MELISURGO, Emmanuele
– Nacque a Bari il 19 giugno 1809 da Spiridione e da Raffaela De Vanno, appartenente – secondo quanto affermato da R. De Cesare– a una famiglia di origine greca.
Quando era ancora in tenera età i genitori si trasferirono a Napoli. Pare che per un certo periodo di tempo il M. studiasse a Roma; di certo fu tra i migliori allievi della R. Accademia di belle arti di Napoli, tanto che a soli ventidue anni compose un manuale di Istituzioni di disegno architettonico per uso degl’ingegneri, architetti, ed architetti scenografici (Napoli 1831).
Dal 1831 si stabilì per lunghi periodi in Inghilterra e in Francia. Il 25 giugno 1836 si unì in matrimonio con Rosa Gardella dei conti Raimondi di Genova, con cui ebbe il figlio Giulio.
Durante uno dei suoi soggiorni fuori d’Italia aveva conosciuto il banchiere J. Pook e il direttore della ferrovia Galway-Emy, D. Nuñes Carvalho. Con questi due soci, e a nome dell’importante società Cumming Wood, il 15 ag. 1845 propose al governo napoletano un ambizioso progetto che prevedeva innanzitutto la costruzione di una ferrovia, importante via di comunicazione tra Tirreno e Adriatico, il cui primo tratto da Napoli a Brindisi avrebbe toccato le città di Avellino, Ariano Irpino, Lucera, Foggia, Canosa, Barletta, Bari e Brindisi. Da questa si sarebbero poi staccate varie diramazioni che avrebbero avvicinato le estreme province del Tavoliere alla capitale agevolando i commerci dell’olio d’oliva sui mercati internazionali.
Stando al progetto, sarebbero seguiti altri collegamenti con l’Abruzzo, la Calabria e infine la Sicilia. Poiché il progetto non comportava alcun onere finanziario per lo Stato, le richieste del M. non furono respinte; ma Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie, pretese una riduzione delle tariffe proposte dal M., il trasporto gratuito dei militari e la limitazione della concessione alla sola linea per le Puglie. Il 2 marzo 1846 fu emanato il decreto di concessione della Napoli-Barletta con la possibilità, per il M., di prolungare la linea fino a Otranto (cfr. Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie, 1846, 1° semestre, Napoli 1846, legge n. 10005, 2 marzo 1846: Decreto con cui si approva la costruzione di una nuova strada ferrata da Napoli a Barletta, con facoltà di prolungarla per Brindisi ad Otranto, in corrispondenza degli annessi trentadue articoli de’ capitoli di concessione). Ma i moti del 1848 e la difficoltà per il M. di reperire finanziamenti in Inghilterra, soprattutto a causa di una clausola della concessione che prevedeva espressamente che il governo avrebbe potuto concedere ferrovie parallele, fecero, per il momento, naufragare l’impresa.
Spirito liberale, nel 1848 il M. aderì al movimento per ottenere la costituzione e il 18 marzo di quell’anno fondò il giornale satirico L’Arlecchino.
Nel primo numero apparve come direttore responsabile F. Martelli. Ricco di ottime firme e illustrato con spiritose caricature, il giornale si impose ben presto per la sua vivacità richiamando l’attenzione del pubblico e funse da palestra politica per il M. che propose la sua candidatura alla Camera dei deputati.
L’Arlecchino durò meno di tre mesi, spazzato via dalla repressione del 15 maggio 1848, quando la redazione fu invasa dai soldati svizzeri desiderosi di vendicare la morte di un ufficiale, ucciso forse da una fucilata partita dai balconi del palazzo che ospitava il giornale. Il M., dopo aver fatto allontanare i collaboratori, si attardò in redazione per distruggere quanto poteva essere ritenuto sovversivo. Ferito da una sciabolata alla testa, fu tradotto a palazzo reale. Durante il percorso fu riconosciuto da alcuni come l’ingegnere che aveva organizzato la barricata dinanzi palazzo Ciriello e per questo fu portato nei fossi del Castello per l’immediata fucilazione. Sembra che a salvarlo fosse un ufficiale della Marina che riuscì a sottrarlo alla pena facendolo salire su un bastimento ancorato in darsena.
