente mercantile, nell'interno dell'isola e quindi anche in E. Certo è che nella seconda metà del sec. V la città batte già moneta greca, e i tiranni di Siracusa mostrano di apprezzare il valore strategico della sua posizione. Dionisio il Vecchio, dopo varie vicende, se ne impadronì a tradimento nel 396. Più tardi alcuni Ennei parteciparono all'impresa di Dione. Nel 309 Enna si trova, con Agrigento e Gela, in lega contro Agatocle, di cui tuttavia cadde in potere nel 307. Se ne impadronirono poi forse i Cartaginesi, poiché era in loro mano quando, nel 277, Pirro liberò gran parte della Sicilia. Nella prima guerra punica, nel 263-262, fu alleata dei Romani; presa a tradimento da Amilcare nel 259, fu riconquistata dai Romani l'anno seguente. Durante la seconda guerra punica, nel 214, un tentativo di ribellione contro Roma fu domato con uno stratagemma da Pinario, che rinchiuse i ribelli nel teatro e ne fece strage. In seguito a ciò Enna perdette la qualità di civitas libera atque immunis (a quest'epoca si è voluta attribuire un'iscrizione rinvenuta a Roma che menziona Enna: M. Claudius consol Hinad cepit). La città vide allora massacrata la sua popolazione; essa passò poi nella serie delle civitates decumanae. Dalle monete si dedurrebbe che abbia avuto diritti municipali e che a capo della città stessero dei duoviri. Durante la guerra servile Enna fu il centro della rivolta diretta da Euno, il quale tenne la città per due anni finché nel 132 Rupilio la prese per fame, facendo strage dei ribelli, strage immane dopo la quale Roma sentì il bisogno di placare con un'ambasceria la dea Demetra. Verre, a mezzo di Apronio, le estorse grandi quantità di biade, e privò il celebre simulacro di Demetra, che si ergeva sull'acropoli, della Nike che recava in mano. Nell'ultimo secolo a. C. la città aveva ormai perduto la floridezza d'un tempo.
Dal punto di vista religioso Enna fu una delle principali sedi del culto di Demetra, che taluno ha ritenuto anzi indigeno; altri invece, pure ammettendo che Enna in origine abbia avuto delle divinità campestri, credono tuttavia che il culto di Demetra e Kore sia sostanzialmente greco, e forse introdotto da Agrigento, da Gela e, principalmente, da Siracusa all'epoca dei Dinomenidi. A ogni modo il primo poeta greco che parli del mito collegandolo con Enna è Callimaco: i prati ennei divennero ormai il luogo in cui Kore era stata rapita da Pluto e nei pressi del lago di Pergusa si cominciò a indicare una caverna come il luogo da cui sarebbe uscito di sotterra il carro del dio. All'epoca romana, come si desume da Cicerone, essa era divenuta il centro del detto culto nell'isola.
La posizione strategica della città fece sì che essa seguitasse ad avere una certa importanza come fortezza anche durante l'impero. Nel Medioevo fu spesso teatro di guerre e ultimo baluardo dei varî popoli che si avvicendarono nel dominio della Sicilia: cadde più per tradimento o astuzia che per valore d'armi. Vent'anni e più resistette, con presidio bizantino, agli assalti dei musulmani, che l'ebbero per tradimento il 1° agosto 859, la saccheggiarono e vendettero le donne come schiave. Il Gran Conte Ruggiero solo nel 1087, e in seguito a maneggi, poté possederla. Varie volte vi dimorò Federico di Svevia, né è improbabile che con lui e con Giacomo da Lentini nell'agosto 1233 vi si sia pur trovato Pier della Vigna.
Ancor più l'amò Federico II di Aragona, che ne fece il suo quartiere generale e la sua residenza e vi costruì un castello: qui nel 1314, egli assunse il titolo di re di Trinacria, e nel 1324 volle che si riunisse in Enna il parlamento siciliano. Città demaniale fin dal tempo normanno, parteggiò più tardi ora coi Chiaramonte ora coi Ventimiglia; sottomessa da Martino I, nel parlamento di Siracusa del 1398 ottenne la conferma dei suoi privilegi.
Nel 1442 Enna contava circa 4000 abitanti; un secolo e mezzo dopo, favorita dalla sua ubicazione lontana dalle spiagge infestate dai pirati, la sua popolazione si quadruplicò; rifiorì l'agricoltura e furono coltivate le miniere del suo territorio; nella citta sorsero buoni palazzi e nuove chiese e furono restaurate le antiche, adorne di pregevoli opere d'arte. Cominciato però nel Seicento e cresciuto sempre più nel Settecento l'esodo dei contadini, che nei comuni feudali che qua e là venivano sorgendo trovavano migliori condizioni economiche, Enna a poco a poco decadde. Nell'Ottocento tornò a fiorire; essa partecipò con Palermo alle rivoluzioni del 1820 e 1848.
La provincia di Enna.
Costituita nel 1927 coi soppressi circondarî di Nicosia (Catania) e di Piazza Armerina (Caltanissetta), si stende sugli Erei per 2553 kmq., con una popolazione presente di 260.143 ab. (ab. residenti 272.671). Comprende 20 comuni, dei quali 4 con più di 20.000 ab. e cioè i comuni di Piazza Armerina, di Enna, di Agira e di Leonforte, e 8 con più di 10.000 abitanti. La fertilità dei campi e l'amenità dei luoghi sono le caratteristiche di questa provincia, che ha un solo piccolo centro (dei 20) oltre i metri 1000, 5 tra gli 800 e i 1000, 9 tra i 600 e gli 800, 4 tra i 400 e i 600, e uno solo sotto i 400. Nel suo territorio si trovano numerose zolfare, e in quelle miniere lavorano circa 9500 operai. L'analfabetismo diede nel 1921 ancora queste cifre: nel circ. di Nicosia il 61%; nel circ. di Piazza Armerina il 54% (in Sicilia la media era di 49).
Bibl.: E. L. Falautano, Castrogiovanni, in F. Nicotra, Dizionario illustrato dei comuni siciliani, Palermo 1907; G. Alessi, Descrizione fisico-mineralogica di Enna, in Giornale dei Letterati, II, viii, p. 374. - Sulla città antica, oltre alle storie generali della Sicilia, v.: V . Amico, Diz. topogr. della Sicilia, Palermo 1855, s. v.; Ziegler, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, coll. 284-87; O. Rossbach, Castrogiovanni, Lipsia 1912; per la ricca e interessante monetazione v.: R. S. Poole, Cat. of Greek coins in British Museum, Sicily, Londra 1876, p. 59 segg.; A. Holm, Storia della Sicilia nell'antichità, trad. da G. B. Dal Lago e V. Graziadei, Palermo 1896 segg., III, passim. - Sulla città medievale, oltre all'opera citata dell'Amico, vedi un manoscritto di V. Littara, nella Biblioteca Nazionale di Palermo; P. Vetri, Castrogiovanni dagli Svevi ai Borboni di Napoli, Piazza Armerina 1886; e, per la parte monumentale, U. Arata, L'architettura arabo-normanna e del Rinascimento in Sicilia, Milano 1912; L. Walter, Sizilianische Bauten des Mittelalters in Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia und Randazzo, Berlino 1917.