MOTTA, Emilio
MOTTA, Emilio. – Nacque a Bellinzona (Svizzera, Canton Ticino) il 24 ottobre 1855 da Cristoforo e Matilde Balli.
Il padre militò nel partito liberale-radicale e diresse l’amministrazione comunale di Airolo, suo paese d'origine; fu eletto in Gran Consiglio dal 1848 al 1854 e dal 1863 al 1867. Dal novembre 1854 al marzo del 1855, nel periodo che precedette il colpo di Stato radicale, il cosiddetto Pronunciamento, fu membro del Consiglio di Stato. Ritiratosi dal governo cantonale dopo quei fatti, abbracciò la carriera militare. La madre discendeva da una famiglia di mercanti di legname e stoffe con traffici in Germania e Olanda.
Morti la madre nel 1857 e il padre nel 1867, Motta fu affidato allo zio materno, Giacomo Balli, avvocato e imprenditore di Locarno. Ebbe stretti rapporti anche con la famiglia di Alessandro Valentino Balli, cugino della madre, e con i suoi figli: Emilio, promotore del Museo civico di Locarno, e Francesco, sindaco della città dal 1896 al 1913, gran consigliere, membro del governo cantonale e deputato al Consiglio nazionale. Fu educato in un ambiente benestante, colto, in cui i membri della famiglia erano investiti di cariche politiche e militari a livello comunale, cantonale e federale, con un’intensa attività commerciale e imprenditoriale. Frequentò il collegio rosminiano a Stresa; poi fu allievo per un anno del corso preparatorio del collegio Landriani di Lugano per poi continuare la sua formazione nell’istituto privato del sacerdote cattolico Erich Meier a Soletta e al liceo di Lugano. Nel 1872 si iscrisse alla Mechanische technische Abteilung del Politecnico di Zurigo, che frequentò fino al 1876 con scarso interesse e senza portare a termine i corsi, attirato piuttosto dalla politica e dalla storia. Nel 1875 fu redattore della rivista studentesca radicale La Palestra, di orientamento anticattolico. Già in quegli anni seguì corsi di storia, arte, economia e politica. Allacciò rapporti con storici e filologi, in particolare con l’archivista federale Jakob Kaiser a Berna, quello cantonale di Lucerna Theodor von Liebenau e con lo storico dell’arte zurighese Johann Rudolf Rahn.
Nel 1877 diventò membro della Società storica svizzera. Tornato in Ticino cercò senza successo di fondare una società storica cantonale e nel 1879 iniziò a pubblicare il Bollettino storico della Svizzera italiana, che diresse per 38 annate. L’introduzione al primo numero fu ispirata dal programma scritto da Cesare Cantù quattro anni prima per l’Archivio storico lombardo, tanto da riprenderne diversi passi.
Il bollettino, edito a Bellinzona da Colombi, ebbe carattere erudito, attento alla pubblicazione di documenti, cronache e curiosità; meno frequenti furono saggi di ampio respiro. Sebbene a partire dal 1893 avesse ottenuto un sussidio dallo Stato, nel 1912 dovette sospendere le pubblicazioni per motivi economici. Nel 1915 Motta tentò di rilanciarlo, ma non poté proseguire oltre l’anno. Dopo la sua morte fu ripreso da Eligio Pometta.
Nella seconda metà del XIX secolo l’Archivio federale di Berna incaricò diversi studiosi di trascrivere documenti d’interesse per la storia nazionale svizzera conservati in archivi esteri. Motta si adoperò per ottenere un incarico di questo tipo all’Archivio di Stato di Milano, ma senza successo. Tra il 1880 e il 1882 dovette perciò limitarsi a pubblicare sul suo bollettino i documenti degli anni 1478-79, relativi alla battaglia di Giornico e alle sue conseguenze. Nel 1884 l’Archivio federale gli affidò ricerche all’Archivio segreto Vaticano. Lo storico consultò i rapporti della nunziatura in Svizzera, con l’intento di allestire un repertorio e scegliere i documenti da riprodurre. Ma dopo alcuni giorni gli fu negato l’accesso all’archivio: personalità cattoliche conservatrici svizzere lo avevano segnalato al cardinale segretario di Stato come radicale e anticlericale. L'espulsione 'provocò nella stampa svizzera una polemica che riecheggiò nel giugno 1885 perfino al Consiglio degli Stati (la Camera piccola del Parlamento federale).
