VITTORINI, Elio
– Primo di quattro fratelli, nacque a Siracusa il 23 luglio 1908, da Sebastiano (capostazione, autodidatta e poeta di fama locale) e da Lucia Sgandurra.
Nonostante i precoci interessi letterari, dovette iscriversi a un istituto tecnico per ragionieri, obbedendo alla volontà paterna, ma abbandonò infine gli studi senza concluderli. Portò avanti, invece, i propri interessi umanistici, orientandosi autonomamente tra i volumi conservati nella locale Biblioteca arcivescovile.
Nel 1925 si fece notare da Curzio Malaparte avviando con lui una regolare corrispondenza; dall’anno successivo Vittorini entrò in contatto epistolare anche con Enrico Falqui: tramite queste conoscenze, pubblicò su La Conquista dello Stato e La Fiera letteraria scritti di intervento politico e brevi prose narrative.
Il 10 settembre 1927, a Siracusa, sposò Rosa Quasimodo, sorella del poeta Salvatore. La coppia si trasferì poi in Venezia Giulia, dove Vittorini aveva trovato lavoro come impiegato contabile in un’impresa di costruzioni stradali.
Nell’autunno di quell’anno scrisse un racconto, Il brigantino del papa (rimasto inedito fino all’edizione Rizzoli curata da Sergio Pautasso, Milano 1985) e aumentò il numero delle collaborazioni con periodici come Il Mattino, Il Resto del Carlino, La Stampa, L’Italiano, L’Italia letteraria.
L’8 agosto 1928 nacque a Gorizia il figlio Giusto, cui seguì dopo qualche anno, il 22 agosto 1934, il secondogenito Demetrio.
Nel 1929, con l’avvio della collaborazione con la rivista letteraria Solaria, diretta a Firenze da Alberto Carocci e Alessandro Bonsanti, si posero, per Vittorini, le premesse di una significativa svolta nella sua carriera di letterato e intellettuale.
Nel 1930 la famiglia si trasferì infatti a Firenze e finalmente fu realizzato il sogno di abitare nel cuore di quella ‘repubblica delle lettere’ che sosteneva e alimentava il sistema letterario dei primi decenni del Novecento: gli incontri con gli amici artisti, critici e scrittori al caffè Le giubbe rosse furono determinanti per la maturazione della fisionomia letteraria di Vittorini.
A questo punto la collaborazione con Solaria divenne un vero e proprio impiego di segretario di redazione e lo scrittore ottenne anche un posto come correttore di bozze al quotidiano fiorentino La Nazione. Vittorini entrò dunque a far parte del ceto impiegatizio dei lavoratori della cultura, avendo possibilità di affinare e stimolare le competenze trasversali che riguardavano l’organizzazione e la produttività editoriale, le quali divennero fondamentali poi nel costruire la propria fisionomia di «letterato editore» (Ferretti, 1992).
In questi anni lo scrittore curò, per l’editore Carabba, insieme con Falqui, l’antologia Scrittori nuovi (Lanciano 1930): lavoro che valse come ulteriore promozione del ruolo che il giovane si stava ritagliando nel coevo ambiente letterario. Seguì, a completamento di questa fase determinante della sua formazione, proprio per le Edizioni di Solaria, il suo primo libro, la raccolta di racconti Piccola borghesia (Firenze 1931).
Il numero di incarichi fissi si allargò progressivamente e, dal 1931, Vittorini divenne collaboratore stabile anche del periodico della Federazione provinciale fascista fiorentina, Il Bargello, dove «sfogò, fino al ’37, la sua passione politica» (Panicali, 1994, p. 53), ancora inserita nell’orizzonte del cosiddetto fascismo di sinistra.
Nel 1932 partecipò e vinse (ex aequo con Virgilio Lilli) il premio letterario dedicato al resoconto di un viaggio in Sardegna promosso dalla rivista L’Italia letteraria.
Viaggio in Sardegna, questo il titolo del suo testo, fu in seguito pubblicato in volume da Parenti (Firenze 1936) ed ebbe un’ulteriore edizione per Mondadori (Milano 1952): quest’ultima, tuttavia, apparve con il titolo Sardegna come un’infanzia e al cambio di denominazione si affiancò una significativa revisione testuale. Questi interventi sui propri testi caratterizzarono fortemente tutto il percorso narrativo di Vittorini, così che ogni sua opera richiede, dal punto di vista storico-critico, di essere considerata in una «prospettiva diacronica» (M. Corti, Prefazione a E. Vittorini, Le opere narrative, I, 1974, p. XIII).