Il 29 maggio L’Arlecchino riprese le pubblicazioni continuandole fino al 14 apr. 1849, quando la magistratura, considerandolo un giornale politico, ne permise la stampa solo previo pagamento di una cauzione. Il M. cercò di opporsi e ciò determinò una nuova, temporanea interruzione del periodico che, dopo un’ultima ripresa, cessò di vivere il 16 giugno 1849.
All’Arlecchino il M. e altri redattori avevano affiancato, l’8 giugno 1848, un quotidiano di grande formato, La Libertà italiana, il quale per la passione che lo contrassegnava fu presto oggetto di attenzione da parte delle autorità borboniche.
Il 2 novembre dello stesso anno il giornale fu sequestrato per ordine del procuratore generale del re e, in attesa di procedimento giudiziario, costretto a sospendere le pubblicazioni. Il M. si distinse come uno fra i più coraggiosi giornalisti dell’epoca. Il 6 nov. 1848 fece uscire un altro giornale, La Libertà, sospeso per ordine del procuratore generale del re il 19 marzo 1849; due giorni dopo lo sostituì L’Eco della Libertà, che tuttavia durò meno di una settimana. Il 18 apr. 1849 nacque La Stampa, dalle cui pagine il M. stesso, direttore responsabile, commentava le sfortunate vicende italiane dopo la sconfitta di Novara. Il 9 giugno anche questo giornale fu ridotto al silenzio: condannato a sei anni di carcere per delitti di stampa, il M. si rifugiò in Inghilterra.
Il M. ritornò nel Regno solo nel 1853, quando Ferdinando II decise di costruire la linea ferroviaria da lui proposta nel 1845 a spese dello Stato, pur lasciando ancora aperta la possibilità della partecipazione di privati: l’inizio dei lavori era stato fissato per il 1° marzo 1853. Il M. si fece di nuovo avanti e, poiché l’impegno di spesa sembrò, comunque, troppo oneroso per il governo, propose di costruire una prima tratta Foggia-Bari a spese di una società privata. Questa nuova offerta per il momento fu respinta, ma non fu difficile al M., nel giro di un anno, convincere il re a recedere dalla decisione di costruire a spese dello Stato e, con decreto reale del 16 apr. 1855, Ferdinando II gli concesse la costruzione e l’esercizio della ferrovia da Napoli a Brindisi (cfr. Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie, 1855, 1° semestre, Napoli 1855, legge n. 2067, 16 apr. 1855: Concessione al sig. E. M. della ferrovia Napoli-Brindisi; 2° semestre, ibid. 1855, legge n. 2589, 8 ott. 1855: Decreto col quale si permette al sig. E. M., concessionario della ferrovia delle Puglie, di costruire una traversa che dal Comune di Mercato Sanseverino porti a Salerno).
Come forma societaria il M. adottò quella della società in accomandita che prevedeva l’emissione di 220.000 azioni da 100 ducati ciascuna (Società in commandita Emmanuele Melisurgo e C. per la ferrovia delle Puglie da Napoli a Brindisi. Stato enunciativo de’ lavori a cottimo, Napoli 1855). Per ovviare alla difficoltà della loro collocazione il consiglio di amministrazione della società stipulò anche un accordo con i Rothschild per la vendita delle azioni all’estero. La cerimonia di inaugurazione dei lavori avvenne l’11 marzo 1856 (cfr. E. Melisurgo, Programma per la solenne inaugurazione dei lavori della ferrovia delle Puglie, ibid. 1856), ma le numerose interferenze governative allungarono i tempi dell’effettivo inizio dei lavori e crearono problemi a causa della concessione ad altri gestori di tratti di ferrovia parziali, e spesso vicini o paralleli a quelli della linea delle Puglie. Al M., che aveva protestato vivacemente offrendosi come concessionario anche per queste altre linee che potevano dar luogo a questioni, Ferdinando II non solo negò ulteriori concessioni, ma anzi propose che i lavori cominciassero da Bari in direzione Foggia, rimandando a un tempo successivo i collegamenti tra Napoli e Sanseverino. Era evidente la volontà di ostacolare l’impresa. Nonostante tutto, il 15 nov. 1856 il M. versò allo Stato la seconda rata della cauzione, necessaria per non decadere dalla concessione. Molti azionisti, però, che avevano versato soltanto anticipazioni cominciarono a non pagare più le rate rimanenti, per cui non fu possibile mettere in opera gran parte dei materiali giunti dall’Inghilterra e lasciati inutilizzati nei depositi di Napoli (cfr. E. Melisurgo e C., Contro Manfré ed altri azionisti morosi: documenti, ibid. 1857). Tra continue speranze e disillusioni la situazione di stallo non mutò fino al 1860.