In effetti la polemica anticlericale fu una caratteristica dei testi giovanili di Motta. Eloquenti sono Cristianesimo, cattolicesimo e civilizzazione. Date storiche, estratto da Il Tempo (Locarno 1877) e le Effemeridi ticinesi (Bellinzona 1877, rist. Giubiasco 1991), dove i termini cattolicesimo e civilizzazione erano antitetici.
Nonostante la situazione agiata, Motta necessitava di un impiego retribuito e aspirava a essere nominato archivista cantonale. La possibilità sfumò – dal 1877 al 1890 il Canton Ticino fu governato dal Partito conservatore – e si trasferì dunque a Milano. Nel 1888 sposò Anna Mariano, figlia di un albergatore di Novara, da cui aveva avuto nel 1884 la figlia Matilde. Nel 1889 il marchese Gian Giacomo Trivulzio gli affidò la Biblioteca Trivulziana, di cui si occupò fino alla morte. Nel 1896 acquisì la cittadinanza italiana (senza rinunciare a quella svizzera) per potersi candidare alla direzione dell’Archivio di Stato di Milano; non ottenne il posto e continuò a vivere del suo lavoro alla Trivulziana, accettando temporanei incarichi di ricerca.
Dal 1879 fu membro della Società storica comense, di cui divenne vicepresidente nel 1886 e presidente nel 1889, e della Società storica Lombarda, che lo nominò vicesegretario nel 1885, segretario nel 1889 e vicepresidente nel 1916. Fece inoltre parte di altre società storiche e bibliografiche: si iscrisse all’Accademia fisico-medico statistica nel 1879, alla Società di storia patria della Mirandola nel 1886, fu socio corrispondente della Deputazione di storia patria della Lombardia e nel 1888 fu chiamato nel consiglio di redazione della Rivista numismatica italiana; ancora fu membro dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, della Commissione araldica lombarda e dell’Accademia di belle arti.
I suoi interessi furono molteplici: si occupò di numismatica, di araldica, di statistica e curò bibliografie su temi disparati: il suicidio, la cartografia milanese, la politica agricolo-forestale del Ticino, la ferrovia del Gottardo. Sull’Archivio storico lombardo pubblicò dal 1886 al 1920 il Bollettino di bibliografia storica lombarda. Ma soprattutto fu editore di documenti.
Le sue ricerche si concentrarono negli archivi della Svizzera italiana e a Milano e Como. Frequentò assiduamente la Biblioteca Ambrosiana e quella di Brera. Privilegiò i secoli XIV e XV, senza disdegnare i successivi. Pubblicò innumerevoli articoli brevi, riuniti in serie di «curiosità», «briciole storiche» e «spigolature». Fra i rari studi più ampi, che palesano debolezza di sintesi, si segnalano I Sanseverino feudatari di Lugano e Balerna (1454-84), in Periodico storico comense, 1881-82 e Guelfi e Ghibellini nel Luganese. Seguito alla memoria: I Sanserverino feudatari di Lugano e Balerna (1434-84), ibid., 1885, ove ripercorre le vicende luganesi del XV secolo fino alla conquista svizzera, mettendo in luce i contrasti tra i Rusca di parte ghibellina e i Sanseverino, guelfi, e i complessi rapporti con i duchi di Milano. Tipico del suo stile erudito è il fatto che due terzi dell’opera siano occupati dalle appendici documentarie. I due lavori Dei personaggi celebri che varcarono il Gottardo nei tempi antichi e moderni, in Bollettino storico della Svizzera italiana, 1884, e I Musici alla corte degli Sforza, in Archivio storico lombardo, 1887, sono elenchi commentati, raccolte di documenti e di curiosità.