Nel 1933, nel numero di febbraio-marzo di Solaria, uscì la prima puntata di Garofano rosso, romanzo che non vide la stampa in volume fino al 1948, dato che, già nel corso della pubblicazione in rivista, subì attacchi da parte della censura fascista, per ragioni di oltraggio al pudore. La vicenda fu però interpretata, anche da Vittorini stesso e soprattutto a posteriori, in termini politici in senso stretto, allo scopo di anticipare di qualche anno l’incubazione del proprio antifascismo.
Nello stesso 1933 Vittorini firmò per la casa editrice Mondadori la sua prima traduzione e, da allora, avviò in modo continuativo un’intensa attività di traduttore «per le cose inglesi» (I libri, la città, il mondo, a cura di C. Minoia, 1985, p. 26) e poi, sempre più frequentemente e programmaticamente, statunitensi.
Tale attività fu portata avanti per circa un decennio, coniugando la traduzione di volumi a consulenze editoriali di vario genere e recensioni, e trovò infine il suo culmine nel 1941, nell’allestimento dell’antologia Americana per l’editore Bompiani, la quale ebbe a sua volta difficoltà con la censura fascista e fu licenziata infine, nel 1942, senza però le note introduttive che erano state preparate da Vittorini stesso.
Nel 1936 avviò e sospese la stesura di Erica e i suoi fratelli (il romanzo, rimasto interrotto, fu pubblicato solo nel 1956), poiché lo scoppio della guerra civile di Spagna – stando alle successive dichiarazioni – rappresentò per lo scrittore un tale sconvolgimento che gli impedì di proseguire un’opera progettata in tutt’altro quadro di riferimenti storici e politici. Tali eventi distrussero ogni residuo equivoco o illusione in merito alla reale identità politica del governo fascista, dalla cui ideologia Vittorini prese definitivamente distanza.
Nel settembre del 1937 cominciò a lavorare a Conversazione in Sicilia, romanzo che, composto in meno di due anni, apparve nella rivista Letteratura fra l’aprile del 1938 e l’aprile del 1939.
Anche nel giudizio dello stesso autore, quest’opera rimase ineguagliata per equilibrio stilistico e compositivo: «attraverso queste scelte di lingua, di materia, di struttura si afferma nella pagina vittoriniana la dimensione della poesia» (Esposito, 2011, p. 12). Inoltre anche la carica di denuncia etica e politica che fu in grado di trasmettere ai contemporanei resta, ancora oggi, intatta. Edito in volume dapprima presso Parenti (Firenze 1941), affiancato dal racconto Nome e lagrime, che diede il titolo all’intero libro (il racconto è stato inserito, insieme ad altri, in una raccolta postuma, Nome e lagrime e altri racconti, a cura di R. Rodondi, Milano 1972), subito dopo Conversazione in Sicilia fu riproposto, nello stesso anno, da Bompiani nella collana Letteraria.
Nella primavera del 1939 Vittorini si trasferì a Milano, assunto dall’editore Valentino Bompiani. Questo trasferimento segnò sul piano biografico e professionale quello che Conversazione in Sicilia rappresentò sul piano letterario: il raggiungimento pieno della maturità e l’affermarsi di un profilo di intellettuale e di scrittore, riconosciuto e autorevole, sia presso la comunità dei critici sia presso il pubblico dei lettori. E Bompiani divenne, per altro, non solo il suo datore di lavoro, ma anche l’editore delle sue opere.
Nel frattempo, scoppiata la seconda guerra mondiale, a partire dal 1942 Vittorini iniziò a collaborare attivamente con il fronte antifascista, in particolare con il Partito comunista italiano (PCI), assumendo incarichi relativi alla preparazione della stampa clandestina. Il 26 luglio 1943 fu arrestato mentre metteva a punto un’edizione speciale dell’Unità e fu rinchiuso a Milano nel carcere di San Vittore, mentre la città fu bombardata e la sua casa completamente distrutta, causando anche l’inevitabile perdita di libri e carte. Liberato l’8 settembre, prese immediatamente parte alla lotta resistenziale, sia continuando a dedicarsi alle attività di tipografia e di diffusione dei materiali stampati, sia trasportando armi e munizioni, e mantenendo i contatti tra diversi distaccamenti partigiani.
