EMPIRISMO (dal gr. ἐμπειρία "esperienza")
E un termine adoperato anche comunemente per indicare il costume di chi si affida, per le conoscenze pratiche, all'esperienza dei fatti quali si offrono nella vita quotidiana. Questo uso è antico: cfr. Aristotele (Metaph., I,1, 7): "In quanto alla pratica, tra esperienza e arte non sembra ci sia nessuna differenza; anzi noi vediamo che gli empirici colgono nel segno anche meglio di coloro che posseggono la teoria senza l'esperienza: e ciò perché l'esperienza è una conoscenza di casi particolari, invece l'arte è conoscenza degli universali. Ma l'azione e la produzione riguardano sempre casi particolari: il medico non cura già l'uomo, ma Callia o Socrate". Di qui, anche, sin dall'antichità, l'uso di questo termine nella pratica medica per indicare coloro che si fondano sull'esperienza dei casi particolari (contro quelli, metodici, che procedono per teorie). Quando questa pratica sia esclusiva, empirico acquista un senso dispregiativo, sinonimo di superficiale, e anche di ciarlatano. Ma, propriamente, l'empirismo è una dottrina filosofica che pone a fondamento della conoscenza umana l'esperienza in generale; e questa dottrina ha una storia che risale ai primordî della storia della filosofia.
Per la filosofia occidentale si può dire che con Talete e la Scuola ionica si cominciò col fondarsi sull'esperienza per trovare, contro le fantasie e i miti religiosi precedenti, un principio delle cose. Ma questo principio (l'acqua, l'aria, il fuoco, ecc.) dovendo spiegare tutto, necessariamente acquistò un valore metafisico. La speculazione presocratica oscilla, così, tra metafisica ed empirismo. I sofisti, abbandonando le discussioni di questo genere, misero in valore l'esperienza riferendola esclusivamente alla vita quotidiana dell'uomo.
Chi, per il valore della conoscenza e dell'azione, sollevò le sorti della filosofia, contro l'empirismo antropologico dei sofisti, fu Platone. Ma Aristotele, suo scolaro, riconducendo, per così dire, le idee platoniche dal cielo in terra, e riguardandole come forme che si attuano e svolgono nella particolarità delle cose e nella concretezza degl'individui, rivalorizzò il mondo dell'esperienza, senza perciò cadere in un vero e proprio empirismo, in quanto anche per lui la scienza ci è data, infine, dall'universale e non dal particolare, dall'intelletto, e non dalla sensazioae semplicemente. Questa nota di empirismo, tuttavia, bastò per far sorgere, nella filosofia postaristotelica, numerose affermazioni di un più ampio empirismo: tali, quelle degli stoici e degli epicurei sull'origine delle percezioni dalle impressioni che fanno sull'anima gli oggetti esteriori. Ebbe, così, origine e grande sviluppo lo scetticismo, che in quell'empirismo puro constatò la mancanza di un criterio di verità stabile e sicuro. La conclusione fu l'empirismo schietto cioè lo starsene ai fatti, rinunziando a ogni dimostrazione scientifica.
La questione acquista un'importanza straordinaria nella filosofia moderna. Contro il dogmatismo esagerato della metafisica scolastica e l'abuso degli schemi della logica del sec. XIV, il Rinascimento accampa la certezza e fecondità dell'esperienza per il sapere e per la vita. Celebre la scuola galileiana, da cui mosse il metodo sperimentale della scienza moderna con l'enorme sviluppo che tutti sanno. A questo metodo, non estraneo, sebbene in altro senso, ad Aristotele e ad Alberto Magno, si studiò di dare un fondamento filosofico Bacone di Verulamio, riguardato, insieme con Descartes, tra i padri della filosofa moderna. Anche Descartes, infine, per quanto padre dell'idealismo moderno, pur movendo dal principio dell'autocoscienza, mirava a un metodo per la spiegazione del mondo dell'esperienza in servigio della scienza. Chi, tuttavia, dell'esperienza fece decisamente la fonte originaria di tutte le nostre conoscenze, fu l'inglese Giovanni Locke, che nel suo saggio sull'umana intelligenza combatté vittoriosamente ogni teoria di idee innate, aprioristiche, o comunque precedenti l'esperienza. L'empirismo di Locke ebbe un enorme successo nel sec. XVIII, specialmente in Francia. Hhme portò l'empirismo allo scetticismo, e suscitò il criticismo kantiano, che dell'empirismo mise in luce il lato giusto e quello erroneo: senza l'esperienza, disse Kant, l'uomo non avrebbe nessuna conoscenza, ma non per questo ha ragione l'empirismo se, perciò, vuol sostenere che ogni principio della conoscenza sia di natura empirica; anzi, i principî di ogni conoscenza, per aver valore veramente oggettivo, universale e necessario, sono trascendentali: tali, cioè, che, pur attuandosi nell'esperienza, possono dimostrare la loro validità soltanto nella pura attività dello spirito. La questione, così posta da Kant, è discussa lungo tutta la storia della filosofia contemporanea. Dopo un periodo in cui predominò l'idealismo (Hegel), si ritornò all'empirismo (che Kant aveva, almeno parzialmente, giustificato) col positivismo. Oggi la tendenza generale della speculazione è di concentrare nell'esperienza, intesa nella sua attualità e storica concretezza, tutte le ragioni ideali e spirituali che Kant, col suo trascendentale, aveva dimostrato necessario doversi ammettere per accogliere il lato giusto dell'empirismo.