FRENI, Elio Rocco
Nacque a Gramolazzo di Minucciano, in Garfagnana, il 27 sett. 1927 da Letterio, perito industriale, e da Olga Orlandini. Trasferitosi ben presto con la famiglia a Montevecchio, in provincia di Cagliari, seguì gli studi medi a Cagliari, a Frascati e ancora a Cagliari, ove conseguì la maturità classica nel 1945. Iniziò gli studi di ingegneria a Cagliari per poi laurearsi in ingegneria industriale chimica, nel 1950, presso l'università di Pisa. Nel 1951 venne assunto al centro ricerche degli impianti metallurgici di San Gavino (Cagliari), che trattavano le galene della miniera di Montevecchio della Società omonima e che producevano la maggior parte del piombo e dell'argento proveniente da minerale italiano. Nel 1955 il F. venne nominato capo delle ricerche e si impegnò in particolare nel progetto di nuovi macchinari che applicò nella lavorazione metallurgica; la paternità del F. delle apparecchiature usate nella fonderia di San Gavino è testimoniata dal Rolandi, ma non si concretizzò in brevetti.
L'apparecchio Freni per dezincare le leghe argentifere era costituito da un cestello di lamiera forata, caricato con la lega liquida di piombo, zinco e argento su soda caustica e piombo fuso; il tutto opportunamente inserito in un forno a 360 gradi di temperatura e agitato con palette. Dalla lega zinco e argento ottenuta veniva volatilizzato a 1.100 gradi lo zinco. Con il metodo della separazione in mezzo denso, mai precedentemente utilizzato per i rottami di piombo, questi venivano gettati in un recipiente contenente un liquido di peso specifico di poco minore; la separazione avveniva così asportando tutto ciò che galleggiava sul piombo. Molte altre macchine ideate dal F. servirono per raffinare il piombo con il processo elettrolitico, processo mai prima d'allora utilizzato a tal fine e per la realizzazione del quale non esisteva macchinario già studiato o brevettato. L'impianto di raffinazione elettrolitica di San Gavino era inoltre completamente automatizzato e richiedeva solo la presenza di un operatore per la sorveglianza. Il sistema di automatizzazione per il processo di raffinazione elettrolitica consisteva essenzialmente di una giostra e di un nastro trasportatore; sulla giostra venivano montate le conchiglie che venivano automaticamente riempite dal materiale da raffinare allo stato liquido. I getti, trasferiti con nastro trasportatore, venivano poi raccolti in "pacchetti" e fatti funzionare da anodo. Si ottenne così una riduzione della durata del processo da 15 a 5 giorni circa.
Il Centro ricerche, che il F. dirigeva insieme con gli impianti sperimentali pilota, era assimilabile, anche per mezzi e attrezzature, ad analoghe istituzioni universitarie. Queste strutture si rivelarono preziose allorché la raffinazione termica si dimostrò insufficiente a depurare il piombo mercantile dal bismuto, la cui percentuale era in forte aumento nelle galene coltivate nei cantieri più profondi della miniera di Montevecchio. Per poter utilizzare tali materiali fu indispensabile ristrutturare gli impianti scegliendo il trattamento elettrolitico che permetteva di risolvere il problema e inoltre consentiva di ottenere un prodotto secondario: il bismuto. Il trattamento era stato studiato da tempo: L. Cambi e R. Piontelli avevano ottenuto il brevetto italiano n. 268824 (1938) per l'uso dell'acido solfammico (HNH2 SO3) in elettrolisi; il F. estese le ricerche anche all'acido fluosilicico (H2SiF6) come economico sostituto dell'acido solfammico, sostituendolo gradatamente per 30 mesi. Tale sostituzione determinò vantaggi economici, essendo l'acido fluosilicico disponibile in loco, e miglioramento dei parametri elettrici del processo (ad esempio la densità di corrente). L'impianto, entrato in funzione del 1957, venne descritto dal F. in una nota alla Associazione metallurgica italiana.
Nel 1955 il F. iniziò a pubblicare i risultati delle sue ricerche nelle quali l'indagine teorica si univa strettamente con l'esigenza pratica di soluzione dei problemi.
Nel 1963 il F. divenne, a soli 36 anni, direttore del più grande centro metallurgico d'Italia per il piombo.
Le ricerche e i risultati di San Gavino vennero conosciuti anche all'estero insieme con quelli relativi ai pallini da caccia (per i quali veniva utilizzato piombo impuro in lega con antimonio) e per leghe. Tale fama internazionale è dimostrata dalla vendita, da parte della Montevecchio, della progettazione e costruzione di un intero impianto a Copsa Mica in Romania e di una fabbrica di pallini da caccia in Russia.
Da circa la metà del secolo al 1971 furono fabbricati quasi 100 milioni di chilogrammi di pallini. I micropallini per leghe erano di piombo puro e con diametro da 0,3 a 0,6 mm. Venivano forniti ai fabbricanti di leghe metalliche per ottenere una precisa dosatura del piombo in lega.
Sia il processo automatizzato dei pallini da caccia che quello automatizzato dei micropallini (mediante microspruzzo laterale, per forza centrifuga, da un disco su cui scendeva un microfiletto fluido di piombo) non avevano precedenti scientifici, tecnici o industriali nel settore.
Il F. morì a Roma l'8 maggio 1972.
Opere: Un nuovo procedimento di estrazione dell'Ag dalle leghe Pb-Zn-Ag del processo Parkes, in La Metallurgia italiana, XLVII (1955), 7, pp. 315-321; La raffinazione elettrolitica del Pb nella fonderia di San Gavino. Convegno dell'Associazione italiana mineraria, Roma… 1956, ibid., XLIX (1957), 2-3, pp. 315-321; Colata automatica degli anodi della fonderia di San Gavino. 8° Conv. naz. dell'Associazione italiana mineraria, sez. B, 23 sett. 1956, Torino 1958, pp. 1-14; Il trattamento metallurgico dei minerali piombiferi contenenti piccole quantità di stagno, in Rass. dell'Associazione mineraria sarda, XLII (1958), 5, pp. 25-37; Il trattamento metallurgico di minerali di Pb contenenti Bi e il suo recupero nella fonderia di San Gavino, ibid., 6, pp. 39-73; Electrolytic Lead refining with sulfamic and fluosilicic electrolyte, in Proceedings of the Symposium on sulphamic acid may 15/27th, 1956, Milano 1956, pp. 367-372; Raffinazione elettrolitica del Pb in Sardegna - L'impianto di San Gavino Monreale, in Atti notizie Soc. Monteponi & Montevecchio, Milano 1968, n. 3, pp. 67-77.
Fonti e Bibl.: Notizie sulla vita del F. sono state fornite dalla famiglia. Utili indicazioni si trovano anche in G. Rolandi, Il piombo, in L'Industria mineraria, V (1954), pp. 305-329, 383-406, 471-482, 653-668; ibid., VI (1955), pp. 7-37, 551-578; ibid., VII (1956), pp. 1-24; Id., La metallurgia in Sardegna, Roma 1971, pp. 326, 344, 346, 348.