Nel febbraio del 1944 si recò a Firenze per organizzare uno sciopero generale politico: in quell’occasione fu identificato dalla polizia tedesca ma, sfuggito alla cattura, riuscì a rientrare a Milano e si nascose poi per qualche tempo in una casa di amici nei pressi di Varese.
Qui, tra l’autunno e l’inverno, scrisse Uomini e no, il cui dattiloscritto fu consegnato all’editore Bompiani proprio a ridosso della Liberazione, nell’aprile del 1945, e subito pubblicato nel giugno (nella collana Letteraria). Prima testimonianza della recente lotta resistenziale, ambientato a Milano, il romanzo fu poi continuamente sottoposto a revisioni per le successive edizioni (1949 e 1960 sempre per Bompiani e, nel 1965, per gli Oscar Mondadori).
In questi mesi Vittorini fu anche redattore capo dell’edizione milanese dell’Unità e poi direttore del quotidiano Milano Sera.
Il 29 settembre 1945 uscì il primo numero del Politecnico, pubblicato dall’editore Giulio Einaudi, nel cui ambiente Vittorini si stava gradualmente inserendo. Il periodico chiuse nel dicembre del 1947 e tra le cause della sua fine giocò senza dubbio un ruolo di rilievo la polemica, portata avanti nelle sue stesse pagine e in quelle della rivista Rinascita, tra Vittorini, Mario Alicata e Palmiro Togliatti: la vicenda interessò il rapporto politica-cultura e mise sotto accusa l’operato di Vittorini e dell’intero Politecnico, da un lato, e, dall’altro, la politica culturale del PCI che si stava irrigidendo sulle posizioni di un rigoroso realismo socialista.
Nel 1947 (ma con «finito di stampare» del 1946) uscì Il Sempione strizza l’occhio al Frejus (Bompiani, Pegaso letterario). Nel 1948 Vittorini pubblicò per la prima volta in volume Il garofano rosso (Medusa degli italiani, Mondadori), con un’importante prefazione che ebbe il valore di una dichiarazione di poetica e di un consuntivo della propria esperienza letteraria. Nel 1949, infine, uscì, per Letteraria di Bompiani Le donne di Messina, seguito, quindici anni dopo, da una seconda edizione per lo stesso editore (Milano 1964), profondamente rivista nel suo insieme e riscritta nella seconda parte.
Nella seconda metà degli anni Quaranta Vittorini andò progressivamente conquistando autorevolezza anche all’estero, in particolare in Francia, dove venne in contatto con quegli ambienti della gauche non ortodossamente allineati al Parti communiste français (PCF). La celebre Lettera a Togliatti apparsa nel Politecnico (gennaio-marzo 1947, n. 35), nel quadro della polemica già ricordata, fu tradotta nella rivista Esprit (janvier 1948, n. 141, pp. 34-57) e usata come manifesto, anche in contesti ufficiali, per sostenere l’autonomia della ricerca artistica rispetto all’impegno politico.
Importanti divennero, inoltre, i rapporti personali con Ernest Hemingway: Vittorini si fece tramite per la gestione dei diritti di traduzione delle sue opere in lingua italiana e nel 1949 l’edizione americana di Conversazione in Sicilia apparve con una partecipata prefazione dello scrittore statunitense.
Nel 1950 il matrimonio con Rosa Quasimodo venne annullato nella Repubblica di San Marino; dagli anni della Resistenza era infatti ormai stabile la relazione di Vittorini con Ginetta Varisco. Nel 1955 morì di malattia il primogenito Giusto.
Gli anni Cinquanta videro un progressivo abbandono di un ruolo politicamente esposto, culminando nel 1956, in seguito ai fatti di Ungheria, con una pubblica presa di distanza dal PCI.
In relazione alla propria produzione letteraria, Vittorini lavorò soprattutto sul piano della progettazione, pubblicando molto poco: è di questi anni l’avvio del grande cantiere delle Città del mondo, materiali narrativi rimasti inediti e apparsi poi postumi in due redazioni, entrambe apparse per Einaudi: quella in forma romanzesca allestita per cura di Vito Camerano (Torino 1969), e quella in forma di sceneggiatura (Torino 1975).