Al suo ingresso a Napoli, nel settembre 1860, G. Garibaldi dovette occuparsi anche di questo problema: lo sviluppo della rete ferroviaria gli stava a cuore, sia per agevolare i commerci delle province interessate sia per offrire immediatamente lavoro ai veterani dell’esercito meridionale. Tutto il vasto piano di costruzioni fu affidato dal governo prodittatoriale, il 15 ott. 1860, alla società Adami e Lemmi di Livorno. La precedente concessione con la Melisurgo e C. fu annullata anche se i lavori erano a buon punto tanto che tutte le gallerie e i ponti erano già stati costruiti. Inoltre il M. fu costretto a difendersi dall’accusa di avere realizzato solo in minima parte quanto previsto dalla concessione.
Il M. morì a Torre del Greco nel 1867.
Il figlio Giulio, nato a Parigi il 13 giugno 1837, seguì le orme paterne. Dal 1863 entrò nella Società delle strade ferrate meridionali e fu, a Napoli, progettista di via Partenope, via Caracciolo e della ferrovia Cumana. Per molti anni, assistito da F. Crispi come avvocato, continuò le liti giudiziarie seguite alla mancata realizzazione della linea ferroviaria delle Puglie (cfr. G. Melisurgo, Ferrovia da Napoli a Brindisi. Rapporto del 7 ott. 1861 pel ministro dei Lavori pubblici relativo alla Commissione del 7-4-1855, Napoli 1888; Id., A difesa dell’erede di E. Melisurgo contro il prefetto della Provincia di Napoli, rappresentante del ministero dei Lavori pubblici, ibid. 1889; Giudizio arbitramentale. Controdeduzioni al terzo libello della R. Avvocatura erariale di Napoli: Melisurgo e ministero dei Lavori pubblici, ibid. 1891). Giulio morì a Napoli nel 1896.
Fonti e Bibl.: Giornale del Regno delle Due Sicilie, 19 maggio 1855; B. Quaranta, La ferrovia delle Puglie da Napoli a Brindisi, in Annali civili del Regno delle Due Sicilie, 1855, vol. 55, pp. 12-30; Solenne inaugurazione della strada ferrata delle Puglie da Napoli a Brindisi intrapresa dalla Società in commandita Emmanuele Melisurgo e C., in Poliorama pittoresco, XVI (1855-56), pp. 331 s.; Ferrovia delle Puglie, in Giorn. del Regno delle Due Sicilie, 14 febbr. 1857; Profili di candidati: Giulio Melisurgo, in L’Occhialetto, 12 maggio 1886; G. Massari, I casi di Napoli dal 29 genn. 1848 in poi, Trani 1895, pp. 194, 254; S. Di Giacomo, Il Quarantotto, Napoli 1903, pp. 29 s.; S. Daconto, La Provincia di Bari nel 1848-49, Trani 1908, pp. 52, 98; R. De Cesare, La fine di un Regno, Città di Castello 1908, pp. 263-270; G. Praitano, Le tradizioni ferroviarie napoletane, Bari 1911, pp. 15-21; G. Paladino, Il 15 maggio del 1848 in Napoli, Milano 1920, p. 323; L. Rocco, La stampa periodica napoletana delle rivoluzioni (1799-1820 - 1848-1860), Napoli 1921, pp. 61-65; A. Crispo, Le ferrovie italiane. Storia politica ed economica, Milano 1940, pp. 22, 24, 96, 105, 125, 325; M. Topa, Così finirono i Borbone di Napoli, Napoli 1959, p. 64; A. Giovine, E. M. ingegnere, giornalista e patriota non era napoletano, ma barese…, Bari 1970; N. Ostuni, Iniziativa privata e ferrovie nel Regno delle Due Sicilie, Napoli 1980, pp. 92-102, 106-109, 127, 133 s., 137, 144 s., 149-151, 155 s., 160-162, 165, 168-190, 195, 198, 200; D. Cirella, Una famiglia di pionieri: i Melisurgo, in Ferrovie e tranvie in Campania…, a cura di F. Assante et al., Napoli 2006, pp. 164-166.
S. Musella