EMEROLOGIO (‛Ημερολόγιον)
S'indicano col nome di emerologi dei calendarî, più o meno scientifici, compilati nell'antichità con uno scopo pratico: agrario, medico, nautico, ecc., e che si basano su osservazioni astronomico-astrologiche; quindi rendono conto del sorgere e tramontare, in singoli giorni dei singoli mesi, delle costellazioni e singole stelle e dei relativi fenomeni meteorologici. Come primo rudimentale esempio di emerologio si possono considerare i vv. 765-828, applicati col titolo di ‛Ημέραι (Giorni) agli "Εργα (Opere) esiodei, contenenti indicazioni relative ad alcuni giorni di mese indeterminato, menzionate non sistematicamente (p. es. il 6 è considerato fausto per castrare i capretti, l'11 e il 12 per tosare le pecore e mietere il grano, ecc.); indicazioni tutte fondate su osservazioni empiriche o superstizioni popolari. Emerologi di tipo più scientifico sono le Apparizioni delle stelle fisse (15 di prima grandezza, 15 di seconda) e la collezione dei loro significati, attribuite a Tolomeo, il Parapegma di anonimo, falsamente attribuito a Gemino, il calendario di Antioco, che contiene indicazioni, le quali si possono dividere in due gruppi: il 1° relativo a una serie di costellazioni, il 2° relativo a singole stelle. Il 1° è conforme alla tradizione volgare, cioè non dissente dalla forma dei calendarî del genere, il 2° si vale delle osservazioni relative alle stelle di 1ª e 2ª grandezza, comprese nell'opera di Tolomeo già citata. Questo emerologio dovette essere composto circa il 200 d. C., per uso degli Egiziani e importanti vi sono le menzioni della festa del Nilo (22 ottobre) e del genetliaco del Sole (25 dicembre). Interessante è pure il calendario attribuito ai Quintilî, due fratelli, Sesto Quintilio Condiano e Sesto Quintilio Valerio Massimo, di cui l'accordo nella vita fu proverbiale e che subirono lo stesso destino, cioè furono condannati a morte dall'imperatore Commodo. Composero insieme un'opera in lingua greca di grande importanza nella letteratura agraria dell'antichità tramontante. Il loro calendario è conservato parte in manoscritti indipendenti, parte in un estratto incompleto dei Geoponica, parte in una redazione più completa costituita da una traduzione in armeno. Consta di due redazioni, insieme fuse, ma che si distinguono, perché la prima registra i nomi dei mesi all'uso macedone e le datazioni alla maniera romana per calende, none e idi; la seconda è un estratto dal calendario che si legge nell'opera medicinale di Aetios di Amida. Risulta dunque che solo la prima parte è da attribuirsi ai Quintilî. Altro emerologio interessante è quello che va sotto il nome di Clodio Tusco. Tale attribuzione si trova in tutti quei manoscritti che contengono le opere di Giovanni Lido o almeno estratti dalle sue opere; negli altri manoscritti, in cui si trova, l'emerologio è attribuito a Tolomeo Ermes Trismegisto, o è anonimo. Considerato che Giovanni Lido non fu alieno dall'inventare fonti e nomi di provenienza etrusca perché egli credeva che i Lidî fossero Etruschi e quindi suoi antenati, e perché a questo popolo era attribuita un'antica sapienza sacerdotale, si dedusse che anche il nome di Clodio Tusco, autore del calendario, fosse un puro parto della fantasia dell'autore del de ostentis. Questi calendarî e altri che hanno tante somiglianze coi latini (di Varrone, Columella, Ovidio, Plinio, Polemio Silvio, ecc.) avvalorano le loro osservazioni coi nomi di antichi astronomi (Democrito, Metone, Eudosso, Callippo, Ipparco, ecc.); e invero la scoperta fatta a Mileto nel 1904 di due Parapegmata (calendarî esposti in pubblico su tavole), composti secondo il modello del calendario di Metone, reso pubblico in Atene nel 432 a. C., dimostra che in realtà i detti emerologi derivavano da più antichi esemplari, alla compilazione dei quali dovettero contribuire gli stessi fisici o astronomi Milesî.
V. l'edizione del Wachsmuth, Joannis Laurentii Lydi l. de ostentis et calendaria graeca omnia, Lipsia 1897; Griechische Kalender: I. Das Kalendarium des Antiochos, ed. F. Boll; II. Der Kalender der Quintilier, id.; IV. Der Kalender des sogenannten Clodius Tuscus, ed. L. Bianchi (in Sitzungsb. der Heidelb. Ak. d. Wiss., 1910, 1911, 1914). V. anche Diels e A. Rehm, Parapegmenfragmente aus Milet, in Sitzungsb. der k. preuss. Akad. d. Wissenschaften, III, p. 92 segg., Berlino 1904.