L’opera più importante di Vittorini degli anni Cinquanta (pur considerando il romanzo breve La Garibaldina, pubblicato insieme con Erica e i suoi fratelli, per I Delfini di Bompiani, Milano 1956) restò però indubbiamente Diario in pubblico (in Letteraria di Bompiani, Torino 1957), definito dall’autore, nel risvolto di copertina, il «romanzo di una “intellighenzia” [...] non soltanto un diario, quindi, ma anche una narrazione» con la quale si dà «l’autobiografia e, insieme, la biografia della generazione a cui appartiene».
Di enorme importanza per lo sviluppo della narrativa italiana del secondo Novecento, fu poi il laboratorio creativo che si sviluppò intorno alla collana einaudiana I Gettoni che, avviata nel 1951, durò fino al 1958, ed ebbe come principale obiettivo quello di svecchiare il contemporaneo panorama della produzione letteraria, in particolare cercando di superare un neorealismo ormai diventato maniera. Celebri i risvolti firmati da Vittorini per ogni Gettone, i quali divennero un modello di critica letteraria esercitata attraverso il lavoro editoriale.
Nel 1959 uscì il primo numero del Menabò, una rivista letteraria diretta insieme a Italo Calvino e pubblicata da Einaudi: a chiara vocazione sperimentale e di ricerca, propose sia testi creativi, in poesia e in prosa, sia importanti saggi di riflessione critica e teorica.
L’attività di ricerca letteraria di Vittorini acquistò sempre più spiccatamente un orientamento teorico: dai primi anni Sessanta, infatti, iniziò a redigere una serie di appunti poi editi postumi (per le cure filologiche di Dante Isella, presso Il Saggiatore), sotto il titolo Le due tensioni. Appunti per una ideologia della letteratura (Milano 1967). Questi materiali testimoniano con evidenza la direzione degli interessi dell’ultima fase della vita di Vittorini, tra ricerca di un rinnovamento delle forme narrative e analisi della modernità novecentesca, in particolare in rapporto ai processi di industrializzazione.
Con l’ampio contributo di Francesco Leonetti e in collaborazione con un gruppo di intellettuali francesi e tedeschi Vittorini promosse, tra 1961 e 1963, il progetto di una rivista internazionale di letteratura e di cultura, Gulliver, che tuttavia non si realizzò e il cui unico numero pilota fu ospitato nel Menabò 7 del 1964.
Il 9 febbraio 1966, Vittorini sposò Ginetta Varisco.
Morì pochi giorni dopo, il 12 febbraio, a Milano, a causa di un tumore che già da qualche anno lo indeboliva, senza però avergli mai impedito di proseguire la sua instancabile attività di militanza culturale.
Opere. Le singole opere di Vittorini sono state più volte riproposte in edizioni economiche (negli Oscar Mondadori, nella Biblioteca universale Rizzoli e nei Tascabili Bompiani). Oltre alle opere citate nel testo si ricordino i due volumi di Le opere narrative, a cura di M. Corti, cronologia e note di R. Rodondi, I-II, Milano 1974. Per la corrispondenza si vedano: Gli anni del «Politecnico». Lettere 1945-1951, a cura di C. Minoia, Torino 1977; I libri, la città, il mondo. Lettere 1933-1943, a cura di C. Minoia, Torino 1985; Epistolario americano, a cura di G. Chirico, prefazione di R. Crovi, Palermo 2000; Lettere 1952-1955, a cura di E. Esposito - C. Minoia, Torino 2006; Si diverte tanto a tradurre? Lettere a Lucia Rodocanachi, 1933-1943, a cura di A.C. Cavallari - E. Esposito, Milano 2016. Fra le raccolte di scritti, articoli e saggi: I risvolti dei Gettoni, a cura di C. De Michelis, Milano 1988; Letteratura arte società. Articoli e interventi 1926-1937, a cura di R. Rodondi, Torino 1997; Cultura e libertà. saggi, note, lettere da «Il Politecnico» e altre lettere, introduzione di R. Crovi, Torino 2001; Letteratura arte società. Articoli e interventi 1938-1965, a cura di R. Rodondi, Torino 2008.