Dopo la svolta politica del 1890 nel Canton Ticino a Motta si presentarono nuove opportunità: nel 1897 fu chiamato a far parte a Lugano del comitato organizzatore della commemorazione del centenario dell’indipendenza (1898). Fu nominato vicepresidente della sottocommissione per l’organizzazione della mostra storica e incaricato della redazione di una monografia, Come rimanesse svizzero il Ticino nel 1798 (Bellinzona 1898, rist. 1992). In questo studio diede un giudizio benevolo dei Cisalpini e dei moti insurrezionali, benché non rappresentassero il sentimento della popolazione, mentre fu severo sul regime dei landfogti svizzeri nei baliaggi italiani. La tensione politica che ispirò questo studio lo portò a distaccarsi parzialmente dall’erudita trascrizione di documenti d’archivio. Tuttavia rimasero peculiari delle sue pubblicazioni di Motta il puntiglioso e dispersivo spaziare su molti temi e il positivismo documentario: aprì così molte piste di ricerca, ma è mancata una sua ‘grande opera’.
Alla fine del XIX secolo il Canton Grigioni decise di ordinare i suoi archivi comunali e distrettuali: Motta ottenne l’incarico relativo agli archivi di Mesolcina e Calanca, compito che svolse tra il 1902 e il 1905. Nel 1909 il Canton Ticino lo nominò membro della Commissione cantonale dei monumenti storici e artistici con il compito di ispezionare gli archivi pubblici e di concentrare i documenti storici nel palazzo del pretorio di Bellinzona, dando vita alla sezione storica dell’Archivio cantonale, ma l’ordinamento di questa sezione fu interrotto durante la guerra e rimase a uno stadio sommario. Intanto Motta, tra il 1909 e il 1918, visitò i principali archivi comunali e distrettuali, facendo rapporto sul loro stato e allestendo inventari.
Nel 1920 Francesco Chiesa, presidente della Commissione cantonale dei monumenti storici ed artistici, propose di affidargli la carica di archivista cantonale, ma le trattative furono interrotte dalla morte sopravvenuta dopo alcuni mesi di malattia il 18 novembre 1920 a Roveredo, nel Canton Grigioni.
Fonti e Bibl.: Le carte di Motta sono conservate presso l’Archivio di Stato di Bellinzona, smembrate nel fondo Diversi, e a San Vittore nell’Archivio moesano. A Milano la Biblioteca dell’arte conserva 61 lettere a Luca Beltrami e la Biblioteca di Brera 129 lettere a Francesco Novati. Pubblicati sono due carteggi: G. Mondada, Lettere inedite di E. M., con note di storia locarnese, Locarno 1946 e A. López-Bernasocchi, Le lettere di Angelo Solerti a E. M. (1890-1905), Venezia 1983. Una ricca raccolta di pubblicazioni, di estratti e di manoscritti si trova a Lugano, nel fondo della Libreria Patria presso la Biblioteca cantonale. E. Bontà, M. «Padre e maestro della storiografia ticinese», Bellinzona 1931; C. Caldelari, E. M. e la bibliografia ticinese, in Archivio storico ticinese, II (1961), 8, pp. 375-388; V. Gilardoni, E. M. (1855-1920), padre dell’archeologia «ticinese», in Oblatio, Raccolta di studi di antichità ed arte in onore di Aristide Calderini, Como 1971, pp. 427-437; R. Huber, E. Motta. Storico archivista bibliografo, Locarno 1992 (con bibliografia delle opere che Motta non pubblicò sul Bollettino storico della Svizzera italiana, alle pp. 223-243); R. Broggini, E. M. «svizzero-italiano», in Archivio storico lombardo, s. 12, CXX (1994), 1, pp. 499-507; G. Soldi Rondinini, Un ticinese a Milano: E. M. e l’Archivio storico lombardo, ibid., pp. 509-515; F. Panzera, E. M. e il «Bollettino storico della Svizzera italiana» (1879-1915), ibid., pp. 517-525; V. Grassi, Le «bricciole» di una grande opera, in Verbanus, XVI (1995), pp. 497-518.