Fonti e Bibl.: Il Fondo personale di Vittorini è conservato a Milano, presso gli Archivi della parola, dell’immagine e della comunicazione editoriale (APICE) dell’Università degli studi. Carte dell’autore sono altresì conservate presso il fondo della casa editrice Bompiani (Archivio storico RCS libri) e presso il fondo della casa editrice Mondadori (Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori), nonché presso l’Archivio di Stato di Torino (fondo Giulio Einaudi editore).
Fra gli studi critici si vedano: Il Ponte, XXIX (1973), 7-8, n. monografico dedicato a Vittorini); E. V., Atti del Convegno nazionale di studi, Siracusa-Noto... 1976, a cura di P.M. Sipala - E. Scuderi, Catania 1978; Il Belpaese, 1987, n. 6, n. monografico dedicato a Vittorini; Autografo, n.s., VIII (1991), 22, febbraio, n. monografico dedicato a Vittorini; «Gulliver» progetto di una rivista internazionale, a cura di A. Panicali, n. monografico della rivista Riga, Milano 2003; La storia dei «Gettoni» di E. V., a cura di V. Camerano - R. Crovi - G. Grasso, Torino 2007; Il demone dell’anticipazione. Cultura, letteratura, editoria in E. V., a cura di E. Esposito, Milano 2009; Un secolo con V. Atti della Giornata di studio, Dublino... 2008, Torino 2009; E. V.: il sogno di una nuova letteratura, a cura di L. Gasparotto, Firenze 2010; La comunità inconfessabile. Risorse e tensioni nell’opera e nella vita di E. V., a cura di T. Iermano - P. Sabbatino, Napoli 2011; Le cento tensioni. Omaggio a E. V. (1908-1966), a cura di G. Lupo, in Il Giannone, XI (2013), 22, luglio-dicembre; «il menabò» di E. V. (1959-1967), a cura di S. Cavalli, Torino 2016; V. nella città politecnica, a cura di V. Brigatti - S. Cavalli, Pisa 2018. Fra gli studi monografici si vedano almeno: S. Pautasso, E. V., Torino 1967; S. Briosi, E. V., Firenze 1970; Id., Invito alla lettura di E. V., Milano 1971; A. Panicali, Il primo V., Milano 1974; A. Girardi, Nome e lagrime: linguaggio e ideologia di E. V., Napoli 1975; E. Catalano, La forma della coscienza: l’ideologia letteraria del primo V., Bari 1977; A. Andreini, La ragione letteraria: saggio sul giovane V., Pisa 1979; G. Gronda, Per conoscere V., Milano 1979; M. Zancan, Il progetto «Politecnico». Cronaca e strutture di una rivista, Venezia 1984; R. Rodondi, Il presente vince sempre. Tre studi su V., Palermo 1985; G.C. Ferretti, L’editore V., Torino 1992; A. Panicali, E. V.: la narrativa, la saggistica, le traduzioni, le riviste, l’attività editoriale, Milano 1994; F. Rappazzo, V., Palermo 1996; R. Crovi, Il lungo viaggio di V.: una biografia critica, Venezia 1998; D. Vittorini, Un padre e un figlio, Milano 2002; R. Crovi, V. cavalcava la tigre: ricordi, saggi e polemiche sullo scrittore siciliano, Roma 2006; E. Catalano, La metafora e l’iperbole: studi su V., Bari 2007; G. Bonsaver, E. V. Letteratura in tensione, Firenze 2008; E. Esposito, Maestri cercando. Il giovane V. e le letterature straniere, Milano 2009; Id., E. V., scrittura e utopia, Roma 2011; G. Lupo, V. politecnico, Milano 2011; F. Cogo, E. V. editore, 1926-1943, Bologna 2012; G. Lauta, Il primo «Garofano rosso» di E. V., Firenze 2013; G. Varone, I sensi e la ragione. L’ideologia della letteratura dell’ultimo V., Firenze 2015; V. Brigatti, Diacronia di un romanzo: «Uomini e no» di E. V. (1944-1966), Milano 2016; A. Di Grado, V. a cavallo. Vecchie e nuove congetture su un artigiano anarchico che fabbricava miti, Leonforte 2016; S. Cavalli, Progetto «Menabò» (1959-1967), Venezia 2017; V. Brigatti, E. V.: la ricerca di una poetica, Milano 2018; C. Pavese, L’avventura di «Americana»: E. V. e la storia travagliata di una mitica antologia, Milano 2018; D. Perrone, Il camminare lungo di E. V., s.l. [ma Gioiosa Marea] 2018.